sabato 13 dicembre 2008

LUNGOMARE, CAMBIARE SI DEVE





Dal “Corriere del Mezzogiorno” del 13/12/2008


BARI- Leggo con stupore e, perché no, anche con fondata preoccupazione, gli incitamenti e i consigli rivolti all’amministrazione comunale di non modificare l’attuale lungomare di Bari, in nome di una non meglio precisata logica ambientalista e conservatrice. Mi chiedo: ho letto bene? Rileggo quel pezzo, firmato da un dirigente politico cittadino. Non mi ero sbagliato. Si chiede al Comune di non modificare alcunché sul lungomare barese, accantonando progetti di ristrutturazione e parcheggi sotterranei. Ovviamente non posso concordare con la proposta, per due ragioni: una di opportunità ed una logica.

Qualora amministratori, politici, dirigenti e giornalisti vari provassero a mettere la testa fuori dai confini cittadini e nazionali e dessero un’occhiata a come altre città del mondo ben più progredite della nostra si stanno riorganizzando, beh, francamente non so quanto sarebbero dell’idea di preservare (ma poi preservare cosa?) senza aver voglia di migliorare servizi e territorio.

Lisbona in pochi anni è diventata un punto di riferimento non soltanto dell’arte moderna ma anche della più elementare voglia di un turista di trascorrervi piacevolmente un fine settimana, con ben tre linee di metropolitana dove prende finanche il telefono cellulare, un aeroporto all’altezza, un centro cittadino fruibile e dotato di tutti i servizi (funzionanti).

Atene, l’ex caotica capitale della filosofia, (martoriata purtroppo in questi giorni da sangue e violenza) nel centro cittadino di fronte al Parlamento, complice il meraviglioso restyling fatto in occasione delle Olimpiadi, ha chiuso una via centrale lunga qualche chilometro, odòs Ermou, che dalla Camera dei Deputati porta il turista fin sotto l’Acropoli, tra artisti di strada che conducono alle porte del nuovo avveniristico Museo dell’Acropoli. Addio traffico impazzito anche grazie alla metropolitana supermoderna e precisa come un orologio svizzero e in virtù del nuovo servizio tram. Una delizia.

Nicosia, nella afosa Cipro, grazie ad un sindaco che ha scavalcato steccati ideologici e cogitato esclusivamente sulle esigenze reali della cittadinanza, ha pensato bene di potenziare oltremodo i taxi, organizzando meeting internazionali di cultura e letteratura, con uffici pubblici aperti dalle 7,30 del mattino, con strutture ricettive che attirano clienti da tutto il mondo grazie al clima mediterraneo (ce lo abbiamo anche noi), a immensi campi da golf, e grazie ad una civiltà che dalle nostre parti sovente latita, (esempio, i distributori automatici e gratuiti di sacchetti per gli escrementi dei cani in tutte le piazze cittadine- vedi foto).

Basta poco per fare di un agglomerato di case e negozi un luogo vivibile, non solo per chi ci abita, ma anche per chi ci viene volentieri a trascorrere qualche giorno, ma per favore, smettiamola con ragionamenti e dissertazioni figlie di campanilismi e posizioni preassunte e, vivaddio, ragioniamo da europei. Se ne siamo capaci.

giovedì 11 dicembre 2008

ECCO PERCHE’ LA TURCHIA NON E’ANCORA PRONTA PER L’UE


Mi permetto qualche riflessione a margine dell’articolo pubblicato sull’Avanti lo scorso 10 dicembre a firma di M. Repetti sull’ingresso turco nell’Ue. Non è sufficiente che la Turchia metta in pratica le tanto auspicate riforme democratiche (ma quando lo farà?), dal momento che esistono delle precise mancanze tutt’altro che risolvibili. Imprescindibile il rispetto delle minoranze religiose, ferma condanna per l'uccisione di don Santoro, più controlli civili sui militari e maggior rispetto della libertà d'espressione, senza dimenticare gli impegni su Cipro, curdi e armeni. Così il Parlamento europeo nella risoluzione sulle relazioni UE- Turchia dello scorso anno (ottobre 2007), con la quale rammentava al Governo di Abdullah Gul il decalogo da rispettare.

A Cipro ancora oggi, nella zona occupata da trent’anni dai turchi, vi sono 50mila militari che non consentono ai greco-ciprioti, cittadini dell’Ue a tutti gli effetti, di far ritorno nelle proprie abitazioni. Inoltre hanno provveduto a far sì che le 500 chiese di rito diverso dal musulmano, venissero rase al suolo o trasformate in bordelli, resort a 5 stelle, garage, caserme militari, così come ho avuto modo di verificare di persona lo scorso maggio a Nicosia, intervenendo come relatore al IV sinedrio di studi cipriologici.

Capitolo armeni. L’auspicio è che la Turchia cessi ogni tipo di blocco economico o chiusura delle frontiere e si astenga da minacce o attività militari tali da aumentare la tensione con i paesi limitrofi.

La questione è chiara e limpida: se la Turchia ha esigenza di entrare in Europa nessuno professerà un “no” preventivo, ma come un ospite si deve adeguare in casa d’altri, anche la Turchia dovrà stare alle regole della democrazia, in primis riconoscere Cipro come stato membro dell’Ue, ciò che invece non ha ancora fatto e recitare il mea culpa per il genocidio di armeni e curdi.

Cancellare la storia serve solo a chi quella storia vorrebbe riscriverla, magari per uscirne vincitore, anziché sconfitto. Peccato (per loro) che non viviamo più nei tempi in cui era sufficiente mistificare o ingannare le genti per ottenere consensi ed applausi.

martedì 9 dicembre 2008

PERCHE’BRUCIA ATENE?

Da "Mondo Greco" del 09/12/2008


Brucia il centro di Atene, le vetrine sono infrante, la violenza inaudita ha fatto irruzione nella splendida odòs Ermou, sfogandosi contro incolpevoli mura e viuzze. A ruota anche Salonicco, Patrasso, Ioannina, Corfù, Iraklio, Trikala, Komotini: quasi come fossimo in presenza di focolai fino ad oggi assopiti che come d’incanto si risvegliano e danno cenni di vita. Anzi, di morte. Un giovane ragazzo ha perso la vita e non sarebbe dovuto accadere. Di chi sono le responsabilità? Quale avventatezza ha generato tale putiferio?

Odio chiama odio, violenza genera violenza? Chiediamoci se era proprio il caso di arrivare a tanto. Le scelte del governo Karamanlis possono essere condivisibili o meno e qui sarebbe il caso di aprire un dibattito interno. Si parli, si discuta, ma non si combatta. L’agorà dell’antica Ellade era il luogo in cui ci si confrontava, si discuteva, si imparava, si smontavano le proprie ipotesi e poi le si rimontavano in un clima di dialogo. Vedere le immagini di piazza Syntagma martoriata da frames degni di una guerriglia urbana fa male ai cuori di greci e di filoellenici, ma fa ancor più male perché tali sciagurate azioni si verificano in “quella” terra, patria della filosofia e delle menti eccelse dalle quali proviene la nostra civiltà.

Scandali, fakellakia, decisioni sospette: le cronache greche degli ultimi anni ne sono piene, è il cancro della democrazia. C’è chi dice che i Greci non sono come gli Italiani, perché quando si arrabbiano lo fanno sentire, come quando scioperano e bloccano con i trattori tutta Atene o l’autostrada che arriva sino a Salonicco. Proprio come fanno i Francesi che quando sono in disaccordo con le decisioni dell’esecutivo disattivano la metropolitana anche per giorni interi. Bene, diciamo noi, il popolo ha diritto a manifestare il proprio disappunto verso decisioni che investono la collettività, ma non ha diritto a generare tale vandalismo, come chi governa non ha diritto a occuparsi solo del proprio tornaconto.

Si dice che i gruppi anarchici ellenici siano i più feroci d’Europa. Non sbaglia lo scrittore Vassilis Vassilikos, intervistato da Antonio Ferrari sul Corsera quando sostiene “nessun paragone con il passato. E’il presente che dobbiamo studiare e dal quale dobbiamo imparare a capire”. Proprio questo presente che, in Grecia come in molti altri Paesi del mondo, non offre immagini confortanti. La crisi c’è, diffusa, le famiglie non arrivano alla terza settimana del mese, la meritocrazia è ancora un’utopia, spesso i posti di comando sono occupati da chi non ne avrebbe diritto per tante ragioni che tutti ben conosciamo. Ma a cosa serve distruggere? Mi si potrebbe rispondere che in Grecia tali mali sono esasperati oltremodo.

Per certi versi è vero, come ho verificato di persona. Un povero disgraziato viene martoriato da costi e tasse, senza ricevere in cambio un adeguato welfare che lo protegga, così come ad esempio accade in Svezia. A fronte di pensioni anche da 300 euro un quotidiano non può arrivare a costare due euro. Su questo non devono esserci dubbi. Se per due cappuccini si spende quanto una pizza al tavolo, beh, c’è qualcosa che non va nella concertazione tra paniere di costi e reali possibilità.

La Grecia oggi sta collassando, e gli episodi di terrore conseguenti alla morte del giovanissimo Alexis sono solo la punta (sbagliata e cruenta) di un iceberg sul quale è urgente confrontarsi e capire.

Ma i sentori di crisi in Grecia non risalgono solo agli ultimi anni, perché sarebbe il caso, e qui chiamo in causa economisti, ministri, vescovi, dirigenti, di fare un salto a dieci anni fa, quando tutto ebbe inizio con un vero e proprio fulmine a ciel sereno: il crollo della Borsa. E’lì che bisogna far risalire l’inizio della fine, è da quegli errori che bisogna ripartire per impedire che questo lembo di sogno che si chiama Ellade non cada nella stessa trappola in cui è rimasta invischiata l’Argentina.

venerdì 5 dicembre 2008

CHIESA RUSSA, IL TRIBUTO A CHI L’HA CONSERVATA



Da "IL Legno storto" del 07/12/08



Il fatto che la città di Bari abbia in programma di consegnare la Chiesa Russa allo stato sovietico rappresenta un evento di portata storica, sia in chiave politica che in chiave culturale, ma ritengo sia opportuno chiarire un paio di passaggi che fino a questo momento sono sfuggiti. Se oggi c’è qualcosa da restituire a qualcuno (non oggi, dopo l'annullamento della visita a causa della scomparsa di Alessio II), è perché quel qualcosa è stato conservato bene nel corso degli anni dalla comunità greca del capoluogo pugliese.

Alla caduta dell’impero zarista il mondo, come è noto, si era diviso in due fazioni ben distinte e contrapposte. Negli anni del dopoguerra, dal momento che tutti i Paesi oltre la cortina di ferro erano sotto il regime comunista, le funzioni religiose ortodosse nella Chiesa Russa di Bari venivano officiate esclusivamente per i cittadini greci, (gli unici a potersi spostare con maggior libertà), presenti in misura copiosa in città, che dal 1945 al 1982 hanno provveduto con offerte personali ad assicurarle una corretta manutenzione, come potrebbero testimoniare gli stessi cittadini greci di Villaggio Trieste.

Quindi gli unici che vi si riunivano per le meravigliose funzioni pasquali dell’Epitaffio e per quelle natalizie della natività erano i Greci, semplicemente perché gli altri non potevano venire qui. Dal 1982, poi, con l’avvento della comunità romena e grazie allo sforzo condiviso di tutti, è stata fruita anche da altri, per poi arrivare ai giorni nostri e all’evento epocale che ha fatto di Bari la città più russa d’Europa.

Ma perché questo evento si sia potuto verificare con successo e gradimento, un piccolo grazie va speso a favore di quelle persone che, in anni difficili caratterizzati da ristrettezze economiche non indifferenti, si autotassavano per non far mancare nulla alla Chiesa ortodossa, dai piccoli interveti strutturali alle riparazioni più onerose, proprio come una nutrice fa con il bambino che le è stato affidato.

mercoledì 3 dicembre 2008

AD ALDO LOIODICE IL PREMIO SARNELLI


Da "Nel Mese" 10/2008


La nostra Costituzione è viva, soprattutto nella prima parte e lo dimostra il riferimento alla Dottrina Sociale della Chiesa, promotrice dei diritti umani che perseguono giustizia e pace. Ma attenzione, il diritto sia uno strumento di democrazia e non di prevaricazione egoistica”. Non ha dubbi il prof. Aldo Loiodice, ricevendo dalle mani del sindaco di Bisceglie Francesco Spina la V Edizione del Premio nazionale “Mons. Pompeo Sarnelli”, nel delineare il futuro della nostra Carta Costituzionale, in un momento particolarmente delicato per le sorti del Paese. La motivazione si riferisce ai suoi “studi incessabili che lo hanno portato a diventare uno dei più eccelsi esperti italiani di diritto informatico ed amministrativo”, per questo il riconoscimento nel campo della scienza è andato al Direttore dell’Area di Diritto Pubblico alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Bari.

Nominato Vescovo di Bisceglie da Papa Innocenzo XII verso la fine del 1691, si rivelò uno dei vescovi più operosi che la città abbia mai avuto e, nella sua attività di scrittore poligrafo, diede alle stampe, così come aveva fatto a Benevento e a Manfredonia, la prima storia locale della città; in seguito restaurò la Cattedrale, costituì un fondo per il Seminario, riprogettò lo Statuto del Sacro Monte di Pietà e rinnovò il calendario delle fiere campestri ed urbane. Mons. Pompeo Sarnelli è stata una figura storica per la città di Bisceglie che, con il riconoscimento del Presidente della Repubblica e in collaborazione con l’Associazione Culturale “Mons. Pompeo Sarnelli”, ha da cinque anni intitolato un premio nazionale a suo nome verso le illustri personalità che più si sono distinte in diversi ambiti, dall’ecclesiastico allo scientifico, da quello giuridico a quello comunicativo.

Originale la formula della premiazione: dopo la consegna della statuetta e del riconoscimento ogni premiato ha subìto una sorta di intervista informale, quasi una chiacchierata per scambiare opinioni ed evocare ricordi. Interrogato sul valore e sul significato della Costituente il prof. Loiodice ha rammentato l’assoluto spessore morale di chi quella Carta l’ha concepita esattamente sessant’anni fa: “Uomini di altri tempi, dotati di spina dorsale e sulla cui integrità non vi erano dubbi alcuni”.

Spazio poi ad una delle esperienze più incisive dal punto di vista scientifico, come il volume di 1200 pagine intitolato “Giovanni Paolo II- le vie della giustizia” editato per festeggiare il XXV anniversario di Pontificato del Santo Padre, nel quale il costituzionalista nel 2003 ha messo insieme 420 autori tra i quali anche illustri studiosi di fede musulmana ed ebraica, i quali sono riusciti a convenire sul fatto che è necessario “adoperare la forza del diritto per tutelare l’Uomo e per favorire il dialogo in vista del raggiungimento del bene comune, senza differenza di nazioni, lingue, religioni, popoli”.

La serata, condotta dal presentatore Mauro Pulpito e intervallata dal Coro Polifonico “Diapason” diretto da prof.ssa Emanuela Minichello con la collaborazione del maestro Giovanni Cassanelli, ha visto alternarsi sul palco nomi rilevanti, come mons. Cosimo Damiano Fonseca, Accademico dei Lincei premiato nel campo della cultura e il Prefetto di Bari, Carlo Schilardi nel campo Politico-Istituzionale.

L’importanza del premio dedicato al Presule umanista è in crescita costante, è sufficiente dare uno sguardo ai premiati dello scorso anno, tra i quali spicca il Santo Padre Benedetto XVI ed il prof. Donato Marra Segretario Generale della Presidenza della Repubblica e Consigliere di Stato.

Lo scopo- ha evidenziato l’attento sindaco di Bisceglie, l’avv. Francesco Spina- è quello di offrire ai giovani validi esempi con i quali confrontarsi e dai quali apprendere metodi e valori, al fine di costruirsi la propria strada nella consapevolezza che solo con impegno e dedizione si può aspirare a traguardi prestigiosi”.

Il prof. Fonseca, premiato per il suo amore verso la ricerca svolto non solo nel paese natìo, Massafra, ma in tutti i luoghi della sua formazione, da Napoli a Milano passando per Poitiers e Parigi, si è soffermato sull’apporto che mons. Sarnelli offrì a quell’epoca, dal momento che interpretò il passaggio dalla vecchia storiografia accademica al nuovo illuminismo. Fu accanto a Papa Benedetto XIII e punto di riferimento della cultura pugliese tra il XVII ed il XVIII secolo. Interpretò inoltre la peregrinazione accademica, ovvero “la sete di conoscenza con l’Abate Battista Pacichelli che, utilizzando una metodologia inquisitoria, attraversò il territorio del Regno di Napoli e fece riprodurre le nostre città”.

Per l’eccelsa opera in una terra bisognosa di attenzioni è stato premiato il Prefetto di Bari, Carlo Schilardi, leccese di origine, intento a tessere le lodi del capoluogo pugliese, “punto di riferimento dell’intero meridione e patria di un tessuto imprenditoriale di valore mondiale”.

Lo scorso anno i premiati furono: il Cardinal Salvatore De Giorgi (Arcivescovo Emerito di Palermo), Mons. Michele Seccia (Vescovo di Teramo-Atri), Ugo Bergamo (Componente del Consiglio Superiore della Magistratura), Gen. Giovanni Nisti (Comandante del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale), Elisabetta Pugliese (P.M. della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari), Vincenzo Lorenzelli (Rettore dell’Università Campus Bio-Medico di Roma), Fernando Prete ( Docente di Patologia Chirurgica Università degli Studi di Bari), Angelo Bovino (Sindaco della Città di Polignano a Mare per aver dato i natali al Vescovo Sarnelli).

Altri premiati per l’edizione 2008 sono stati nel campo ecclesiastico, Mons. Giovanni Ricchiuti, Arcivescovo di Acerenza e Mons. Domenico Padovano Vescovo di Conversano-Monopoli; nel campo politico il Prefetto Antonio Manganelli Capo della Polizia di Stato, il Gen. Pasquale Preziosa, Capo del III Rep. dello Stato Maggiore della Difesa; nel campo della Giustizia Salvatore Paracampo, presidente della commissione Tributaria Regionale della Puglia; nel campo della comunicazione Lino Patruno, Direttore Editoriale della “Gazzetta del Mezzogiorno” e l’ing. Luca Montrone, Editore del Gruppo Telenorba.

Siamo stati piacevolmente impressionati dal fatto che le eccellenze nazionali in molti campi parlano pugliese, segno di una particolare attitudine di questa terra a produrre cervelli ed eccellenze”, ha concluso il sindaco Spina, prima di lasciare il pubblico alle note del Nabucco di Verdi, che con “Va Pensiero” ha decretato la fine della serata.

QUALI AVVOCATI PER IL DIRITTO DI DOMANI?


Da "Nel Mese" 11/2008


Il mito del giurista completo è ormai al tramonto, dal momento che occorrono nuove figure di specialisti capaci di incarnare le esigenze sempre più diversificate ed approfondite”: così il prof. Roberto Martino, Preside della Facoltà di Giurisprudenza all’Università Lum “Jean Monnet” di Casamassima nel dare avvio ai lavori del seminario “Formazione del giurista: modelli di avvocatura e deontologia professionale”, organizzato dalla stessa Lum assieme all’Ordine degli avvocati di Bari ed alla Camera Civile del Foro di Bari. Un focus puntato sulle prospettive professionali ed umane dei giuristi di domani, con un occhio rivolto alla legislatura corrente non esente da sovrapposizioni con i recenti decreti.

L’evento ha registrato la presenza di illustri relatori, tra cui Vincenzo Carbone primo Presidente della Corte di Cassazione, Franco Cipriani ordinario di diritto processuale all’Università degli Studi di Bari, Giovanni Schiavoni consigliere segretario dell’Ordine degli Avvocati di Bari, Gaetano Di Muro (direttivo della Camera civile di Bari), Nicola Picardi ordinario di diritto processuale civile all’Università La Sapienza di Roma, Elena Kundriatvseva associato di diritto processuale civile Università di Miskolc (Ungheria), Giuliano Scarselli ordinario di diritto processuale civile Università di Siena, Emmanuel Virgintino Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Bari.

L’Italia è al centosettantesimo posto al mondo per efficienza della giustizia, inoltre il testo normativo della professione forense è fermo al 1933: due elementi che secondo il Presidente Carbone devono far correre ai ripari quanto prima. Si pensi che in Francia il numero degli avvocati cassazionisti è poco superiore al centinaio, mentre nel nostro Paese sono ben 60mila. “Chiediamoci il senso e l’utilità di questa disparità- ha riflettuto Carbone- senza dimenticare che già nel 1923 il Calamandrei riteneva elevatissimo il numero degli avvocati”.

Il ragionamento, ha ammonito l’avv. Di Muro, va portato avanti tenendo ben presente anche il numero degli avvocati che a seguito della pratica, vengono inseriti in un mercato già saturo. Dati che secondo il presidente dell’Ordine, Virgintino, debbono far riflettere, per giungere ad una rivisitazione di procedure e modus operandi.

Secondo il prof. Scarselli sono due i modelli sociali all’interno dei quali l’avvocato svolge la propria opera: nel primo l’avvocato risulta molto libero nello svolgimento della propria prestazione e tende addirittura a diventare imprenditore, di conseguenza dovrebbe operare sul mercato secondo le leggi imprenditoriali; nel secondo il giurista è sì libero ma si discosta sensibilmente dalla pratica imprenditoriale, rimanendo ancorato alla visione tradizionale. La differenziazione è utile per introdurre una delle riflessioni più sentite dall’intera categoria, ovvero quella relativa al decreto Bersani sulle liberalizzazioni delle professioni, che aveva tra le sue proposte l’eliminazione dei minimi tariffari e la possibilità per il singolo professionista di pubblicizzare i propri servizi. Infatti l’Antitrust aveva manifestato l’esigenza che il codice deontologico forense eliminasse alcuni limiti, come quello di riconoscere una percentuale a chi portava “in dote” un cliente, o a chi effettuava pubblicità comparativa nell’ambito di quella che è stata definita “pratica per l’accaparramento della clientela”.

Ma il Consiglio Nazionale Forense, con delibera del 12/07/2008, ha detto ‘no’ all’Antitrust, aprendo formalmente il dibattito intorno alla questione.

Il perno centrale su cui confrontarsi, ha poi precisato il Presidente Carbone, è proprio il limite tra professionista ed imprenditore, all’interno del quale sarebbero necessarie regole chiare, etica ed interpretazioni comuni. Da qui il punto di domanda del prof. Scarselli, “ma vi è un interesse dell’intera cittadinanza o solo quello del singolo professionista da considerare e caldeggiare?”.

Innanzitutto è utile partire da quelli che sono considerati i punti fissi normativi. Dopo l’introduzione del decreto Bersani, le condotte che prima erano perseguibili dal codice deontologico forense sono di fatto e, in parte, ammesse. “Ben vengano norme innovative- ha sentenziato l’avv. Schiavone- ma non appare condivisibile il fatto che esse in seguito non vengano applicate, dal momento che proprio il decreto Bersani contrasta con l’ordine professionale”.

Un richiamo ad una maggiore praticità di regole e competenze è venuto dal prof. Picardi, secondo il quale le conoscenze hanno senso se sono indirizzate verso una finalità tangibile. “Siamo in presenza di molti elementi spesso in conflitto tra loro. Il nuovo ordinamento è ancora da pianificare e la colpa credo sia di noi tecnici che forse non abbiamo utilizzato gli strumenti più adatti per questa modifica”. Come uscire dunque da questa empasse, anche al fine di consegnare alle future generazioni una professione snella e moderna? Il prof. Cipriani non ha dubbi, quando sostiene che “a nulla servirebbero ulteriori modifiche, come ad esempio al codice di procedura civile, credo invece che un notevole passo in avanti potrebbe essere fatto aumentando il numero dei giudici di pace e dei magistrati”.

Nell’occasione sono anche stati presentati i volumi “Codice di procedura civile della Federazione Russa 2003” (Cacucci ed., Bari 2007) e “L’educazione giuridica, 2° ed. voll. 1 e 2” (Cacucci ed., Bari 2008) a cura di Nicola Picardi e Roberto Martino. La scelta del soggetto russo, secondo la prof.ssa Kundriatvseva va nella direzione di dare spazio e visibilità ad un impianto che presenta non pochi elementi di modernità, come la previsione per l’accesso alla giustizia per le procedure ed i ricorsi, per la prima volta introdotto proprio da questo codice nella giurisprudenza russa.

martedì 2 dicembre 2008

UN SABATO (BARESE) DESERTO

Da "Il Quotidiano di Bari" del 06/12/08


La crisi economica, lo sanno pure le mura abbattute di Punta Perotti, ha sparigliato le carte. Le famiglie non arrivano nemmeno alla seconda settimana del mese e le grandi aziende licenziano. Non parliamo poi dei consumi ridotti ai minimi storici. In questo quadro non proprio confortante apriamo la porta di casa e facciamo capolino nel centro di Bari in un sabato pomeriggio che ci avvicina al Natale. Sono le ore 17.30, le strade sono deserte, come i parcheggi, purtroppo anche i negozi. In una tabaccheria di via Roberto da Bari, è stato affisso un cartello che recita: “Grattini a 2 euro, grazie sindaco ce ne ricorderemo”.

Ora, potremmo discutere giorni interi sull’utilità di una regolamentazione della sosta nel centro cittadino, così come avviene in tutte le città del mondo che si dicano civili, e nessuno obietterebbe nulla, ma arrivare al paradosso di far pagare un’ora di parcheggio nel centro di Bari quanto costano due ore sul lungotevere di Roma mi sembra quantomeno esagerato per due ragioni. Una di opportunità: la gran parte dei cittadini, così come è tendenza mondiale, ha tagliato i consumi. E non solo appartenenti al ceto medio o al ceto basso. Tutti cercano, e a ragione, di risparmiare ed è una pratica condivisibile visti i tempi difficili e la mancanza di certezza per il futuro. Quindi due euro sono troppi per sessanta minuti di sosta, da qualsiasi angolatura la si voglia vedere.

La seconda ragione appartiene alla sfera della ragionevolezza: ma Bari, con tutto il rispetto, cosa offre per vedersi riconoscere una tariffa così esosa? Siamo così in alto nelle classifiche di vivibilità per poterci permettere una mossa di questo genere? Disponiamo di un centro storico all’avanguardia così come ha mirabilmente fatto Liverpool con l’arte contemporanea o come ha sapientemente fatto Lisbona con una tripla linea di metropolitana dove prende anche il cellulare? Evidentemente no, perché nessuno si è mai sognato di impreziosire la città (rendendola in questo modo unica) puntando sulle qualità che essa ha nel suo Dna, come un lungomare pedonale, un porticciolo turistico all’avanguardia, una miscellanea di sapori e culture come potrebbe essere un festival enogastronomico, anziché assistere allo “struscio” dinanzi a centinaia di bancarelle che in fondo non molto hanno a che fare con la festa del nostro Patrono.

Certo, da barese, dico che abbiamo le nostre peculiarità e le innegabili bellezze che molti turisti, quando riescono a scendere da una nave crociera senza essere scippati prima, ci invidiano. E allora perché non concertare un piano tariffario assieme ai commercianti? Perché non intervenire a favore di negozianti e piccoli imprenditori, già strozzati dagli effetti devastanti della grande distribuzione?

Non è una battaglia ideologica, è solo la voglia di aggiungere un pizzico di buon senso alle ricette delle nostra quotidianità, senza perdersi dietro steccati di appartenenza ma facendo qualcosa di concreto per le reali emergenze cittadine.

Ma a patto di volerlo fare.