lunedì 31 luglio 2017

Attentato nel resort: un morto e due feriti In Turchia va in pezzi anche il turismo


Dopo il sisma di sette giorni fa, ecco le armi del terrorismo e le domande, come sul golpe farlocco del 2016. Bodrum si scopre fragile e attaccabile, grazie all'episodio di questa notte che ha fatto un morto e 4 feriti. Un uomo armato di due pistole, si è introdotto nel resort turco sulla affollatissima spiaggia di Çilek Beach Club, nella zona di Göltürkbükü, chiedendo dove si trovasse il Sess Beach Club. Quello era il suo vero obiettivo.
Lì ha sparato alla rinfusa dinanzi ai 400 ospiti della struttura. Un 18enne membro dello staff ha perso la vita, spirato in ospedale poco dopo il ricovero, mentre quattro sono le persone rimaste ferite. Subito dopo il killer è fuggito su un'auto e ha fatto perdere le sue tracce, gettando nel panico i vacanzieri che all'Hurriyet hanno raccontato di aver «vissuto un incubo». Solo due anni fa la Turchia è stato il sesto paese più visitato al mondo con 42 milioni di turisti stranieri. Nel 2016 la cifra è scesa a 25 milioni. Il colpo di stato militare tentato nel luglio scorso e una serie di attacchi terroristici che hanno interessato Ankara e Istanbul nell'ultimo biennio, hanno rovinato la reputazione del Paese e un mercato intero. Ci sono però alcuni fatti che si stanno intrecciando in questo momento in Turchia, e che non è escluso che possano avere una qualche connessione.
Due giorni fa è stato arrestato in Turchia Joe Robinson, un ex militare inglese di 23 anni che aveva combattuto contro l'Isis in Siria. Si trovava in vacanza nella località turistica di Didim con la fidanzata e sua madre. È accusato di terrorismo in quanto vicino alle milizie curde Ypg, che hanno attinenze con il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk). Mentre le due donne sono state rilasciate, il 23enne è ancora in attesa di un contatto con il consolato inglese. La scorsa settimana a Londra due 21enni sono stati arrestati all'aeroporto di Heathrow, accusati di terrorismo, dopo essere atterrati con un volo dalla Turchia nelle stesse ore in cui Erdogan annunciava, tramite il bollettino del Ministero dell'Interno, ben 1366 arresti con accuse di terrorismo.
Ma un altro dato è interessante: dal tentato golpe del luglio 2016, più di 950 aziende sono state sostanzialmente espropriate dal governo, tutte legate all'arcinemico di Erdogan, Fethullah Gulen. Parliamo di circa 11 miliardi di dollari di attività aziendali finite sotto il controllo dell'inner circle del sultano. Tra cui, oltre a media di vario genere, come radio, tv e web magazine, anche una serie di imprese che fanno business nel turismo. Il settore che, più di tutti, sta subendo un vero e proprio crollo.
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lunedì 24 luglio 2017

Grecia, le rivelazioni di Varoufakis sulla crisi del 2015: “Tsipras mi chiese piano per la Grexit e fu quasi colpo di Stato”


Da Il Fatto Quotidiano del 24/07/17
Uscirà in Grecia a settembre ma sta già provocando un terremoto politico il nuovo libro di Yanis VaroufakisAdults in the Room (Random House). L’ex ministro delle Finanze greco e un tempo sodale del premier Alexis Tsiprasdimessosi dopo la vittoria al referendum del luglio 2015, ricostruisce la cornice di quei giorni caldi dell’estate di due anni fa quando, a seguito della consultazione popolare che lasciò l’Ue con il fiato sospeso, si passò dal rischio Grexit alle sue dimissioni dall’esecutivo e al capital control che ancora zavorra la Grecia.
L’economista riporta dialoghi, analisi e dibattiti avvenuti nell’inner circle sirizeo, con protagonisti lo stesso Varoufakis, Tsipras e i ministri fedelissimi Nikos Pappas e Ioannis Dragasakis. Il primo ministro, si legge nelle anticipazioni diffuse in questi giorni, gli chiese di preparare un piano per l’uscita di un qualsiasi paese dalla zona euro. E Yanis gli rispose: “Lo farò, Alexis”. E racconta che la notte del referendum, dopo lo straordinario successo dei no, propose per l’ennesima volta al premier di iniziare a far circolare nel Paese moneta elettronica alternativa, ma Tsipras gli replicò: “Guarda, Yanis, le tue previsioni erano corrette. Ma se altri governi avessero concesso quello che ho dato io, la troika avrebbe chiuso l’affare. Invece io ho dato loro più di quanto mai dato da Samaras. E allora non vogliono un accordo, né con te né con me. E con il 62% non mi possono toccare. Ma possono distruggerti”.Secondo la versione che Varoufakis riporta nel libro, Tsipras gli manifestò timori di un possibile colpo di stato in Grecia, per questo erano “in allerta il Presidente della Repubblica, il Governatore della Banca di Grecia Stournaras e i servizi, pronti ad affrontare un rischio dittatura”. Aggiungendo che avrebbe preso a calci il governatore Stournaras, reo di essere stato sin dal 2013 il nemico numero uno del leader di Syriza, mentre sul punto Pappas suggerì di adottare “anche soluzioni più drastiche”.
Makarios Lazaridis, il capo della comunicazione di Nea Dimokratia, il principale partito di opposizione, dopo la pubblicazione dell’estratto del volume ha chiesto l’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta per accertare i fatti citati da Varoufakis. Ad attaccare Tsipras anche i socialisti del Pasok, secondo cui “la giustizia dovrebbe intervenire e la maggioranza di governo dovrebbe rispondere direttamente sulle rivelazioni libro”, mentre i centristi di Potami sottolineano che questo governo “dimostra ogni giorno di non essere capace di tirare il paese fuori dalla crisi”. La replica del premier, che sta vedendo crollare la propria popolarità interna, giunge dalle colonne del Guardian. “Ho fatto molti errori – ha detto Tsipras – ma il piano B non aveva alcun valore”. E ancora: “Yanis tenta di scrivere la storia in un modo diverso. Il piano B era proprio debole e inefficace. La Grecia? È parte integrante dell’Europa. La nostra priorità adesso è quella di riconquistare la sovranità finanziaria”.
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giovedì 20 luglio 2017

Invasione turca di Cipro: 43 anni dopo, chiediamo il perché dei silenzi dell’Unione

Da Il Fatto Quotidiano del 20/07/17

Più che guardare solo ai ladri sarebbe utile chiedersi perché i poliziotti non muovono un dito. E’ la metafora utile, con un non troppo velato riferimento all’Ue, per ricordare il 43esimo anniversario dell’invasione turca di Cipro. Quando, in risposta a un tentativo di colpo di stato ellenico sull’isola, 50mila militari turchi, sotto una fantomatica “missione di pace”, hanno prima bombardato la parte settentrionale dell’isola e poi costretto 200mila ciprioti a fuggire delle proprie abitazioni dove non hanno più fatto ritorno.
I militari di Ankara, inoltre, in questi otto lustri hanno provveduto a cancellare l’intero patrimonio storico-religioso-culturaledella Katekomena, eliminando fisicamente i luoghi di culto non musulmani, come il cimitero di Tersìa devastato dai carri armati o le numerose chiese di rito ortodosso, greco-romano, maronita, che sono nel tempo state trasformate in bordelli, stalle, resort nello spregio più totale. Tutte queste azioni sono state documentate nel libro fotografico del prof. Chalambos Chotzakoglou, bizantinista alla Hellenic Open University di Atene. 
Sull’argomento, conversando su Radio3 Mondo, ho raccontato lo stato dei fatti all’indomani del fallimento dell’ennesimo vertice per la riunificazione, mentre il regime di Erdogan continua nelle quotidiane provocazioni inviando a largo di Cipro la nave oceanografica Barbaras, al solo scopo di disturbare i rilievi posti in essere nella zona economica esclusiva (ZEE) dall’italianaEni e dai francesi di Total.
Ciò che lascia ancora una volta perplessi è una netta ignoranza dei fatti che ancora alberga in Italia. Numerosi sono quelli che parlano ancora di “isola divisa” mentre i fatti ci dicono che l’isola è stata occupata e sfruttata, con pezzi della zona turco-cipriota che gli invasori hanno venduto ad aziende straniere per realizzare alberghi e strutture turistiche.
Chi rimborserà i ciprioti, cittadini membri dell’Unione, di questo scempio sotterraneo?

Ancora, nessuno menziona i 200mila ciprioti nei cui confronti la Turchia ha avanzato una vera e propria pulizia etnica in quel 1974, così come fatto in precedenza con Armeni, Curdi, Ponti. C’è chi ancora derubrica la tragedia della Mikrì Asìa, quando migliaia di Greci furono uccisi e cacciati da Smirne, con un semplicistico scambio di popolazioni tra Turchia e Grecia. Quando nel 2004 i ciprioti furono chiamati a decidere sul piano Annan di possibile riunificazione con un referendum, votarono noperché dietro quel piano si materializzarono numerose ombre. La cronaca di allora riporta lo scandalo relativo a un’isola donatapresumibilmente al figlio di Kofi Annan, su cui però nulla più si è saputo. Inoltre il piano era manifestamente a favore dei turchi, con un trasferimento di ricchezza e risorse dal lato greco a quello turco. Nel maggio 2004 Cipro è entrata nell’Ue, anche se in concreto ciò si applica soltanto alla parte del sud dell’Isola.
Secondo quel piano era previsto un governo federale, ma risultò privo della sintonia istituzionale con leggi comunitarie, convenzioni europee, Diritti umani e risoluzioni dell’ONU. Esso fonda la sua base attuativa sull’art. 49 del Trattato di Amsterdam, circa la libera circolazione dei popoli in Europa, salvo poi nella veste pratica escluderne la concreta applicazione. Al suo interno è possibile rinvenire una miriade di interpretazioni, quasi ci trovassimo in fitti cunicoli sotterranei, ad esempio una serie di restrizioni nella libertà di movimento e di acquisto di immobili e proprietà nella zona turco-cipriota da parte dei greco-ciprioti. Di contro un cittadino europeo potrebbe acquistare liberamente nella zona turco-cipriota. Il che non offre il destro a un’analisi quantomeno serena.
Riguardo all’acquisizione di immobili, il piano Annan si è caratterizzato per una politica alquanto restrittiva e inapplicabile a causa di alcuni vizi di forma a sfavore dei greco-ciprioti. Un esempio pratico è rappresentato dal fatto che i rifugiati più anziani potevano tornare alle loro case (ma non fu specificato se possono acquistarle nuovamente) per i primi tre anni in percentuale del 3%. Ogni anno i rientri sarebbero aumentati dell’1% con un’ interruzione dopo i primi 20 anni. Questi rifugiati non avrebbero potuto comunque superare il 24% della popolazione della parte turca.
Per quanto riguarda poi la difesa dell’isola era contemplata un’azione di completa smilitarizzazione, mentre sarebbe stato mantenuto un consistente esercito turco-cipriota fino a data da stabilire e garante della sicurezza dell’isola Annan avrebbe voluto incaricare proprio la Turchia, che non è neanche membro dell’Ue. Fisiologico che i grecociprioti abbiano detto no. Assurdo, ma ancora oggi l’Ue fa spallucce su sangue versato e denaro incassato.

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