venerdì 24 aprile 2015

Grecia, Piraeus Bank cancella debiti e congela mutui alle famiglie più povere

Mentre a Riga i partner internazionali sono alla ricerca di un accordo per la Grecia, a sollevare i cittadini ellenici che non riescono a far fronte alle proprie incombenze finanziarie ci pensa una banca privata. Davanti alla crisi umanitaria che coinvolge larghe fette di popolazione, la Piraeus Bank ha deciso infatti di cancellare il 100% dei debiti fino a 20mila euro contratti dai clienti come prestiti personali o utilizzando la carta di credito. In più l’istituto di credito ha comunicato che congelerà i mutuicancellando gli interessi di mora. La decisione rientra nell’ambito della legge 4320/2015, varata dal governo Tsipras per affrontare l’emergenza umanitaria, e sarà rivolta solo alle personemeno abbienti e con gravissime difficoltà economiche.
In particolare potranno fare richiesta di accedere all’iniziativa isingle con reddito annuo inferiore a 2.400 euro, le coppie in cui nessuno dei due sia lavoratore dipendente e che abbiano un reddito inferiore a 3.600 euro, quelle in cui uno dei due sia dipendente e che abbiano due persone a carico e entrate non superiori a 4.200 euro, le famiglie con tre persone a carico con redditi fino a 5.400 euro, quelle con quattro persone a carico e meno di 6mila euro di redditi. Quanto ai proprietari di abitazioni, potranno chiedere il congelamento del mutuo se non hanno proprietà il cui valore superi i 90mila euro. L’importo è aumentato di 10mila euro per ogni membro minore a carico e 15mila per ogni adulto a carico, fino a un valore massimo di 200mila euro. Le 803 filiali di Banca del Pireo in Grecia, anche tramite una procedura elettronica sul sito, sono operative per ricevere le istanze. Per ora Piraeus Bank non ha reso noto quali saranno le conseguenze future per chi chiede queste facilitazioni, ma è probabile che, come avviene già oggi per gli insolventi, in futuro non avranno accesso a nuove carte prepagateo di credito.
Secondo quanto sostenuto da alcuni media ellenici, iniziative simili saranno prese a breve anche da altre banche. Molte di esse hanno già rinunciato ai loro crediti, decidendo di astenersi dal mettere all’asta la prima casa dei clienti insolventi. L’operazione, sollecitata dal governo, poggia sulla considerazione che un cittadino non può rischiare di perdere l’abitazione per un debito di 20 euro.
Guardando la questione dal lato degli istituti, per altro, la mossa non appare dettata solo da motivi di solidarietà: è nel loro interesseconsolidare i portafogli di crediti azzoppati da tre anni di crisi acuta. Una necessità ancora più pressante all’indomani degliimpegni sistemici assunti dalle stesse banche nei confronti dellaBce e a fronte del bisogno di liberare fondi per nuovi prestiti “sani”. Spulciando i dati dei bilanci 2014 delle banche emerge un rosso da 2,5 miliardi relativo ai prestiti, con un incremento delle svalutazioni su crediti pari al 360%.
La legge 4320, primo atto del governo a guida Syriza, prevede tre misure per affrontare la crisi umanitaria: il ripristino dell’energia elettrica per chi non pagando le tasse si era visto tagliare la luce, l’indennità di alloggio e i bonus alimentari per disoccupati e meno abbienti.
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mercoledì 22 aprile 2015

Grecia, l'energia porta la Russia più vicino

Passa soprattutto dal capitolo energia il nuovo rapporto privilegiato tra Atene e Mosca. E dopo il recente incontro tra i premier Alexis Tsipras e Vladimir Putin, sul piatto anche fine dell'embargo sull'ortofrutta greca, privatizzazioni e trasporti
Dalla cooperazione energetica alle privatizzazioni. Non si chiama ancora “fronte comune” quello che starebbe per nascere fra Grecia e Russia. Ma sta di fatto che, dopo i primi approcci per via della crisi economica, il dialogo eurasiatico fra Mosca e Atene sta assumendo contorni sempre più definiti. Con l'energia a fare da comun denominatore, anche per via di strategie geopolitiche che coinvolgono l'Unione Europea.
Il recente incontro del premier ellenico Alexis Tsipras con Vladimir Putin, anticipato di un mese rispetto al programma originario, porta con sé diverse considerazioni. Non solo nuovi accordi nei campi della difesa, con sistemi antisommergibile e dell’agroalimentare, con i prodotti ortofrutticoli greci destinati al mercato russo, ma una mutata valutazione del dossier energetico, all'indomani della decisione di pensionare il South Stream, sostituendolo con il Turkish Stream.

Il capitolo energia

L’accordo siglato dal presidente russo pochi mesi fa con Ankara trasforma nettamente gli scenari in Medio Oriente con il nuovo gasdotto che partirà dalla costa russa del Mar Nero e toccherà il confine turco con l’obiettivo di rifornire il mercato europeo, bypassando l'Ucraina.
La retromarcia sul South Stream si sposa con il Blue Stream su cui Putin e Erdogan hanno siglato un accordo da 20 miliardi di dollari per la costruzione di una centrale nucleare ad Akkuyu e proprio per un nuovo gasdotto. All'orizzonte, quindi, nascerà in Turchia un nuovo hub energetico regionale grazie ad un nuovo gasdotto da far transitare sotto il Mar Nero con la capacità di 60 miliardi di metri cubi (gli stessi previsti per il South Stream). Ma con la differenza che di questi, circa 14 miliardi dovrebbero restare in suolo turco, e gli altri sarebbero dirottati in Grecia.
Proprio sull’apporto greco - all’indomani del vertice Putin-Tsipras - è circolata un’indiscrezione, secondo cui Mosca potrebbe anticipare ad Atene cinque miliardi relativi alla tassa di passaggio sul suolo greco del gasdotto. In questo modo Tsipras non correrebbe più il rischio di restare con le casse vuote (si dice che ci sia liquidità solo sino a fine aprile) e siglerebbe in via ufficiale la nuova partnership con la Russia. In questa direzione va letta anche la recentissima visita del numero uno di Gazprom, Alexei Miller ad Atene (il 21 aprile), non solo per incontrare lo stesso Tsipras, ma per discutere di gas e di privatizzazioni con il ministro dell’Energia Panaghiotis Lafazanis, che sta curando i rapporti con Mosca.
Lafazanis è il capo del correntone più radicale di Syriza che incarna posizioni anti-troika e anti-occidentale e si riunisce attorno al cenacolo culturale di “Iskra”. E' lui ad aver preparato il delicato viaggio di Tsipras a Mosca dello scorso 8 aprile, è lui ad aver posticipato i termini per presentare le offerte per la seconda esplorazione e lo sfruttamento degli idrocarburi in 20 aree marine della Grecia occidentale e sud di Creta.
Un modo per incrementare il numero delle aziende interessate, forse un assist diretto proprio a Gazprom. Andando a ritroso, nei primi mesi di quest’anno il primo incontro di Tsipras neo-premier all’indomani delle elezioni è stato con Andrei Maslov, ambasciatore russo in Grecia, a riprova di un interesse concreto da parte di Mosca per le questioni greche.

Il triangolo con l'UE

Le relazioni tra Grecia e Russia quindi, proprio a partire dal recente vertice bilaterale, registrano una forte evoluzione anche rispetto al quadro più generale dei rapporti con l'Ue. Per cui tirando le somme, sono tre i risultati concreti che Tsipras avrebbe ottenuto da Putin. Innanzitutto la revoca dell'embargo sui prodotti agricoli greci: infatti, all’indomani delle sanzioni occidentali contro Mosca per il caso ucraino, la Russia ha sancito l’embargo per alcuni prodotti europei, tra cui l’ortofrutta, mossa che ha colpito molto pesantemente l'export della Grecia. Sul punto ci sarebbe la volontà comune di creare una joint-venture russoellenica per la trasformazione dei prodotti agricoli, bypassando in questo modo le gravi perdite accorse ai settori alimentari greci.
Di stretta attualità anche lo sconto sulle multe che Gazprom ha fatto alla Grecia per il 2014, quando il consumo di gas è stato del 40% in meno per via dell’aggravarsi della crisi ellenica, così da evitare un ulteriore esborso per le casse greche. Infine Atene in questo modo si candiderebbe a diventare un vero e proprio snodo strategico per il gas russo dopo l'accelerazione del Turskish stream, con una serie di riverberi che dovrebbero coinvolgere le privatizzazioni delle ferrovie greche e il porto di Salonicco.

Ferrovie, privatizzazioni ed antitrust

Sul vettore nazionale ferroviario ellenico, Trainose, zavorrato da 800 milioni di debiti, ha già manifestato interesse la Russian Railways, la più grande azienda ferroviaria del mondo. La prima mossa ufficiale risale al settembre 2013, quando il Ceo di Russian Railways, Vladimir Yakunin, dichiarò di prendere in considerazione anche l’ipotesi di partecipare alla privatizzazione del porto di Salonicco. L’obiettivo dei russi è quello di realizzare un gigantesco polo integrato di trasporti e logistica, avendo come base il territorio ellenico sfruttando i migliaia di containers cinesi che arrivano ogni settimana nel porto di Pireo.
Ma è riguardo all’intenzione del governo di Atene di voler rastrellare circa 3,7 miliardi di euro di nuove entrate che si inserisce ancora, con prepotenza, il ruolo russo. Non solo la privatizzazione del porto del Pireo e di 14 aeroporti regionali, su cui la Cosco Cina ha ormai da tempo una posizione privilegiata. Ma anche la vendita delle licenze a emittenti tv private, su cui alcune realtà russe e italiane pare abbiano già messo gli occhi. Un passaggio che fino ad oggi in Grecia non si è concretizzato, dal momento che lo Stato ha concesso le frequenze televisive senza farsi corrispondere un euro dagli editori e che è in cima al programma di governo di Tsipras.
E mentre la danese Margrethe Vestager, numero uno dell’Antitrust europea, è pronta a procedere contro il monopolio russo dell’export di gas, pochi giorni fa a Budapest i ministri degli Esteri di Grecia, Serbia, Macedonia, Ungheria e Turchia, hanno espresso l’intenzione di partecipare al nuovo progetto targato Gazprom. L’obiettivo è un polo "economicamente motivato" per nuove fonti di approvvigionamento dall’Asia all’Europa. Passando da Turchia e - appunto - dalla Grecia.

Grecia, “trovati soldi per stipendi aprile”. Ma servono 2,5 miliardi entro luglio

Un’altra partita di giro che non risolve il nodo del debito. “Trovati 400 milioni di euro per gli stipendi di aprile, ma ora cerco altri 2 miliardi e mezzo”. Queste le parole che il viceministro delle finanze Dimitri Mardas ha consegnato questa mattina alla tv greca Mega, sollevando, anche se solo per pochissimo tempo, gli animi di dipendenti pubblici e pensionati. Se fino a ieri l’allarme ad Atene suonava in attesa del 25 aprile, ultimo giorno in cui è previsto che nelle casse dell’erario ci sia denaro cash, oggi si apprende che qualche fondo pensione ha versato soldi sul conto speciale dellaBanca di Grecia aperto dal governo per l’emergenza.
Due giorni fa l’esecutivo Tsipras, contestato da tutti i fronti, ha deciso di impegnare la cassa degli enti pubblici attraverso un decreto con cui ha intimato a amministrazioni pubbliche e enti locali di centralizzare la propria liquidità nella tesorerianazionale. Oltre alla contrarietà dei titolari di quote di fondi pensione si registra la ferma protesta dei sindaci ellenici, che ieri in un’assemblea infuocata hanno tuonato contro il governo: “Non vi daremo un euro”. Sindaci e prefetti hanno deciso, rischiando conseguenze penali, di non applicare la decisione del governo, che chiedeva la disponibilità a versare 5,5 miliardi. L’Unione Centrale dei Comuni della Grecia ha preso la decisione dopo una riunione di sette ore con lo stesso Mardas. Intanto, i lavoratori in tutti i comuni si preparano a proteste e marce in strada il giorno in cui l’atto legislativo andrà alla Camera.
Gli amministratori locali restano in trincea perché se dovessero essere “costretti” dal decreto governativo all’esborso potrebbero paradossalmente non avere poi denaro per l’amministrazione ordinaria, come l’illuminazione o laraccolta dei rifiuti nelle città. Il governo ha smentito i rumorssu un prelievo obbligatorio in caso di nuova emergenza, ma ad oggi nessuno può escludere che alla fine Tsipras opti per una sorta di metodo Cipro rivisto, con gli enti pubblici al posto dei correntisti espropriati.
Nel frattempo la trattativa sul debito ellenico continua a rilento e non si vedono spiragli di soluzione. Il presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker, la cancelliera tedesca Angela Merkele il premier greco Alexis Tsipras continuano a inviarsi messaggi contraddittori e poco incoraggianti, fatta eccezione per il “no al Grexit” che ancora ieri il numero uno dell’esecutivo Ue ha ribadito. Ma la realtà è che tra maggio e giugno il Paese deve restituire 2,5 miliardi al Fondo monetario internazionale e tra luglio e agosto scadranno bond in mano alla Bce per altri 6,7 miliardi. Somme che non ci sono, anche se l’Eurotower sta continuando a garantire l’accesso delle banche alla liquidità di emergenza (Ela) e secondo il quotidiano tedesco Handelsblatt ha nuovamente aumentato il tetto portandolo a 75,5 miliardi. Smentita invece l’indiscrezione, rivelata dal New York Times, secondo cui Francoforte avrebbe dato “un giro di vite” rendendo molto più costoso il ricorso all’Ela.
In parallelo la fiducia nelle strategie di Tsipras e dei suoi ministri registra una flessione. Se un mese fa il 72% dei cittadini era favorevole alla strada intrapresa nelle trattative con i creditori, oggi quella percentuale si è ridotta al 45,5%. Con i gruppi di anarchiciche ricominciano a fare la guerriglia urbana nel centro di Atene mentre, a pochi passi dalla sede di Syriza a Koumoundourou, ieri alcuni profughi siriani e pakistani hanno trasformato le aiuole in un vero e proprio camping a cielo aperto sotto gli occhi dei turisti increduli. Pollice verso anche da Washington, con l’ambasciatore americano ad Atene che richiama duramente il governo contro la nuova legge che scarcera i detenuti affetti da malattie o patologie: ne beneficerà il capo dei terroristi greci del famigerato gruppo 17 Novembre, Christodoulos Xiros, segnalato anche nella speciale lista dell’Fbi.
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sabato 18 aprile 2015

Grecia, Spiegel: “15 miliardi di ossigeno in arrivo da Mosca e Pechino”

Miliardi euroasiatici in arrivo per la Grecia. A sostenerlo è il settimanale tedesco Spiegel, prontamente smentito da Atene e Mosca. Anche se i conti, sulla carta, tornano: Pechino e Mosca, scrive il giornale di Amburgo, con 15 miliardi potrebbero dare ossigeno alla Grecia nelle sue ore più disperate, rispettivamente per il porto del Pireo (10) e per il passaggio del Turkish Stream sul territorio greco (3-5 miliardi in diritti di transito). In questo modo Cina e Russia offrirebbero più di una sponda ad Alexis Tsipras: non solo gli eviterebbero di restare senza fondi come accadrà a brevissimo senza un’intesa con i creditori internazionali, ma provocherebbero un nuovo e inatteso scenario geopolitico proprio al centro del Mediterraneo sfruttando la criticità di Atene.
Sui cinesi che fanno rotta verso il gigantesco porto containers greco i dubbi degli ultimi mesi non sono mai stati reali. Già da alcuni anni la Cosco Cina ha avuto in concessione alcuni moli dell’hub marittimo nell’Egeo, scaricando lì migliaia di containers ed evitando il ben più lungo viaggio nel porto olandese di Rotterdam. La prosecuzione di quel rapporto porterebbe alla naturale privatizzazione del 100% del porto, con Pechino pronta ad investire ben 10 miliardi, ma contando su un ritorno importantissimo. 
Quanto alle trattative con il Cremlino per il transito del gasdottoche sostituirà il South Stream la cui firma è attesa per martedì 21, dopo il recente vertice Tsipras-Putin sono condotte dal ministro dell’energia Panagiotis Lafazanis, capo del correntone più radicale di Syriza che si riunisce attorno al cenacolo culturale di Iskra. E’ lui ad aver preparato il delicato viaggio di Tsipras a Mosca dello scorso 8 aprile, anticipato di ben un mese rispetto al programma stilato dopo la vittoria elettorale dello scorso gennaio. In quell’occasione tra l’altro sono state gettate le basi per accordi nei campi della difesa (sistemi antisom e missilistici) e dell’agroalimentare, dal momento che dopo le sanzioni occidentali per i fatti ucraini la chiusura russa ai prodotti europei ha coinvolto anche la Grecia, con un danno significativo per i produttori ellenici. 
Questo “non risolverà i problemi che Atene ha nel portare a termine gli impegni del memorandum d’intesa” con i partner europei, ha commentato a caldo il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, da Washington dicendosi “felice” per la notizia dell’accordo sul gasdotto Turskish Stream tra Grecia e Russia che non lo vede contrario. “Non cerchiamo mai alcuna influenza esterna. Questo è un problema europeo e deve essere risolto, come ogni problema della famiglia europea, tra le nazioni europee”, è stata invece la risposta del ministro delle finanze greco, Yanis Varoufakis, ai cronisti che gli chiedevano se il suo Paese fosse interessato ad aiuti da parte di Cina o Russia. In ogni caso Mosca fa sapere per bocca di un portavoce del Cremlino,Dmitry Peskov, che la Russia non ha raggiunto alcun accordo con la Grecia per un anticipo finanziario di 5,4 milioni di dollari come pagamento per il passaggio del nuovo Gasdotto: nell’ambito di un confronto per una maggiore collaborazione energetica “la Russia non ha promesso assistenza finanziaria perché nessuno l’ha chiesta”, è stato il messaggio. 
Sullo sfondo il presidente della Bce,Mario Draghi, che da una parte gela  le attese di una scorciatoia sostenendo che sì, è prematuro speculare su un’uscita della Grecia dall’area euro e sarebbe meglio avere la Grecia in buona salute, ma ora “siamo meglio equipaggiati che nel 2012 e nel 2010”, dall’altra rimanda la palla in campo ateniese: “Tutti vogliamo che la Grecia abbia successo, e questo successo è nelle mani del governo greco. La priorità è ripristinare un processo politico e un dialogo che funzionino bene. C’è molto lavoro da fare, e subito”.

mercoledì 15 aprile 2015

E la Boldrini greca chiamò il benzinaio "servo"

Piccole Boldrini crescono, ora pure fuori dai confini nazionali. Altro che popolo, falce e martello.
A sinistra potere fa rima con spocchia e cachemire, anche in Grecia. È il caso della presidente della Camera Zoì Kostantopoulou, fedelissima di Tsipras, che in un momento in cui il Paese è allo stremo e con soldi in cassa solo per altri dieci giorni, ha pensato bene di imitare il marchese del Grillo. E qualche giorno fa, nella domenica di Pasqua ortodossa, sull'isola di Eubea ha insultato un benzinaio che non era in grado di cambiare la gomma della sua auto blu. Della serie lei non sa chi sono io, con la reazione popolare che non si è fatta mancare, complice l'orgoglio dei greci che quanto a dignità non hanno da imparare proprio da nessuno. 
«Dammi i tuoi dati, servo» gli ha intimato la Kostantopoulou, una vita politica impegnata a favore dei migranti e dei meno abbienti, ma forse troppo rapidamente abituata agli agi istituzionali di un Parlamento greco che di tagliare i costi della politica proprio non ne vuole sapere. Lo dimostra il 70% dei deputati del Syriza che non rinuncia all'auto di servizio della Camera, mentre sino a poche ore prima della chiusura delle urne erano tutti impegnati a promettere il salario minimo a 700 euro e la riassunzione delle donne delle pulizie ai ministeri, che per inciso guadagnavano 1300 euro mentre un cardiologo in ospedale ne prende 700. 
Misteri della terra di Onassis, dove solo qualcuno dei nuovi ministri ha scelto di non utilizzare le grosse berline di rappresentanza: l'eccentrico Varoufakis si segnala a cavallo della sua moto, l'intransigente Lafazanis, il ministro dell'energia che sta flirtando con Putin, circola con la sua utilitaria, mentre l'ex vice premier socialista Venizelos sino a pochi mesi fa usava una Bmw con blindatura antimissile da 200mila euro. Ma la pasionaria ateniese, che ha pesantemente minacciato le due donne che riprendevano la scena con il cellulare, si è sempre proclamata dalla parte degli ultimi. Anche se, ad esempio, sino ad oggi non ha detto una parola sui gruppi di anarchici che stanno rimettendo a ferro e fuoco la capitale greca, contro cui i corpi speciali dei MAT hanno l'ordine assurdo di non reagire. 
È come se stessero tornando i tempi del 2008, quando la protesta sociale in Grecia, spalleggiata proprio da Syriza, era accesa dai gruppi di incappucciati black bloc: gli stessi che il giorno dopo di Tsipras premier srotolarono striscioni dalla sede di Syriza pro alloggi popolari e contro il carcere duro, mentre la nuova nomenklatura rossa ad Atene si preparava al gran banchetto delle poltrone.
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mercoledì 8 aprile 2015

«Berlino paghi i danni di guerra» E mezza Europa imita la Grecia

Mentre anche Mosca, dopo Atene, batte cassa a Berlino per i danni di guerra e chiede 600 miliardi di dollari provocando più di un travaso di bile ad Angela Merkel, ecco che il governo greco diffonde la richiesta ufficiale: quasi 300 miliardi di euro, ovvero più del mega debito oggetto del memorandum dal 2012. Un paradosso, come tanti altri in questa storia, che sta aggiungendo sale sulle ferite dell'eurocrisi. Intervenendo in Parlamento il vice-ministro delle Finanze, Dimitris Mardas, ha annunciato quanto la Germania deve alla Grecia: 278 miliardi di euro, compresi 10 miliardi per un prestito che fu preteso dalle forze di occupazione naziste. E non è tutto, perché dalla Duma ecco il via libera a una commissione per calcolare i danni subiti dai russi.
Secondo il quotidiano Izvestia , il conto risultante dovrebbe essere presentato alla cancelliera come obbligo di riparazione. La Camera bassa del Parlamento moscovita ha istituito un gruppo di lavoro per calcolare i danni causati dalla Germania nell'attacco all'Unione Sovietica del '41. «Per la distruzione arrecata all'Urss la Germania non ha mai pagato», ha detto il deputato Mikhail Degtyarev. In effetti gli accordi di Yalta prevedevano solo alcuni beni tedeschi (principalmente mobili, vestiti, attrezzature industriali) come trofeo di guerra per la parte sovietica, ma secondo l'attuale parlamento questa non rappresenta una compensazione per il danno arrecato all'economia.
La richiesta di Mosca fa il paio con i miliardi chiesti da Atene a Berlino per i danni del secondo conflitto mondiale. «Il governo tedesco deve saldare il proprio debito, - dice pubblicamente l'eurodeputato greco Manolis Glenzos, eroe nazionale che ammainò la bandiera nazi dall'Acropoli nel '43 -. E non si colleghi la situazione attuale della Grecia con quelle giuste rivendicazioni che risalgono alla guerra».
I danni perpetrati alla Grecia dopo l'invasione di Hitler dell'aprile '41 dovrebbero tenere conto di 300mila cittadini greci morti di fame, come risulta da un rapporto della Croce Rossa Internazionale. In seguito Germania e Italia non solo pretesero cifre elevatissime per le spese militari, ma ottennero forzatamente anche quello che venne definito un prestito d'occupazione di 3,5 miliardi. Lo stesso Führer in quella circostanza ne certificò il valore legale e dispose il risarcimento. Ma alla Conferenza di Parigi alla Grecia vennero riconosciuti solo 7,1 miliardi anziché i 14 richiesti. L'Italia restituì come doveva la propria parte, mentre la Germania no. Un rapporto (luglio 2011) dell'economista francese Jacques Delpla sostenne che Berlino dovrebbe alla Grecia addirittura 575 miliardi.
Dalla Grecia all'Italia, passando per la Russia, è tutto un fiorire di iniziative simili, sfruttando una pronuncia della Consulta dello scorso ottobre secondo cui sono incostituzionali le norme che impediscono di agire in giudizio contro la Germania e quindi, per le vittime italiane del nazismo, di ottenere i risarcimenti. Il comune padovano di San Giorgio in Bosco prepara una class action contro la Germania per la fucilazione di 39 concittadini il 29 aprile. Secondo il sindaco Renato Miatello «in una fase storica in cui la Germania tenta di imporsi quale potenza dominante dell'Ue, è giusto chiedere finalmente che qualcuno paghi per questa inutile strage». Stessa decisione per il Comune di Fornelli nel molisano che annuncia una class action per chiedere il risarcimento danni per la strage nazista del 4 ottobre '43. Analoghe richieste sono state presentate in Francia, Polonia e Slovenia anche se i giudici di quei Paesi, fino a oggi, le hanno respinte. Ad onor di storia va ricordato che la Germania, nell'agosto del '53, grazie al via libera di ventuno Paesi europei, dimezzò il proprio debito. Evitando così il default .
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