martedì 31 marzo 2015

Grecia, Tsipras punta su privatizzazioni e idrocarburi per evitare il default

Privatizzazioni e idrocarburi: è con queste due mosse (verso Mosca) che Alexis Tsipras intende evitare il default e raccogliere nuove risorse che consentano alla Grecia non solo di pagare stipendi, pensioni e interessi sul debito, ma anche di iniziare a camminare con le proprie gambe. Sono iniziati martedì 31 marzo i dieci giorni decisivi per le sorti della Grecia e del governo, già scosso dal dissenso interno di Syriza e dalle voci di un possibile ridimensionamento dell’eclettico ministro delle Finanze Yanis Varoufakis. Mentre il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk dice che non ci sarà alcuna svolta sugli aiuti alla Grecia prima di Pasqua, ad Atene il ministro dell’Energia Panaghiotis Lafazanis ha annunciato la proroga del termine per la presentazione delle offerte per la seconda esplorazione e lo sfruttamento degli idrocarburi in 20 aree marine della Grecia occidentale e a sud di Creta: dal 14 maggio al 14 Luglio 2015. 
Il ministero, con questa mossa, anticipa la caduta del prezzo del petrolio che scoraggia in tutto il mondo gli investimenti nel settore. Tuttavia la modifica del quadro istituzionale dovrebbe essere un processo estremamente lungo, almeno di sei-otto mesi, pensato ad hoc per aumentare il numero delle aziende interessate. 
Gli occhi delle aziende private del settore per le esplorazioni nell’Egeo restano, ma naturalmente ci sono altre ragioni. Durante la recente visita di Lafazanis a Mosca è stato messo sul tavolo della discussione l’invito alle società russe a partecipare attivamente al concorso sfruttando proprio la proroga. E il prossimo 8 aprile Tsipras è atteso a Mosca da Vladimir Putin (che pochi giorni fa a Cipro ha offerto un aiuto diretto a Nicosia), anticipando di un mese il viaggio inizialmente concordato per la metà di maggio.
In previsione del viaggio Tsipras, intervistato dalla Tass, offre un assist alla Russia su tutti i fronti: contro le sanzioni inflitte con lo scoppio della crisi ucraina (“una strada che non conduce da nessuna parte”), sulla nuova Europa (“deve coinvolgere anche la Russia”). Ma di fatto il primo punto è quello che riguarda una nuova cooperazione. Appena eletto premier, Tsipras fu investito dalla polemica sulle sanzioni. Il motivo? Al telefono con il commissario Ue Mogherini, disse apertamente che non era convinto di proseguire sulla strada delle sanzioni contro Mosca e che da quel momento in poi le cose sarebbero cambiate. Disse: “Non pensate che le posizioni greche siano le stesse, la situazione è cambiata e ora c’è un altro governo in Grecia. E ora si dovrà chiedere a noi prima di prendere decisioni”. Sulla nuova Europa dice apertamente che dovrà vedere un diverso e più ampio coinvolgimento della Russia. A ciò si aggiungano due fronti di privatizzazioni come la Treinose(treni) e il porto di Salonicco, su cui Angela Merkel nella cena con Tsipras di qualche giorno fa a Berlino, si è soffermata molto, ovviamente manifestando forte contrarietà circa un diretto intervento russo, al momento, più che probabile.
Nel frattempo il governo di Atene annuncia di voler rastrellare circa 3,7 miliardi di euro di nuove entrate con una serie di misure come la privatizzazione del porto del Pireo e di 14 aeroporti regionali; la lotta contro l’evasione fiscale; le iniziative per il rimborso dei debiti all’agenzia delle entrate e alla sicurezza sociale; la lotta contro la frode sulla raccolta dell’Iva; la modifica di aliquote dell’imposta sul reddito; la vendita di licenze a emittenti tv private; il giro di vite su trasferimenti di capitali. In più nella bozza fatta circolare tra i giornalisti restano confermate le misure sociali, come la parziale reintroduzione della tredicesima mensilità per le pensioni più basse e il sostegno ai pensionati più deboli. L’Eurogruppo di domani scioglierà molti dubbi.

martedì 24 marzo 2015

Grecia, il nodo delle privatizzazioni e i dubbi sull’asse con Mosca e Pechino

Mentre i maligni rilevano che la prima uscita diplomatica di Alexis Tsipras senza il ministro Yanis Varoufakis, quella a Berlino, è coincisa con una distensione inattesa dei rapporti tra i contendenti, si moltiplicano le indiscrezioni sul nuovo elenco di “compiti a casa” che Atene dovrebbe presentare entro lunedì prossimo. La lista dettagliata di riforme, se attuata, aprirà la strada allo sblocco da parte dell’Eurogruppo di quasi 5 miliardi di nuovi finanziamenti, indispensabili per pagare stipendi epensioni. Già si sa che nella missiva ci saranno le misure di aggiustamento fiscale utili ad affrontare l’evasione, ilcontrabbando di tabacco, di alcol, di petrolio e carburanti, ilriciclaggio e l’inadempimento Iva: più o meno gli stessi impegni contenuti nel memorandum del 2012. Nella stesso capitolo finirà anche il via libera al pagamento delle tasse arretrate in 100 rate, come chiedeva l’ala più intransigente di Syriza. Spazio poi alle riforme strutturali nel settore pubblico per ridurre la burocrazia, introducendo innovazioni quali la “Carta del cittadino”, oltre a nuovi strumenti per rendere più efficace il meccanismo diriscossione
Ma il vero nodo su cui ora si stanno concentrando gli strali di Berlino e su cui proprio Angela Merkele Tsipras si sarebbero intrattenuti parecchio durante la cena (quasi cinque ore) è quello delleprivatizzazioni. Molti analisti osservano come Germania e Ue non vedano di buon occhio eventuali intromissioni russe nella partita ellenica. Mentre sarebbero disposti a cedere su quelle cinesi (il gruppo Cosco ha già investito nel porto del Pireo e vorrebbe conquistarne la maggioranza) e del Qatar (pronto il progetto di una nuova Dubai sull’Egeo al vecchio aeroporto ateniese Ellinikon). Lo scontro, quindi, si sposta sulle infrastrutture che fanno gola a Mosca e a Pechino, come gli aeroporti regionali, i porti e leferrovie, ma con uno sforzo da parte del governo Tsipras per garantire il massimo beneficio per lo Stato.
E’ in questo quadro che vanno letti i prossimi viaggi istituzionali che esponenti del governo di Atene faranno a Pechino e Mosca. Il ministro degli esteri Nikos Kotzias, quello dell’informazione Nikos Pappas e il vicepremier Yannis Dragasakis (che gestisce la task force economica dell’esecutivo) sono attesi in queste ore in Cina: cinque giorni per convincere i loro parigrado sulla bontà degli investimenti in Grecia. L’8 aprile invece sarà il premier Tsipras a volare a Mosca assieme al ministro della Difesa Kammenos, per incontrare Vladimir Putin anticipando di un mese il bilaterale fissato all’indomani della vittoria elettorale dello scorso gennaio.
Sul tavolo non solo la cooperazione su nuove tecnologie eagroalimentare (la Grecia ha perso molto dopo la chiusura ai prodotti europei imposta da Putin come ritorsione per le sanzioni occidentali) ma soprattutto la possibilità che Russian Railways, la più grande azienda ferroviaria del mondo, partecipi alla privatizzazione del porto di Salonicco e della Trainose. Quest’ultima è l’operatore ferroviario statale greco, zavorrato da 800 milioni didebiti. Già nel 2013 il presidente, Vladimir Yakunin, aveva manifestato esplicito interesse per il porto di Salonicco all’interno di un progetto ferroviario transfrontaliero che coinvolgesse anche la Bulgaria in un nuovo corridoio trans-eurasiatico. Oggi vi è la possibilità di giungere a un’intesa più concreta. Mentre Varoufakis, rimasto ad Atene a presidiare il governo, è sempre più nel mirino delle critiche, non solo europee. E alcuni lo danno già al capolinea.
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mercoledì 18 marzo 2015

Russia, dopo sanzioni l’americana Exxon Mobil chiede indietro le tasse pagate

Mentre Opel decide di lasciare il mercato russo e General Motors si prepara a sospendere la produzione nello stabilimento di San Pietroburgo, nei delicatissimi rapporti tra Mosca e Washington si apre un altro fronte. La compagnia petrolifera statunitense ExxonMobil chiede infatti la restituzione delleimposte pagate per sei anni relativamente al progetto Sakhalin-1: almeno 10 miliardi di rubli (circa 154 milioni di euro al cambio attuale). Il problema è sorto sei anni fa e, nonostante l’azienda abbia ottenuto nel 2011 lo status di partner strategico diRosneft, ciò non sembra aver portato grossi vantaggi. Infatti lesanzioni imposte alla Russia da Usa e Unione europea riducono ai minimi termini le possibilità di cooperazione, tanto che nel settembre scorso Exxon ha deciso di sospendere la cooperazione sui progetti offshore.
Stando a quanto riporta il quotidiano Kommersant, ora ExxonMobil intende presentare una richiesta di arbitrato al tribunale di Stoccolma per riottenere la cifra secondo gli americani indebitamente pagata. Giovedì il presidente di ExxonMobil Rex Tillerson è atteso a Mosca, dove incontrerà il ministro delle Finanze Anton Siluanov, quello dell’Energia Alexander Novak, il vice primo ministro Arkady Dvorkovich e l’amministratore delegato della Rosneft Igor Sechin per discutere della questione e far luce sulle rivendicazioni del gruppo.
Sakhalin-1, realizzato sulla base di un accordo di produzione che comprende tre giacimenti, contiene potenziali riserve recuperabili di 307 milioni di tonnellate di petrolio e 485 miliardi di metri cubi di gas. ExxonMobil ne detiene il 30%, mentre Rosneft ne ha il 20 come gli indiani di Oil and Natural Gas Corporation e i giapponesi di Sodeco un altro 30%. Lo sfruttamento ha preso avvio nel 2008 e dall’anno successivo i partecipanti hanno pagato un’imposta del35%. Nell’aprile del 2009 il vice ministro delle Finanze Sergei Shatalov in una lettera spiegò ai singoli partecipanti che quella tassa sugli utili era composta da un 13% dovuto alla Federazione russa e un 22% da corrispondere alla regione di Sakhalin. Nel frattempo, però, il Cremlino aveva ridotto l’imposta sul reddito al 20%.
Di qui le proteste di ExxonMobil, che però arrivano non a caso in una fase di forte tensione tra Usa e Russia, con il presidenteBarack Obama che non perde occasione per ribadire che leritorsioni economiche rimarranno in campo fino a quando sarà necessario per assicurare il rispetto del cessate il fuoco inUcraina. Il gruppo Usa ha stimato che a causa delle sanzioni registrerà in Russia perdite di almeno un miliardo di dollari. Washington ha infatti impedito la fornitura di alcuni equipaggiamenti indispensabili per le attività petrolifere in Artico e Mar Nero, le ultime rimaste accessibili nell’area. Mosca avrebbe in mente di sostituire la Exxon con partner cinesi, già in stretto rapporto con la Russia dopo il mega accordo per la fornitura trentennale di gas siglato con la Cina lo scorso anno.
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lunedì 9 marzo 2015

Schiaffo dell'Eurogruppo alla Grecia: lista di riforme monca, niente soldi

Lista di «compiti» monca, tempi allungati per via dei tavoli tecnici che andranno coinvolti e rischio per Atene di non avere denari per far fronte a stipendi, pensioni e interessi. Sull'Eurogruppo di oggi, che dovrà decidere se continuare a idratare «forzatamente» la Grecia, non pesano solo la chiusura della Bce sul Qe, ma soprattutto le parole del presidente Jeroen Dijsselbloem: «Lista delle riforme incompleta, per essere attuata richiederà tempi lunghi». Risultato: nessun assegno sarà staccato verso Atene a marzo. Un vertice, quello di oggi, segnato dall'ilarità provocata dalla proposta di assoldare casalinghe e studenti come finanzieri e dal plateale scontro andato in scena qualche giorno fa tra Dijsselbloem e il ministro Yanis Varoufakis (non si parlano più).
Quest'ultimo si era impegnato, nella lettera di intenti, a modificare l'Iva e le esenzioni, rafforzando il legame tra contributi e prestazioni e continuando nelle privatizzazioni. La vecchia Troika (chiamata ora Istituzioni) avrebbe dovuto vidimare tutti i passaggi come prerequisito ai finanziamenti: ciò che ieri ha già iniziato a fare esprimendo i primi dubbi. E mentre un portavoce del governo si affretta a correggere l'uscita da Venezia di Varoufakis sull'ipotesi referendum («sulle misure per uscire dalla crisi e non sull'euro»), è ancora il fronte politico interno a farsi instabile, con l'eurodeputato del Syriza, Dimitrios Papadimoulis, che attacca Alexis Tsipras.
Del governo dice che, o non è «cosciente dell'impatto causato da qualsiasi dichiarazione irresponsabile, superficiale e contraddittoria», del ministro, o rivela «una progettazione inesistente che porta la Grecia al disastro». Ieri, intanto, la sede di Syriza ad Atene è stata occupata da una quarantina di anarchici: chiedevano l'immediata abolizione del carcere duro.
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domenica 8 marzo 2015

Grecia, l'accordo torna in alto mare

«Syriza ha fatto promesse che non possono essere mantenute e il popolo greco presto capirà che è stato ingannato da falsi annunci». Le parole dirette ad Atene da Luc Cohen, membro del consiglio della Bce, sono identiche a quelle che l'eurodeputato del Syriza, Manolis Glenzos, ha rivolto ad Alexis Tsipras dopo il primo Eurogruppo. Con la differenza che queste ultime sono firmate dal governatore della Banca del Belgio, mentre le prime erano di chi sin dal primo momento aveva creduto nel premier ellenico. È con questo paradosso che il governo greco si affaccia all'Eurogruppo di domani, con la richiesta di Atene di rivedere la procedura per negoziare le riforme, ma con molti punti interrogativi. Mentre da un lato, secondo un portavoce di Atene, c'è già una prima risposta positiva da parte del presidente Jeroen Dijsselbloem, dall'altro fonti europee sostengono che la lettera greca non è stata preceduta dai tavoli tecnici necessari per dare i voti alle misure. Un accordo in alto mare, quindi.
Tabù, almeno ufficialmente, l'opzione Grexit, con Jean-Claude Juncker (ha rifiutato venerdì di incontrare riservatamente Tsipras) che dalle colonne del Welt am Sonntag ha detto che «non ci sarà mai un Grexit», perché «nessuno dei politici che hanno un ruolo in Europa lavora per l'uscita della Grecia dall'Eurozona», anche se di un piano B si continua a parlare con insistenza. Il motivo? Entro un mese Atene dovrà sborsare circa 7 miliardi, tra interessi sui prestiti, restituzione di tranches al Fmi, rimborso di titoli, Buoni del tesoro e spese di welfare promesse ai meno abbienti. Nella lettera di intenti che domani sarà sezionata da un Eurogruppo iperscettico ci sono propositi di tasse per circa 8 miliardi anche grazie a casalinghe e studenti «spioni» che faranno le veci dei finanzieri, oltre a solenni impegni sulle riforme, come il ministro Yanis Varoufakis ha ribadito da Venezia a margine del meeting Aspen, ma senza licenziare 40mila dipendenti pubblici: tutte misure che dovranno essere comunque vidimate dell'ex Troika che al momento nicchia.
Da Atene, però, ostentano tranquillità. La prima delle tre tranche di marzo (310 milioni) è stata regolarmente pagata al Fmi e la decisione della Bce di escludere Atene dal Qe non ha creato problemi, dicono. Nei prossimi giorni, inoltre, Tsipras sarà ricevuto dai vertici dell'Ocse per riorganizzare l'amministrazione, forti del fatto che la Bers investirà 500 milioni in Grecia.
Tutto bene allora? No, perché dopo un semestre di lievissimo miglioramento con il ritorno sui mercati e l'uscita dalla recessione dopo 8 anni, in gennaio e febbraio, a causa dell'instabilità elettorale, sono stati 20 i miliardi ritirati dai cittadini ai Bancomat. Le banche restano in sofferenza, checché ne dica il governatore della Banca di Grecia: quello Ioannis Stournaras, non solo ex ministro delle Finanze nei due governi che si sono susseguiti dal 2011 a oggi, ma soprattutto membro della speciale commissione che «curò» nel 1999 il passaggio della Grecia dalla dracma all'euro. E l'euroscettico ministro della Difesa, Panos Kammenos, annuncia un referendum.
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