sabato 28 febbraio 2015

Kosovo, è esodo: 150 mila emigrati in 6 mesi. ‘Migliaia a piedi verso Nord Europa’

Tra le 20mila e le 30mila persone, ogni mese, stanno lasciando ilKosovo per l’aggravarsi della crisi politica. Le autorità locali hanno tentato sino ad oggi di tenere nascosta la questione temendo reazioni da parte dell’Ue, ma una relazione ufficiale è stata presentata e discussa intensamente in Parlamento. Negli ultimi due mesi hanno lasciato il paese almeno 50.000 persone, compresi 6.000 studenti delle scuole elementari. In tutto negli ultimi 5-6 mesi i migranti sono stati 150.000, vale a dire il 6-7% della popolazione, stimata ora in meno di 2 milioni.
Di questi, circa 8mila migranti sono stati arrestati in Ungherianell’ultima settimana, dopo essere entrati nel Paese senza documenti regolari. A Budapest la polizia di frontiera, dallo scorso primo febbraio, ha registrato un anomalo flusso di persone che cercavano di entrare nel Paese dalla città meridionale di Szeged, vicino al confine serbo. Da tempo il primo ministro Viktor Orbanha annunciato l’intenzione di rafforzare le misure preventive per impedire l’immigrazione e come primo atto parlamentare ecco il tentativo della maggioranza, con il deputato Antal Rogan, di modificare le norme sull’immigrazione con apposito decreto legge. 
Il dato kosovaro si somma al nuovo trend dell’emigrazione 2.0 che si snoda non più sui motoscafi o sui barconi della speranza attraversando il canale d’Otranto, ma con vere e proprie carovane. Le nuove rotte dell’emigrazione puntano ai Balcani da cui è più semplice giungere all’agognata meta delnord Europa e, di fatto, bypassando l’Italia. Un vero e proprio “exodus”: parte infatti da Atene, fino a Fyrom e poi alla Serbia, la nuova carovana della disperazione post guerra in Siria, con lunghissime colonne umane composte da interi nuclei familiariche si spostano di notte, camminando come formiche lungo i binari delle ferrovie con l’obiettivo di giungere quanto prima inGermania e Svezia.
E’la ragione per cui proprio dalla Grecia prende avvio il progetto “Balcan Project Migration“. A dirigerlo il dott. Stathis Kyrousis, di Medici Senza Frontiere che, dopo le esperienze in Afghanistan, Armenia, Congo e Iraq, è stato chiamato in Grecia per gestire questa nuova e straordinaria emergenza.
“Il nostro obiettivo – spiega a IlFattoQuotidiano.it – è di prestare cure e soccorsi a tutti, senza chiedere loro né la carta di identità né la destinazione. Si tratta di gruppi che di giorno dormono in vecchie fabbriche o nei boschi e che di notte si mettono in marcia, coperti dal buio, per attraversare tutti i Balcani a piedi. Un viaggio difficilissimo, durante il quale le emergenze medice e sanitarie sono moltissime”.
Non più solo disperati o cittadini alla fame in fuga, quindi, ma anche famiglie, con anziani e bambini, lavoratori che sono stati costretti a lasciare le proprie case a causa della guerra in Siria. Negli ultimi due anni il flusso dei siriani che giungono in Grecia è aumentato del 700%, conferma Apostolos Veizis, direttore di MSF Atene. “E’ quella la nuova falla sociale dell’Eurasia. Mentre nel 2013 ne abbiamo contati quasi novemila, lo scorso anno sono stati trentamila”.
twitter@FDepalo

mercoledì 25 febbraio 2015

I grandi armatori greci pronti a salpare per i paradisi fiscali

Se Tsipras metterà le tasse sugli armatori? Il giorno dopo fuggiranno via alle Cayman, lasciando per strada 250mila lavoratori greci: altro che due miliardi e mezzo di euro, così come c'è scritto nella lettera di intenti consegnata all'Eurogruppo. Il telegramma è stato spedito dalle maggiori compagnie greche all'indirizzo del premier, di cui tra l'altro uno degli grandi elettori è Vanghelis Marinakis, presidente della squadra di calcio dell'Olympiacos Pireo e soprattutto partner di Aristides Alafouzos. Quest'ultimo è il fondatore della Argonautis ltd. che controlla Shell Sea, Sea Pearl Enterprises, Zenith Maritime, Corporation Bigael, Kyklades marittime. 
Uno dei cinque oligarchi che muove un mercato marittimo da svariati miliardi di euro, assieme a Stavros Niarchos, uno degli uomini più ricchi del mondo e storico rivale di Onassis; Vardis Vardinoyannis, anima della Motor Oil Hellas, proprietario del Panathinaikos e amico del clan Kennedy; Dimitris Melissanidis, proprietario dell'Aegean Marine Petroleum, azionista del Totocalcio Opap e patron della squadra dell'Aek; e appunto lo stesso Alafouzos che, tra le altre cose, possiede il canale privato Skai oltre a radio e giornali di vario genere. Proprio nel Pireo di Marinakis, Tsipras ha trovato la sua roccaforte di voti con la governatrice dell'Attica Rena Dourou e soprattutto con il neo sindaco Iannis Moralis, che è numero due di Marinakis nell'Olympiacos.
Non è chiaro quindi se quella patrimoniale, portando nelle casse dello Stato i 2,5 miliardi che Tsipras auspica, potrebbe farne perdere il giorno dopo anche di più come mancate commesse proprio per la fuga delle maggiori compagnie. E sempre ammesso che l'erario ellenico decida di funzionare, visto e considerato che al novembre scorso il Fmi certificò che le mancate entrate per il 2014 ammontavano a un miliardo al mese.
La flotta mercantile greca è da un secolo al vertice del pianeta. Solo all'alba della crisi ha perso il primato in favore del Giappone, per poi riagguantarlo nel 2013 forte di quasi dieci miliardi di euro di investimenti fatti. Tsipras ha promesso di tassarli. Ma l'Iva agevolata a loro carico e l'esenzione fiscale sui profitti generati all'estero è garantita da una legge costituzionale che porta la data del 1967. Per cassarla sarebbe necessaria una modifica costituzionale, che nel suk parlamentare si traduce in una maggioranza qualificata da presentare per due legislature continuative: possibile, ma abbastanza irrealistico visto che un mese fa per formare il governo Syriza si è appoggiata ai destrorsi dell'Anel.
Un altro annuncio senza coperture insomma, al pari di quelli fatti in campagna elettorale. Vinte le elezioni Tsipras, mentre diceva che «la troika è il passato, il voto contro l'austerità è stato forte e chiaro», prometteva nel primo cdm di restituire la tredicesima alle pensioni minime, alzare il salario minimo e la sanità gratis ai poveri. Solo il salario minimo potrà essere (forse) realizzato ma solo dopo il nulla osta della nuova troika (Draghi­Lagarde­Moscovici).
Il tutto mentre si avvicina lo showdown per il ministro Varoufakis: dal 3 al 20 marzo la Grecia dovrà iniziare a onorare una serie di impegni finanziari per totali 7 miliardi. Sette miliardi, proprio i proventi della nuova manovra. Ovvero un'altra partita di giro che non risolve a monte il buco.
Ma la sua retromarcia, paradossalmente, era stata anticipata dal partito comunista Kke: il segretario Dimitis Kutsoumbas a spoglio ancora in corso (era il 25 gennaio) disse alle agenzie che «con Tsipras non cambierà nulla» e che Syriza «continuerà le politiche di austerity». Chapeau.
twitter@FDepalo

martedì 24 febbraio 2015

Grecia, anche il compositore Theodorakis contro Tsipras: “Di’ no alla Germania”

Dalla danza di Zorbàs a quella di Schaeuble. Dopo le bordate dell’eroe nazionale Manolis Glenzos (“chiedo scusa ai greci per l’illusione di Syriza“), Alexis Tsipras incassa un altro colpo. Il celebre compositore Mikis Theodorakis gli chiede di “dire no al nein di Schaeuble”, schierandosi contro la piroetta che il governo greco ha fatto durante l’Eurogruppo di venerdì scorso che, di fatto, ha replicato quel memorandum messo alla gogna dallo stesso Tsipras durante la campagna elettorale
Già detto di dirigenti di primissimo piano di Syriza pronti a fare le barricate contro la decisione pro-austerità, è un mostro sacro come Theodorakis adesso a richiamare Tsipras all’ordine. E a chiedere di eliminare immediatamente tutte le misure di memorandum iniziando il ripristino della sovranità nazionale, “di cui non ho sentito fino ad ora a parlare”.
Il musicista si appella al primo ministro: “Caro Alexis, ho scritto un paio di giorni fa che siamo pronti a una battaglia sanguinosa. Ma con le misure proposte (venerdì all’Eurogruppo ndr) non è così”. E’ un lungo sfogo quello del 90enne compositore, che parte dalla consapevolezza che “la mappa del mondo è cambiata e l’opinione pubblica internazionale è con noi”. E dopo tutto, “nessuno può giuridicamente impedirci di concludere accordi finanziari nell’interesse del nostro paese”. Theodorakis si dice certo che quelli di questo inizio 2015 sono giorni “difficili ma almeno non viviamo quei tempi bui e dolorosi quando gli stranieri e i nostri governanti ci saccheggiavano e nessuno era in grado di fermarli”. 
Dopo Glenzos, quindi, anche il compositore Mikis Theodorakis chiede a Tsipras di non fare marcia indietro, forte di un attivismo che, in barba all’età avanzata e ai noti problemi di salute, non gli impedì nel novembre 2012 di essere in piazza Syntagma assieme a 100mila greci a lanciare vasetti di yogurth contro quel Parlamento che stava votando il memoraudm senza averlo letto. Gli chiede di cancellare il memorandum e di riprendersi la sovranità nazionale, che poi era la ragione per cui in massa il popolo greco lo aveva preferito al conservatore Samaras.
L’intervento mira a stimolare la dirigenza del partito a trovare la forza di dire “no al nein di Schauble”. E ricorda che quando l’Europa ha avviato la sua trasformazione che l’ha portata ad essere ciò che è oggi “è stato naturale per me cambiare atteggiamento verso di essa” e collegare le politiche negative alle ingiustizie, alle violazioni e ai crimini “commessi dalla stessa Europa contro il nostro popolo negli ultimi due secoli”. Per questo si chiede: fino a che punto “dovremmo  guadagnare dagli insulti, dalle minacce e da tutti i tipi di reati commessi dall’Europa dominata dalle banche e dagli interessi della Germania, che è diventata una forza con appetito insaziabile e che sottomette i popoli europei nella sua volontà?”.
Un’arringa dura a cui è lo stesso Theodorakis a fornire la chiusa quando sottolinea che la sua risposta allo scenario citato è: “Basta!”. E chiama in causa il suo intervento intitolato “L’unica soluzione” fatto lo scorso anno presso l’Accademia di Atene. 
Una sorta di manifesto politico-culturale che certifica come il sistema messo in piedi dei popoli nord europei ha narcotizzato ogni velleità rivoluzionaria perché prevede un’infrastruttura che mette una cappa sul  “nostro popolo in tutti settori e con tutti i mezzi, creando un sistema di controllo con le forze di polizia e i media che sfigura il punto più sensibile dell’uomo: il suo pensiero, eliminando la memoria storica e politica, che crea essenzialmente un timore universale e un abbandono completo di tutto ciò che è in contrasto con il concetto di sistema”.

Altro che rivoluzione Tsipras si rimangia tutto E arriva la patrimoniale

In un colpo solo è riuscito a disattendere le promesse elettorali, a introdurre nuove tasse, a far imbestialire il partigiano Manolis Glenzos e il celebre compositore Mikis Theodorakis: ma soprattutto ha tradito i suoi elettori - che chiedevano lo stop all'austerità - e quell'idea di nuova Europa che, dalle ceneri elleniche, sarebbe potuta nascere.
Non male per i primi venti giorni da premier di Alexis Tsipras che, assieme all'altro golden boy Yanis Varoufakis, ministro casual, ha fatto niente altro che una piroetta politica. Accettando quattro mesi in più di credito, nella lettera agli «insegnanti» Schauble e Dijsselbloem, (non ancora spedita e che salvo ulteriori ritardi dovrebbe essere recapitata a oggi) come un bravo scolaro, ripresenta pari pari il memorandum della troika con tasse e tagli. Un copia e incolla da quel tomo di 400 pagine votato dal Parlamento ellenico in una piovosa notte del 2012, mentre all'esterno centomila greci lanciavano vasetti di yogurt contro il palazzo del potere.
Addio quindi alle misure sociali, alle tredicesime per le pensioni basse, alla sanità gratis per i poveri, al salario minimo portato a 700 euro, così come aveva certificato sotto elezioni. Si impegna solo ad evitare (giustamente) il pignoramento a chi non ha pagato l'Imu greca, ma ecco una patrimoniale sulle grandi ricchezze da 2,5 miliardi e un giro di vite su corruzione, contrabbando di sigarette e oli combustibili. In tutto poco più di 7 miliardi, a fronte del buco strutturale da 300 miliardi, mentre dai bancomat del Paese viene prelevato un miliardo al giorno e con una gran confusione alla voce privatizzazioni, su cui fa come la tela di Penelope (un giorno le stoppa e l'altro le avalla).
Una partita di giro, quindi, che non risolve i problemi interni, ma che serve da lezione anche a quella sinistra italiana periodicamente infatuata dal leader straniero di turno. Dopo lo spagnolo Zapatero, che con le sue politiche aveva lasciato solo macerie nei conti spagnoli, ecco che sino a tre settimane fa l'universo italico che va da Landini a Fassina, passando per la Brigata Kalimera, riponeva le speranze di cambiamento in Tsipras. E invece, oggi, è dall'interno del partito del Syriza che partono cannonate alle sue scelte.
Non solo l'eroe nazionale Glenzos (che ha chiesto «scusa ai greci per l'illusione» del 41enne ingegnere), ma anche il padre del sirtaki di Zorbàs, il 90enne Theodorakis, lo implora di cancellare il memorandum e di riprendersi la sovranità nazionale, che poi era la ragione per cui in massa il popolo greco lo aveva preferito al conservatore Samaras. E definisce la sinistra «un insetto sfortunato che accidentalmente è caduto nella ragnatela ed è impotente di reagire ed essere salvato». Identica reazione da parte di molti dirigenti, racchiusi nel think thank Iskra che fa capo al ministro dell'Energia, il matematico Panaghiotis Lafazanis. In un'intervista ha precisato che «nessun accordo sull'Eurogruppo dovrà annullare la nostra azione radicale anti-memorandum», sottolineando che «il nostro governo non si trasformerà in un ostaggio del duro conservatorismo tedesco». Peccato che nelle stesse ore il suo primo ministro avesse detto sì all'intero pacchetto di Fmi, Bce e Ue.
Nessun accenno concreto, invece, si trova nella lettera all'Europa alla voce nuovi business: le miniere di oro e di argento presenti a nord nella penisola Calcidica, con i rilievi affidati da nebulosi canadesi alla società Hellas Oro, e soprattutto i 400miliardi di gas nel mare di Creta su cui è calato il silenzio. Mistero anche sulla possibilità di privatizzare il porto del Pireo con la Cosco Cina e le ferrovie con la Russian Railways. Senza dimenticare le mire qatariote sul vecchio aeroporto Ellenikòs, con la prospettiva di trasformarlo nella Dubai del Mediterraneo.
In giornata, durante un seminario, è il capo della commissione europea Jean Claude Juncker a chiudere la questione dicendo che «la responsabilità è sulle spalle dei cittadini ellenici». Anche se, ad onor del vero, proprio questa volta i greci hanno poche colpe. Mentre il machiavellico Tsipras ha cambiato le carte in tavola e il nome del memorandum (battezzato «misure») senza che il vademecum della troika fosse scalfito neanche un po'.
Twitter: @FDepalo

domenica 22 febbraio 2015

Atene fa festa ma Tsipras «bluffa»

Come uno scialbo zero a zero, mentre un attimo prima avevano promesso una partita spumeggiante con dieci gol. L'accordo post Eurogruppo, che dà ad Atene altri quattro mesi di credito, è vissuto in Grecia con non pochi punti interrogativi.
Tutti festeggiano, creditori e debitori. Ma nei fatti il termometro inizia a salire, nel Paese e nel partito di governo.
Alexis Tsipras dice in televisione di essersi lasciato alle spalle «memorandum, Troika e austerità, e che siamo rimasti all'interno della zona euro». Ma se domani, nella lettera di intenti che il ministro Yanis Varoufakis dovrà inviare a Bruxelles, non ci sarà scritto l'impegno formale di quei parametri che, in sostanza, sono contenuti nel vecchio memorandum, i quattro mesi scompariranno come per magia. Nell'accordo di venerdì notte, Tsipras - che ha ringraziato Matteo Renzi per il ruolo svolto a livello europeo - si è impegnato a evitare che la Grecia metta in atto «azioni unilaterali», ovvero rinuncia a decidere in solitario per una privatizzazione o per il licenziamento di tot dipendenti pubblici, mentre in campagna elettorale e nei primi giorni al governo aveva annunciato di voler strappare l'intero memorandum e imporre nuove condizioni. La Grecia si impegna a garantire «adeguati avanzi di bilancio primari o gli importi finanziari necessari al fine di assicurare la sostenibilità del debito, come risulta dalla convenzione dell'Eurogruppo del novembre 2012», ovvero dal memorandum, e restituisce 10,6 miliardi del fondo finanziario di stabilità. Nella lista dei compiti a casa che domani saranno «corretti» dal ministro tedesco Wolfgang Schaeuble e Jeroen Dijsselbloem (Eurogruppo) figura un programma di riforme (anti corruzione, privatizzazioni). 
Ci sarà una valutazione periodica fatta da un soggetto che fa capo Fmi, Bce e Ue, ma che non sarà chiamato Troika, e l'erogazione delle rate residue sarà decisa all'unanimità dall'Eurogruppo, tenendo conto degli obiettivi. «Comunque la si pensi su di lui, non capisco cos'abbia da festeggiare Tsipras, visto che ha ceduto su tutta la linea», commenta dall'Italia il forzista Daniele Capezzone, mentre il Nobel Paul Krugman esprime gli stessi dubbi («l'accordo non decide proprio nulla di eccezionale»). Il nodo è proprio questo: tutti festeggiano? Ufficialmente sì, ma in Grecia il Syriza inizia a bollire. Dalla segreteria politica trapela che molti non avrebbero avallato un aggiustamento (come ottenuto), né tantomeno un programma che non si chiamerà più memorandum ma oggettivamente ne ricalcherà i tratti somatici. 
Bensì vorrebbero proporre un referendum al popolo greco sulle misure della Troika. L'alternativa si chiama caos: se infatti Tsipras facesse una marcia indietro radicale (così come in parte ha fatto) sarebbe concreto il rischio di una nuova e inattesa protesta popolare, con il replay delle scene di lancio di yogurth contro il Parlamento ellenico, come fecero 100mila cittadini nel 2012 quando conservatori e socialisti votarono le misure della Troika.
Durante la segreteria politica la tesi di alcuni dirigenti di Syriza è stata: «La supervisione della Troika è in disaccordo con la lettera di Varoufakis. Se andiamo avanti così non si riuscirà a implementare il nostro programma». E la stoccata finale: «Quando il mondo ci vede eleggere insieme un presidente della Repubblica conservatore e ci vede accettare la supervisione della Troika e chiedere una proroga del contratto di mutuo, capisce che stiamo solo cercando un ottimo rifugio». 
E se è lo stesso ministro Varoufakis a stemperare i toni dicendo che «non è il momento di festeggiare, anche se ci siamo lasciati alle spalle il memorandum», vuol dire che i conti sono tutt'altro che chiusi in questa partita dove in troppi stanno giocando, con le parole, su più tavoli.
twitter@FDepalo

Grecia, Tsipras perde pezzi. Il partigiano Glezos: ‘Mi scuso coi greci per illusione’

“Mi scuso con i greci per questa illusione”. Trema la terra sotto Syriza. Tutti i quotidiani greci danno conto della dura presa di posizione dell’eurodeputato Manolis Glezos, eroe nazionale che nel ’43 salì sull’Acropoli e ammainò la bandiera nazista e grande sostenitore di Tsipras.  L’eroe, questa la notizia, si dissocia dalle scelte economiche del neo premier. In un appassionato editoriale verga che “rinominare Troika Istituzioni e il Memorandum come misure non cambia la situazione”. 
Il motivo sta nel fatto che durante la campagna elettorale Syriza aveva promesso di abolire in toto il regime di austerità contenuto nel memorandum, mentre il sì greco all’Eurogruppo di venerdì scorso vuol dire accettare ancora quel vademecum, in cambio di credito per altriquattro mesi.
“E’ un mese che aspettiamo la messa in pratica delle promesse del nostro programma – scrive Glezos – è un vero peccato. Da parte mia mi scuso con il popolo greco perché ho partecipato a questa illusione”. Il deputato, tra l’altro, è stato proprio l’estensore del report sui danni di guerra che la Germania dovrebbe restituire alla Grecia, circa 153 miliardi. Vista la situazione, ora passa all’attacco. Glezos propone, prima che sia “troppo tardi”, che tutte le assise del partito si riuniscano e decidano se accettare questa direzione di marcia o meno, anche perché, osserva “tra oppressori e oppressi non può esserci alcun compromesso, come tra lo schiavo e l’occupante, dove l’unica soluzione è la libertà”. E conclude: “Ma anche se accettiamo questa assurdità, le concessioni già fatte dai precedenti governi del memorandum non ci permetteranno di combattere la disoccupazione, la povertà, i suicidi da crisi”. 
Una critica aspra e inattesa al sesto piano del quartier generale di Koumoundourou, che si somma ai dubbi che iniziano ad albergare all’interno del Syriza nonostante non sia passato un mese dalla straordinaria vittoria elettorale del gennaio scorso. Secondo alcune fonti interne, molti sono i dirigenti e i ministri che, dopo l’Eurogruppo, faticano a spiegare al proprio elettorato l’accordo raggiunto con i creditori internazionali, che sarà sancito dall’accettazione da parte di Fmi, Ue e Bce dellalettera di intenti che lunedì sera il ministro delle finanze Yanis Varoufaklis dovrà recapitare a Bruxelles. Al suo interno l’elenco preciso delle promesse elleniche su bilancio, controllo dei conti pubblici, riforme e lotta alla corruzione. Addirittura il vice ministro del welfare Dimitris Stratouli avrebbe bollato le scelte di Tsipras come “un passo indietro rispetto alle promesse elettorali”.
Una frizione, tra la base del partito e il giovane premier, che aveva avuto un prologo non solo in occasione dell’alleanza di governo decisa a sorpresa con gli Indipendenti di destra (Anel), ma anche per l’elezione del Capo dello Stato. Infatti a poche ore dall’annuncio di Syriza di voler candidare il conservatoreProcopios Pavlopoulos, eletto poi al primo colpo, era stato il ministro dell’energia, il matematico Panaghiotis Lafazanis, anima del pensatoio Iskra, a chiedere che fosse ascoltata “una voce diversa”, esprimendo così una critica indiretta per la gestione Tsipras. E il numero di dirigenti di primissimo piano (si fanno i nomi di Leoutsakos, Primikyris, Ntavanelos, Mitropoulos) contrari alle prime rilevanti decisioni del premier, espresse in recenti riunioni della segreteria politica, sembra ora destinato ad aumentare.

sabato 21 febbraio 2015

Accordo all’Eurogruppo: nulla da festeggiare per Atene e Berlino

Se una persona è in sovrappeso e mette in conto di fare una dieta, più ritarderà il giorno di inizio della dieta, più tardi dimagrirà.L’accordo di ieri all’Eurogruppo è una non decisione. Perché, anche se tutti festeggiano, c’è poco senso a stappare bottiglie, di ouzo greco o di birra tedesca, come ho ripetuto ieri ai ragazzi del liceo classico Quinto Ennio di Taranto a cui ho raccontato il mio libro Greco-eroe d’Europa.
I quattro mesi in più concessi alla Grecia assieme alla quasi totalità delle misure contenute nel memorandum siglato nel 2012 dal governo di larghe intese con la Troika, non cambiano il panorama che rimane evidente: con un debito non sostenibile dalla Grecia, senza una visione riformatrice che garantisca di produrre Pil e attrarre investimenti, con regole europee spesso sbagliate, con scandali a cui hanno contribuito proprio tutti, tanto ad Atene quanto a Berlino. E con uno Stato che non riesce proprio a farsi pagare le tasse dai cittadini.
La Grecia dovrebbe essere messa nella condizioni, dagli amici europei e dai propri amministratori, di camminare con le proprie gambe. Spostare la lancetta del day after non produce un solo vantaggio, né per l’Europa né per i paesi Piigs. Forse in quei 120 giorni circa, Tsipras riuscirà a impiegare quei denari per risolvere la cosiddetta emergenza sociale, con le tredicesime per le pensioni minime, il salario minimo portato da 400 a 700 euro e la sanità gratis per i poverissimi. Giustissimo, perché la situazione sociale ellenica lo impone: ma il giorno dopo che succederà? 
Alla Grecia, così come all’Europa, occorre una rivoluzione copernicana con riforme vere, con i denari dellaLista Lagarde da rimettere nell’agorà del commercio, con meno laureati in lettere e medicina e più agronomi e allevatori. Serve una free tax zone ellenica per attirare investimenti stranieri, per costruire fabbriche e quindi posti di lavoro, per sfruttare le miniere di oro e argento che ci sono nel Paese, per prendere i 400 miliardi di euro di gas che sono celati nel mare di Creta, per avviare finalmente una filiera agroalimentare degna di questo nome, per mettere in galera chi ha preso tangenti per la fornitura di armi, compreso un sommergibile con un timone rotto, per chiamare a rispondere i primi ministri che hanno decretato il fallimento della madre patria Grecia.
Che oggi sorride per un pugno di briciole che le hanno messo in mano, mentre quelle mani sono ancora bucate. Con il ghigno di chi, ormai, si fa una beffa del voto popolare e tifa solo Troika.
Twitter @FDepalo

giovedì 19 febbraio 2015

Grecia, le richieste di Atene: “Sei mesi in più per rilanciare crescita economica”

Il testo è stato presentato in una riunione pre Eurogruppo alla presenza del rappresentante greco George Chouliaraki, con la lettera del ministro Varoufakis che porta la data del 18 febbraio. Ed è il cuore delle richieste di Atene ai creditori internazionali. In sostanza la prova della volontà del Paese di adempiere ai propri obblighi ma al contempo chiedendo una revisione delle condizioni dettate dal memorandum del 2012, che – come dimostrano i dati dell’ultimo biennio – hanno fatto esplodere il rapporto debito/pil.Sei mesi in più di tempo, riduzione del debito e rilancio della produzione: questi in sintesi i tre punti di Atene che hanno provocato la reazione (negativa) scritta del ministro tedescoWolfgang Schaeuble, giunta in giornata via fax in Grecia.
Atene, con numerose concessioni, propone l’estensione del contratto di finanziamento – quindi non il vecchio memorandum – fino al 31 agosto 2015. Nel lessico spunta un “accordo ponte” che darà il tempo necessario alla Grecia “per i negoziati sostanziali”. L’obiettivo è firmare un nuovo contratto per il periodo 2015-19, in cui dovrebbe essere incluso un nuovo accordo sul debito, “come previsto dalla decisione dell’Eurogruppo del 2012″. Ma nonostante ciò e soprattutto alla luce del nein di Berlino, le prossime 24 ore sono critiche. 

La linea seguita da Berlino è che “soldi senza memorandum non si può”. Ma il nuovo governo targato Syrizaha promesso di riuscire dove hanno fallito i predecessori, ed è certo che la risposta alla crisi umanitaria e il rafforzamento della competitività dell’economia nazionale sono due obiettivi da raggiungere non attraverso azioni unilaterali (benefici o ritocchi al bilancio), ma combattendo l’evasione fiscale e la corruzione. In una dichiarazione televisiva il neo ministro del Lavoro ha invece aperto alla possibilità di posticipare le misure sociali annunciate, come l’indennità di disoccupazione e l’aumento del salario minimo.

Nel dettaglio Atene ha chiesto una proroga del contratto di prestito tra il Fondo europeo di stabilità, la Repubblica greca, il Fondo per la stabilità finanziaria e la Banca di Grecia, che è stato ratificato dal Parlamento nel 2012. Tsipras propone l’estensione del contratto di finanziamento al fine di fornire una protezione al sistema finanziario ellenico azzoppato anche dalla corsa ai bancomat, che da Natale a oggi ha fatto segnare un più 20 miliardi ritirati dai cittadini. Fonti di Syriza descrivono la richiesta come “una proposta che rispetta il verdetto popolare, ovvero difendere la dignità della società”. 
Al secondo posto la questione della ristrutturazione dei costi sociali causati dalla crisi, al terzo la volontà di Atene di posticipare il raggiungimento dell’equilibrio fiscale. Allo stesso tempo, però, Atene si impegna a recuperare risorse da evasione fiscale e corruzione, senza dimenticare che nellaLista Lagarde – il “ramo greco” della lista Falciani, quella dei clienti di Hsbc con conti in Svizzera - ci sono almeno 24 miliardi di euro. La proroga di sei mesi permetterà al governo di “respirare” e avere il tempo necessario “per avviare negoziati con i partner, senza deficit né ricatti”.
Twitter @FDepalo

mercoledì 18 febbraio 2015

Pavlopoulos, presidente della Repubblica di destra eletto per volere di Tsipras

Un presidente della Repubblica di pacificazione percalmierare il Parlamento ellenico: è la mossa di Alexis Tsiprasche, candidando il conservatore Procopios Pavlopoulos, consente di eleggere il successore di Karolos Papoulias con l’obiettivo di sedare il fronte politico interno, mentre quello esterno in direzione Eurogruppo segna sempre burrasca. 
Con 233 voti su 300 (ben più dei 180 richiesti dalla Costituzione) è stato eletto al primo turno l’ex ministro dell’interno del governoKaramanlis (anni Settanta) una personalità politica sì di centrodestra (quindi distante e distinta dal bacino di Syriza), ma molto dialogante e dall’alto profilo, che con Tsipras ha in comune la lotta all’austerità.
Docente di diritto amministrativo, questo 66enne originario delPeloponneso ha la presidenza della Repubblica nel destino, per aver servito nel 1974 come segretario di Mikalis Stasinopoulos, primo capo dello Stato dopo la caduta della giunta militare diPapadopoulos e Ioannidis. Si è formato all’università Parigi II, dove ha anche insegnato come visiting professor, prima di essere eletto deputato nel 1996 con i conservatori di Nea Dimokratia. E’stato viceministro e portavoce del governo nel 1989, direttore dell’ufficio legale del presidente Konstantinos Karamanlis l’anno dopo, fino alla partecipazione come ministro dell’interno nei due esecutivi Karamanlis jr, nel 2004 e nel 2007. Solo 30 voti per l’altro candidato sponsorizzato dai socialisti delPasok e dal Potami del giornalista Teodorakis, il costituzionalista Nikos Alivizatos. Nel 2008 Pavlopoulos fu aspramente criticato dopo l’omicidio da parte di un poliziotto del 15enne Alexandros Grigoropoulos, che avviò una lunga serie di proteste e scontri di piazza con il centro di Atene trasformato in scenario di guerriglia urbana dagli estremisti incappucciati, ikukulofories. Nell’ultima settimana ha bruciato altri due candidati, l’attuale commissario europeo all’immigrazione Dimitris Avramopoulos (avversato da ampie frange di Syriza) e l’ex premier conservatore Kostas Karamanlis troppo filoputiniano, dicono alcuni.
Del neo presidente si ricordano la calma biblica anche nei momenti di maggiore tensione e le prese di posizione a favore del risarcimento tedesco alla Grecia per i danni di guerra, per cui in un lungo editoriale scritto alcuni mesi fa rispose direttamente all’arcigno ministro tedesco Schaeuble spiegando in dettaglio il motivo di quei 170 miliardi dovuti da Berlino ad Atene, tra prestito di occupazione e danni materiali e morali. Sulla stampa greca (Stokos.gr) però fa anche capolino una sua foto in grembiule durante una cerimonia di iniziazione massonica con l’ex premier (giovanissimo) Kostas Karamanlis.

giovedì 12 febbraio 2015

Grecia di nuovo in piazza contro l'austerità


Mentre all’Eurogruppo andava in scena la rottura tra l’Europa e la Grecia con il giallo della bozza di accordo (mai raggiunto) pubblicata dal Financial Times e la frase incriminata – “un’estensione del memorandum” – che avrebbe bloccato il comunicato congiunto, ad Atene è stata di nuovo la piazza il baricentro della protesta. Cittadini, lavoratoripensionati estudenti sono scesi in platia Syntagma per la seconda volta in cinque giorni contro l’austerità e un “medico che sta ammazzando il malato ellenico”. Quindicimila manifestanti hanno sfidato il freddo pungente ateniese (dove nevica da tre giorni con scuolechiuse e strade bloccate) per dire sì alla sovranità nazionale e rivendicare il proprio potere democratico. 
“Abbiamo votato Tsipras per uscire dal memorandum – dice una pensionata – perché il governo dovrebbe fare marcia indietro?”. In precedenza si erano radunati all’esterno della storica sede in Agia Paraskevi della tv di stato Ert in attesa della tanto agognata riforma del sistema radiotelevisivo annunciata da Syriza
Nelle stesse ore il corteo di protesta anti troika è stato replicato nelle principali città greche: Patrasso, Salonicco, Iraklio, Lamia. Sempre scandito dagli slogan “non facciamo passi indietro, non ci fermeremo ma vinceremo”. Anche l’Italia si è mossa per l’emergenza greca. Una manifestazione si è svolta ieri a Catania e un’altra è in programma a Roma il prossimo 14 febbraio con partenza da Piazza Indipendenza.
Ma se Atene e Roma si ritrovano “gemellate” in piazza, ecco che lo sguardo dei greci si sposta sempre più a est, verso quella Russia dove ieri è stato in visita il ministro degli esteri Nikos Kotziasricevuto dall’omologo Serghei Lavrov. Al centro dell’incontro il triangolo Mosca-Pechino-Atene: se le prime due hanno cementato già la loro alleanza con il mega accordo trentennale per la fornitura di gas, ecco che se Pechino conducesse in porto la privatizzazionedell’hub container del Pireo e se Mosca facesse la stessa mossa a tenaglia sulle ferrovie greche, si realizzerebbe un fronte greco orientale nei fatti alternativo a quello fin qui osservato con Berlino e Bruxelles. Con la possibilità per Alexis Tsipras e il suo ministro delle Finanze Yanis Varoufakis di accedere a una linea di credito alternativa alla troika.
Twitter @FDepalo

martedì 10 febbraio 2015

Grecia, cosa è successo prima del ‘memorandum’?

La Grecia ha speso ciò che non aveva? Sì.
I governi di Atene hanno fatto bene il proprio lavoro? No.
Il taglio del debito, da solo, risolverebbe i problemi del Paese? No.
Queste tre risposte forse sarebbero utili a mettere un pizzico di ordine nella miriade di ricostruzioni e interpretazioni astruse che molta informazione sciatta sta fornendo, spesso a casaccio, sul caso ellenico che da queste colonne abbiamo invece seguito scrupolosamente sin dal 2010.
Il nodo non è solo il taglio del debito che Tsipras chiede alla troika, perché un attimo dopo quel “regalo” si aprirebbe un nuovo fronte: ovvero come permettere al Paese di produrre qualcosa. Con una metafora, si potrebbe dire che la Grecia è come quella famiglia che per anni ha ordinato ogni giorno il pranzo dalla trattoria sotto casa e che oggi, anche se l’oste volesse abbonare quel mega debito, non sarebbe in grado comunque di cucinare da sola.
Il jolly che Atene dovrebbe giocare è realizzare nuove fabbriche in un Paese pieno zeppo di risorse mai sfruttate (bauxite, argento, oro, miele, tartufo, funghi che fanno gola a molti creditori) e dove si importa di tutto, persino olio e cotone presenti in loco da millenni prima di Cristo. La Grecia, dalla caduta dei Colonnelli in poi, ha vissuto grazie alla politica da prebende di Andreas Papandreou, che un attimo prima di essere eletto con il suo Pasok tuonava: “Fuori dalla Nato, dall’Europa e dalle Alleanze” e il giorno dopo l’elezione invece: “Combatteremo ma dentro la Nato e l’Europa”, mentre nel frattempo consentiva ai braccianti agricoli 40enni di andarsene in pensione. 
Un attimo dopo questo scenario da brivido, che oggi trova una macabrasintesi nel maxi debito da 300 miliardi, ecco le iene internazionali fiondarsi nell’Egeo per fare i propri affari. La tedescaSiemens che in occasione delle Olimpiadi del 2004 costate tre volte più del previsto ha fatto il pieno di appalti e che, grazie alle deposizioni dinanzi ai magistrati dell’ex direttore della Difesa ellenica Antonis Kantàs, si è scoperto aver distribuito tangenti a molti politici greci. L’azienda ammise solo in seguito i pagamenti in nero (siamo sui 1,3 miliardi di euro) e i vertici furono costretti al passo indietro: ovvero il presidente Heinrich von Pierer e l’ad Klaus Kleinfeld. 
E ancora, ilbusiness dei fondi europei, le strategie geopolitiche relative agli idrocarburi presenti copiosi nel mare ellenico (400 miliardi solo di gas a Creta) ma che nessuno ha mai sfruttato, i conti truccati dal governo del socialista Kostas Simitis per entrare nell’euro così come un’inchiesta de il Messaggero nel 2004 certificò, gli appalti che ancora oggi vincono poche aziende. L’aeroporto internazionale di Atene è stato costruito dai tedeschi, il ponte du Rio-Antirrio da tedeschi e italiani. Come mai?
E allora, quando il ministro delle finanze Yannis Varoufakis dice che la Grecia è come una mucca che, anche se la si continuasse a mungere, non produrrebbe una sola goccia di latte, dice il vero perché è il sistema del memorandum ad essere sbagliato, in quanto si è scelto di chiudere la maxi falla dei conti in rosso con altri debiti infiniti che uccidono il paziente. 
Quello è il punto del non ritorno, l’istante esatto in cui la barca di Caronte è partita alla volta dell’Ade, ma senza far salire a bordo coloro i quali hanno prodotto questo risultato: i primi ministri greci e i ministri delle finanze che nessuno a Bruxelles e Berlino si è mai sognato di chiamare a rendicontare di cotanto caos. Forse perché, in fin dei conti, quella confusione ha fatto a comodo alle tasche di tutti. Anche a chi oggi non intende restituire al Paese i 153 miliardi dei danni dellaSeconda Guerra Mondiale.
Twitter@FDepalo

venerdì 6 febbraio 2015

Ateniesi di nuovo in piazza E il nemico si chiama Draghi

Atene - Greci di nuovo in piazza contro la Bce e alta tensione nel governo. Spariscono i sorrisi e iniziano ad affiorare le prime rughe sui volti dei golden boys ellenici Alexis Tsipras e Yannis Varoufakis.
E non solo perché la Borsa di Atene crolla dopo una settimana di calma. Piuttosto è la Bce ad innescare un vorticoso giro di repliche e direttive che mette fine all'ottimismo post elettorale, facendo tornare con i piedi per terra la Grecia e il suo nuovo governo. Dopo la maratona di premier e ministro delle Finanze che in tre giorni hanno visitato le cancellerie più significative europee, sono ancora le banche greche e i cittadini a far segnare l'allarme rosso, con un nuovo rischio di Bancomat muti e con l'ombra della mancata liquidità che torna a spaventare il Paese, che ha in cassa denari per ancora un mese.
Non bastavano le reiterate chiusure del ministro tedesco Wolfgang Schaeuble su un possibile accordo tra Atene e i principali creditori, ecco gli strali della Bce che si sono abbattuti su Atene: l'Eurotower ha detto no alla concessione di bond greci come garanzia per fornire liquidità alle banche elleniche. Piccata la reazione del governo: «La Grecia non fa ricatti e non li accetta», ha detto il portavoce dell'esecutivo Gabriel Sakellaridis. Mentre Varoufakis mette l'accento sul fatto che «in nessun caso la decisione della Bce, di non accettare più i titoli di Stato ellenici, avrà ripercussioni negative sul sistema finanziario». Ciò ha fatto seguito al paper informativo giunto sulla scrivania del ministero delle Finanze tedesco, attraverso il quale Atene dovrebbe prendere un impegno frontale per aderire al concordato con il precedente governo, promettendo di centrare un avanzo primario del 3% e 4,5 % rispettivamente nel 2015 e 2016. Numeri che, come asserisce Tsipras, ma che come tutti sanno sin dai primi segnali del 2011, non sono nelle corde di Atene. Oggi anche autorevoli analisti concordano sul fatto che il memorandum della troika non era sostenibile per il Paese, facendo seguito a un report del Fmi datato gennaio 2013. Atene, intanto, scende in piazza contro la Bce. Se fino a pochi mesi fa il nemico numero uno era Angela Merkel ora nel mirino c'è anche Mario Draghi, contro cui ha sfilato ieri in Piazza Syntagma un corteo convocato via Facebook. È sui social che la rabbia contro Francoforte ha preso vigore.
Lo slogan? «Non ci ricatterete e non abbiamo paura». Ma se a Ovest il barometro segna burrasca, ecco che dall'altro versante del globo ci potrebbe essere un nuovo canale di comunicazione e, chissà, di collaborazione. In una conversazione telefonica avuta con i vertici del governo russo, Tsipras ha incassato una promessa di apertura di credito.
Mosca, in sostanza, si è detta disponibile a rafforzare la cooperazione Grecia-Russia, non solo in settori strategici come economia ed energia, ma anche su due dossier delicatissimi per entrambi i Paesi: la troika e l'Ucraina. Di questo, soprattutto, parleranno i due leader il 9 maggio a Mosca. Sperando che le cose non siano già precipitate e che il rischio di un nuovo caso Cipro, con banche a secco e cittadini nel panico, non diventi realtà.
twitter@FDepalo

lunedì 2 febbraio 2015

Grecia, giornalista ed ex portavoce di Papandreou a capo dei Servizi Segreti

Alexis Tsipras sceglie l’ex portavoce del Pasok per dirigere iservizi segreti ellenici Eyp, affidandosi al giornalista 67enneYiannis Roubatis. Formatosi al di là dell’Atlantico alla John Hopkins University, ha affiancato attivamente i primi passi politici di Andreas Papandreou, padre padrone della Grecia dal 1981, diventandone subito consigliere speciale per i media globali. Di lì il salto nell’agone politico è stato breve con l’incarico diportavoce del governo nel biennio 1987-1988, seguito dal seggio al Parlamento Europeo sotto gli scudi del Pasok dal 1994 al 1999.
Lo scorso maggio in occasione delle elezioni europee è entrato in polemica con il quotidiano To Vima, che lo aveva indicato come il principale sponsor della trasformazione di Syriza da piccolo partito di opposizione a forza di governo, con l’innesto di molte teste in passato vicine al Pasok. Ottimo conoscitore della politica estera, di alto profilo e soprattutto con profonde convinzioni democratiche, per anni è stato corrispondente a Washingtondel quotidiano To Vima, dove ha intrecciato solidi rapporti con l’establishment a stelle e strisce. Dopo l’esperienza di governo assieme a Andreas Papandreou si è ritirato dalla politica attiva, per via di frizioni (non è stato il solo) con l’ex premier socialista Costas Simitis
Da due anni si dice sia molto vicino alle posizioni di Tsipras. Intervenuto, come di rado ha fatto, ad un dibattito televisivo sulla rete pubblica Netnel settembre del 2013 definì “vergognosa e criminale” l’assenza in Grecia di unatelevisione di Statocosì come accade negli altri Paesi democratici. Erano i giorni in cui il governo di larghe intese con la troika stava preparando il passaggio a Nerit e Roubatis attaccò l’esecutivo Samaras accusandolo apertamente di allestire una tivù solo di facciata, senza impiegati e senza garantire il segnale in tutta la Grecia, ma solo per far illudere i cittadini che il diritto di informazione fosse rispettato.
Oltre al curriculum politico, è del 1987 una nota significativa nella sua carriera. In quell’anno infatti Roubatis pubblica il pamphletTangled Webs: US in Greece 1947-1967 , cioè Trame ingarbugliate: gli Usa in Grecia dal 1947 al 1967, un libro basato sulla sua tesi di dottorato in cui descriveva il fil rouge con Washington dei partiti conservatori greci, dal dopoguerra in poi, sotto il controllo diretto della Cia. Erano anni delicati al centro dell’Egeo come dimostrò nel luglio del 1988 il massacro terrorista a bordo della nave da crociera greca City of Poros, poi rivendicato dal gruppo estremista Lega di difesa ebraica. Il motivo? Il governo greco era troppo incline a sostenere l’OLP. E Roubatis, in quei frangenti al governo, ebbe l’occasione di confrontarsi con la delicata questione, assieme agli interlocuori stranieri che guardavano con preoccuazione alla Grecia per via della sua peculiare posizione geopolitica