Due Europe: a due velocità, con due
economie distinte, tuonavano sino a poche settimane fa i soloni
bocconiani e gli eurocrati in smoking e papillon. Che, dall'alto di
power point e briefing all'Eurogruppo o nell'Eurotower, titolavano su
una certezza di fondo che Schaeuble & Co avevano in tasca: il
Mediterraneo come linea maginot per una parte (meridionale) del
continente in affanno, travolta da debiti e politiche disgraziate,
con voragini finanziarie, ruberie e sistemi non conformi al modello
standard, sempre più proiettata verso una moneta di serie B. E la
zona settentrionale, che dalle Alpi italiane in su offriva le buone
prassi su condotte bancarie e numeri industriali che avrebbe
mantenuto un conio di qualità superiore. Un sogno dal quale a
Berlino, nolente o dolente, si sta destando in queste ore. Perché
quel club esclusivo di paesi dell'eurozona di serie A, oltre alla
Germania, vede iscritta la Norvegia, forse l'Austria. E nessun altro.
Anzi, una delle colonne d'Ercole dell'Ue sta pian piano manifestando
precisi sintomi di una malattia altamente invalidante. É Parigi la
nuova “sorella Piigs”, che nei prossimi mesi potrebbe scoppiare
proprio come la bolla dei mutui subprime, andando a fare compagnia al
folto gruppo che vede isrctitte Italia, Spagna, Portogallo, Irlanda,
Grecia, Cipro, Slovenia, Malta. Facendo crollare la convinzione
teutonica che “tutto va bene madama la marchesa Angela”. Anzi,
anche in Baviera si iniziano a percepire i primi scricchiolii di
un'economia che sta manifestando i vistosissimi limiti di visioni
egoistiche e di politiche “trapezikocentriche”, dove a comandare
solo solo i cda delle banche.
Scriveva Mark Twain che “un banchiera
è uno che vi presta l'ombrello quando c'è il sole e lo rivuole
indietro appena incomincia a piovere”.
Dunque Parigi, dove il presidente della
Repubblica François Hollande arranca. Certo non aiutano le sue
parole, "abbiamo risolto la crisi dell’euro ma alcuni Paesi,
come l’Italia, restano fragili". Il presidente francese è
troppo esperto per non comprendere che la crisi è solo all'inizio e
più se ne ritarda una certificazione doc più gli ffetti saranno
devastanti, come il caso Cipro e gli esperimenti finanziari di
“Mengele-Schaeuble” stanno lì a dimostrare. A ciò si aggiungano
gli ultimi sondaggi non proprio entusiasmanti per Hollande, anche se
la contingenza francese di oggi non può essere figlia dei pochi mesi
all'Eliseo del socialista: secondo la metà dei francesi è un
“cattivo presidente della Repubblica”, mentre solo il 22% lo
giudica un “buon presidente” (astenuti il 27%). Secondo la
società Csa Hollande è considerato un buon Presidente della
Repubblica dal 48% di coloro che lo hanno scelto solo al secondo
turno. Il sondaggio è stato realizzato su internet il 26 e 27 marzo
su un campione di 961 persone residenti in Francia.
Quella che dal suo staff hanno
epitetato come una "leçon de pedagogie" non è stata una
gran trovata. Infatti non è riuscito a spiegare ai francesi perché
il tasso di disoccupazione sta "grattando" il record
storico nel 1997, perché la crescita è zero, perché il potere di
acquisto continua a scendere. E non sono necessari gli stucchevoli e
preoccupanti rilievi alfanumerici per intuire cosa sta accadendo al
di là delle Alpi, bensì è sufficiente toccare con mano la vita
quotidiana dei "galli". Qualche settimana fa era rimbalzata
la notizia che alcune patisserie avevano iniziato a mettere in
vendita a metà prezzo la baguette del giorno prima. Con la sorpresa
del tutto esaurito. La cassetta degli attrezzi è lì, continuano a
ripetere i giornalisti a Hollande, come fatto da David Pujadas
qualche sera fa. Senza comprendere come il caso Francia non sia
imputabile ai suoi pochi mesi di Eliseo. Troppo facile e infantile
sbirciare sul progetto non compiuto o sulla presunta sottovalutazione
della crisi che molti suoi elettori gli imputano. E'il sistema
complessivo europeo a cedere nelle sue infrastrutture più profonde,
erette su una sabbia che sta fisiologicamente franando.
Proseguire nell'ostinazione feroce di
tenere assieme pezzi di un puzzle ormai ampiamente scomposto e con i
vari tasselli che appaiono irrimediabilmente strappati, è sintomo di
masochismo puro. O, dicono i malpensanti, di mero calcolo economico
per chi ci sta guadagnando (e anche molti denari) da memorandum,
misure una tantum e prelievi forzosi. Contingenza che rafforza una
convinzione: il modello cipriota che Berlino vuole imporre
all'Europa, salva le banche ma affossa i correntisti. Smentendo chi
propone due Europe, una a nord delle alpi e una a sud: semplicemente
perché in quel convivio di ricchi banchieri ci può stare (ma fino
quando?) solo la Germania, mentre gli amici “Piigs” sono pronti
ad accogliere il nuovo malato grave: Parigi.
Insomma, il grande club delle sorelle
europee sta progressivamente perdendo le sue colonne fondanti e non
per decisioni antieuropee o eversive di qualche giovane politico,
bensì per i numeri di un euro ormai divenuto insostenibile. Londra
ha detto no (e Cameron giorni fa ha rivendicato la bontà di quella
scelta polito-finanziaria), Atene è ko (e l'ex premier Papandreou
aveva proposto il referendum prima di essere deposto per il tecnico
Papademos nel 2011), Lisbona e Madrid pure. Ora c'è il caso di
Nicosia ma nessuno parla dei numeri francesi, sia di pil che di
quotidianità: è l'anticamera del punto G, ma all'inverso. Dove non
gode proprio nessuno.
Fonte: Gli Altri settimanale del 5/4/13
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