E se tra l’invasione televisiva del Cav. e l’opprimente
presenza in rete di Grillo ci fosse finalmente il ritorno alla favella della
politica? Se anziché spellarsi le mani tra talk show e interviste pilotate, o
tra petizioni on line e cinguettii qualunquistici, si provasse ad ascoltare
voci dal vivo e idee ragionate? Non un mero ritorno ai comizi di piazza, con
urla e promesse da buontemponi. Bensì il tentativo di uscire dalla logica
perversa di contenitori che non hanno contenuto, che si preoccupano delle
pareti e delle infrastrutture piuttosto che di riempire quel vuoto atavico di
contenuti e obiettivi. Un ragionamento (o forse un’esigenza) che parte da una
premessa: non è sufficiente armarsi contro il nemico spread e basta. Nei
sessanta giorni che separano il Paese dalle urne la politica biancarossaeverde ha
l’occasione per riappropriarsi di un nuovo glossario, per non accomodarsi sul generico
senso comune, ma proporre un nuovo vocabolario della cosa pubblica.
Come? Abbandonando gli istinti brutali e i luoghi comuni,
abbracciando senza ipocrisie un alfabeto civile, rilanciando con cognizione il
significato e il riflesso delle parole della politica. Il pensiero va subito a
tre parole/concetto. Res publica, con alla base l’idea aristotelica dell’uomo
come animale politico. Partecipazione che, come osserva Jacques Rancière in “Dieci
tesi per la politica”, non è l’esercizio del potere, ma il modo di agire
specifico messo in atto da un soggetto con una razionalità propria. Diritti e
libertà politiche: con in primo piano un ragionamento serio e ponderato su immigrazione,
autodeterminazione e libera interpretazione della cittadinanza attiva. Tre punti
di partenza che dovrebbero essere coniugati in azioni concrete, in pietre
miliari di agende e programmi.
Ma a patto di farlo con proposte concrete e non
con pur lodevoli intenzioni o con meno nobili promesse. Se ad esempio fosse più
chiaro come tutte le forze politiche intendono perseguire la lotta alla
criminalità, la salvaguardia dei cervelli nostrani, l’abbattimento della spesa
pubblica, lo sviluppo della green economy e del comparto Ict non sarebbe proprio
una cattiva idea.
Fonte: Formiche del 30/12/12
Twitter@FDepalo
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