“Non è un sogno la vita - cantava
l'inventore del rebetiko, Vassilis Tsitsanis, nel 1968 - né una
festa. Stasera che ci siamo separati è solo un calice amaro”.
Quarantacinque anni dopo quelle parole e quelle serate trascorse, tra
sogni e arti, nell'incantevole Plaka ai piedi dell'Acropoli assieme a
Melina Mercouri, Sotiria Bellou e anche il nostro Tognazzi, ben altro
è il calice che tocca all'Ellade, ancora più amaro. Ieri il
dopoguerra e la ricerca del benessere, i totalitarismi in terra di
Grecia, l'avanzata del regime dei colonnelli. Oggi la cicuta del
memorandum, da mandare giù il più rapidamente possibile, pena il
default nel default, che già si è impossessato di un Paese intero e
dei suoi cittadini, oppure da respingere (ma come?). Non sono ancora
troppe le occasioni in cui si racconta cosa significhi esattamente
crisi nella Grecia colonizzata, dalla troika da un lato e da una
classe dirigente irresponsabile dall'altro. Perché i denari che Bce,
Fmi e Ue hanno prestato ad Atene per l'85% vanno alle banche sotto
forma di ricapitalizzazione e solo le briciole agli enti locali per
pagare stipendi, pensioni e bollette della luce. E soprattutto non
solo tutti sanno che non potranno essere restituiti, ma non mutano di
una virgola il panorama attuale: disoccupazione record al 27% con un
trend annuale che la porterà al 30%, aziende che chiudono come
funghi, scioperi a tappeto da parte di tutte le categorie, università
abbandonate da un numero sempre maggiore di studenti, impoverimento
progressivo del ceto medio in virtù di tre tagli consecutivi a
stipendi, pensioni e indennità, ong che agiscono già sul territorio
per supplire alle deficienze “sociali” di uno Stato e del suo
Parlamento, malati terminali che non trovano facilmente i farmaci
salvavita di cui necessitano, cento farmacie chiuse in un anno per
via dei debiti che lo stato ha con la categoria.
Ed ecco che, a fronte di una
contingenza simile che fisiologicamente può soltanto peggiorare, a
fare notizia sono i riverberi sociali di rapporto debito/pil e timori
di nuove misure come tra l'altro non ha escluso il titolare
dell'economia, presentando in Parlamento il maxiemendamento fiscale a
medio termine 2013-2016. Sono i movimenti tellurici della società, i
progressivi passi indietro che gli undici milioni di greci sono
costretti a fare. Tornando a vivere in provincia dove il costo
complessivo è inferiore rispetto alle grandi città, o scegliendo la
dolorosa vita dell'emigrazione in Svezia o Germania, o chiedendo
asilo ad anziani genitori per “abbattere” le spese fisse di luce
e gas. Con una scena che dà la cifra di quale mutazione stia
avvenendo nel paese, dove in alcuni giardini spuntano nuovi pollai
appena costruiti, sintomo di una precisa volontà “casalinga” e
di involuzione economica. Quando il costo della vita si eleva a
target milanesi e, al contempo, i salari diventano irrimediabilmente
bulgari, i cittadini si organizzano come possono.
Non è demagogia o populismo scagliare
la prima pietra contro chi amministra, dal momento che gli squilibri
appaiono enormi a fronte di sacrifici indicibili per cittadini e
cittadine. Il pensiero corre a quei 35 deputati che hanno appena
chiesto un prestito a condizioni favorevolissime alla banca della
Camera, mentre molti imprenditori, fra i duemila suicidi da crisi
registrati nell'ultimo biennio, non riuscivano ad ottenere neanche un
centesimo in più dal proprio istituto di credito, o altro tempo per
rientrare del “rosso”. O a coloro che affollano la Lista Lagarde
degli illustri evasori, compresi quegli ex ministri che l'hanno
occultata o manipolata mentre non pochi sono i greci che, non
riuscendo a pagare l'Imu, sono costretti a svendere la propria
abitazione. O a ministro e viceministro delle finanze che hanno sì
varato una legge contro il cumulo delle pensioni da parte della casta
ma con validità a partire dal 2013 salvando, di fatto, se stessi e
tutta l'allegra brigata che dalle Olimpiadi del 2004 ad oggi ha speso
ciò che non aveva, mentre i fondi pensione di alcuni ordini
professionali sono a secco, prosciugati da qualche malsana operazione
in stile Monte dei Paschi di Siena. Il tutto mentre solo ora il
commissario Ue alla Salute Borg si accorge dei disservizi sanitari e
va in missione nel paese per discutere di temi legati alla sicurezza
della catena alimentare, dopo anni di oggettivo disinteresse; con
milioni di euro scialacquati senza un ritorno effettivo per i
territori; senza un regime di controlli severi da parte
dell'euroburocrazia; dopo un'esagerato ricorso ai parchi eolici su
cui ora la magistratura inizia ad indagare; con il rischio di
un'agenda nascosta da parte del governo che non scopre le carte circa
la modalità di investimenti internazionali che già ci sono, ma a
fronte di un costo del lavoro irrisorio che fa fatturare solo i
grandi nomi. Uno scenario sul quale si avventano, come felini
affamati, le violenze estremiste: con i neonazisti di Alba dorata che
sfondano quota 11% e si posizionano in pianta stabile come terzo
partito del paese, e con nuovi episodi legati all'eversione che sono
sfociati in conflitti con le forze dell'ordine e sgomberi forzati nei
giorni successivi agli attacchi molotov contro la sede del partito di
governo e contro un centro commerciale ateniese.
E mentre alcuni docenti spagnoli nel
protestare contro una riforma che sacrifica proprio gli studi
classici avviano una campagna pro Grecia. Perché, scrivono in un
lungo appello destinato ai social network, “greche sono le nostre
radici, greci sono gli antichi testi che hanno aperto i nostri
orizzonti. Eliminare quel bagaglio sarebbe come dire ai nostri
studenti di non pensare”.
Racconta Esopo, nella favola del
pescatore, che questi batteva l'acqua dopo aver teso le reti e
sbarrato la corrente dall'una all'altra riva. E lo faceva con una
pietra legata a una funicella, perché i pesci, fuggendo
all'impazzata, andassero ad impigliarsi proprio tra le maglie. Ma uno
degli abitanti del luogo lo richiamò perché in quel modo
insudiciava il fiume e rendeva loro impossibile bere acqua limpida.
L'altro replicò: “Ma se non intorbido così l'acqua, a me non
resta che morir di fame”. Così anche negli Stati, per i demagoghi
gli affari vanno bene specialmente quando riescono a seminare il
disordine nel loro paese.
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Fonte: Gli Altri settimanale del
22/02/13
Twitter@FDepalo
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