Nell’agosto del 2010 la giornalista
di Bloomberg Finance, Gabi Thesing, chiede di visionare due file
sulla crisi greca, contenenti ipotesi e valutazioni da parte dei
membri della Bce sull’impatto degli swap negoziati fuori borsa.
Dopo sessanta giorni l'Eurotower dice di no: le informazioni sono
superate cronologicamente e la loro pubblicazione può essere
ingannevole per pubblico e mercati. Ma Bloomberg non ci sta e fa
ricorso: il tribunale replica che “la loro divulgazione avrebbe
arrecato pregiudizio alla tutela dell’interesse pubblico della
politica economica dell’Unione e della Grecia”. In soldoni, le
informazioni sono pericolose, forse perché avrebbero potuto fare
chiarezza in un mare di debiti e bugie. Restano così coperti da
segreto “europeo” due file relativi all’impatto su deficit e
debito pubblici degli swap e alla cosiddetta operazione Titlos, una
società creata ad hoc dalla Banca nazionale greca, l’istituto che
nel biennio di crisi ha regalato 70 miliardi di finanziamento
pubblico a giornali e tv del paese, il cui vertice Provopulos
guadagna quanto Barack Obama. Cosa centra tutto ciò con lo scandalo
derivati dell'Mps?
La “bolla” bancaria dell'intero
continente è stata gonfiata a dismisura da un sistema perverso che
si è ramificato come un cancro. Ed ora è pronta ad esplodere anche
in altri ambiti. Il primo “boom” si è verificato proprio in
Grecia, dove nel biennio in cui la troika ha lavorato fianco a fianco
nei ministeri ateniesi, semplicemente ha sbagliato i conti. Non
quantificando esattamente i danni di numerosi derivati acquistati dai
governi greci, non seguendo la linea rossa che da Atene conduceva
nella banche tedesche, francesi, lussemburghesi, svizzere. Ignorando
i fondi pensione ormai svenduti per coprire i debiti e i mille e più
indizi che dal centro dell'Egeo si propagavano sino alla tedesca
Siemens, alle operazioni spericolate di primi ministri socialisti e
conservatori, a speculatori senza scrupoli: contribuendo a ritardare
le misure tampone per un buco ormai abissale e soprattutto ignorando
una soluzione che non penalizzasse correntisti e cittadini. E invece
no, da quell'orecchio i banchieri dell'Ue proprio non ci hanno
sentito, hanno scelto di proseguire tout court il commercio di
spazzatura e di sogni irrealizzabili, senza rammentare che alla fine
della fiera, prima di uscirvi, bisogna passare alla cassa. Se
finanche governi e enti pubblici sono invischiati in derivati che
servono per coprire precedenti fallimenti, in totale assenza di un
regime di controlli che partano proprio dalla Bce, si comprende bene
come l'eurocrisi sia tutt'altro che risolta. Quasi vicina ad una
serie di ulteriori scosse sismiche dalle conseguenze gravissime di
cui in molti preferiscono tacere. In Grecia è andato in scena un
vero e proprio esperimento, come se fosse uno stage (post teoria) per
futuri ministri dell'economia e banchieri incalliti. Che, è il vero
rischio, potrebbe essere replicato altrove. Chi fa il buco scappa col
malloppo; chi resta in loco paga le conseguenze con memorandum e
svilimenti assurdi di diritti costituzionalmente garantiti; stati e
premier assortiti si autoincoronano salvatori di bilanci e
sopravvivenze: ecco lo schema del default.
In una lettera a Vittorio Foa del 26
novembre 1946 Altiero Spinelli scriveva: “Che ne diresti di
riprendere l'iniziativa del movimento federalista come l'avevamo
concepito a Milano nel 1943? Se le cose prendessero, alla lunga, una
buona piega potremmo passare poi alla formazione di un vero movimento
politico. Se andassero male avremmo parlato per una generazione
successiva, il che non è poi un gran male”. Mentre ieri uno dei
padri dell'Unione, all'indomani della fine della guerra e della
necessità di creare quella comunione continentale, si mostrava
attento a una visione lungimirante, oggi quel male ha fatto capolino
sui cocci dell'Ue: e si chiama matematica. Quella disciplina che i
grandi burocrati e le grandi cancellerie europee sembrano aver
dimenticato in un batter di ciglia. Quando si innesca un meccanismo
perverso in base al quale due più due non fa più quattro ma
quattrocento, proprio in quell'istante si è schiacciato il pulsante
del countdown. E non serve avere in tasca un master alla London
School of Economics per comprendere come i controlli non abbiano
funzionato, la politica abbia sbagliato clamorosamente e chi in
questo biennio ha prodotto tomi su rigore e memorandum ha una buona
fetta di responsabilità. Come? Lo scandalo dei derivati del Monte
dei Paschi di Siena, l'eurocrisi, la troika e la macelleria sociale
che sta andando in scena in Grecia sono fatti marchiati a vita dallo
stesso timbro. Un fil rouge niente affatto sottile, ma talmente
ingombrante da compromettere la futura sopravvivenza stessa di un
continente pigro e folle, dei suoi cittadini imbambolati e passivi, e
che sta minando i capisaldi di una democrazia. Il principale corto
circuito non è tra stampa e giudici, ma tra banche e politica. E in
molti fanno finta di dimenticarlo.
Fonte: Gli Altri settimanale
dell'8/2/13
Twitter@FDepalo
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