venerdì 15 aprile 2011

Franco Bomprezzi: «Fratelli d’Italia o scrocconi?»


Dal Futurista del 26/03/11

“Scrocconi” e accanto un’immagine molto chiara. Una carrozzina stilizzata, con un Pinocchio altrettanto stilizzato, ed il sommario che rimanda ad un’inchiesta sui furbi che fregano l’Inps. E’la copertina dell’ultimo numero del settimanale Panorama, che ha procurato un senso di nausea al giornalista e scrittore Franco Bomprezzi, definitosi “giornalista a rotelle che vive libero e vorrebbe restarlo”. E che si è interrogato su quale sia l’immagine reale del Paese: se “Fratelli d’Italia” o se quella degli scrocconi, come da infausto titolo.

Per qualche giorno, ha scritto di aver nutrito “l’illusione di un Paese nuovamente unito”. Poi quella copertina di Panorama.

Vorrebbe farci ripiombare nella tentazione che si ha il bisogno in questo momento di trovare qualche nemico. Sul quale scaricare la tensione sociale di una crisi che rende tutto più complicato. Ecco l’amarezza: individuare nei disabili un obiettivo, i colpevoli che rendono difficile lo sviluppo del Paese. In realtà è una cosa che dura da tempo, da quando il ministro Tremonti ha espressamente dichiarato, nell’avviare la campagna sui falsi invalidi, che questo Paese non si può permettere due milioni e settecentomila invalidi. E’più o meno la statistica media mondiale, non vi vedo nulla di straordinario. Non è che nel frattempo in questi anni forze dell’ordine e magistratura non abbiano fatto nulla. Tanto è vero che le storie di falsa disabilità sono ben note alle cronache.

Simboli come la carrozzina per deviare l'attenzione altrove: strategia ormai diffusa?
Si possono fare inchieste, servizi di qualsiasi tipo, ci mancherebbe: ma non utilizzare in modo così irresponsabile un simbolo che viene tra l’altro impiegato per connotare le persone con un handicap vero. La carrozzina è il simbolo internazionale della disabilità. Magari un simbolo un po’vecchio, che non rappresenta ovviamente il tutto ma una sola parte. Perché vi sono anche persone che non siedono su di essa. Ma è universalmente considerata come qualcosa che la connota. Metterla in copertina con quel titolo “scrocconi”, appare un’operazione piuttosto imbarazzante.

Lontano anni luce il Panorama di quattro lustri fa?
Fui uno dei primi abbonati a quel Panorama, quando ero ragazzo. Un settimanale che giunse a fare un’operazione di giornalismo anglosassone, con uno dei primi titoli “i fatti separati dalle opinioni”. Lo ricordo bene, Lamberto Sechi era un grande direttore, quello che portò in Italia ciò che era Newsweek in America. Aiutandoci a fare un giornalismo da settimanale di inchiesta. Davvero sembra preistoria, un altro mondo.

Perché crede che dietro quella copertina ci sia un disegno mediatico?
Vedo molti segnali in questa direzione. Il primo è proprio nell’operazione ormai insistita da parte dell’Inps, chiamata dal ministero dell’Economia a fare un lavoro di riduzione della spesa sociale della disabilità. Perché dietro i controlli monotematici, che hanno certamente un ampio consenso sociale, si pensa di scovare il tipico malaffare italiano, quell’indignazione come rito collettivo. Siamo ormai abituati dai media a scoprire che siamo un popolo di imbroglioni, specialmente al sud. Quindi anche con una connotazione territoriale molto ben precisa. Questa campagna di controlli in realtà sta soprattutto portando a sospendere o togliere provvedimenti economici già minimi, come le indennità di accompagnamento, a persone che ne hanno pienamente diritto. Facendo leva su un dubbio: ciò porta ad un enorme contenzioso, e al di là delle cifre dichiarate dal presidente dell’Inps, che vengono usate molto male. Quando si parla infatti di una pensione ritirata su quattro, in realtà ci si riferisce ad una su quattro di quelle controllate. Un dato che non arriva nemmeno al 25% del totale. Credo che ci sia una gran confusione sulle cifre e una voglia di indicare un nemico sociale. Una situazione che mi ha ricordato molto da vicino ciò che è accaduto durante il nazismo, non ovviamente con la medesima preoccupazione e le estreme conseguenze. Ma l’atteggiamento culturale e comunicativo è stato molto forte. Basti pensare all’episodio, piccolo ma inquietante, di quella bufala diffusa su internet di imprenditori meritocratici, protagonisti di una campagna contro i disabili nel mondo del lavoro. Che purtroppo stava già prendendo piede attraverso la rete. Si comprende bene che il clima nel quale stiamo vivendo favorisce i peggiori pensieri ed i peggiori atteggiamenti. Nonostante il Paese abbia un tessuto sociale forte, buone leggi e anche una radicata esperienza a livello internazionale del movimento delle persone disabili.

Danno forse fastidio allora quelle strade piene di gente sorridente il 17 marzo scorso, e quelle parole del Capo dello Stato per un clima maggiormente unitario?
Sono davvero convinto che quella sia la strada giusta, il Paese deve riconciliarsi con se stesso e con la propria memoria, con la propria storia positiva. Luci ed ombre, certamente, non mancano, ma è un Paese che merita di riconoscersi in ciò che il Presidente Napolitano in questi mesi ha ribadito ad ogni piè sospinto. E non solo lui. Occorre maggiore coesione sociale, spirito di sacrificio condiviso, perché ne vale la pena e non perché siamo un Paese di farabutti o di gente che cerca sempre di imbrogliare. Da quella parte non si va, si rischierebbe soltanto di avvitare la Nazione nell’egoismo e nel cinismo più spietato. E la medesima situazione dei cittadini disabili potremmo viverla in ganti altri ambiti, come il lavoro, l’immigrazione. Che potrebbero trovare soluzione, indipendentemente dalla collocazione politica. Ricordo che tutte le leggi sulla disabilità sono state approvate in modo bipartisan, praticamente all’unanimità. Possibile, mi chiedo, che si smarrisca così tanto il senso della convivenza civile e della responsabilità sociale? Questo è l’aspetto che mi preoccupa di più.

Perché crede ci sia sempre la volontà di spaccare il Paese in due, come se tutto fosse riconducibile ad una barricata, con buoni da una parte e cattivi dall’altra?
La paura che un sistema di potere politico non corrisponda più ad un consenso reale nel Paese, porta ad alzare i toni e ad inventare sempre nuove guerre interne, per ricompattare le schiere. Ed essere sicuri che in caso di “scontro finale” prevarrebbe la parte conservatrice del Paese. A me pare che questo sia un colpo sbagliato. Si tenga conto, inoltre, che non esiste un solo modo di essere conservatori, ma tante posizioni differenti. Il nostro è un Paese sostanzialmente moderato, in cui la sinistra ha una sua notevole forza. E la destra ha fatto un percorso importante di avvicinamento a valori della destra sociale, che hanno sempre avuto una capacità di essere concretamente nei temi della società. Credo che dovremmo recuperare questo tipo di dialogo politico, mentre c’è chi vorrebbe portarci nella direzione opposta.

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