lunedì 23 giugno 2014

Grecia e Italia, ecco come e quanto investono gli Emirati Arabi Uniti

Emirati Arabi e Cina investono massicciamente nella Grecia post memorandum, rispettivamente con 36 e 6,5 miliardi di euro. Ecco come, dopo le puntate arabe in Italia che hanno portato al matrimonio tra Etihad e Alitalia, i denari degli Emirati Arabi fanno rotta sulla Grecia ma guardando con interesse all’intera area mediterranea.

ALI-HAD
Dopo aver quasi risolto la partita con Roma, dagli Emirati si apre un altro fronte di possibili e future convergenze. Trentasei miliardi di euro pronti dagli Emirati Arabi per essere riversati in Grecia. Primo obiettivo del Consiglio gli investimenti di Abu Dhabi, è l’Astir Palace Resort di Atene, una struttura faraonica presente nella lista delle privatizzazioni e degli immobili che lo Stato ha messo sul mercato, proprio come il vecchio aeroporto di Atene, per cui il ministro degli Esteri degli Emirati Arabi Uniti, Sceicco Abdullah bin Zayed Al Nahyan, ha annunciato un investimento da 7 miliardi di euro.

BUSINESS E LAVORO
Accanto al business che verrà creato, le stime emiratine parlano di un’opportunità di lavoro per circa 50mila occupati. Gli annunci sono giunti in occasione del Comitato ministeriale EAU-Grecia nella capitale greca, alla presenza delle autorità elleniche (come il Vice Primo Ministro greco e Ministro degli Esteri, Evangelos Venizelos) e del Ministro dell’EAU, Sultan bin Ahmed Al Jaber. I greci potrebbero a questo punto sostenere la candidatura degli Emirati all’esenzione dall’obbligo del visto Schengen oltre alla gara per diventare sede del World Expo 2020.

COLLABORAZIONE
La parte araba ha inoltre approfittato dell’occasione commerciale per stringere un’alleanza anche politica con la Grecia, a cui chiedere appoggio in vista della candidatura degli Emirati Arabi Uniti per l’adesione non permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per il periodo 2022-2023, oltre che per una serie di altri passaggi come la nomina per la rielezione dei membri del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite per il 2016-2018, la nomina per la rielezione alla International Telecommunication Union (ITU) per il 2015-2018.

CHI HA FIRMATO
Sono stati siglati accordi in una serie di ambiti come la promozione degli investimenti e cooperazione in campo militare, agroalimentare e sportiva tra società come Al Maabar International Investment, Latsis Group, Lamda Development, Energy Solutions, Abu Dhabi National Energy Company, Gek Terna Group.

CINA
Non solo gli Emirati, ma anche la Cina ha messo gli occhi sulla Grecia. Non da oggi Pechino dispone un vero e proprio “braccio meccanico” operativo al centro dell’Egeo, grazie alla privatizzazione del porto del Pireo che ha consentito dieci anni fa alla Cosco Cina (che possiede il 67% del porto) di operare in una delle aree più significative del mare nostrum, permettendo alle navi porta container in rotta verso l’Europa di evitare l’approdo a Rotterdam, risparmiando così una settimana di viaggio.

ACCORDI
Due giorni fa ecco la visita ad Atene del primo ministro Li Ketsiangk con al seguito un gruppo di industriali. Al termine della visita in Grecia, sono stati siglati 19 accordi commerciali per un valore stimato di 6,5 miliardi di dollari. Tra i principali accordi la collaborazione per promuovere gli scambi e la cooperazione degli investimenti, firmato dal ministro dello Sviluppo Nikos Dendias e il suo omologo cinese Gao Hucheng, così come un accordo sui prestiti bancari cinesi al fine di costruire nuove navi greche nei cantieri navali cinesi. La Grecia potrà esportare prodotti come olio d’oliva, vino e marmo mentre in loco i cinesi costruiranno parchi solari.

lunedì 16 giugno 2014

Tv-trash: né topa né gatta, solo cattiva educazione

“La vita – diceva Michel de Montaigne – è un movimento ineguale, irregolare, multiforme”. Non è vero che la gaffe con Sofia Loren del comico toscano che ha presentato i David di Donatello ha riportato attenzione su un “evento che non interessa più nessuno”. In questa Italia dove la sobrietà e la buona educazione vengono mortificate dalla rottamazione persino delle buone maniere, si fa strada il rischio che tutto venga giustificato sull’altare del cambiamento e della modernità.

Dare in televisione della topa o, a seconda delle regioni di provenienza, della gatta, ad una donna che ha fatto la storia del cinema italiano ha poco a che vedere con share e irriverenza: è roba da cafoni, punto. Altro, poi, ragionare serenamente e dati auditel alla mano su format che non tirano più quanto si vorrebbe o su contenitori che non stimolano il grande pubblico a sintonizzarsi su quel canale. Per un ventennio le doglianze della critica televisiva si erano concentrate sulla crisi del racconto, con interi pezzi di vita del nostro Paese sottaciuti o sotterrati a seconda delle esigenze, passando per la proliferazione dei pollai televisivi dove tutti si insultavano reciprocamente anziché spiegare nel merito ricette e proposte.

Ma c’è un pezzo d’Italia che è riuscito a fare anche peggio della politica, evidenziando non la dipendenza dal trash ma la sua omologazione come iper parametro di valutazione. È quella deriva 2.0 che lo stesso comico ha orgogliosamente spiegato ai giornalisti che lo incalzavano, citando eventi simili negli Usa dove i presentatori portano pizze in studio e coinvolgono attori e star. Non si rammenta, ad esempio, che David Letterman abbia mai epitetato in tale modo Hillary Clinton o Madonna nei propri studi. E allora il pericolo che si strutturi una vera e propria arena, con un altro circo mediatico dove tutto è concesso “perché lo spettacolo di prima era noioso in quanto ingessato” è un assunto che non va bene per nulla.

Ed ecco giunti al David, con niente altro se non l’analisi di sempre, con il lato B che sul grande schermo buca più di una lezione di filosofia. Ma non per questo deve passare il messaggio che la seconda debba sparire in favore del primo. Comici o meno.

Fonte: Il Fatto Quotidiano del 15/6/14
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Elezioni in Kosovo, vince il premier uscente Thaci: ipotesi governo di larghe intese

Hashim Thaci, premier uscente, è ancora il più votato in Kosovo ma le opposizioni rimontano rispetto alle attese. Le elezioni anticipate che hanno interessato tutto il Paese, compreso il nord e senza distinzioni di etnie, vedono in testa Thaci con il 31% e il suo Partito democratico del Kosovo (Pdk). Seconda la Lega democratica del Kosovo (Lkd), con circa il 26%. Un pezzo dell’alleanza governativa, invece, la Nuova alleanza del Kosovo (Akr) registra una battuta di arresto con solo il 4,7% raccolto. Delusione anche per il movimento nazionalista Vetevendosje (Autodeterminazione), votato dal 13,6% degli elettori, che invece sperava in percentuali “alla Farage”, mentre la sorpresa è rappresentata dal nuovo movimento “Iniziativa per il Kosovo” (fondato da due oppositori di Thaci nel Pdk) che raggiunge il 5% dei voti.

Già dalla scorsa notte Thaci ha annunciato il proprio successo, ringraziando per la fiducia nei suoi confronti e promettendo “un rinnovato impegno per riformare il Paese, migliorare l’economia e proseguire sulla strada dell’integrazione europea”. Ma proprio il leader di oggi deve convivere con un passato particolarmente scomodo: per anni ha guidato l’UCK, la milizia kosovara che combatteva contro le truppe di Belgrado. E’stato anche interessato da una serie di accuse pesanti, come traffico di droga, di esseri umani, di organi e torturatore secondo un report redatto dalla commissione di inchiesta del Consiglio d’Europa. In occasione dello spoglio non si è registrato alcun episodio legato alla legalità del voto, circostanza su cui nei giorni scorsi era intervenuta anche la Commissione Europea.

“L’Unione europea desidera vedere elezioni legislative libere, eque ed inclusive”, aveva detto alla vigilia elettorale fa il capo della diplomazia Ue, Catherine Ashton, dal momento che queste sono “le prime elezioni dopo la conclusione dei negoziati dell’accordo di associazione” fra Ue­ e Kosovo. “Il Kosovo ­- ha aggiunto ­- ha fatto importanti progressi nelle sue relazioni con l’Ue e nella normalizzazione delle relazioni con la Serbia“. Il voto si presta ad una doppia lettura: da un lato i numeri hanno confermato in testa il partito del premier uscente, dall’altro le opposizioni insieme raggiungono quasi il 60%, quindi fiducia nel leader ma non nel suo partito e voglia di cambiamento nel Paese.

Se gli equilibri verranno confermati, difficilmente si potrebbe assistere ad un governo monocolore di Thaci, ma verosimilmente si andrebbe verso un governo di larghe intese per fare riforme e poi tornare al voto, come la stampa kosovara e albanese ha già fatto trapelare da questa mattina. Mero Baze dalle colonne del magazine Express osserva che il risultato è un chiaro segno di stabilità nazionale per il partito di Thaci, ma rappresenta una precisa richiesta di cambiamento della società kosovara, dal momento che gli elettori hanno eliminato dalla scena politica l’ex leader Behgjet Pacolli. Per cui, certifica, “i partiti dovrebbero rispettare quello spirito di cambiamento dando vita ad un esecutivo con un’ampia base, se l’opposizione non riuscirà a trovare un terreno comune per formare una maggioranza tutta sua”.

Fonte: Il Fatto Quotidiano del 9/6/14
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Tutte le mosse di Putin, Lukashenko e Nazarbayev verso l’Urss 2.0

Una mossa in chiave anti Ue, voglia di espansione per arginare gli effetti della recessione economica o il ritorno ai fasti della vecchia Urss? Putin, Lukashenko e Nazarbayev hanno firmato un trattato che getta le basi per la creazione dell’Unione economica eurasiatica, inizialmente tra Russia, Bielorussia e Kazakistan. Una sorta di mega unione doganale (già esistente in altra forma fra i tre Paesi) con l’obiettivo di strutturare un maggiore coordinamento che sia anticamera allo spazio economico unico. E così mentre l’Ue non riesce ad avere una politica estera unitaria, c’è qualcuno a est che prova a strutturare quella che alcuni analisti hanno definito una Urss 2.0.

LA FIRMA
In seguito alla prevista ratifica da parte dei parlamenti dei tre Paesi, la Ceea inizierà ad essere attuata a partire dal primo gennaio 2015. Da quel momento in poi non solo l’unione doganale sarà di diverso impatto, ma cambieranno strategie e modelli della cooperazione economica con una nuova piattaforma sistematica finanziaria, che nelle intenzioni dovrà essere capace di coordinare quattro macro aree: i sistemi finanziari degli aderenti, la politica industriale, quella agricola e del mercato del lavoro.

COME FUNZIONERÀ
Saranno i principi del Wto a regolamentare questo immenso mercato che abbraccia idealmente almeno 170 milioni di cittadini, i quali, secondo Vladimir Putin, raggiungeranno un “nuovo livello di integrazione” tra Mosca, Minsk ed Astana. Sono in molti a definirlo il sogno di Putin dal momento che non si tratta esclusivamente di una pietra miliare all’interno del meccanismo di integrazione nello spazio eurasiatico, ma di fatto rappresenta una nuova massa in contrapposizione a un’Unione europea in cerca di se stessa e attraversata dalle spinte degli euroscettici appena approdati in massa nel nuovo Parlamento di Strasburgo.

LA CEEAI
I riverberi di natura geopolitica della Ceea spazieranno dal petrolio al gas (dopo l’accordo Mosca-Pechino) , dalle infrastrutture all’ambiente, dalle nuove strategie legate all’agricoltura fino all’industria vera e propria. Un dato oggettivo è dato dall’incremento che verrà registrato alla voce opportunità di business per la realizzazione di investimenti congiunti, senza dimenticare due elementi secondari ma di un rilevante peso specifico come la cooperazione e la comunicazione. All’orizzonte già si profila una road map per l’adeguamento della legislazione del Kirghizistan, ma con porte aperte all’Armenia già a giugno, come scrive il francese Liberation, secondo cui c’è già il nulla osta del presidente Serzh Sargsyan.

LE REAZIONI
Per gli esperti, queste mosse avranno sicure conseguenze, poiché l’area del pianeta che detiene un terzo del gas mondiale e il 15% del petrolio ha deciso di fare massa ed unirsi sotto la stessa bandiera. Tuttavia quando Nazarbayev dice a chiare lettere che “questa unione è economica e non pregiudica la sovranità degli Stati partecipanti” non solo sottolinea un’evidenza formalistica ma sgombra il campo da altre riflessioni circa la portata generale dell’operazione, su cui restano i dubbi di molti analisti. Ciò su cui si interrogano dall’altro versante dell’Atlantico è se questa mossa possa essere propedeutica ad altro, dal momento che lo stesso Putin nel 2005 aveva definito la dissoluzione dell’Unione Sovietica “la più grande catastrofe geopolitica” del ventesimo secolo.

Fonte: Fomiche.net del 29/5/14
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Come discutono (e come si dividono) i Popolari di Mario Mauro

Ricostruzione della discussione post Europee all’interno del movimento Popolari per l’Italia capitanato dall’ex europarlamentare Pdl ed ex ministro della Difesa nel governo Letta, Mario Mauro. La mozione approvata dall’assemblea e quello che pensa la componente che fa riferimento alla Comunità di Sant’Egidio…Primo round del derby tutto popolare tra mauriani e santegidiani, che in occasione dell’Assemblea dei Popolari per l’Italia hanno animato uno scontro verbale a tratti animato. Con un Pd al 40% e un centrodestra ormai deflagrato quale sarà il contributo (di oggi) e il ruolo (futuro) dei Popolari? L’interrogativo è iniziato a circolare nelle ore immediatamente successive al risultato delle elezioni europee ma anche con uno sguardo rivolto alle amministrative, i cui ballottaggi si svolgeranno tra una settimana. Ecco una mappa aggiornata di umori e mire.

DERBY POPOLARE
Chi spinge sull’acceleratore perché si impedisca che l’esperienza della lista comune con Ncd e Udc subisca uno stop ha alzato la voce in occasione dell’assemblea dei Popolari per l’Italia andata in scena ieri all’Hotel Nazionale di Roma, dove si sono fronteggiate le due anime del partito. Da un lato i mauriani convinti di una prospettiva popolare che non guardi a sinistra, come i sottosegretari Angela D’Onghia e Domenico Rossi, il deputato Tito Di Maggio, l’onorevole eletto all’estero Mario Caruso e Potito Salatto (socio fondatore del Ppi). Dall’altro gli esponenti vicini alla comunità di Sant’Egidio come Mario Marazziti, il capogruppo Lorenzo Dellai, il viceministro Andrea Oliviero e il sottosegretario agli esteri Mario Giro.

ODG CONFEDERALE
E’ stato approvato all’unanimità un ordine del giorno con il quale è stata sottolineata la necessità di lavorare per una confederazione popolare che abbia come obiettivo la costituzione del Ppe in Italia, soggetto di idealità alternative e distinte dal socialismo europeo; si è riconfermato il sostegno al governo Renzi a cui sarà comunque necessario suggerire provvedimenti più adeguati per la ripresa economica e sociale del Paese; sono state rimarcate le posizioni riguardanti i gruppi in Parlamento come quella del veto alla Camera del divorzio breve in coerenza con i valori del partito. E’ stato infine dato mandato al presidente Mario Mauro di adoperarsi, in tempi rapidi, per costruire una più articolata e incisiva struttura di partito, individuando ruoli politici e organizzativi nazionali e regionali.

POST EUROPEE
Esiste il rischio che il neo-centrismo rappresentato da Ncd, Udc e Ppi possa sbandare, anche se solo per un momento, verso Palazzo Chigi anziché verso il naturale versante popolare? Il quesito ha fatto capolino quando si è iniziato ad analizzare i numeri delle europee, dove le prove generali di un Ppe italiano hanno fatto i conti con 1.199.703 voti che sono valsi il 4,38% al cartello Ncd-Udc. Un passaggio che era già stato evidenziato qualche giorno fa dal leader dell’Udc Pierferdinando Casini dalle colonne del Mattino, quando aveva aperto alla costruzione di un muro comune per fermare i populismi ma senza per questo dare adito a “matrimoni di convenienza”. E aveva osservato come “in questo contesto la prospettiva di un bipolarismo tra Matteo Renzi e Beppe Grillo delinea il rischio di una democrazia incompiuta. Per dirla in altre parole: gli elettori non possono essere obbligati a scegliere tra sinistra e M5S”. Ecco il punto, tra l’altro rimarcato dallo stesso ex ministro Mauro su Formiche.net.

PROSPETTIVA REGIONALI
Alle elezioni regionali del 2015 manca esattamente un anno, ragion per cui lo zoccolo duro del partito spinge per gruppi unici alla Camera e al Senato con Udc e Ncd. Mentre le minoranza del partito non avrebbe poi troppa fretta nel guardare al destino futuro del centrodestra, preferendo affrontare la quotidianità rappresentata dall’appoggio al governo Renzi. “Mentre Scelta Civica e qualche altro parlamentare sparso meditano come traghettarsi verso Renzi, Ncd, Udc e Popolari per l’Italia procedano, dopo la lista comune per le Europee, a unificare i gruppi alla Camera e al Senato”, attacca l’eurodeputato uscente del PPE Potito Salatto, socio fondatore dei Popolari per l’Italia. “Sarebbe questo – aggiunge – un ulteriore segnale verso un unico partito dei popolari in Italia e nel Ppe. Le elezioni regionali sono ormai alle porte. Presentarsi disarticolati sarebbe un grande errore. Distanti dalla destra e distinti dalla sinistra, noi popolari abbiamo dinanzi a noi una prateria sterminata da conquistare con ideali, valori e programmi adeguati. Alfano, Cesa e Mauro facciano un passo in avanti”.

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Fonte: Formiche del 30/5/14

Tra Leopolda e nuovo Tsipras? Meglio le idee euromediterranee

Ha scritto Virgilio che “l’incidente è il tempo stesso che passa, un tempo sempre più veloce, sempre più incalzante: il tempo è l’incidente degli incidenti”. E in politica, come è noto, il tempo è strategico per scelte e rotte da seguire. Il centrodestra italiano ha imboccato l’ultimo curvone prima del finish e non sarà imitando adunate toscane o cercando un Tsipras alla destra di Renzi che si darà un competitor a quel Pd che si appresta a governare per un paio di lustri.Per coloro che si riconoscono in un liberalconservatorismo 2.0, attento a rimodellare quella casa del Ppe in cerca di conferme, punto di partenza dovrebbe essere una concezione europeista di base: precisa, dai contorni definititi e senza sbavature localistiche. Immaginare un’Ue che vada dall’Atlantico agli Urali è stato il filo conduttore di un progetto pro Unione e anti separatismi che ha caratterizzato il percorso non socialista degli ultimi quarant’anni. Chi oggi sotto (o sopra) elezioni urla a squarciagola l’uscita del nostro Paese dall’Ue non solo non conosce il valore simbolico e legale dei trattati europei, ma fa mostra di ignorare un macro elemento assoluto: in un momento in cui il resto del pianeta allaccia alleanze strategiche, come quella russocinese, oltre al proliferare di veri e propri giganti economici come i paesi dell’area asiatica, che ruolo potrebbe giocare l’Italia in solitario?

Demagogia, quindi, rincorrere umori di piazza e proposte di pancia, ma altrettanto inutile sarebbe immaginare di lasciare lo status quo così come appare oggi. Alzare il dito e tentare di migliorare l’Europa, però, non significa essere antieuropeisti: tutt’altro.

Ben più difficile restaurare il vecchio continente e quella burocrazia che si evidenzia nella doppia sede e in lacci e lacciuoli deleteri, piuttosto che buttare il bambino con l’acqua sporca, puntando sulla disperazione di elettori imbestialiti e provati dalla crisi: ecco un primo punto di partenza per i conservatori-repubblicani 2.0. Restare in Europa, provare a migliorarla dall’interno e anzi allargarne il raggio di azione ai Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, così come ad esempio ha fatto Vladimir Putin con l’alleanza euroasiatica pochi giorni fa. Una visione, quindi, che fino ad oggi non c’è stata.In secondo luogo le lezioni del passato dovrebbero servire a chi rischia di commettere i medesimi errori. Il centrodestra in Italia ha goduto del suo massimo splendore politico (e quindi con ruoli di governo) quando è riuscito a rompere la monotonia dell’avversario, offrendo un quadro compatto e d’insieme, in virtù di un’alleanza programmatica e partitica. E puntando su uno slogan rivoluzionario. L’esatto contrario di ciò che si oggettivizza, per mille motivi, oggi.

Di contro il Pd renziano, non solo ha rottamato la classe dirigente del passato, ma è riuscito a ridare speranza al proprio elettorato e contagiando i delusi degli altri schieramenti: puntando forte sul senso di rinascita di un “partito della nazione”, su una lenzuolata di riforme, sulla consapevolezza che non esiste una terza via, per cui o si fa rinascere l’Italia o si affonda tutti. E al di là delle case di appartenenza dei singoli come dimostra il 40% ottenuto alle elezioni europee, secondo record della storia repubblicana italiana dopo il 42% ottenuto dalla Dc nel 1958.Significa che sigle e casacche poco contano in un tessuto sociale allo sbando, con una nuova emigrazione che costringe i 40enni italiani a tentare la fortuna oltre oceano, con marchi italiani colonizzati da società straniere, con i cento miliardi spesi nell’ultimo lustro per la cassa integrazione con cui quantomeno si sarebbe potuto stimolare il mercato invece che pagare i cittadini per non far nulla.

Per cui, più che una Leopolda o un Tsipras di centrodestra, sarà il caso che i conservatori-repubblicani italiani azzerino tutto: slogan, metodi di selezione, vecchi vizi del passato, parentele e affinità. E puntino su una rottura netta, su competenze vere e non presunte, su un nuovo europeismo e non su farfugliamenti dell’ultimo minuto, su un euro più giusto e non così forte sul dollaro, su quell’energia che chi ha fatto l’Italia nel dopoguerra ha messo in campo in proprio. E attendere che i semi, se buoni, diano i loro frutti.

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Fonte: Formiche del 30/5/14

mercoledì 11 giugno 2014

Gossip a orologeria sugli euroscettici

Dal Giornale dell'11/6/14

Gli euroscettici? Razzisti, fascisti, traditori e irriverenti. Non passa giorno che i media europei non mettano in atto la strategia che negli Usa è stata ribattezzata «character assassination».
Nigel Farage descritto come un Hilter
Ovvero quel lavorìo, sotterraneo e in Rete, che punta a distruggere gli euroscettici, definendoli deleteri e folli proprio ora che hanno avuto un successo elettorale alle europee. Ma non funziona più di fatto, in quanto i casi folkloristici alla Borghezio, per intenderci, sono al minimo e quel voto va in qualche modo rispettato.
L'attacco personale dunque, come strumento di delegittimazione politica. Ne sa qualcosa, più di tutti, il numero uno del Front National Marine Le Pen: il bacio al suo compagno Louis Aliot, postato su Twitter per smentire voci di crisi interne alla coppia, è stato ritoccato dalla Rete con cambio di partner da François Hollande e, tra gli altri, Ryan Gosling, un maiale e anche Francesco Totti. La foto era stata pubblicata dal settimanale Closer, che non metteva l'accento sull'exploit elettorale ma la ritraeva con Aliot, il vicepresidente del partito al quale è legata da cinque anni, il tutto corredato da un titolo per nulla ambiguo: «La coppia scoppia».
Amori e partner fanno rima con Nigel Farage, l'incubo inglese del nuovo Parlamento europeo. Ultima in ordine di tempo l'accusa di essere un consumatore di donne, tra cui la sua ex addetta stampa, la 32enne Annabelle Fuller, indicata come destinataria delle attenzioni particolari del leader dell'Ukip, e che ha tentato il suicidio dopo i festeggiamenti del partito per celebrare il trionfo europeo. Ma non è tutto, perché dall'essere un dongiovanni british Farage è passato alla vicinanza con il Führer, bersagliato a colpi di vignette e foto che lo ritraggono con i baffi alla Hitler.
E poi c'è la Rete: su Facebook lo insultano in quanto razzista, ma il suo programma dice semplicemente: «Dal primo gennaio la Gran Bretagna ha aperto le sue porte a Bulgaria e Romania. Immigrazione fuori controllo. Una porta aperta al crimine». E ancora: «28 mila romeni sono agli arresti per crimini a Londra. I romeni sono il secondo gruppo straniero nella lista degli arresti per seri crimini. Questi includono 142 stupri, 10 omicidi, 66 crimini sessuali, 303 rapine, 1370 furti , 2902 atti di violenza». E propone l'espulsione per i clandestini così come avviene in altri continenti. Solo dati di cronaca, quindi, su cui chi amministra ha il dovere di riflettere. È come se i vigili del fuoco chiamati a spegnere un incendio, per il solo fatto di dare l'allarme, venissero etichettati come piromani. In precedenza si era parlato anche di una notte brava di Farage a Malta, dove era stato immortalato mano nella mano con una donna mentre tornava al suo hotel.
Ma la caccia all'euroscettico non conosce tregua e su Farage nessuno dice, ad esempio, che nel suo programma propone di rottamare il 50 per cento dei giovani che vanno all'università. Ovvero consentire alle università di scegliere in base al merito accademico e riformare competenze e collegi professionali, sostituendo i prestiti agli studenti (ad alto rischio) con borse di studio. Né si fa cenno ad alcuni punti come la riforma del Parlamento britannico con poteri agli amministratori locali e alla sue istanze, investimenti in nuove strade, tangenziali e allargamento delle strade principali; introduzione della «Britdisc», dovuta da camion stranieri che utilizzano strade britanniche.
Insomma, ai contenuti degli euroscettici poco spazio, mentre al presunto gossip e alla delegittimazione personale vere e proprie autostrade. Che gli elettori, lo scorso 25 maggio, hanno scelto di ignorare.
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