sabato 31 gennaio 2015

Il Colle per calmierare Palazzo Chigi?

"La pazienza è umana ma il suo frutto è dolce" ha scritto anni fa Roussou. Nel senso che al netto di scelte e direttive, quella dedizione a starsene seduto sulla riva del fiume in attesa (non passiva) che qualcuno passi non è per forza di cose una strategia perdente. Anzi, in molti casi il soggetto mansueto, diplomatico e paziente è quello che ha più filo da tessere.

Soprattutto in politica, dove l'elezione del nuovo capo dello Stato, oltre alla caratura professionale e storica di Sergio Mattarella, porta con sè anche uno sciame di considerazioni più intense legate ai modi. Su tutte una di opportunità. 

Il carisma silente e discreto, il voler essere sempre una spanna sotto le righe, la poca propensione all'urlo e al titolo a nove colonne, potrebbero essere i vessilli del Colle in direzione dell'esecutivo. Senza polemica, per carità. Solo per consigliare ago e filo più che strappi, armonie più che amarezze, dialoghi più che inossidabili certezze. Insomma, quella gran cosa che i nostri nonni chiamavamo eleganza e buone maniere. E che oggi, spesso in troppi, sono tentati di rottamare. 

Finanze greche all'uomo anti austerità

Atene - Non passa neanche un'ora della diffusione della lista dei nuovi ministri del governo Tsipras, che si materializza un assaggio di come andranno le cose fra Atene e Berlino. Ioannis Varoufakis, nuovo ministro delle Finanze ribadisce che lavorerà per un taglio del debito. A stretto giro da Berlino Angela Merkel dice no per l'ennesima volta, mentre il ministro dell'Economia Wolfgang Schauble chiede il «rispetto dei patti». Un ping pong a cui replica Euclide Tsakalotos, viceministro con delega ai rapporti economici internazionali: «Irrealistico aspettarsi che la Grecia possa ripagare interamente il suo enorme debito». Chiude Tsipras, fortemente contrario alle nuove sanzioni contro Mosca annunciate dalla commissaria Ue Mogherini.
Non male per il primo giorno del nuovo governo targato Syriza, con dieci ministri e ventinove vice, «tutorati» da uno speciale gabinetto economico che detterà la linea, guidato dal vicepremier Dragasakis. Il giuramento del neo premier greco, oltre alla Borsa di Atene che perde il 5%, porta in dote novità anche alla voce immagine, con un crollo verticale di cravatte, una donna alla Presidenza della Camera, Zoì Konstantopoulou, un 33enne come speaker di governo (Sakellaridis) e un viceministro ad hoc contro la corruzione, Panagiotis Nikoloudis.
Ma è alle Finanze che si rivolge l'attenzione di Bruxelles e Berlino, dove siederà Ioannis Varoufakis il cui obiettivo è far dimenticare quell'icona della troika che ad Atene mandava mail con disegni di legge preconfezionati. Più che un falco un pugile, per via di quel volto che ricorda un boxeur: il suo motto è che il «memorandum è una frode» perché quel debito non è sostenibile. Questo economista dal doppio passaporto (greco e australiano) ha incantato Tsipras con due scritti: «Il Minotauro globale», vergato nel 2011 sugli Usa e le vere cause della crisi mondiale e soprattutto con un vademecum contro l'eurocrisi scritto assieme a James Galbraith, figlio di John consigliere di Kennedy alla Casa Bianca. Il sunto? L'austerità non è la medicina per i Paesi Piigs perché di sole tasse si finisce per morire. Quello il momento in cui Varoufakis si lega a doppia mandata a Tsipras e, si mormora, l'attimo in cui prende forma progressivamente il programma che oggi intendono attuare. Lo status di anti austerità è il minimo comun denominatore della gran parte dei nuovi ministri. Come Iorgos Stathakis all'Economia, negli ultimi mesi impegnato a smontare le tesi dei difensori della troika secondo cui un partito con radici comuniste avrebbe condotto la Grecia fuori dall'eurozona. Alle Attività produttive Panaghiotis Lafazanis, matematico e leader del correntone che fa capo al cenacolo culturale Iskra. Avrà il complesso ruolo di mediare (ma non troppo) alla voce energia e sviluppo, dal momento che il gas presente copioso nei mari di Creta fa gola anche ai turchi. Agli Esteri lo storico anti dittatura dei Colonnelli Nikos Kotzias, condannato due volte durante la giunta e che ha portato la retorica patriottica nei discorsi di Tsipras.
A seguire, al Lavoro Panos Skourletis, agli Interni Nick Voutsis (che dovrà gestire il caso dei Mat, le teste di cuoio che Syriza vorrebbe pensionare), alla Cultura Aristides Baltas, alla Sanità Panaghiotis Kouroumplis (con la spada di Damocle di cure gratis ai poveri che Tsipras ha già annunciato ma senza indicare le coperture), alla Giustizia Nikos Paraskevopoulos e alla Difesa il Farage greco anti euro, Panos Kammenos. Nella grande unità di crisi economica, anche due tecnici non eletti: Ioannis Milios, attivo sul versante inglese della City e Iannis Tolios, che cura i rapporti con Mosca. Questa mattina già il primo cdm, con il salario minimo portato dai 450 euro imposti dalla troika a 700.
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mercoledì 28 gennaio 2015

Tsipras affida il ministero Anti-corruzione a Nikoloudis, il Cantone greco

Sarebbe stato sufficiente protocollare la lista che l’ex ministro delle finanze francese Christine Lagarde inviò per corriere diplomatico ad Atene nel 2010 per raggranellare ben 25 miliardi di euro frutto di tangenti ed evasione. E invece solo oggi, con il nuovo governo Tsipras, la Grecia muove un passo vero contromalaffare e riciclaggio.
Un pm per fermare la voragine dell’evasione fiscale in Grecia, un buco nero a cui hanno contribuito un po’tutti, così come scrisse l’ex ministro socialista Philippos Pangalos nel suo pamphlet “Mazi ta fagame” (Insieme ce la siamo mangiata tutti, soggetto sottinteso la Grecia). Il governo Tsipras, oltre che con i proclami sul taglio del debito, nasce con un ministro nuovo di zecca, quasi in sordina rispetto al prorompente Varoufakis. Si chiama Panaghiotis Nikoloudis e sarà il Raffaele Cantone greco, al lavoro contro chi in questi anni ha fatto il furbetto sotto l’Acropoli, ma con direzione Svizzera. Non una deriva giustizialista, semplicemente la consapevolezza che quei denari, tramite uno scudo fiscale o un altro strumento fiscale, potrebbero essere utilizzati per le emergenze sociali del Paese.Questo sostituto Procuratore della Repubblica parla senza mezzi termini di liste di evasori da perseguire e contribuenti che dichiaravano zero pur avendo barche e aerei privati. Nikoloudis avrà per la prima volta nella storia democratica greca poteri illimitati nel controllo dei pubblici appalti, la grande nota dolente del Paese. In Grecia infatti sino a prima della crisi non esisteva un albo per gli appalti, anche perché la maggior parte dei lavori pubblici si svolgevano per assegnazione diretta. Strade, autostrade, ponti, illuminazioni a totale discrezione di sindaci, governatori, ministri. E assegnati a tre o quattro multinazionalielleniche, le stesse che gestiscono reti televisive, quotidiani e periodici, siti di informazione, squadre di calcio, trasporto e commercio di derivati del petrolio in quanto armatori.
Al pari di Varoufakis, il suo era un nome già scritto da tempo sulla scrivania di Tsipras nella sede di Koummounduru. Nato nel 1949 a Mani, incantevole zona nel sud del Peloponneso nota ai libri di storia per non aver subito l’invasione turca (tra l’altro buen ritiro dell’italiano Umberto Eco), si è distinto dal 2010 per aver redistribuito 200 milioni di euro impegnati in acquisto di armi in altri settori. Ogni volta che Nikoloudis ha testimoniato dinanzi alla commissione ad hoc della Camera per presentare i risultati annuali dell’Autorità anticorruzione ha toccato tutti i maggiori scandali del Paese. Come quando ha scoperchiato il vaso di Pandora del caso Proton su cui nella relazione finale aveva scritto che questi criminali “non usano kalashnikov o maschere, ma igiornali“. E ancora, “ovunque c’è corruzione, ma negli altri paesi il triangolo è composto da élite economiche, élite politiche e dei media. Qui è il contrario: élite economica, che controlla i media e solo terza l’élite politica“.

Montenegro: quali garanzie per gli investitori europei? Il caso della cipriota Ceac

Dal Fatto Quotidiano del 28/1/15

C’è un cambio di strategia da parte dell’Ue sull’approccio al Montenegro? Da un lato i funzionari comunitari elogiano il Paese per i progressi compiuti, pur non nascondendo precisi handicap sugiustizia, corruzione, diritti. Dall’altro sembra chiudano un occhio dinanzi all’iniquità che regna nel paese con grossi investitori europei che subiscono torti e avviano cause penali contro lo Stato guidato da Milo Djukanovic. E’il caso di tre aziende, una cipriota, una olandese ed una italiana impegnate nel business in Montenegro ma che hanno subito lo stesso trattamento.
La cipriota Ceac ha investito sin dal 2004 nella fonderia montenegrina Kap, ed è la maggiore vittima delle autorità montenegrine, pur avendo contribuito al 20% del Pil locale con la sua azienda. Nel 2005, durante il processo di privatizzazione, la Ceac ha comprato la fonderia ma subito dopo è stata chiusa. Accusa il governo di montenegrino di aver falsificato il bilancio della fonderia prima della vendita nascondendo i suoi debiti e le passività per decine di milioni di euro. Nel 2007 la Ceac ha avviato un procedimento arbitrale nei confronti del governo montenegrino davanti ad un tribunale di Francoforte ma nel 2009, sulla scia della crisi globale in tutto il settore dell’alluminio, l’azienda ha firmato un accordo amichevole in cambio del nulla osta del governo ad un piano di ristrutturazione che ne prevedeva il ridimensionamento. Tuttavia nel 2013 il governo ha avviato una procedura fallimentare contro la fonderia che è stata dichiarata fallita e messa in vendita.
La cipriota Ceac ha contestato le azioni del governo montenegrino dinanzi a tribunali locali e internazionali. Mentre tribunali locali, apparentemente influenzati dalle autorità, hanno respinto tutte le cause, quelli internazionali stanno trattando il caso in un modo totalmente diverso. La Ceac ha avviato un procedimento contro il governo del paese balcanico nei tribunali di Nicosia, Vienna e Washington.
Nel mese di luglio 2014, il tribunale distrettuale di Nicosia ha congelato qualsiasi operazione con la proprietà del KAP ma le autorità del Montenegro hanno ignorato questa decisione e venduto la fonderia a Uniprom, un’azienda locale, ad un prezzo notevolmente più basso, circa 28 milioni. Secondo i media locali il proprietario di Uniprom, Veselin Perišić, è legato al governo montenegrino e ha intenzione di cedere la fonderia ad un investitore straniero ad un importo ovviamente maggiorato rispetto a quello inizialmente pagato.
I ricorsi della Ceac contro il Montenegro ammontano già a 500 milioni di euro e sommati a quelli promossi da altre vittime il totale fa circa 1 miliardo di euro, che supera 1/3 del Pil del paese. Il caso della Ceac è simile a quello dell’olandese MNSS nel 2011. L’azienda controllava Zelezara, il più grande impianto metallurgico del Montenegro. Nel 2008 ha investito decine di milioni di euro per il suo ammodernamento ma l’attività della  società è stata bloccata tramite procedure concorsuali avviate dal governo del Montenegro. Di conseguenza, il governo ha assorbito il sito e nel 2012 lo ha rivenduto a una società turca. Anche l’italiana A2A si è trovata in una posizione simile. Nel 2009 ha pagato 400 milioni di euro per il 44% della utility elettrica montenegrina Epcg. Ma dopo che A2A ha rilevato la gestione di EPCG, il governo del Montenegro ha tagliato del 20% i prezzi dell’energia elettrica nel paese minando i ricavi della società.
La domanda a questo punto è: ancora sicuro investire in Europa?

martedì 27 gennaio 2015

Varoufakis nuovo ministro delle Finanze greco. Chi è il guru economico di Tsipras

Yanis Varoufakis, classe ’61, non è stato solo il deputato piùvotato di queste elezioni greche con 130mila preferenze. Ma è anche quello che personalmente ha steso il programma di Syriza e che meglio di tutti incarna il cosiddetto stile Tsipras: non a caso la sua designazione a ministro delle Finanze – che lui stesso ha annunciato via Twitter prima del comunicato ufficiale – è stata il passaggio più naturale del governo che ha appena giurato. Secondo fonti interne, il neo premier aveva in mente quella nomina già da tempo. Ma chi è l’uomo che, insieme al vicepremier Yannis Dragasakis, dovrà gestire le trattative con Ue, Bce e Fmi sul rientro dall’enorme debito greco?
Il suo biglietto da visita è il “fiscal waterboarding”. Due parole che richiamano il nome in codice delle terribili torture della Cia ma si riferisce all’austerità imposta da Bruxelles e Berlino. Paragonandone gli effetti, appunto, a quelli dell’annegamentocontrollato” utilizzato negli interrogatori dei sospetti terroristi. Secondo Varoufakis l’austerity è una scelta senza senso perché non aiuta a ottenere il risultato voluto, dal momento che al termine del trattamento il prigioniero è quasi morto, come a Guantanamo. Ed è la ragione per cui punta a trasformare il prestito della troika in unmaxi bond a scadenza illimitata.
Visiting professor alla Lyndon B. Johnson School of public affairs di Austin in Texas, stile ancora più informaledi quello del nuovo premier – ha giurato non solo senza cravattama anche con la camicia fuori dai pantaloni -, dal 2008 Varoufakis cura un blog intitolato Pensieri per il mondo post 2008, in cui ha riversato le sue considerazioni sulla crisi europea, “causata dall’incapacità delle sue istituzioni di resistere alle onde d’urto del terremoto globale del 2008”. Le sue teorie hanno trovato spazio in numerosi pamphlet socio-economici come Dare un senso al mondo post-2008, con Joseph Halevi e Nicholas Theocarakis (2011),Teoria dei giochi con Shaun Hargreaves-Heap (2004). E soprattutto Il Minotauro globale: l’America, le vere cause della crisi finanziaria e il futuro del mondo dell’economia (2011), in cui sostiene la tesi che un sistema economico e monetario internazionale necessita di un meccanismo di riutilizzo dei surplus commerciali per poter funzionare al meglio. Ovvero una sorta dihub logistico di distribuzione che ripresta automaticamente i proventi dei Paesi in surplus a quelli in deficit: solo in questo modo, osserva, è possibile riuscire a sostenere i disavanzi.
Ma perché Minotauro? Il modello economico nato nel 1971 viene definito da Varoufakis “Minotauro globale” perché si è in presenza di una potenza “imperiale” – gli Usa – che produce, con il proprio mercato interno, la domanda globale di ultima istanza. E lo fa assorbendo i surplus commerciali di altri Paesi: Giappone, Germania, Corea del Sud. Per soddisfare l’insaziabile Minotauro, quindi, il resto del mondo si sacrifica. Ottenendo come contropartita la “pax americana” e soprattutto l’ordine politico-monetario garantito dalla grande potenza che svolge anche il ruolo di consumatore di ultima istanza.
Il suo libro più recente, Una modesta proposta per uscire dalla crisi dell’euro, scritto a quattro mani con James Galbraith, figlio di John (guru economico del presidente Kennedy) certifica che solo con meno austerity e più politiche espansive di esce dall’eurocrisi. Ed è ciò che proporrà ai creditori. Non a caso in quel libro uscito nel 2010 ma revisionato due anni fa scrive che le quattro istituzioni al centro della crisi – BceBanca europea degli investimentiFmi e Fondo salva Stati – devono occuparsi di meglio ridistribuire le risorse per risolvere le quattro crisi che ci affliggono: la crisi bancaria, quella del debito pubblico, il sotto-investimento e gli squilibri interni e l’emergenza sociale che affligge i paesi Piigs. E propone tre punti cardine per una nuova svolta europea: la conversione del debito, il recupero dei programmi di investimenti, un piano Marshall mediterraneoper la solidarietà e l’emergenza sociale.

Grecia: Tsipras al governo con Anel, conservatori avversari della Troika

Dalle larghe intese con la troika a quelle con gli anti euro dell’Anel. La Grecia volta pagina, e lo fa con un’alleanza a sorpresa. A destra. Alexis Tsipras, leader di Syriza e vincitore delle elezioni elleniche, non ha deciso di includere nella coalizione di governo un partito di sinistra. Al contrario il 41enne ingegnere che non giurerà più sulla Bibbia – prerogativa assoluta nellaGrecia legata ancora a doppia mandata alla chiesa ortodossa – ha scelto “il Farage dell’Acropoli”, ovvero la formazione anti euro diPanos Kammenos. Si chiamano Greci Indipendenti (Anel è acronimo di Anexarti Ellines) e sono una costola dei conservatori diNea Dimokratia.
Popolari, religiosi e a forte vocazione sociale, gli Indipendentisono stati in questi anni fieri avversari del memorandum dellatroika. Si definiscono una “valvola di sicurezza” per la Greciaanche se i critici puntano il dito contro Kammenos per le sue frequenti accuse al neoliberismo, responsabile a suo giudizio di avere distrutto il Paese. La rivoluzione di Tsipras passa quindi da una strategia diversa e spiazzante, rispetto a quanto pronosticato da media e politici fino alle elezioni. Ma che, in ogni caso, unisce in una coalizione di governo due forze fortemente contrarie all’austerity.
Formatosi a Lione e in Svizzera dove ha svolto gli studi universitari, Kammenos è deputato dal 1993 eletto sotto Nea Dimokratia. Ha ricevuto la Medaglia d’Onore dal Patriarcato di Gerusalemme e la decorazione di Cavaliere dell’Ordine Nazionale al Merito da parte del Presidente della Francia, Nicolas Sarkozy. Nel 2007 anche un’esperienza di governo come vice ministro della marina mercantile nell’esecutivo conservatore diKostas Karamanlis. La rottura con il partito dell’ormai ex premier Samaras si deve al voto per il premier tecnico Lukas Papademos, “il Monti greco” sgradito a Kammenos e Tsipras. E nel febbraio 2012 viene sospeso dal partito insieme ad altri 20 deputati, a causa del suo no al memorandum.
Di qui la scelta di fondare un nuovo movimento, conservatore e non socialista. E’finito nell’occhio del ciclone anche per il suo pamphlet “Il terrorismo, teoria e pratica“, in cui teorizzava la partecipazione di esponenti politici del Pasok all’organizzazione terroristica “17 novembre”. Nel giugno del 2010 si era duramente scontrato con l’ex deputato Theodore Tsoukatou accusato di coinvolgimento nello scandalo Siemens, altra pietra dello scandalo della vecchia nomenklatura che Tsipras vuole combattere. Kammenos aveva parlato apertamente di tangenti versate a più riprese ai socialisti del Pasok, ma sei mesi dopo fu lui ad essere coinvolto in un’indagine finanziaria finita in un nulla di fatto.
Ma Kammenos, che più volte ha definito “cavia” il suo Paese, si è speso anche in occasione dello scandalo sulla Lista Lagarde, l’elenco di illustri evasori ellenici recapitato dall’allora ministro dell’economia del governo Sarkozy ad Atene ma che i due ministri delle finanze greci, Papacostantinou e Venizelos, pensarono bene di non protocollare. Nel gennaio 2013, in occasione di un animato dibattito parlamentare sulla lista, contenente duemila nomi di cittadini, imprenditori e politici che hanno portato in Svizzera circa 25 miliardi di euro, Kammenos fece mettere agli atti della speciale commissione di inchiesta un reportage delilfattoquotidiano.it mentre altri suoi colleghi parlamentari nelle stesse ore minacciavano querele.

lunedì 26 gennaio 2015

Elezioni Grecia 2015, le priorità di Tsipras: sanità, salario minimo e taglio del debito

“Adesso ci aspetta un duro lavoro”,  ha detto Alexis Tsipras durante il discorso di ringraziamento, nella notte in cui laGrecia ha scelto di fare trionfare alle urne il suo partito, Syriza. Perché la partita sul nuovo (e fino a qualche settimana fa, forse insperato) futuro di Atene inizia proprio oggi con l’Eurogruppo. Syriza ha già calendarizzato i primi passi della sua azione di governo, con nei primi sei mesi tre misure significative legate alwelfare e alla sfera dei diritti.
Al primo posto la sanità gratis per i meno abbienti. Un cavallo di battaglia di Tsipras che rispecchia la contingenza drammatica vissuta dagli indigenti nel Paese, con il tasso di mortalità infantile raddoppiato (danni limitati anche grazie al lavoro svolto in loco dalla Caritas italiana), con un più 30% di suicidi da crisi, le pmi strozzate da tasse e arretrati. Al secondo posto il salario minimo, altra manovra made in troika: attualmente è fermo a 340 euro e Tsipras intende portarlo a 750. Così come ha annunciato di voler reintrodurre la tredicesima per stipendi e pensioni fino a 700 euro, che con il memorandum avevano subito ben tre tagli verticali in due anni e mezzo.
Guardando a Bruxelles e Berlino, la parte da leone della discussione con la troika verterà sul debito. Tsipras chiede un taglio del 60%, e come ha più volte osservato uno dei suoi economisti di punta, Ioannis Varoufakis, punta a trasformare l’intero debito che ammonta a circa 280 miliardi in un megabond a scadenza illimitata da restituire quando le condizioni interne lo consentiranno (in presenza di una crescita di almeno il 3%).
Un passaggio ambizioso, ma molto complesso e articolato. Non a caso Martin Schultz è stato il primo ad annunciare un’imminente visita ad Atene già il prossimo venerdì. Le ansie continentali rispecchiano le parole pronunciate dal ministro tedesco Wolfgang Schaeuble, che ha ribadito a più riprese come non sia possibile uscire al programma del memorandum. E’ li che si consumerà lo scontro con Berlino e con i creditori internazionali a cui il 41enne ingegnere neo premier (il più giovane della storia ellenica dell’ultimo secolo e mezzo) oppone lo strumento di unaconferenza mondiale sul debito oltre alla richiesta di due settimane di tempo per valutare modalità e impatto dell’ultima tranche di prestiti del 2014: sette miliardi, che sarebbero dovuti giungere ad Atene lo scorso 31 dicembre a che, complici le urne, sono stati congelati.
Sul fronte interno una riforma interessante riguarderà lefrequenze televisive. In Grecia i canali privati non hanno mai corrisposto un euro (né una dracma) allo Stato, così ci sarebbero mancati incassi per almeno 3 miliardi di euro. In più i proprietari delle reti sono gli stessi che detengono i maggiori quotidiani, sono destinatari di pubblici appalti, (ma solo da quest’anno perché prima non esistevano gare) e gestiscono squadre di calcio. Una sorta di maxi conflitto di interessi che Tsipras ha promesso di sanare. Le prime schermaglie intanto non hanno tardato a farsi notare: nella notte della vittoria, commentando i risultati, il deputato del Syriza Panaghiotis Lafazanis (possibile ministro del lavoro) ha chiesto la testa del governatore della Banca Centrale di Grecia. Si tratta dell’ex ministro delle Finanze “della troika” Ioannis Stournaras che tra l’altro fece parte della speciale commissione guidata dall’ex premier socialista Kostas Simitis che curò il passaggio della Grecia dalla dracma all’euro.
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domenica 25 gennaio 2015

Grecia al voto, torna l'ipotesi dracma

Atene - «La cravatta? La indosserò solo quando ci sarà l' haircut sul nostro debito». È un Alexis Tsipras informale quello che ha speso l'ultimo giorno prima delle urne greche di oggi (seggi aperti dalle 7 al tramonto) a spasso per l'isola di Creta e poi, nel pomeriggio, a pranzo con alcuni giornalisti nel centro di Atene.
Un elettore al seggio in Grecia
La vittoria, come testimoniano tutti i sondaggi, è ormai a un passo.
Resta solo da valutarne, questa sera, il peso specifico. Ma al di là dei numeri, che pur diranno molto sulle strategie future in caso di governo di coalizione, uno scenario significativo, fin qui escluso da tutti, potrebbe essere quello rappresentato dal rischio­dracma. A più riprese il 41enne leader della sinistra radicale di Syriza, che vanta un buon feeling con il Cremlino, ha annunciato di non immaginare una Grecia fuori dall'euro e, parimenti, di non riconoscere il memorandum siglato dai suoi predecessori. Sta pensando realisticamente ad una terza via che altro non può essere se non la dracma o un euro di serie B?
L'ipotesi di una doppia moneta era già circolata nei giorni delle seconde elezioni del 2012 (circostanza che potrebbe, paradossalmente verificarsi, anche questa volta) ma l'intero universo economico la escluse, adducendo il precedente dell'Argentina. Nonostante possa avere una svalutazione almeno del 30% e ragionando realisticamente sul fatto che la Grecia non è come il Paese sudamericano perché più piccola e con molte risorse ancora non sfruttate, una nuova moneta più «sexy» potrebbe fare ciò che nessun prestito della troika farà mai. Ovvero attirare investitori dediti al business a medio­lungo termine (e non cinesi che comprano tanto per accumulare), e soprattutto realizzare nuove fabbriche, visto che in Grecia non si produce nulla, tranne i noti e pregiati yogurt e feta. La Grecia importa di tutto, persino olio e cotone presenti in loco da 5000 anni, mentre sotto le acque di Creta ci sarebbe gas per 400 milioni di euro. Una zona franca, in Europa, dove produrre a basso costo e con la qualità delle materie prime che c'è, potrebbe essere la vera soluzione ­ non bancaria ma di economia reale ­ a una crisi infinita. L'argomento, ufficialmente tabù perché spaventa gli elettori e Berlino, tiene banco da mesi nelle conversazioni riservate ad Atene, Washington e Mosca, ma come detto molto dipenderà anche dalla composizione del nuovo esecutivo. Due gli scenari possibili. In caso di Tsipras vincente con il premio di maggioranza, ecco nascere già domani (in contemporanea con l'Eurogruppo) un monocolore Syriza con una squadra di soli undici ministri. Il maggiore indiziato a ricoprire le Finanze è l'economista Iannis Varoufakis, greco­australiano, docente all'università americana di Austin, senza sottovalutare Iannis Tolios, che cura gli ottimi rapporti con la Russia. Qualora invece non ottenesse la fatidica soglia dei 151 deputati allora dovrebbe tentare la strada delle alleanze. Possibile interlocutore il nuovo partito centrista Potami, fatto nascere lo scorso maggio dal giornalista televisivo Stavros Theodorakis e che in soli quaranta giorni alle europee centrò il 4%.
Oggi è dato al 7%, quindi terza forza dietro i conservatori di Nea Dimokratia del premier Samaras (al 26%). Vicino al gruppo industriale Bobola, proprietario della tv privata Mega e della multinazionale Ellaktor, Theodorakis ha fino ad oggi glissato sull'argomento, ma resta il più accreditato rispetto ai socialisti ormai divisi. Da un lato il Pasok del vicepremier Venizelos in caduta libera (al 4%), dall'altro il Kinima nuovo movimento dell'ex premier Papandreou (al 2,5%) ma entrambi a rischio esclusione. E i super nazionalisti di Alba dorata? Sono dati tra il 6 e il 7% e, come prevede la Costituzione, se terzi classificati potrebbero (anche se poco probabile) ottenere l'incarico esplorativo dal Capo dello Stato se i primi due partiti non riuscissero a formare una maggioranza. Intanto sono 180mila i neo 18enni greci che non voteranno, perché gli elenchi elettorali vengono aggiornati solo due volte l'anno. E la pachidermica burocrazia greca non è stata pronta.
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Elezioni Grecia 2015: dalla crescita al debito. I temi nelle urne di Atene


Troika, memorandum, dracma e sovranità nazionale. Sono iquattro temi al centro delle elezioni greche, con il Paese che tre anni fa ha dato il via alla crisi dell’euro chiamato a scegliere tra la prosecuzione delle politiche di austerità o la rottura con il memorandum per eliminare la gran parte del debito. Ma con il nodo che resta sempre lo stesso: dove troverà il nuovo governo, qualcunque esso sia, i denari necessari per andare avanti e affrontare gli impegni presi con l’Europa? Ecco una panoramica dei temi.
AL VOTO – Primo nei sondaggi il Syriza di Alexis Tsipras con il 31%, favorito per la vittoria e seguito a 4-5 punti di distanza dai popolari di Nea Dimokoratia. Se Tsipras non riuscisse ad ottenere la maggioranza parlamentare dovrebbe cercare alleati per superare la fatidica quota 151 deputati. Terzi, parimenti al 7%, i centristi del Potami, la formazione nata lo scorso maggio per volontà del giornalista Stavros Theodorakis e i nazionalisti diAlba dorata il cui gruppo parlamentare è agli arresti e il cui portavoce Ilias Kassidiaris sta tenendo comizi elettorali in collegamento telefonico dal carcere di Korydalos. A seguire tutti gli altri, a cominciare dai comunisti del Kke, stabili al 4% mentre sono a rischio esclusione i socialisti del Pasok, i socialdemocratici del Dimar e la nuova realtà dell’ex premier Giorgios Papandreou, il Kinima nato due settimane fa.
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PIL - L’elemento chiave dei programmi per risolvere i problemi del Paese sta nel ritrovare i livelli di prosperità pre-crisi in termini di Pil e di occupazione. I conservatori di Nea Dimokratia, al governo con il premier Antonis Samaras e con i ministri chiave, sostengono che la nuova via economica sia già in atto grazie alle riforme strutturali introdotte nel 2012 con il memorandum, come quella sanitaria. Oggi propongono la riduzione di tutte le aliquote fiscali che loro stessi hanno introdotto per consentire al paese di mantenere una crescita elevata e a lungo termine, anche se proprio questo governo ha messo un altro balzello: una maxi tassazione persino sulle auto a metano. Annunciano una ricostruzione del welfare che sia trasparente per conservare il legame con i contributi versati e la sopravvivenza dei fondi pensione, ma il welfare è stato il settore maggiormente martoriato dalle politiche imposte dalla troika. Dal 2012 ad oggi si sono avuti infatti tre tagli verticali a stipendi, pensioni, identità con il salario minimo portato a 340 euro e l’eliminazione anche delle tredicesime. “Se si fosse messa in pratica la nostra politica economica del 2009 il memorandum non ci sarebbe stato e non avremmo questa emergenza” dice al fattoquotidiano.it Iannis Georgantas, il più giovane candidato di queste elezioni, che corre con i nuovi socialisti di Papandreou, il cui esecutivo venne sostituito dal governo tecnico di Lukas Papademos, “il Monti greco”, nei mesi pre troika.
HAIRCUT - La sinistra del Syriza replica con un affondo contro il memorandum, che andrà “ridiscusso con i creditori internazionali”, così come il leader Alexis Tsipras ha ribadito più volte. E schiera quattro economisti di punta (Varoufakis, Dragasakis, Tolios, Stathakis) che stanno lavorando per una nuova proposta economica da presentare a Bruxelles e Berlino. Al primo punto il taglio del debito nella misura del 60%, la sua trasformazione in un mega bond a scadenza illimitata che sarà rimborsato solo quando il paese raggiungerà uno sviluppo pari al 3-3,5%, ma soprattutto che il cosiddetto piano-Jucker si trasformi in un grande investimento da far realizzare operativamente alla Bei, la Banca Europea degli Investimenti.
Lo stesso Varoufakis (elleno-australiano e docente all’università americana di Austin) sostiene che “il programma di investimenti predisposto dalla Commissione europea sotto la presidenza di Juncker è del tutto inefficace, ed è economicamente un’enorme sciocchezza”. Intervistato dagli spagnoli di El Mundo, Varoufakis (dato alle Finanze in un governo snello con soli 11 ministri) ha detto che il primo atto del nuovo governo-Syriza sarà di chiedere due settimane di tempo ai creditori per “formulare le nostre proposte all’Eurogruppo, all’Ecofin e al Consiglio d’Europa, che comprenderanno prima di tutto l’immediata risposta alla crisi umanitaria in atto nel Paese”.
BCE - Intervenuto al Forum dell’Economist promosso ad Atene dal settimanale inglese, il ministro dell’economia uscente Ghikas Hardouvelis ha chiesto di concludere il più rapidamente possibile la valutazione da parte della troika sull’ultima tranche di aiuti (sette miliardi di euro, saltata lo scorso 31 dicembre), in quanto altri ritardi potrebbero strangolare la liquidità dell’economia greca. Sul punto l’attuale Governatore della Banca centrale greca, l’ex ministro delle Finanze Ioannis Stournaras, ha detto prima di Natale che il Paese ha liquidità fino al prossimo febbraio. Secondo Hardouvelis la Grecia è il destinatario ideale del programma di acquisto di obbligazioni da parte della Bce, in quanto ha la più alta deflazione, il debito più alto e i tassi di interesse più elevati in Europa. Il ministro delle Finanze ha stimato che sulla base di questi criteri, la Bce dovrebbe comprare titoli greci pari a 15,9 miliardi. Syriza però, gli ha replicato Dragasakis, non accetterà la valutazione della troika e richiederà un approfondimento supplementare per individuare i motivi che hanno condotto ad un debito di tali proporzioni.
SCHERMAGLIE - Tuttavia l’intervento di Quantitative easing della Bce riguarda per lo più titoli di Stato dei Paesi con rating al di sopra dell’investment grade, una scelta che tiene fuori Portogallo, Cipro e Grecia, osservano gli analisti di Ig markets, ma secondo Varoufakis non è quello il punto, bensì il fatto che “se la Grecia non cresce, il nuovo governo non potrà pagare il debito ellenico”. Solo propaganda accusano, di contro, i neonazisti di Alba Dorata, secondo cui “nessuno può oggi onestamente proporre di non pagare il debito né la Bce può decidere autonomamente per un haircut” dice al fattoquotidiano.it il coordinatore della Grecia Centrale, Apostolis Glenzos. Accusa Tsipras di essere un bluff, perché “se avesse coraggio realizzerebbe fabbriche qui e contribuirebbe ad avere prodotti ellenici, visto che importiamo di tutto”. E propone la rimozione immediata del debito “illegale e oneroso pagato dal popolo greco”. I governi del memorandum “non servono gli interessi del paese, ma gli usurai internazionali, mentre i nostri leader finiscono in carcere per colpa di una colossale trappola”.
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sabato 24 gennaio 2015

La Bce non convince i greci Tsipras vicino alla vittoria

Atene - La mossa della Bce sembra fatta per mettere all'angolo Alexis Tsipras e il suo programma anti memorandum. Perché se, come annunciato dall'Eurotower, anche la Grecia potrà beneficiare del quantitative easing deciso da Mario Draghi ma solo se resterà nel programma della troika (passaggio ribadito dal rigido ministro Schaeuble), come farà Syriza a spiegare ai greci che rinuncerà a quella pioggia di miliardi?
All'indomani della scelta della Bce che ha segnato la reazione positiva della Borsa di Atene (+6%) e quando mancano poche ore alle urne, in Grecia la sensazione è che l'elettorato abbia deciso come votare domani. Gli ultimi sondaggi accreditano infatti la sinistra radicale come primo partito con il 33-34% dei consensi. Non tuttavia abbastanza per ottenere il premio di maggioranza e quindi, se le urne confermeranno il responso, si andrebbe verso un governo di coalizione. È forte comunque laconsapevolezza che un cambiamento strutturale dell'Europa e dell'euro sia necessario, a tutti, per ripartire. È la ragione per cui su Tsipras dovrebbero convergere alcuni voti centristi e di buona parte del 20% di indecisi.
Per cui il nuovo Parlamento ellenico domenica sera potrebbe vedere, oltre al pieno di Syriza, seguito al 26% dai conservatori pro-troika del premier uscente Antonis Samaras, appaiati al terzo posto con il 7% i centristi del Potami, guidati dal giornalista televisivo Stavros Theodorakis e i nazionalisti di Alba dorata. Questi ultimi, nonostante l'intero gruppo parlamentare (primo e unico caso nella storia dell'Ue) sia agli arresti accusato di omicidio e ricettazione e non si conosca ancora quando il tribunale deciderà se rinviarli a giudizio, potrebbero paradossalmente prendere parte alle consultazioni per formare il governo.
E soprattutto i xrisìavghites sono gli unici che nei comizi improvvisati in piazze e mercati puntano il dito contro le multinazionali tedesche che hanno fatto affari con Atene negli anni pre crisi, motivo per cui è ancora agli arresti il primo responsabile, l'ex ministro della Difesa Akis Tzogatzopulos, braccio destro di Papandreou senior.
Ecco che, tornando a Draghi, il bazooka nelle sue mani, ma senza la cartuccia degli eurobond, potrebbe non sparare nella direzione di Atene dove, se il memorandum da un lato ha impedito il default nel 2011, dall'altro ha raso al suolo praticamente tutti i settori: dalle pmi al pubblico impiego, dai liberi professionisti alla sanità.
Il ragionamento che, più di altri, si ascolta da diverse realtà sociali è che non si può continuare sulla strada imposta dalla troika, con un carovita con cui ci si scotta quotidianamente grazie all'Iva al 23%, con balzelli su tutto (auto a metano comprese) e con investimenti stranieri solo nei maxi-appalti per tre termovalorizzatori vinti dalla tedesca Siemens.
Di contro, in replica a Schaeuble, Tsipras chiudendo la maratona elettorale con il comizio di piazza Omonia, ha detto che non rispetterà accordi firmati dai suoi predecessori perché «il nostro partito rispetta gli obblighi che derivano dalla partecipazione della Grecia alle istituzioni europee, ma l'austerità non fa parte dei trattati di fondazione dell'Ue». Come dire che, nonostante la possibilità di rientrare nel maxi acquisto di bond della Bce, con però gran parte del rischio poggiato sulle deboli spalle della Banca centrale Greca, secondo Tsipras la soluzione alla crisi sistemica dell'euro non si trova nelle stesse istituzioni che tentano di salvarlo, ma altrove. E lunedì spiegherà dove. Sperando che il tutto non si risolva solo in una strofa di «Bella Ciao», cantata a squarciagola nelle notti ateniesi pre urne.
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qui Atene: a spasso nei vicoli di piazza Omonia dove si aspetta il cambiamento

Dal Fatto Quotidiano del 24/1/15

Puzza di povertà e degrado la zona di piazza Omonia ad Atene. Lì, a dieci minuti a piedi dal Parlamento, dal centro frequentato dai turisti e dai bei negozi italiani, dalle salite che, come tratturi immaginari, si inerpicano fino alla magia dell’Acropoli. Lì, e solo lì, si osserva dal vivo come bruciano le ferite della capitale ellenica e di un Paese intero. Su quelle ferite ecco il sale delle promesse farlocche che in questa campagna elettorale molti, forse troppi, hanno fatto. Taglieremo le tasse, assicureremo nuovi posti di lavoro, rifonderemo la sanità, accoglieremo i senza tetto e i bisognosi. Peccato che a pronunciare queste parole, siano stati gli stessi che due anni fa hanno siglato il memorandum con la troika, coloro che da trent’anni hanno annientato ogni giorno un Paese e la sua storia sacra, che hanno offeso millenni di cultura e di progresso scientifico con villanerie e ruberie. E che hanno elevato le tasse al cubo, pensando che qualche balzello, da solo, potesse risolvere un problema molto più complicato che si chiama Europa.
Tra piazza Omonia e la sede di Syriza, in piazza Koumoundorou, scorgo tanti vicoli fantasma. Li percorro per vedere e capire. Fino a ieri, così come nella splendida Plaka, erano popolati da negozietti greci, da artigiani e calzolai intenti a confezionare i sandali in cuoio tanto di moda nelle isole. Oggi mi imbatto invece in un paio di discount cinesi, che vendono biancheria a un euro a pezzo, in qualche market deserto e in una cinquantina di serrande abbassate con la scritta “politai” (si vende). Ad un angolo due chochard giocano a carte, uno di loro urla i numeri in un quasi italiano. Scopro che stanno incredibilmente giocando a scopa, accanto ad una bottiglia ormai vuota di un qualcosa di alcoolico. Dopo qualche metro, un centro per tossicodipendenti fa quel che può per aiutare chi non ha più una meta. Circumnavigo la piazza, facendo rotta verso Syntagma. Mi spingo fino a Monastiraky, a un tiro di schioppo dall’Acropoli che, complice un sole insperato, domina la capitale delle mille ansie, dove tra poche ore regnerà ilcaos, tra telecamere e taccuini.
L’Acropoli, come sempre, toglie il fiato. Turisti in shoorts, famiglie a caccia di souvenirs, camerieri alle prese con l’inglese e l’immancabile tassista che mi fa l’occhiolino: “Una faccia una razza, vuoi un passaggio?”, chiede. “No, grazie – rispondo – voglio camminare, come da molti anni faccio qui, per vedere e capire”. Scendo passando dal nuovo Museo dell’Acropoli, per tornare all’altezza del Zappeion, dove domani si accomoderanno circa 400 inviati da tutto il mondo. Entro nei giardini nazionali del Tempio di Zeus, ma il parco archeologico è appena chiuso nonostante siano appena le 3 del pomeriggio. “Non ci sono dipendenti – mi spiega Iorgos, della polizia archeologica – ed io in questi mesi sono costretto anche a lavare i bagni. Potrei non farlo, ma ho deciso di dare una mano alle antichità del mio Paese”.
Si definisce un patriota della cultura ellenica, che sta andando in malora perché nessuno studia più anche a causa di una crisi che, da economica, si è fatta sociale e culturale. Ma lui ha deciso di fare qualcosa per la sua città e organizza corsi improvvisati di pittura e disegno all’interno del parco per tutti: disoccupati greci, operai pakistani, spacciatori maghrebini.
Iorgos e le meraviglie del tempio di Zeus sono come la povertà e il disagio di piazza Omonia. Due facce della stessa medaglia. Mentre la prima si presenta all’esterno come luccicante di storia e profumata di turisti che pagano per entrarvi, il secondo puzza di povertà, tra derelitti e negozi ormai morti. Ma ad accomunarle ecco il disagio a cui rimediare con una tonnellata di buona volontà di cittadini che si sostituiscono allo Stato. Sono loro i veri vincitori di queste elezioni.
Atene
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Elezioni in Grecia, ecco in pillole i programmi dei partiti

Tutti promettono la fine dell’austerità. E’ l’unico (e controverso) punto in comune che hanno i partiti greci, che si presenteranno alle urne il prossimo 25 gennaio, ma nella consapevolezza che il difficile sarà proprio spiegare con quali risorse affrontare il futuro per il Paese che nel 2011 ha dato avvio al crack nel vecchio continente. A poche ore dalle decisione della Bce di dare avvio al cosiddetto quantitative easing, ecco una road-map di programmi e strategie.
SYRIZA
Non più sorpresa come nel 2012 (quando passò in un anno dal 3% al 23%), il partito guidato dal giovane Alexis Tsipras, maggiore indiziato alla vittoria finale, punta ad una rinegoziazione delmemorandum firmato con la troika. In questi due anni di opposizione al governo di larghe intese conservatori-socialisti ha ammorbidito le posizioni anti euro, rassicurando i cittadini ellenici che il loro futuro sarà ancora nella moneta unica, ma con un diverso approccio. Primo, fermare l’emorragia sociale che ha colpito i ceti meno abbienti del Paese: propone il ripristino dellatredicesima per salari e pensioni fino a 700 euro, sanità gratis per i più poveri, il taglio del 60% dell’attuale debito ellenico (280 miliardi di euro più interessi) e la sua trasformazione in un mega bond da restituire solo quando il paese accuserà una crescita del 3%. Inoltre chiedono l’assegnazione delle frequenze televisive da parte dello Stato solo dietro il pagamento di un canone, cosa che in Grecia non esiste, e la cittadinanza per gli immigrati che, copiosi, si sono riversati nel Paese: circa due milioni su una popolazione complessiva di undici milioni. E al termine della maratona elettorale finale culminata nel comizio di piazza Omonia, ha detto che non rispetterà accordi firmati dai suoi predecessori perché “il nostro partito rispetta gli obblighi che derivano dalla partecipazione della Grecia alle istituzioni europee, ma l’austerità non fa parte dei trattati di fondazione dell’Ue”.
NEA DIMOKRATIA
Meno spesa pubblica, più riforme amministrative legate all’introduzione della tecnologia, giustizia più leggera e rapida, progressivo alleggerimento della pressione fiscale (aliquota dal 43 al 33% per i cttadini, e dal 23 al 15% per le imprese). I conservatori al governo, dati al secondo posto dai sondaggi con un ritardo di 4-5 punti da Syriza, da un lato annunciano di poter fare a meno della troika insistendo autonomamente sulla strada delle riforme, ma dall’altro sposano una nuova austerità tassando anche le auto a metano. Ciò ha portato a mancate entrate fiscali per circa un miliardo al mese per l’intero 2014: ed è la ragione per cui la troika aveva subordinato l’elargizione della tranche da 7 miliardi lo scorso dicembre al raddoppio della tassa per le strutture turistiche e al licenziamento nel pubblico impiego. Ma si è giunti alle urne un anno e mezzo prima del previsto, perché proprio i conservatori hanno anticipato l’elezione del Presidente della Repubblica (prevista originariamente per marzo) al dicembre scorso. E, dal momento che la terza fumata è stata nera, secondo Costituzione il Parlamento è stato sciolto. Plaudono alla decisione del QE targato Bce e accusano Tsipras di aprire “l’ombrello proprio ora che da Bruxelles pioveranno denari”.
POTAMI
Il Fiume è il movimento nato alle sorse europee per volontà del giornalista televisivo StavrosTheodorakis (che fa campagna elettorale con un minivan e una tenda da campeggio), dato come terzo partito al 7%, assieme ai nazionalisti di Alba dorata. Nel maggio scorso in appena quaranta giorni raggiunse la soglia minima del 4% esprimendo un eurodeputato grazie ad un vademecum secco e concentrato su una nuova immagine, più sobria, del Paese: sì all’euro, no ailicenziamenti di massa nel pubblico impiego (la troika ne ha imposti 15mila, ma punta ad arrivare a 30mila), riduzione del finanziamento pubblico ai partiti (massimo 200 mila euro ciascuno) per realizzare l’esenzione dell’Imu sulla prima casa (si chiama Enfia), eliminazione della possibilità di pignoramento della prima casa da parte delle banche per chi non paga l’Enfia, un’imposizione fiscale tarata su reddito e tenore di vita, eliminazione di privilegi pensionistici o fiscali per la casta politica. E anche la revoca dell’immunità parlamentare, ma senza effetto retroattivo. Il suo slogan è “la cambieremo”.
ALBA DORATA
Nonostante l’intero gruppo parlamentare (primo e unico caso nella storia dell’Ue) sia agli arresti accusato di eversione, omicidio e ricettazione e non si conosca ancora quando il tribunale stabilirà o meno il rinvio a giudizio, i nazionalisti di Alba dorata sono ancora terzo partito nel Paese dati attorno al 6-7% come nel 2012. Priorità per far rinascere la Grecia è secondo il gruppo guidato dal focoso Nikos Michalioliakos l’indipendenza nazionale, alla cui base c’è la dottrina della profondità strategica. Dal momento che il Paese dispone di gas, petrolio, bauxite, oro, argento e ferro occorrono politiche per sfruttare questi giacimenti anche in chiave geopolitica. Sei i punti economici del loro programma: nuovo welfare per controbilanciare quello che è stato distrutto dal memorandum, quindi agevolazioni fiscali per tutte le coppie che hanno più di un figlio, riduzione dell’80% del contributo statale ai partiti da destinare ai nuovi nati greci, ammortizzatori sociali per madri single e per le famiglie numerose; nazionalizzazione delle riserve energetiche, come il gas presente a Creta che secondo i dati della Deutsche Bankammonta a 427 miliardi di euro. Il tutto al fine di operare una redistribuzione dell’economia nazionale con l’obiettivo di stimolare la produzione primaria interna. Chiedono l’espulsione dalla vita pubblica politica dei condannati, la confisca dei beni ai soggetti condannati per truffa e peculato, la riduzione del 30% dei deputati e ovviamente l’eliminazione del memorandum imposto dalla troika.
KKE
I comunisti del Kke sono forse il partito più integralista di Grecia che ancora oggi tuona controNato e Ue. Dati al 5% e guidati da Dimitris Koutsoubas, che ha preso il posto della storica leader Aleka Papariga, chiedono la cancellazione unilaterale del debito, il distacco da qualsiasi forma legislativa e di rapporto con l’Unione Europea. E propongono che potere ed economia siano gestiti in solitario dai lavoratori. Come anche nelle passate elezioni, non sono intenzionati ad alcuna forma di collaborazione né con un eventuale governo di larghe intese né in alleanza con altri soggetti di sinistra, ma restano fermi su posizioni di opposizione costante.
PASOK
I socialisti del Pasok, fondato dallo storico leader Andreas Papandreou negli anni ’80 e guidati ora dal vicepremier Evangelos Venizelos, hanno compiuto il percorso inverso di Syriza, passando dal 30% del 2009 al 5% del 2014. Dati in costante caduta libera, hanno registrato l’ennesimo terremoto non solo con l’arresto per tangenti, traffico di armi, truffa e banda armata dell’ex ministro della Difesa Akis Tzogatzopulos, braccio destro per trent’anni di Papandreou prima e Kostas Simitis poi (premier fino al 2004), ma anche perché l’ex premier GiorgiosPapandreou ha dato vita due settimane fa al movimento socialdemocratico Kinima (dato al 2,5%): con il compito di contribuire alla definitiva rottura del contenitore socialista ellenico. Dopo cinque anni di misure draconiane, plaudono per il suo ritorno sui mercati e chiedono una riforma a 360 gradi della macchina statale: stato piccolo, flessibile, vicino a cittadini e imprese; semplificazione amministrativa tramite l’e-government, creazione di un meccanismo permanente di mobilità per reindirizzare le risorse ed evitare gli sprechi. Ma non una parola sul memorandum.
Fonte: Formiche del 24/1/15