venerdì 29 marzo 2013

Su Cipro un tesoro dal cielo: 5 miliardi di euro in contanti


Chi c'era ha raccontato di una scena degna del film Agente 007 Goldfinger, con un gigantesco aerocargo proveniente da Francoforte atterrato all'aeroporto di Larnaca con 5 miliardi di euro in contanti. Che una scorta armata ha sorvegliato sino alla destinazione finale: le banche dell'isola, finalmente riaperte dopo due settimane di passione. Il giorno dopo a Cipro le facce sono tirate come i primi giorni della crisi e i sospiri di sollievo pochi. Sin dalle prime ore del mattino centinaia di cittadini di Nicosia si sono presentati dinanzi agli sportelli, in religioso silenzio e in file ordinate, come per inscenare una protesta bianca. La priorità è data agli anziani e donne incinta. E quando alle ore 12 locali le porte sono state spalancate la delusione si è fatta ancora più intensa. Aperte sì, le banche, ma con restrizioni rigorose in materia di scambi e di fondi, come prescrive il decreto straordinario emanato mercoledì che attribuisce al Governatore della Banca centrale poteri straordinari (e per molti giornali «addirittura troppi per un solo uomo»). Limite massimo per prelievi di contanti fissato a 300 euro al giorno per persona, in ogni ente o una sua equivalente in valuta estera.

Ma ieri ci sono stati anche due fatti anomali: una rapina in un supermercato di Larnaca che ha fruttato solo 250 euro a un bandito armato e con il volto coperto. E un attentato incendiario contro un commerciante. «Qui non accade mai nulla - confida un agente di polizia - non vorrei che fossero i primi segni del cambiamento».

Nikos gestisce un'edicola ad Agia Napa (qui e in Grecia si chiamano periptera) e dice che questa mattina la loro associazione di categoria ha inviato una lettera ai fornitori. Chiedono di non procedere in tempi brevi a incassare i pagamenti in assegni. «In fondo vogliamo solo un po' di ossigeno in più», riflette amareggiato. E attacca: «Nell'Europa non credo più, mi convincano che ci aiutano veramente». Maria invece, una laurea in economia in Inghilterra, da oggi si aggiunge ai 56mila disoccupati dell'isola: era una dipendente della Laikì Bank, che prima sarà ufficialmente trasferita a carico della Bank of Cyprus ma un attimo dopo finirà nell'elenco degli inevitabili esuberi. Assieme agli altri 2299 dipendenti della cosiddetta «bad bank», con un buco da 9 miliardi.

Chi non si è persa d'animo, nonostante carte di credito bloccate e auto senza benzina, è Joanne Nicholas, dirigente dell'Open School di Larnaca, che annuncia una campagna di raccolta alimentare a favore dello sportello comunale per i più bisognosi. Nelle stesse ore in cui lunghe file si snodavano fuori delle banche, sottolinea, «molte altre persone hanno scelto di venire qui da noi e ci hanno portato vari alimenti, come il cibo secco, pesce in scatola, latte e noci perché non vogliono che il conto vero di questa crisi lo paghino i più poveri con la fame». Già la fame.

"Cosa ci faccio con soli 300 euro?" si chiede Xristos, agente di commercio in pensione. Ecco il risvolto della medaglia, perché se è pur vero che il piano cipriota è passato nonostante il voto contrario del Parlamento di Nicosia, ciò ha comportato uno stravolgimento unico. E le intenzioni della troika di agire per impedire il panico tra i correntisti e il massiccio prelevamento di contanti, così come accaduto in Grecia solo pochi mesi fa, si è rivelato un clamoroso boomerang. Nei primi due mesi dell'anno almeno 2,7 miliardi sarebbero volati altrove. E un canale privato dell'isola diffonde i nomi di chi, fino al maggio dello scorso anno, avrebbe avuto prestiti milionari dalle due banche al collasso: ex deputati, familiari e sindacalisti.

Fonte: Il Giornale del 29/3/13
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giovedì 28 marzo 2013

Giovane, scienziata e greca: chi ha vinto il premio Everywoman Technology 2013


Più di una corona di alloro. La donna dell’anno 2013, premio “FDM Everywoman in Technolgy Awards” è la 25enne scienziata greca Heleni Antoniadou. Il premio è attribuito ogni anno nel Regno Unito, assegnato prevalentemente a donne anziane o a scienziate britanniche. E quest’anno se l’è aggiudicato la giovanissima scienziata ellenica (nata a Salonicco) che vive sei mesi a Chicago e sei nella Silicon Valley, lavorando contemporaneamente su tre diversi progetti nel campo della medicina rigenerativa e delle nanotecnologie e che la Nasa ha scelto per frequentare la propria esclusiva accademia.

La giovane racconta che alcuni anni fa, quando per la prima volta parlava della creazione di tessuti artificiali e neuroni, tutti la guardavano con diffidenza, dal momento che erano scenari considerati ancora fantascientifici. Inizia i suoi studi in Grecia con le applicazioni in biomedicina presso la University of Central Greece, di Lamia, a pochi chilometri dalle Termopili. Tuttavia con il sostegno di suo padre procede spedita verso la sua destinazione “naturale” e nel 2008 parte per il Regno Unito: è l’inizio di un nuovo viaggio. Un anno dopo viene scelta per entrare nello staff di uno dei migliori scienziati della medicina moderna, il prof. Alexander Seifalian. Assieme ad una collega universitaria costruisce una trachea artificiale e da questa ricerca nasce una sorta di modello sperimentale per ottenere un prodotto clinico finito e commerciabile. Con quel progetto si aggiudica il primo premio all’University College di Londra. 

Dagli echi di quel risultato, in Inghilterra un 36enne malato terminale di cancro, viene a conoscenza dell’attività delle due studentesse e chiede che la scoperta venga testata su di lui. Dopo pochi mesi la sala operatoria apre le porte alla scoperta della giovane Heleni: intervento riuscito e paziente sopravvissuto. Di lì nasce l’occasione all’University dell’Illinois dove vince ben nove borse di studio. Allo stesso tempo la Nasa la sceglie nel 2012, tra 1.200 studenti, per frequentare la propria esclusiva Accademia. Oggi lavora nella divisione bioscienze, nanotecnologie ed esplorazione di Marte nella Silicon Valley. Si occupa dei cambiamenti nel sistema nervoso degli astronauti, il cui orientamento ed equilibrio sono influenzati dalla variazione della pressione atmosferica. Aggiunge di essere riuscita a creare tessuti più veloci nello spazio per mancanza di pressione atmosferica: una vera e propria rivoluzione nel settore. 

Ma i suoi studi hanno un’importantissima applicazione anche nella medicina, dal momento che, tramite quel modello, si possono riuscire a creare arterie, nervi, pelle, trachea, orecchie e naso artificiali. Sia per malati di cancro che per reduci da gravi incidenti stradali. Un plauso, dunque, ma anche un rimpianto sempre maggiore: se solo cotanti neuroni fossero impiegati nella politica della sua terra natale…

Fonte: Formiche del 28/3/13
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mercoledì 27 marzo 2013

E se a Cipro i conti della Troika non tornassero?


La notizia dell’accordo sul 40% come percentuale di haircut per i depositi superiori ai 100mila euro non muta di un virgola gli scenari che si stanno già minacciosamente aprendo dopo il memorandum “salva Cipro”, che qualcuno ha ribattezzato “ammazza Pigs”. Al di là di chi presta i soldi a chi e, soprattutto, di come evolverà (o peggiorerà) il panorama geopolitico che corre sul triangolo del gas Berlino-Mosca-Ankara, nessuno fino ad oggi si è interrogato realmente su un punto fondamentale: cosa accadrebbe se si dovesse ottenere meno dei 5,8 miliardi richiesti dalla troika? O se si scoprisse che i depositi preventivati su cui applicare il taglio sono inferiori alle aspettative? A quel punto da dove si prenderebbero i danari che la troika chiede per sbloccare la tranche da dieci miliardi di euro?

Il debito pubblico degli europei

Oggi l’Economist, nel descrivere il provvedimento, certifica come Cipro sia il quarto Paese (o quinto, se si calcola l’assistenza alle banche spagnole) che si indebita con l’Unione. E calcola che, secondo i dati proporzionati alla popolazione di ogni Paese, ogni cittadino greco deve ai creditori 21.657, ogni spagnolo 2.170, ogni portoghese 7.306, ogni irlandese 14.989 e ogni cipriota 12.500 euro. Singolare che i cittadini di Cipro debbano contribuire per la metà dei greci, nonostante attendano 10 miliardi (e non i 250 inviati ad Atene), anche se contano una popolazione di sole solo 700mila unità, rispetto agli undici milioni di ellenici.

La boutade di Dijsselboem

Per cui non si può che definire pericolosa la boutade a borse aperte (poi smentita a borse chiuse) del leader dell’Eurogruppo Dijsselboem sul modello Cipro “standard” da esportare anche in occasione di altre crisi, che segue il conteggio del manager della Commerzbank che qualche giorno fa guardava con insistenza anche ai conti correnti italiani.

Le parole di Juncker
Oggi ci pensa il suo predecessore Juncker a fare un po’ di chiarezza. In un’intervista all’emittente tedesca Phoenix, Juncker ha elogiato gli Stati membri per l’accordo finale ma ha osservato che “è importante che abbiamo messo in chiaro che i membri dell’euro rimangono uniti e nessuno lascia”. Aggiungendo che la soluzione trovata prevede “sacrifici notevoli per i ciprioti stessi”, e concorda sul fatto che Cipro deve cambiare l’economia e ricostruire il sistema bancario, senza dimenticare che “è dovere dell’Unione offrire assistenza a Cipro in aiuti diretti”.

In arrivo la modifica della garanzia sui depositi assicurati?

Forse per questo il commissario europeo al mercato interno, Michel Barnier, ammette di non escludere la modifica alla direttiva Ue sulla garanzia dei depositi per meno di 100.000 euro, anche per consentirne l’utilizzo per i salvataggi bancari futuri. Choccando con queste parole tutti, tranne chi nella troika fin dall’inizio non ha scommesso un solo euro.

Fonte: Formiche del 26/3/13
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lunedì 25 marzo 2013

La nuova guerra fredda per il gas di Cipro


Non è fantapolitica immaginare, nelle sottili trame del salvataggio cipriota e dall’accordo saltato con Mosca, il rischio di frizioni di carattere geopolitico che potrebbero innescarsi (o forse che sono già in pericoloso stato avanzato) a Cipro, stretta nella cosiddetta “morsa del gas” dal triumvirato Berlino, Mosca, Ankara. Con gli Usa spettatori non troppo distanti, nonostante il silenzio di questi giorni. Nel mar Egeo c’è molto gas, stimato da alcuni analisti in almeno 50 miliardi di euro come volume complessivo di affari. Numeri troppo ghiotti per restare solo sulla carta. Complice il quasi default greco dello scorso anno, Atene si è impegnata con Germania e Turchia per estrarre il prezioso gas e utilizzarlo per coprire i debiti. Ma c’è un problema, riguardo alla metratura e ai modi. Non sono mancate rivendicazioni, pretese e veti. Il caso Cipro acuisce una criticità già innescata almeno da un biennio.

La posizione di Ankara
Ankara “apre le danze” con una dichiarazione che, se non è di guerra, vi si avvicina pericolosamente. Il ministro degli Esteri in una lunga nota ufficiale descrive come “fantasia” l’idea che le risorse naturali di Cipro possano essere utilizzate come garanzia nel Fondo di solidarietà. Che nessuno proceda “senza tener conto dei diritti dei turcociprioti coproprietari dell’isola – aggiunge – sarebbe una pericolosa manifestazione di fantasia e potrebbe portare a una nuova crisi nella regione”. E ancora: “La parte turcocipriota ha inviato due appelli ai greco-ciprioti nella parte grecocipriota per una distribuzione equa delle risorse naturali, il 24 settembre 2011 e 29 settembre 2012, ma la parte grecocipriota finora non ha comunque risposto positivamente. La crisi economica non può essere vista come un’opportunità per creare un fatto compiuto”.

Le pretese turche
Nonostante il dibattito aperto su cosa significhi “coproprietari”, (dal momento che hanno invaso l’isola) il ministro ribadisce che la parte turca è fortemente impegnata a difendere i diritti e gli interessi della sua piattaforma continentale, inclusa la conservazione del supporto proprio sul lato turcocipriota. Il 47% del territorio dell’isola infatti è presidiato sin dall’invasione del luglio 1974 da 50mila militari turchi che si spinsero a Cipro in risposta a un tentativo di golpe greco, ma poi vi rimasero stabilmente. E oggi pretendono di non essere tagliati fuori dallo sfruttamento dei giacimenti sottomarini, tema sul quale lo scorso novembre Nicosia ha però raggiunto un accordo di massima con Tel Aviv per un’azione congiunta di esplorazione. 

Ma poi è arrivato il quasi crac delle banche, l’accordo saltato con Mosca che prevedeva anche un sostanziale impegno pluriennale sul gas, gli inserimenti delle diplomazie statunitensi e tedesche, il nodo del gasdotto South Stream su cui Gazprom ha ancora da dire qualcosa.

Il nodo della questione. 
E mentre il Die Welt, commentando l’accordo notturno dell’Eurogruppo, parla di “metodo rivoluzionario per le istituzioni finanziarie”, in pochi si accorgono che fra le briciole (rispetto al pil cipriota) del maxi prestito accordato dalla troika, si potrebbe nascondere il vero obiettivo di questa partita. Che è solo all’inizio.

Fonte: Formiche del 25/3/13
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Cipro, via libera al salvataggio: salvi i depositi sotto 100mila euro


“Abbiamo evitato un fallimento disastroso“, commenta il ministro delle Finanze cipriota Sarrys quando l’alba non è ancora spuntata a Bruxelles. I volti sono tirati, l’Eurogruppo ha sì concesso il maxiprestito da 10 miliardi di euro per salvare Cipro ma, mai come in questa occasione, il club dell’Unione europea è stato vicinissimo allo scioglimento. Il Presidente della Repubblica Nikos Anastasiadis, ad un certo punto, ha sbuffato e rivolgendosi ai suoi interlocutori (Lagarde, Scheauble, Draghi) ha detto: “Vi faccio una proposta e non la accettate, ve ne presento un’altra ma è lo stesso. Cosa volete che faccia, che mi dimetta? Nessun problema”. In quei frangenti è anche circolata l’ipotesi che il suo testimone potesse essere raccolto dal capo della Chiesa di Cipro, l’Arcivescovo Chrysostomos II, che in quel caso avrebbe ripercorso gli stessi passi compiuti quarant’anni fa da Makarios, leader della chiesa e primo capo di stato dell’isola finalmente indipendente. Solo dopo quattro ore di trattative serrate con la troika la delegazione cipriota ha fatto ingresso nella sala dove nel frattempo era già iniziato senza di loro l’Eurogruppo.

Il nodo è per i depositi superiori a 100mila euro, si parla anche di un “haircut” tra il 29% e il 32%, piaccia o meno ai russi, avrebbe sussurrato più di un partecipante all’Eurogruppo, dopo che la troika si era addirittura spinta a proporre il 60%. Per questo oggi il quotidiano cipriota Fileleftheros titola “Thriller con racket”, per via del gioco di ricatti e veti che per quasi dodici ore è andato in scena a Bruxelles. La prima reazione a Nicosia è stata una bomba fatta esplodere nella città marittima di Limassol contro una sede della Bank of Cyprus: molti danni ma nessun ferito.

I punti chiave dell’accordo prevedono la liquidazione immediata della Laikì Bank, divisa in “bad bank” e “good bank”; la Bce fornirà la liquidità necessaria alla Bank of Cyprus; indenni i depositi sotto i 100mila euro; solo i depositi non assicurati rimarranno congelati fino a quando non si procederà alla ricapitalizzazione; quest’ultima coinvolgerà i depositi non assicurati dei titolari di azioni e obbligazioni; la misura non dovrà passare al vaglio del Parlamento cipriota, che qualche giorno fa ha già votato un ddl straordinario che attribuisce poteri eccezionali al governatore della Banca centrale. Il versamento della prima tranche del prestito dovrebbe avvenire entro due mesi, ha detto il capo del meccanismo europeo di stabilità (Esm), Klaus Regklingk: “Dovremmo essere in grado di fare la prima erogazione ai primi di maggio”. Prima però la troika sarà chiamata a determinare i dettagli tecnici. L’accordo raggiunto sulla ristrutturazione delle due maggiori banche di Cipro può procedere “senza ulteriori ritardi” grazie ad un testo di legge recentemente approvato dal Parlamento a Nicosia, ha aggiunto il presidente dell’eurogruppo, l’olandese Jeroen Dijsselbloem.

Lapidario il commento di Anastasiadis: “Non solo una battaglia vinta, ma credo che si sia evitato il rischio prevedibile di una catastrofica uscita dalla zona euro“. L’obiettivo, da domani, è quello di ottenere stabilità macroeconomica, riformare il settore bancario, la disciplina fiscale. Nessuna certezza, ha aggiunto Sarrys, sulla data di riapertura delle banche nell’isola. Il ministero delle Finanze ha confermato che la liquidità di 9,2 miliardi sarà trasferita alla Banca di Cipro grazie all’impegno diretto della Bce. Alla domanda circa il coinvolgimento di fondi pensione appartenenti ai clienti della Banca di Cipro per importi superiori a 100.000 euro, Sarrys ha risposto che i depositi (indipendentemente da chi li ha generati) saranno convertiti in azioni, e i nuovi proprietari delle banche saranno principalmente gli azionisti attuali. 

Ha aggiunto che i fondi di previdenza hanno una propria politica di investimento che prevede la partecipazione al capitale nelle banche, “che è anche un modo per contribuire alla stabilizzazione del sistema”. E il Financial Times scrive che alcune banche estere starebbero già premendo per accaparrarsi i depositi dei russi a Cipro. Pare che approcci indicativi siano già giunti da paesi come Andorra, Germania, Lettonia e Svizzera. Forse la crisi è solo all’inizio.

Fonte: Il Fatto Quotidiano del 25/3/13
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domenica 24 marzo 2013

Vi spiego perché il piano salva Cipro è una follia


“Non è solo la perdita della sovranità nazionale, quanto che una maggiore dipendenza economica conduce inevitabilmente ad una sottomissione e una vulnerabilità estrema”. E’ la diagnosi di Nikos Koutsou, deputato cipriota del Partito europeo, che spiega le motivazioni che l’hanno condotto a votare contro il piano proposto dal governo che di fatto sottolinea come un intero sistema sia ormai insostenibile.“Siamo stati intrappolati in un circolo vizioso, in cui finiremo per avere sempre più bisogno del supporto della troika”. Il riferimento è a un modello standard di rapporti finanziari che si instaura tra Stati membri in difficoltà economiche e triumvirato Bce, Fmi e Ue che non risolve a monte la criticità. In quanto cura il debito con altri debiti che non potranno essere verosimilmente ripagati, come il caso Grecia sta lì a dimostrare in tutta la sua interezza. E lo definisce un disegno di legge “per abolire la nostra Costituzione, che viola il diritto europeo in quanto le banche rubano i depositi dei cittadini per coprire i loro deficit finanziari”. Per rafforzare il proprio pollice verso sollevato due notti fa nel Parlamento cipriota, aggiunge che si è creata una pericolosa concentrazione di poteri nelle mani del Governatore della Banca Centrale, che in virtù del ddl  diventa una vera e propria superpotenza. 

“Si legalizza il furto di depositi pubblici da parte dello Stato europeo, una mossa progettata per salvare le banche, dal momento che molti pareri legali sostengono che non saranno affatto praticabili i meccanismi di rimborso per i correntisti” che il Presidente della Repubblica ha assicurato invece  entrerebbero in funzione. “Nei fatti manca la volontà politica da parte del memorandum di aprire vie di fuga alternative che non siano quelle del piano”. Koutsou cita la perdita di sovranità nazionale attraverso la colonizzazione finanziaria della Troika, la perdita di credibilità di negoziazione e il fatto che questo sostegno al sistema bancario sia disciplinato da un approccio unidimensionale che si concentra solo sulla redditività delle banche. Per questo invita il Presidente Nikos Anastasiadis a trattare ancora con la Russia per trovare una strada alternativa alla troika e lo sollecita a chiarire se il nodo della questione sia solo bancario o anche energetico e, quindi, geopolitico. 

“L’attuazione del disegno di legge nonostante il mio voto contrario mi fa complice del crimine commesso contro l’ellenismo cipriota”.Curioso che, nonostante le evidenti posizioni anti troika, Koutsou abbia in comune nientemeno che con il ministro delle finanze tedesco Schaeuble, un dato incontrovertibile: “Il sistema cipriota non è sostenibile”, come ha certificato questa mattina l’impassibile Wolfgang dalle colonne del Welt am Sonntag. Peccato che nessuno proponga la ricetta giusta.

Fonte: Formiche del 24/3/13
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venerdì 22 marzo 2013

Cosa si sta inventando Cipro per salvarsi dalla Merkel


L’ultimo tentativo. Disperato e arrembante di ottenere uno spiraglio da quell’Europa in cui, i cittadini di Cipro, ormai non credono più. In queste ore il Parlamento di Nicosia è chiamato a votarlo, nonostante questa mattina la cancelliera tedesca abbia già espresso forti riserve in merito.
Il governatore della Banca centrale Panicos Demetriades, nel presentarlo, assicura che i depositi sotto i centomila euro non saranno tassati e assicura di aver creato le condizioni per il recupero del sistema bancario e la garanzia di occupazione, anche se di fatto dalla chiusura della Laikì Bank, confluita in quanto bad nella Bank of Cyprus, sono rimaste disoccupate 2300 persone.

Il piano
Nove articoli saranno posti in votazione nelle prossime ore con le seguenti voci: istituzione del Fondo di Solidarietà Nazionale; imposizione di misure restrittive sul commercio in caso di emergenza; consolidamento di enti creditizi; nuova legge bancaria; modifica al credito d’imposta speciale; istituzione e funzionamento del sistema di tutela dei depositi e consolidamento degli enti creditizi; funzionamento del Fondo di Tutela dei Depositi e consolidamento di altri istituti di credito “pericolanti”; modifica delle società cooperative. A questi articoli di base si aggiungono le proposte del Ministero delle Finanze per i tre disegni di legge:

1) Costituzione del Fondo nazionale di solidarietà
Lo scopo del progetto di legge è collegato, data l’emergenza in cui la Repubblica di Cipro versa, all’imminente pericolo di crollo del sistema finanziario. Per questo si crea un “Fondo nazionale di solidarietà”, il cui scopo è quello di finanziare, assistere, promuovere, ricapitalizzare gli istituti che finanziano, di fatto, lo Stato. Le entrate del Fondo potranno provenire dallo sfruttamento degli idrocarburi, delle obbligazioni e da altri titoli.

2) Misure restrittive nel commercio: legge di emergenza del 2013
La situazione molto critica che si è creata e il probabile deflusso significativo dei depositi hanno messo a rischio gran parte delle banche. Si introduce un sistema bancario d’emergenza. Il disegno di legge è stato preparato dalla Banca centrale di Cipro, in collaborazione con il Ministero delle Finanze e con il consenso del Troika in queste ore a Cipro. Si conferiscono al ministero delle finanze poteri speciali e si vietano ai cittadini e alle imprese prelievi e movimenti bancari di qualsiasi tipo. In atto misure restrittive, comprese le restrizioni ai movimenti di capitali, per motivi di ordine pubblico e di sicurezza pubblica, al fine di garantire la stabilità finanziaria.

3) Il consolidamento del Testo Unico Bancario del 2013
Lo scopo di questa legge è quello di attuare provvedimenti di risanamento dalla Banca centrale di Cipro, garantendo la promozione dell’interesse pubblico. L’autorità di risoluzione assicura che qualsiasi danno dovesse essere subito dal danneggiato con l’attuazione dei provvedimenti di risanamento in questione, verrà coperto dallo Stato.

Fonte: Formiche del 22/3/13
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A Cipro il giorno dell'ira: "Meglio i russi dell'Ue che ci lascia in mutande"


Nel giorno in cui in Grecia viene portata alla luce la storica tomba di Filippo di Macedonia e di sua moglie Euridice (scoperta nella città di Aiges dall'archeologa Angeliki Kottaridi) a Cipro i cittadini scoprono invece la paura di restare sì nell'euro ma fuori da canoni di vita accettabili.

In molti iniziano a sussurrare, non più a bassa voce, di preferire i russi alla troika, e non per una questione di mera simpatia politica. «Con gli aiuti europei dicono di volerci salvare, ma poi restiamo in mutande» urla Haris, uno dei manifestanti riunitosi fuori dal Parlamento e dal palazzo presidenziale di Nicosia, dove ieri sono scoppiati scontri con la polizia mentre all'interno il presidente Anastasiadis illustrava il piano B a partiti e banchieri. Alcuni anni fa Haris ha acquistato obbligazioni con la sua liquidazione, un attimo dopo essere andato in pensione. E oggi rischia di perdere tutto. «Almeno i russi non ci impongono sacrifici né toccano i nostri risparmi» è la vulgata sempre più ricorrente.

Haris ne conosce molti di (presunti) oligarchi. È arrivato di buon ora nella capitale per manifestare assieme a trecento persone, ma vive nella marittima Limassol, nella parte meridionale dell'isola, dove il lungomare è stato ribattezzato Limassolgrad. Il perché è presto detto: ristoranti e locali che hanno bene in evidenza nomi in russo, i menù sono in caratteri cirillici, yacht di tutte le taglie ancorati in bell'evidenza. Il figlio di Haris si occupa della manutenzione di uno di quei bolidi del mare e fa un ragionamento tanto semplice quanto scomodo: «Ma se la coppia Merkel-Schaeuble vuole davvero moralizzare l'Unione come dice, perché iniziano proprio da qui e non dal Lussemburgo? E poi, che prove anno su chi investe da noi?».

E già, perché la partita non si gioca solo nelle «eurostanze» dei bottoni, ma soprattutto a Mosca e a Cipro, dove al largo delle coste dell'isola da un paio di giorni stazionano due fregate militari della marina russa. Non si sa mai, si giustifica Haris, convinto che quella dell'euro sia stata solo una follia. Da queste parti ai cittadini, che martedì potrebbero restare completamente a secco di contanti, non interessano più dichiarazioni ovattate di questo o di quel leader, o le promesse della Commissione europea che per tanti anni sull'occupazione turca ha pensato bene di rimanere in silenzio. Per le strade di Nicosia sono in molti ad aver apprezzato invece le parole del primo ministro russo Medvedev, che a proposito dell'iniziativa dell'Ue di voler tassare i conti correnti ha parlato di un elefante in gioielleria. «Ah, se ci fosse ancora il presidente Christiofias...» ammette Loukas. Lo stesso presidente che un mese fa aveva annunciato in lacrime il suo passo indietro e prima di decidere di non ricandidarsi era stato anche oggetto di un attentato incendiario, con una bomba ritrovata nel giardino della sua abitazione nella capitale. Qualcuno teme che gli eventi finanziari degli ultimi giorni non siano affatto casuali e che l'ex capo di Stato avrebbe potuto essere un interlocutore migliore di Anastasiadis che oggi ne ha raccolto il testimone.

«Siamo uomini in carne e ossa, non numeri», ammette orgogliosa Agatha, studentessa di archeologia bizantina che rischia di dover abbandonare gli studi se la situazione economica dovesse peggiorare. Il suo slogan incarna alla perfezione il sentimento di tutti i ciprioti, sì mansueti ed educati, ma niente affatto rinunciatari e molto tenaci, altrimenti come avrebbero resistito a invasori che ancora occupano il 47% della loro terra? Per questo non si danno per vinti e, nonostante il caos che potrebbe portarli fuori dall'eurozona, organizzano una mostra di icone per il 6 aprile, centesimo compleanno di Makarios III, arcivescovo della Chiesa ortodossa di Cipro e, dal '60 al '77, primo presidente della Repubblica dopo l'indipendenza politica. L'arte come una possibile risposta alla crisi: perché, rivendicano, «non vogliamo morire di spread».

Fonte: Il Giornale del 22/3/13
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Cipro: un piede fuori dall’euro. Mosca rifiuta il gas per non litigare con Ankara


Chi pensava che l’Europa rischiava di finire morta e sepolta con il crac greco si sbagliava di grosso. Potrebbe esplodere in queste ore a Cipro, dove il disegno di legge giunto in tarda serata in Parlamento di fatto commissaria correntisti e cittadini in nome dell’emergenza nazionale. E lascia l’isola da sola a far fronte ad una crisi ormai irreversibile.

I settecentomila cittadini (europei) della Repubblica di Cipro sono disperati: nessun accordo raggiunto con la Russia, Berlino rifiuta il piano B partorito ieri dalle menti governative filomerkeliane, la Turchia minaccia (ancora) ritorsioni sui giacimenti sottomarini senza ammettere di non avere diritto a pretendere nulla, dal momento che dal ’74 occupa abusivamente la parte settentrionale dell’isola. Cos’altro? Lunghe file da questa mattina nei supermercati dell’isola, dove i pochi bancomat che sputano ancora denaro hanno il limite di 260 euro e i benzinai iniziano a fare il pieno solo a chi paga in contanti.

La situazione è al collasso. La cancelliera Merkel durante il discorso sulla nazionalizzazione dei fondi chiude al piano B relativo ai fondi pensione: al ministro delle finanze teutonico Schaeuble non convince per nulla e questo basta per un nein dal sapore definitivo. “Ci vogliono schiacciare” è il titolo maggiormente usato oggi dai quotidiani ciprioti. Nuovo rinvio del voto parlamentare a Nicosia in attesa, non tanto di chiarimenti da Berlino e Mosca, quanto di un vero e proprio miracolo.

Manifestanti protestano dalle prime ore del giorno in Parliament street, con slogan strazianti: “Ridateci i nostri soldi, con quelli potremmo combattere la dittatura dell’Europa” urla un anziano signore con in mano un vecchio registratore da cui provengono le note di una marcia nazionale molto famosa a queste latitudini, perché era intonata nei giorni dell’occupazione turca. Molti sono dipendenti della Laikì Bank, definita bad per poterla chiudere e crearne una “buona”: mossa che però non risolve il buco all’origine, perché si attinge dai fondi pensione (con il rischio di fare il bis del pasticcio greco). Secondo i calcoli la banca è stata chiusa con in cassa depositi per 8 miliardi. Di cui 3 sono degli stranieri e 5 ciprioti. Come dire che chi aveva il malloppo a Cipro ha già messo tutto al sicuro, mentre sono gli isolani a pagare il conto più salato. E restano disoccupati ben 2300 dipendenti.

Intanto alla Camera sono giunte le due proposte di legge di questo “skedio” di emergenza su cui i deputati saranno chiamati ad esprimersi. La prima istituisce un fondo speciale con risorse che provengono da redditi dello Stato per lo sfruttamento degli idrocarburi, delle obbligazioni o titoli. Ma il nodo è che c’è una nota ufficiale della Turchia che non concederà lo spazio marino dinanzi alle proprie coste, anche se è di fatto di proprietà cipriota, perché la fantomatica Repubblica Turca di Cipro Nord è riconosciuta solo da Ankara, ma non dall’Onu né dalla comunità internazionale. La seconda istituisce misure restrittive in materia di commercio in caso di emergenza: significa che si preparano al peggio.

Su raccomandazione del governatore della Banca centrale, è stata impostata la dichiarazione del Ministero delle Finanze da usare nei giorni festivi o speciali (come in caso di fuga o espulsione dall’eurozona), con l’introduzione delle linee guida che regolano i parametri di funzionamento del sistema bancario in caso di emergenza. Il disegno di legge straordinario prevede nel dettaglio: restrizioni al prelievo di contanti; divieto di risoluzione anticipata del deposito; rinegoziazione obbligatoria dei depositi alla scadenza dei termini; divieto o limitazione all’apertura di nuovi conti; conversione dei depositi in conti correnti; divieto o restrizione sulle transazioni senza contanti; restrizioni all’uso di carte di debito, di credito o prepagate; divieto o limitazione nell’incasso di assegni; limitazione delle operazioni interbancarie o transazioni all’interno della stessa istituzione; limitazione sulle transazioni con enti pubblici; restrizioni alla circolazione dei capitali, pagamenti e trasferimenti; e, dulcis in fundo, ogni altra misura restrittiva che il ministro o il governatore riterrà opportuno. Se non è un colpo di stato, poco ci manca.

Intanto al termine del tiratissimo vertice fiume a Mosca si è sfiorata la crisi diplomatica. Per quanto riguarda il prolungamento dei termini del prestito di 2,5 miliardi concesso nel 2011 a Nicosia da Mosca, la Russia “si aspettava una decisione dei creditori internazionali per valutare la partecipazione in una eventuale ristrutturazione di debito”, aveva dichiarato Anton Silouanof alle agenzie di stampa russe, un attimo prima di sedersi accanto al suo omologo cipriota. Che alcuni minuti dopo precisava: “La nostra proposta è la seguente – diceva Sarrys – Una società ad hoc raccoglierà le attività dei giacimenti sottomarini“. Per questo aveva invitato come extrema ratio gli investitori russi a partecipare. Ma dopo la riunione ecco la delusione: “Gli investitori, dopo aver esaminato queste proposte, non hanno manifestato il loro interesse”, ha poi spiegato il ministro delle finanze russo. Spegnendo i sogni ciprioti di essere salvati da uno dei loro partner “coloniali”. Ed alimentando le indiscrezioni secondo cui, se Mosca avesse accettato in cambio della liquidità “salva-Cipro” i diritti per lo sfruttamento del gas sottomarino, si sarebbe aperto un fronte di scontro con la Turchia: cosa che neanche gli americani auspicherebbero.

Fonte: Il Fatto Quotidiano del 22/3/13
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giovedì 21 marzo 2013

Fermiamo la guerra della Germania a Cipro


“Mi auguro che qualunque governo nasca in Italia, abbia il coraggio di dire ciò che né Grecia né Cipro hanno detto – osserva Dimitri Deliolanes, da trent’anni corrispondente in Italia della tv di Stato ellenica Ert – ovvero che la linea politica tedesca sta distruggendo l’Europa”. 

La proposta europea non è in contrasto con il principio continentale della libera circolazione di capitali?
E’ in contrasto con qualsiasi concetto di buon senso e di ragionevolezza. Abbiamo a che fare con gente che non si sa se è tanto furba da risultare poi imbecille, o se tanto imbecille da pensare di mascherarsi solo da furbi. In svariate occasioni il ministro tedesco Schäuble ha ribadito che Cipro non è sistemica, per cui la possibilità di un suo fallimento sarebbe tranquillamente assorbita dall’eurozona. Invece a borse aperte registriamo la proposta choc. L’Unione ha bisogno di una svolta radicale, contrariamente non potrebbe andare avanti.

Dopo aver salvato a suon di miliardi Grecia (ben 240), Spagna e Portogallo, ora la doccia fredda su Cipro per una cifra ben inferiore: un preciso messaggio da parte della Germania?
Siamo dinanzi a una guerra tedesca contro un piccolo Paese, per ragioni di concorrenza finanziaria. Dopo l’invasione turca, Cipro negli ultimi 30 anni ha basato la propria economia sull’intermediazione finanziaria, oltre che sul turismo, perché per un Paese piccolo e con poche risorse le strade da seguire erano poche. C’è riuscita, ma adesso il Paese più forte dell’eurozona, senza vergogna, si permette di scatenare una guerra frontale.

Su Twitter hai appena scritto che ti stupisce il silenzio italiano per le mostruosità tedesche: troppo occupati con movimenti e poltrone?
Le elezioni italiane dimostrano che in un Paese importante dell’Ue, che non è come Grecia o Cipro, la stragrande maggioranza dell’opinione pubblica ha capito perfettamente che il gioco dell’austerità tout court non porta ad alcun sviluppo per i cittadini, ma fa arricchire solo quelli che sono già ricchi. Mi piacerebbe che il nuovo governo, qualsiasi esso sarà, abbia il coraggio di fare quello che purtroppo né la leadership greca né quella cipriota hanno fatto: far presente al ministro Schäuble che se insisterà su questa strada resterà isolato. E replicare al bluff tedesco con un controbluff, per far comprendere una volta per tutte che la loro ricchezza esiste in quanto esiste l’intero edificio del continente: importante e da preservare. Se poi è disposto a farlo saltare in aria, trasformandolo in strumento imperiale per i tedeschi, noi non ci stiamo.

Quanta connessione crede vi possa essere nell’affare cipriota con i dossier risorse sottomarine (al centro già di un accordo tra Nicosia e Tel Aviv), con il condotto South Stream e le interferenze turche?
E’ evidente che su operazioni così aggressive e spregiudicate di carattere economico e finanziario vi sono conseguenze politiche molto gravi. Se Cipro dovesse perdere gran parte della propria funzione, anche politicamente si verrebbe a trovare in una posizione di notevole debolezza nei confronti del potente vicino e occupante turco. Circa la partita sugli idrocarburi siamo in una fase decisamente delicata che non riguarda solo Cipro quanto la vicina Grecia, dal momento che il governo di Atene sembra propenso a portare avanti, in qualsiasi modo, lo sfruttamento dei giacimenti sottomarini. E per questo suscitare le ire che già sappiamo mai placate della Turchia, che come è noto ha delle posizioni non comuni sulla Zee e sullo status del mar Egeo. Non so se vi sia una precisa strategia dietro, ma come hanno sottolineato parecchi osservatori americani questo particolare angolo del mondo, che non è propriamente un modello di stabilità, in virtù di tale visione economica “banditesca” che da qualche anno si sta imponendo, si creano delle variabili destabilizzatrici molto serie. Un altro motivo per cui si realizzi il mio auspicio: che qualunque governo abbia l’Italia, abbia il coraggio di fare ciò che altri non hanno saputo fare, vuoi per dimensioni o per volontà politica. Ovvero sbattere in faccia ai tedeschi la realtà: che la loro linea sta distruggendo l’Europa.

Fonte: Formiche del 19/3/13
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Le quattro vie di fuga del Financial Times per Cipro


Mentre si apprende che la marina russa rimarrà permanentemente (anche precauzionalmente?) a largo di Cipro, il Financial Times getta sul tavolo quattro vie di fuga dopo il gran rifiuto del Parlamento di Lefkosia, che ha detto “oxi” al prelievo sui conti correnti.

La partecipazione russa al salvataggio
Secondo il quotidiano finanziario il primo scenario prevede la partecipazione della Russia al salvataggio. Con due possibili percorsi di “miscelazione” russa, dove l’accordo per coprire il buco è subordinato all’accesso al gas naturale (su cui però Cipro ha già un contratto di sfruttamento comune con Tel Aviv) o all’acquisizione da parte della banca russa dei due istituti ciprioti più esposti. Un’opzione che ha lo svantaggio di troppi dubbi su come ottenere quelle entrate, mentre alla voce “pro” c’è l’azione diretta della Gazprom. Tuttavia si pone la questione se l’Ue accetterebbe o meno la presenza russa come avamposto nel sistema finanziario europeo.

L’approvazione cipriota del piano europeo
Il secondo scenario è la marcia indietro di Cipro con il parlamento che vota per il sì ai prelievi. Pare che i creditori internazionali siano stati sorpresi dalla quantità di stranieri scesi in campo a difesa dei depositanti. Eric Nielsen di UniCredit dice che a causa di elevati tassi di deposito in una banca di Cipro, un conto di 100.000 euro presente dal 2008, finora ha fruttato più di 15.000 euro. Mentre lo stesso depositante in Italia o in Spagna non avrebbe sorriso in questi termini. E ritiene che una tassa del 15% sui grandi patrimoni non dovrebbe essere considerata irragionevole.

Il declino dell’eurozona
Terzo scenario, il declino della zona euro. L’idea circolata nella tarda serata di ieri di nazionalizzazione dei fondi pensione per garantire almeno 3,5 miliardi è sì stata originariamente proposta dalla Commissione europea ma respinta dalla Germania. Forse perché (a voce bassa) consci dei danni che tale misura ha fatto in Grecia, con intere categorie professionali senza un cent per la pensione. Un’altra soluzione sarebbe quella di ricapitalizzare direttamente le banche a Cipro tramite il meccanismo europeo di stabilità, ma questo non è ancora giuridicamente possibile in base al diritto tedesco. 

Lo stop alla liquidità della Bce
Infine la “distruzione”, che prevede la cessazione di liquidità nelle banche locali da parte della Bce. Il 28 marzo è in programma la prossima riunione del Consiglio dell’Eurotower ma tra otto giorni potrebbe essere troppo tardi. 

Il Financial Times aggiunge che, in tal caso, l’economia di Cipro senza soldi liquidi sarebbe diretta da un sistema essenzialmente di scambio di prodotti, e sarebbe imprescindibile iniziare a stampare una propria moneta.C’è poi chi, come il ministro delle Finanze svedese Anders Borg, se ne esce con una battuta: “In fondo Cipro ha solo banche e spiagge”. Infelice e, in questo momento, francamente fuori luogo.

Fonte: Formiche del 20/3/13
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Caso Cipro, maratona a Mosca per intesa con le banche. Anche Atene guarda a Putin


Una morsa che stringe e spinge, con una forza inaudita, la piccola Cipro. Da un lato le pressioni di Berlino, contraria tout court al “no” coraggioso del parlamento cipriota alle misure di prelievi sui conti correnti dell’isola. Con indiscrezioni che vorrebbero al posto del dimissionario Sarrys alla guida del delicato ministero delle Finanze, Christopher Pissarides, cittadino cipriota e premio nobel per l’economia che insegna alla London School of Economics, un non filo russo. E dall’altro Gazprom e il governo di Mosca con cui il governo del merkeliano Anastasiades non ha trovato un accordo, dopo il vertice moscovita di questa mattina. Al termine del quale Vladimir Putin ha chiesto la presenza in tempi brevissimi a Mosca del Presidente della Repubblica di Cipro.

Una situazione di fibrillazione continua, con evoluzioni rapide, come la conferenza stampa di Sarrys con l’omologo russo prima annunciata per le ore 12 poi annullata in virtù del nulla di fatto circa l’accordo con le banche di Mosca. Al momento non esiste alcuna intesa per il supporto russo a Cipro, come confermano anche i media moscoviti dopo il bilaterale Sarrys-Silouanof. L’incontro è durato più di due ore e verteva sulla ristrutturazione del vecchio prestito russo di 2,5 miliardi, compreso il trasferimento a Mosca di azioni di banche locali e depositi di energia a Cipro.

“Le discussioni sono state molto costruttive, ma continueremo le consultazioni in altra sede”, commenta Sarrys assicurando che non lascerà Mosca se non avrà una carta in mano. “Abbiamo avuto un incontro costruttivo, molto aperto e franco. Sappiamo quanto sia grave la situazione che si è creata. Continueremo i negoziati per trovare una soluzione che ci permetta di avere il sostegno della Russia, staremo qui fino a quando non raggiungere qualche accordo “, ha detto Sarris. Secondo quanto riportato poco fa dall’emittente radiofonica Voce della Russia, l’intento della delegazione cipriota è quello di ottenere già oggi un contratto di finanziamento con la Russia, cosa che non è ancora possibile. Le dichiarazioni ufficiali parlano di incontri delicati che non possono essere per forza di cose brevi, ma secondo fonti giornalistiche cipriote sarebbe in atto un vero e proprio braccio di ferro tra Berlino e Mosca, con Nicosia nel mezzo di una bufera economica ma di fatto anche politica. Ragion per cui ad Atene, dove tutti seguono con fermento l’evoluzione cipriota, pare si sia già messa in moto la macchina diplomatica per riallacciare i rapporti con Putin e sarebbe stato “richiamato” in azione l’ex premier conservatore Kostas Karamanlis, in buonissimi rapporti con lo zar di Mosca.

Intanto l’annunciato piano B per reperire comunque i 5,8 miliardi che Bruxelles chiede si delinea su una tripla direttrice: gestire la crisi finanziaria cipriota, proteggere la gran parte dei depositanti e mantenere a livelli sostenibili l’indebitamento del Paese. Almeno, queste sono le prime indiscrezioni sul piano annunciato ieri da un preoccupatissimo Anastasiadis e su cui pare ci sia la firma di due giuristi di fama internazionale Lee Bouchait e Mitu Gkoulati. Il primo lavora nello studio Cleary Gottlieb Steen & Hamilton, noto per il suo coinvolgimento nelle recenti vicende finanziarie greche come la consulenza legale della ristrutturazione del debito più grande a livello internazionale. Mitu Gkoulati è docente di diritto internazionale ed economia presso l’Università di Duke. Il dossier elaborato prevede di poter proteggere tutti i depositanti assicurati, cioè quelli con depositi fino a 100mila euro. Quelli con un risparmio oltre i 100mila riceverebbero i certificati recanti depositi bancari al valore nominale dei loro depositi, di cinque o dieci anni, ciascuno con diverse scadenze. Tali certificati di deposito possono essere trasferiti o liquidati in seguito ai loro proprietari. Inoltre propongono la maturazione delle obbligazioni sovrane cipriote per almeno cinque anni, che secondo i due giuristi, abbatterà di 6,6 miliardi le esigenze di finanziamento di Cipro da parte del settore pubblico sulla base di un piano triennale di salvataggio.

E oggi spicca il commento alla crisi cipriota del deputato greco del Syriza, Manolis Glenzos, quello che nel ‘44 ebbe il coraggio di salire sull’Acropoli occupata dai nazisti e issare la bandiere greca come segno di non-resa, che dal letto di una clinica ateniese dove si trova ricoverato dice: “Durante la seconda guerra mondiale il popolo greco è stato il primo che ha detto no all’assalto dei tedeschi in Europa. Oggi il popolo greco-cipriota solleva un altro no contro un attacco spietato condotto dalla Germania con impersonali meccanismi finanziari”.

Fonte: Il Fatto Quotidiano del 20/3/13
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mercoledì 20 marzo 2013

C’era una volta l’isola dei miliardari

Christodoulos è un archeologo e lavora per la Fondazione della Banca di Cipro di Lefkosia. È grazie allo sforzo congiunto di professionisti e istituti finanziari che negli ultimi due lustri sono state riportate a casa e restaurate preziose icone bizantine, finite sul mercato nero e che, oggi, sono in mostra nel Museo Bizantino della capitale. Ma se la decisione europea di tassare i capitali dell’isola dovesse andare in porto non solo sarà licenziato, ma anche i suoi cinque figli dovranno obtorto collo, cambiare stile di vita. Cipro è a un bivio, ben più grave di quello che ha dovuto affrontare nel 1974, quando aerei e carri armati turchi la invasero in risposta a un tentato golpe greco. Quel filo spinato che, passeggiando per la capitale dell’isola, si scorge ancora oggi è la plastica raffigurazione di un’Europa a due teste e a due velocità, che emargina anziché accogliere. La cronaca di questi giorni è utile per scacciare i falsi miti su Cipro isola di miliardari, non che non ve ne siano, si vedano i quotidiani russi che popolano le edicole. Solo che rappresentano una minoranza rispetto ad una popolazione travolta oggi dall’onda della crisi greca e della freddezza teutonica, con istituti finanziari che avevano in pancia titoli greci e soprattutto con la richiesta di un aiuto da 17 miliardi che l’Europa ha tramutato in un cappio ben stretto al collo. La metà delle prestigiose boutiques presenti in odòs Kennedy, la strada del passeggio e dello sfarzo di Nicosia, sono mestamente chiuse. Lì dove c’erano marchi mondiali come Armani o Versace oggi campeggiano scritte di vendesi o di affittasi, che i proprietari sono ben consci rimarranno inevase. 

Ioannis Eliades è il direttore del museo Bizantino Makarios III di Nicosia, (il più giovane della storia del museo), ospitato nelle gallerie dell’Arcivescovado. Custodisce circa duecentocinquanta icone datate tra l‘800 e il 1700, preziose non “soltanto dal punto di vista artistico ma anche morale ed affettivo“, rivela con una punta di orgoglio e  di amarezza, dal momento che la sua casa natale si trova nella parte della capitale occupata da 50mila militari turchi. E rivederla, ammette, è sempre una ferita aperta. Come una ferita aperta è constatare oggi che i bancomat sono ancora avari di banconote e molti sono i cittadini rimasti a secco. “Questi giorni mi ricordano l’invasione turca del ‘74”, racconta Michalis, titolare di una taverna proprio a due passi dal filo spinato che divide in due l’isola e a solo un metro dal gabbiotto dove c’è ancora un militare greco che fa la guardia impassibile. Quella notte, ricorda, fu tutto rapido e improvviso, tutti pensavano di poter far ritorno alle proprie abitazioni dopo poche ore, “e invece…”.

Ma come si è arrivati a questo punto? Secondo Dimitri Deliolanes, corrispondente in Italia della tv di stato greca ERT c’è il tentativo di distruggere Cipro come centro di intermediazione finanziaria, per convogliare i capitali russi verso altre banche molto più controllabili da parte tedesca, come alcuni istituti del Baltico, dell'Austria o del Lussemburgo. Insomma, riflette, “che non passino del sud del mediterraneo, in quanto capitali desiderati da molti. Si pensi che per arrivare a questo punto hanno persino utilizzato l'arma della calunnia sul presunto riciclaggio adducendo un’informativa dei servizi”.

Fonte: Il Giornale del 20/3/13
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lunedì 18 marzo 2013

Cipro, la rapina in banca di Bruxelles mette paura anche all’Italia


Dopo aver salvato Irlanda, Spagna, Portogallo e Grecia, l'Europa decide di dare una lezione agli ultimi della classe e propone che, per prestare dieci miliardi utili ad evitare il fallimento delle banche di Cipro (il cui pil è di sette miliardi) occorre tassare i conti correnti dell'isola. Infrangendo la prima regola della comunità stessa, ovvero la libera circolazione di capitali. Da due giorni i bancomat ciprioti non sputano più banconote, con il panico che, dall'isola, si sta diffondendo in tutti i paesi piggs. E nonostante le rassicurazioni di Abi e Consob (il presidente Vegas dice che "non c'é nessuna preoccupazione di contagio: l'Italia non corre alcun pericolo, l'Italia è un Paese manifatturiero, Cipro è diventata un'economia soprattutto finanziaria") il timore c'è ed è dato dalla modalità con cui si è arrivati a questo punto. Prima l'eurovertice che propone tre aliquote di prelievo, fino a 100mila euro, dai 100mila ai 500mila e oltre i 500mila. Poi il drammatico messaggio del neo eletto Presidente della Repubblica, il merkeliano Nikos Anastasidis, che parla di un'emergenza ben più grave dell'invasione turca del '74, ma che non spiega invece perché non ha battuto i pugni sul tavolo di Bruxelles per impedire l'assurda richiesta europea che, di fatto, è un colpo inferto da alcuni stati membri a quelli dell'area euromediterranea.

Poi l'annuncio del voto del parlamento di Nicosia, in prima battuta previsto per lunedì, ma poi spostato a martedì per via delle drammatiche conseguenze che ciò potrebbe provocare. Con teleconferenze fiume che si stanno svolgendo in queste ore tra i ministri ciprioti, funzionari della Bce e anche il governo di Mosca. Con un'indiscrezione che vorrebbe la russa Gazprom in prima fila per i futuri profitti legati ai giacimenti sottomarini che a Cipro abbondano nella ZEE, da utilizzare come moneta di scambio per i correntisti tassati, anche se dalla stessa Gazprom arriva una smentita ufficiale, nonostante fonti locali confermino gli avvenuti contatti.

Si tratta di un pericoloso precedente ma anche di un segnale che la Germania ha voluto dare in vista delle elezioni teutoniche del prossimo settembre. Si pensi che il pil dell'isola è di appena sette miliardi di euro, un'inezia per i numeri continentali, solo alla Grecia sono stati prestati 240 miliardi di euro. E se l'ammontare del prestito in questione è di dieci miliardi appena, a fronte di una richiesta di diciassette, si comprende bene come la situazione sull'isola sia già abbondantemente compromessa, anche in riferimento ai riverberi russi della questione. A Cipro vi sono numerosi correntisti che fanno riferimento a Mosca, di qui il disappunto di Vladimir Putin per il gesto europeo, una primizia in assoluto. Secondo Moody's la decisione per Cipro porta "turbolenze per l'intera Eurozona, per promuovere altri obiettivi politici". Mentre per il Financial Times la virata europea su Cipro è un "tradimento".

Ma il punto è un altro: se per aiutare chi è in difficoltà gli si tagliano entramme le mani, allora in discussione è l'intero principio dello stare assieme. Per questo viene spontaneo riflettere sul fatto che la chiesa come l'Europa non funziona più, per questo occorre un cambio di passo. Papa Francesco l'ha fatto. Ma Bruxelles?

Fonte: Gli Altri del 18/3/13
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Emergenza a Cipro, parlamento al bivio sul prelievo bancario: si teme effetto contagio


“Siamo in una situazione di estrema emergenza come non accadeva dall’invasione turca del 1974. Sono le parole con cui si è ufficialmente insediato il presidente della Repubblica di Cipro, Nikos Anastasiadis e che precedono il voto decisivo del parlamento di Nicosia sulla proposta di salvataggio europeo che prevede un prelievo forzoso sui conti correnti dell’isola. Una votazione talmente in bilico che non è escluso un rinvio a domani o dopodomani rispetto alla convocazione iniale per oggi pomeriggio. Tutto per dare ai due centri studi il tempo di valutare misure alternative per non non alterare gli equilibri con gli amici russi che sull’isola hanno depositi milionari.

Alla riunione di questa mattina con i leader politici presenti anche degli emissari della russa Gazprom, che secondo alcune fonti giornalistiche locali sarebbero intervenuti proprio per compensare alcuni correntisti con azioni di aziende che investono nelle copiose risorse minerarie del sottosuolo marino. Ma è un passaggio nebuloso sul quale si stanno concentrando le trattative proprio in queste ore febbrili.

Per questo gli inviati della Bce e di Gazprom seguiranno personalmente da Nicosia l’evoluzione delle cose. Si sta svolgendo appunto un colloquio tra il ministro delle Finanze cipriota e il suo omologo russo giunto sull’isola. E intanto a Madrid il governo spagnolo tenta di rassicurare i proprio cittadini sul fatto che il caso Cipro è unico e non sarà replicato altrove, scoprendo il vero nervo della questione: ovvero che la mossa a Cipro potrebbe essere applicata agli altri Paesi Piigs, innescando una reazione a catena di panico tra cittadini, imprese e investitori.

Per l’adozione delle misure sono necessari 29 voti su un totale di 56 membri, ma il partito Desy del premier con i suoi 20 deputati ha comunque necessità di un alleato e spera di essere sostenuto dai centristi. Hanno già manifestato il voto contrario il partito di sinistra dell’Akel e il Movimento ecologista. I primi sostengono, per bocca del segretario generale Andros Kyprianou, che rifiutano l’accordo perché non viene considerato il punto di vista del popolo cipriota e perché ritengono che il taglio sarebbe disastroso per l’economia dell’isola: “Non solo la misura non aiuta a superare i problemi, ma produrrà maggiore depressione economica”. Annunciando che in queste ore il centro studi del partito sta approntando una proposta alternativa da presentare al presidente della Repubblica e ai partiti parlamentari. Il nodo è se la proposta sarà basata sulla logica che il buco finanziario può o meno essere chiuso internamente senza l’intervento della Troika. Aggiungendo che la protesta popolare non potrà che aumentare se le decisioni saranno prese a porte chiuse e senza un confronto diretto anche con i cittadini. E che l’isola è pronta a mobilitarsi spontaneamente davanti al parlamento.

Sul tavolo una proposta per una tassa sui depositi: fino a 100.000 euro il 3%, da 100 a 500.000 del 10%, oltre 500.000 al 12,5%. Il presidente della Repubblica ha sostenuto le ragioni del sì al piano in quattro punti: il contributo proposto è limitato ai tassi di interesse dei depositanti che non superano i due anni e ogni contributo sarà unico; ogni contributo non è una perdita finale per i depositanti, in quanto in cambio avranno titoli; lo Stato, riconoscendo i suoi obblighi, offre ai depositanti per un periodo di due anni la metà del valore del loro contributo in obbligazioni, associate a future entrate statali di gas naturale; nella misura si conservano intoccati i fondi pensione per evitare di prendere altre misure dure in futuro come tagli salariali e pensionistici.

Fonte: Il Fatto Quotidiano del 18/3/13
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giovedì 14 marzo 2013

Rebetiko e accademia platonica: due pangee in soccorso della mediocrità post moderna


Cosa hanno in comune il rebetiko e lo spirito platonico legato alla formazione? Due pangee apparentemente distanti anni luce nella Grecia degli antichi e di quella post secondo conflitto mondiale che, nonostante macrodifferenze e abissi cronologici, possono far secernere una sintesi preziosa per combattere la mediocrità di questa post modernità. La prima è espressione e sinonimo di passioni incendiarie, quelle che hanno fatto la storia della Grecia, sin dall’antichità con eroi “armati” di spade o di filosofia, per giungere ai giorni nostri, con la liberazione dall’oppressione ottomana dopo quattrocento anni di schiavitù. 

Il rebetiko non è solo note in serie, seppur legate da abili mani e da vibrazioni elettrizzanti. Bensì miele dell’anima, dolcezza che si fa aspra per poi tornare un attimo dopo zuccherina e bella. Bellissima, intrigante, avvolgente e struggente. Come Ti simera, ti avrio, ti tora, in cui Vassilis Tsitsannis, l’indimenticato inventore del rebetiko ellenico, certifica che “meglio separarsi adesso, dal momento che la convivenza non funziona”. Paradigma del cuore, che si adatta all’amore di coppia, di amici, di tutto, compresa anche quell’Unione che esiste sulla carta ma non ancora tra le frontiere del sud mediterraneo. Rebetiko è una concezione: quella che il celebre musicista Manos Chatzidakis ha più volte definito come cardià tis Elladas. “Il rebetiko, – diceva – è espressione della storia della cultura greca. Il rebetis è l’uomo greco: un uomo coraggioso, compassato, che conosce la lealtà e la fratellanza”. Uno stile di vita e un modo di essere, prima che un’esperienza artistica legata al suono del bouzouky o alle note di un verso cantato. 

E dall’altro l’accademia platonica, la tenace e alta idea della formazione dei paedià, l’imprescindibile mossa per fare scacco matto alle chiusure mentali, agli ircocervi della non conoscenza, alle mura che si stagliano alte e pericolose perché sorde a domande e rilievi, a controtesi e dibattiti. Un immenso oceano di gomma, che si combatte con gli strumenti non di visioni filosofiche solo sulla carta, meramente accademiche e destinate a polverose biblioteche. Ma, proprio in virtù della concezione platonica, al confronto diretto con domanda e risposta, a quell’intuizione “formativa” di plasmare i nuovi alla comprensione e alla logica delle cose prima che alla conoscenza di testi e menti. 

I due elementi sono al centro della rassegna “La mia Grecia”, festival della cultura ellenica promosso a Roma in questi giorni dalla locale comunità ellenica e dall’associazione FuoriLuogo. Per tratteggiare contorni originali che scavalchino scenari classici o immagini recenti che l’impietosa cronaca ci offre. E per scartavetrare quella patina di supponenza verso un patrimonio al cui interno, invece, si trovano i germogli per far rifiorire una post modernità nata già appassita.

Fonte: Formiche del 14/3/13
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martedì 12 marzo 2013

Grecia “incaprettata”: si ruba per fame, si procede a tentoni


C’è un paradosso (l’ennesimo) in questa crisi greca che, come una spirale incontrollata, non conosce né fine né flessioni: ed è la cecità compassata, ma pericolosamente generalizzata, con cui addetti ai lavori e non stanno gestendo il dossier Grecia. Il paese sta crollando sotto i colpi del terzo memorandum in tre anni, le banche boccheggiano, la disoccupazione schizza al 30% e fra i giovani è al 61%, le aziende elleniche chiudono, quelle tedesche aprono perché il costo del lavoro è ormai irrisorio, le famiglie si impoveriscono per via di una strada (imboccata da troika e governo) che non conduce alla salvezza. Ma in un altro tratturo sterrato e denso di pericoli, senza la benché minima idea di come uscire dal tunnel. Questo il passaggio più grave di tutta la faccenda. Ieri a Larissa ignoti hanno rubato un quintale di grappa e 360 chili di olio. In Italia molti nosocomi sono colpiti da furti di farmaci, ad opera del contrabbando di medicine, da destinare proprio ai presidi ellenici rimasti sguarniti. 

Sarebbe giunto il momento che anche i media, oltre che al tecnoburocrati continentali, si rendessero conto una volta per tutte di come il fondo del barile non solo sia stato già toccato, ma non si dispone neanche più delle unghie per raschiarlo. E invece la troika prosegue nell’applicazione ideologica del memorandum, come se decidere oggi o fra tre mesi di licenziare 25 mila dipendenti pubblici potesse essere decisivo per sanare debiti miliardari contratti da trent’anni di politiche sciagurate e dall’ultimo memorandum da 53 miliardi che condanna all’impiccagione, pardon, all’incaprettamento, un paese già finito.

Fonte: Formiche dell'11/3/13
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Kaput, quando a crollare è una visione da torre di Babele


Loro sono, per così dire, molto avvezzi ad inglobare ed annettere. E a influenzare. Come se la politica coloniale fosse ancora di gran moda, soprattutto alle latitudini mediterranee. É sufficiente dare uno sguardo all'ultima mossa commerciale della prestigiosa Frankfurter Allgemeine Zeitung per averne conferma: ha rilevato la testata simbolo dei progressisti tedeschi in acque agitate per via della crisi. E ha acquistato a prezzo di saldo la Frankfurter Rundshale, fondata nel 1945 perché, come spiega er direktore generalen Tobias Trevisan, “avere due giornali di opinione differenti non è un problema per il nostro gruppo”. Appunto. Come se la nozione di bene comune fosse una mera utopia da ritrovare solo nei saggi di Bauman, come se la certezza assoluta di aver voluto troppo fosse solo una boutade, buttata lì da qualche giornale bastian contrario. E invece a Berlino non si sono ancora resi conto di aver cannibalizzato l'Unione, comandando di fatto un qualcosa che rischia sempre più di non esserci. É come se nella loro cassetta bancaria credessero di custodire un pacco di soldi, che un bel giorno scoprono essere stati ridotti a briciole inservibili, perché rosicchiati dai vermi.

La Germania che sceglie il commento “col sopracciglio” per le urne italiane, quella Germania che troppo spesso dimentica, non solo fatti macroscopici del secolo scorso, ma anche il sostegno pro riunificazione ricevuto, è affetta dal complesso della torre di Babele. Quella supponenza da marchese del Grillo, quella spocchia tipica di chi non guarda con verve critica agli errori commessi, si legga alla voce Grecia, devastata da conti sbagliati e da tre memorandum suicidi. Quella tendenza niente affatto scontata di voler questa volta sì mettere in comune qualcosa nell'Europa, ma non debiti né tantomeno scelte o direzioni di marcia unitarie: bensì un mero e tedioso germanocentrismo. Così è stato nella Grecia affetta dalla voragine finanziaria e da un'influenza aberrante nell'immediata vigilia del voto, così è stato a Cipro dove frau Angela si è recata l'11 gennaio sorso, a un pugno di giorni dalle presidenziali per indicare il nome gradito, che poi si è aggiudicato la partita. E ci ha provato anche in Italia, con tanto di smentite, precisazioni e rettifiche che sanno un po' di vecchia melina. Ma con tutto rispetto, l'Italia non è proprio l'ultima reginetta continentale, dal momento che ne è uno dei fondatori, ha numeri altri rispetto alla consistenza industriale ellenica o cipriota. Ma ha ricevuto identico trattamento.

Che il momento politico italiano sia critico, criptico e tutt'altro che catartico è evidente anche a chi non è un addetto ai lavori. Colpe, responsabilità, infrastrutture partitiche e politiche obsolete, risposte inevase: tutte oggettività ben presenti. E figlie di difetti che, a onor del vero, l'Italia ha come non manca di ricordarci costantemente da qualche lustro Tobias Piller, corrispondente da Roma della Frankfurter Allgemeine Zeitung. 

La stessa FAZ pochi giorni fa ha illustrato ai proprio lettori che l'amministrazione tributaria in Grecia è carente (sai che notizia) in quanto il personale è composto da alti funzionari e in molti casi da lavoratori senza pc né di posti di lavoro in un ufficio vero e proprio. Forse perché il memorandum della troika ha imposto salari bulgari e licenziamenti in massa, al pari di succulenti contratti proprio per le aziende tedesche e appalti pluriennali. Ma in Germania pare che sia talmente scontata una superiorità industriale ed economica, che in verità proprio in questi primi mesi dell'anno inizia a vacillare, che ci si dimentica di dettagli non proprio edificanti. Come il caso Siemens, il colosso teutonico al centro di un enorme scandalo in occasione delle Olimpiadi greche del 2004, quelle costate il triplo del previsto, quando vi fu un anomalo e ingente flusso di denaro per assicurarsi commesse e appalti. Con le stessa azienda tedesca che ammise pagamenti in nero per 1,3 miliardi di euro con la conseguente rivoluzione all’interno del proprio management, costretti alle dimissioni  il presidente Heinrich von Pierer e l’amministratore delegato Klaus Kleinfeld. Ma senza approfondire. Sarà stata stata colpa solo di feste lussuose su fregate militari e amministratori greci insaziabili? 

Anche perché a Berlino i tedeschi anti politica teutonica si stanno dando un gran daffare. Si chiama “Alternativa per la Germania” ed è un partito non antieuropeista ma anti salvataggio dell'euro, pronto ai nastri di partenza per le elezioni politiche di settembre e per le europee del giugno 2014. Tra i fondatori né sconosciuti della politica né comici, bensì l'economista Bernd Lucke, il giornalista ed ex redattore FAZ Konrad Adam e Alexander Gauland, già capo della Cancelleria dello Stato dell'Assia. E ancora, docenti universitari, conservatori, liberali ma anche liberi professionisti privi di un “curriculum” strettamente politico come Stefan Homburg e Charles Blankart, professori di finanza pubblica ad Hannover e Berlino. E ancora Joachim Starbatty, Wilhelm Hankel, Karl Albrecht Schachtschneider e Dieter Spethmann, tra l'altro citato in giudizio in occasione del salvataggio della Grecia davanti alla Corte costituzionale federale. Passando per il più noto ex presidente della Federazione delle industrie tedesche, Hans-Olaf Henkel. Ma con a capo un 33enne, Bernd Lucke, professore di macroeconomia ad Amburgo e dimessosi dalla CDU proprio a causa della politica di salvataggio dell'euro. Non sono pirati, né grillini “ai crauti”, solo gente libera che si oppone ai soccorritori tout court della moneta unica, ma pienamente impegnati nell'unificazione pacifica dell'Europa. 
Un fronte, innovativo, aperto nelle granitiche convinzioni di frau Angela. E che fa tornare con i piedi per terra chi dimentica troppo spesso che non è impoverendo un paese e il suo popolo che si insegna la buona amministrazione. Checché ne dicano i mercati o gli emissari col sopracciglio alzato.

Fonte: Gli Altri settimanale del 8/3/13
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sabato 9 marzo 2013

Quanta invidia italiana per i “boulevard” ciclabili di Londra…


Non ci si poteva che aspettare un’altra rivoluzione in chiave ultramoderna da chi ha fatto, prima di tutti gli altri, quella industriale. Londra decide di trasformarsi in una grande pista ciclabile a cielo aperto grazie al coraggio del suo sindaco, il pittoresco e tenace Boris Johnson che entro due lustri promette una nuova città, in tutti i sensi. Non sarà facile: alla voce uscite già ci si imbarazza per gli zeri presenti, i potenti referenti delle lobbies petrolifere gli faranno la guerra, gli incalliti automobilisti imbastiranno quella che è stata definita la sindrome nimby, Not In My Back Yard, i grandi gruppi editoriali finiranno per parteggiare per i desiderata dell’editore di riferimento. Ma ciò che conta è che non riusciranno a fermare un progresso che non è scientifico (passaggio da auto a bicicletta) ma mentale. 

La consapevolezza di poter contribuire a un tessuto urbano più umano, meno inquinante, più bello, più moderno e futuribile è la chiave di lettura di questo passo che, a differenza ad esempio di quello che avviene in Italia, non è una mera mossa elettorale. Bensì frutto di un programma preciso che non nasce ieri, di una strategia di lungo respiro che parte da lontano. Più semplicemente, di quella rivoluzione che i politici annunciano e che poi nessuno realizza.

Immaginare il caos trasportistico londinese irrorato dalla freschezza e dal vento “green” di boulevard ciclabili sarà un unicum mondiale e acuirà il rimpianto per una contingenza che, in Italia, è sempre meno fattibile. Per le resistenze ataviche al cambiamento, per il timore di fare qualcosa non gradito al proprio elettorato di riferimento, per la mancata conoscenza nel merito, per l’incubo settimanale del sondaggio di turno collegato al respiro di qualche ministro. Insomma, a quella marmellata gelatinosa e immobile, quasi una sorta di sabbie mobili permanenti, che prende il nome di Italia. E di cui, francamente, non se ne può più.

Fonte: Formiche del 9/3/13
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giovedì 7 marzo 2013

Atene, Alba dorata choc: “Faremo saponette con gli immigrati in Grecia”

Immagini e frasi da brivido. Hanno seguito i membri di Alba dorata per un mese durante le campagna elettorale greca dello scorso anno, e martedì scorso una troupe angloellenica ha visto andare in onda il proprio documentario sul canale britannico Channel 4. Con lo choc di frasi hitleriane rivolte agli immigrati da parte del candidato Plomaritis, che si dice deciso “a fare saponette con gli extracomunitari presenti sul territorio greco”. E anche: “Siamo pronti a infornarli”, con insulti e minacce rivolte ai venditori pachistani ed afghani. 

Il corto si basa sul materiale raccolto da un regista greco che ha seguito la scorsa estate per quasi un mese i membri di Alba dorata durante le fasi pre elettorali, registrando comizi, visite nei mercati rionali, progetti e dichiarazioni. Nelle immagini si ascolta il programma del partito guidato da Nikolas Mikalioliakos: la crisi economica è figlia dei tre milioni di stranieri presenti in Grecia, che vanno espulsi immediatamente per consentire ai greci di avere un lavoro e più servizi dallo stato. Li definiscono “buoni a nulla che bevono la nostra acqua, mangiano il nostro pane e respirano la nostra aria”, per poi epitetarli come “primitivi, subumani e contaminati”. Ma il punto “forte” del video è un dialogo aberrante tra lo stesso candidato e i militanti del partito, seduti al tavolino di un bar, quando si sente pronunciare la frase (con sottotitoli in inglese): “Siamo pronti ad aprire loro i forni”, come per rievocare idealmente la barbarie della shoah e di tragedie storiche del passato nazista. E aggiunge, senza la minima vergogna per il tenore delle parole espresse, che quei saponi ricavati dagli immigrati non potranno essere utilizzati dagli uomini, perché si correrebbe il rischio di infezioni, ma solo per pulire auto o marciapiedi. Poi con la pelle degli immigrati si potrebbero fare lampade da tavolo e i loro capelli veduti nei mercatini di Monastiraki, la folkloristica zona turistica sotto l’Acropoli. E ancora: “Prendiamoli a calci per sbiancarli” tra le risate di tutti i presenti.

Per poi rendersi protagonisti di una mossa degna della più spregevole propaganda: chiedono ad una famiglia del Bangladesh che passava casualmente di lì di avvicinarsi a favore di camera e, mentre si definiscono amanti degli stranieri, li immortalano invogliando a sorridere anche due bimbi. Il partito che alle urne dello scorso anno ha conquistato il 7%, facendo ingresso in Parlamento per la prima volta dopo trent’anni di “embargo”, è oggi quotato dai sondaggi all’11%, dietro i radicali del Syriza al 25% e i conservatori del premier Samaras al 23%. E’ stato al centro di numerose polemiche in questi primi otto mesi di governo “di crisi”, con episodi di aggressione sempre a sfondo razzistico nei confronti di immigrati.

Lo scorso settembre a Palliò Falliro, il secondo porto della capitale, in occasione di una festa religiosa un gruppo di militanti si presentò con mazze da baseball distruggendo i banchetti di venditori ambulanti stranieri. Pochi giorni dopo un cittadino greco, ma di origine egiziana, venne preso a catenate in faccia perché scambiato per un extracomunitario, con una foto che fece il giro del mondo: intubato in un letto di ospedale con un occhio quasi perso. Il “rischio Weimar” venne invocato già lo scorso ottobre dal premier conservatore Samaras prima della sua visita in Germania, ma il bubbone in Grecia è esploso ben prima. Con una classe politica assetata di denaro e potere, con cittadini ridotti allo stremo da un memorandum ingannevole e con uno Stato assente perché fallito da tempo: terreno quantomai fertile per la zizzania del razzismo e di assurdi incubi del passato.

Fonte: Il Fatto Quotidiano del 7/3/13
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mercoledì 6 marzo 2013

Scacciare i tabù sull’euro per salvare l’euro (e gli europei)


Slogan “elettorali” non ne servono, al pari di sorrisi tranquillizzanti che mostrano solo di ignorare la realtà drammatica, come il gesto disperato dell’imprenditore umbro sta lì a ricordare. La rinascita del continente, al momento in apnea e a rischio implosione, non potrà che passare da un superamento dell’attuale binomio austherity-allarmismo. Perché non sarà solo con rigore e basta da un lato, e con proclami sulla carta dall’altro, che le imprese ricominceranno a fatturare, i lavoratori a prendere lo stipendio, il popolo delle partite iva a incassare. Ma servirà prima una riflessione, dati alla mano, su come rendere l’euro più vantaggioso e al contempo una tonnellata di idee nuove e fattibili per stimolare la ripresa, che certamente non si aiuta solo incrementando vecchi balzelli e inventandosi nuove imposte aggiuntive, senza toccare spesa pubblica e carrozzoni di stato.

In questi giorni in Germania nasce “Alternativa per la Germania”, un partito non antieuropeista ma anti salvataggio dell’euro. Tra i fondatori né sconosciuti della politica né comici, bensì l’economista Bernd Lucke, il giornalista ed ex redattore FAZ Konrad Adam e Alexander Gauland, già capo della Cancelleria dello Stato dell’Assia. E ancora, docenti universitari, conservatori, liberali ma anche liberi professionisti privi di un “curriculum” strettamente politico come Stefan Homburg e Charles Blankart, professori di finanza pubblica ad Hannover e Berlino. O Joachim Starbatty, Wilhelm Hankel, Karl Albrecht Schachtschneider e Dieter Spethmann. Fino al più noto ex presidente della Confindustria teutonica, Hans-Olaf Henkel. Ma con a capo un 33enne, Bernd Lucke, professore di macroeconomia ad Amburgo e dimessosi dalla CDU proprio a causa della politica di salvataggio dell’euro. Non sono pirati, né grillini “ai crauti”, solo gente libera che si oppone ai soccorritori tout court della moneta unica, ma pienamente impegnati nell’unificazione pacifica dell’Europa.

Un segnale, preciso e localizzato lì dove la moneta unica sta iniziando a fecondare dubbi e interrogativi, ai quali non si può replicare semplicemente come ha fatto Marchionne. Convinti che, dopo noiosi comizi e post su facebook di politicanti e presunti tali, sia arrivato invece il momento di guardare in faccia la realtà europea. Per prendere definitivi provvedimenti, pena il default “comunitario”.

Fonte: Formiche del 6/3/13
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Grecia in svendita, l’emiro del Qatar ha comprato nove isole nello Jonio


Potrebbe essere solo l’inizio. Dal Parco dei Principi, dove sgambettano i calciatori del Paris Saint Germain, al tepore delle nove isole Echinadi il passo è breve, soprattutto se si dispone di molto denaro. L’emiro del Qatar, già proprietario del club francese e di alcune altre cose (tra cui gli Harrods di Londra) si aggiudica per poco più di otto milioni di euro l’incantevole arcipelago greco nello jonio, a due passi dalle più note Itaca e Skorpios. I venti di crisi impongono ad Atene di cedere “i gioielli di famiglia”. Una mossa nota già da settembre, quando la notizia era stata confermata dal direttore dell’Ente ellenico per la privatizzazione (Taiped), Andreas Taprantzis, secondo cui per fare cassa il governo di Samaras aveva approntato una lista di 40 tra isole e isolotti disabitati da concedere in affitto a privati o imprese. E per un periodo tra i trenta e i cinquant’anni.

Dopo qualche mese di serrate trattative e di plastici hollywoodiani già pronti e fatti vedere via mail ad acquirenti vip, ecco la notizia ufficiale con un business che si apre per l’emiro super miliardario. Pare infatti che in quell’arcipelago composto da nove isolette a breve potrebbero partire lavori per costruire esclusive ville per acquirenti di fama mondiale, tra cui si sussurra anche Madonna. Allettata da un paradiso naturale super protetto dove gli ospiti saranno solo rock star e miliardari, gli unici in grado di permettersi un pied a terre dorato nella Grecia stremata dal memorandum. L’emiro in verità aveva tentato in passato il colpo grosso, ovvero aggiudicarsi l’isola di Aristotele Onassis, Skorpios, su cui però pesa il veto economico della nipote Athina, che non intende scendere al di sotto dei 200 milioni di euro nonostante non ami troppo le sue origini (non ha mai imparato il greco) e nonostante sia stata una delle poche greche famose nel mondo a non aver speso nemmeno una parola di solidarietà per la crisi ellenica.

Il complesso delle Echinades si trova nel tratto di mare di fronte al famoso porto Platygiali ed era balzato agli onori della cronaca qualche giorno fa sulla prestigiosa rivista Business Insider in cui si presentavano le nove isole sotto il titolo: “Possono essere vostre con pochi milioni”. E aggiungendo altri siti per così dire pregiati che potrebbero presto rientrare in questa sorta di campagna mondiale per aiutare l’economia greca, o come la definiscono alcuni, svendita immorale di pezzi del proprio paese. Il riferimento è ad Agios Athanasios a Itea, con prezzi che partono da 1,9 milioni di dollari. O a Modi dopo lo stretto di Corinto, o a Tokmakia al largo di Lesbo, passando per gli otto milioni necessari per aggiudicarsi Sikinos Kardiotissa. Ma l’interesse globale per questi terreni è aumentato dopo l’acquisto della piccola isola di faggio, da parte dell’Emiro del Qatar Khalifa Al Thani.

Invece a Meganissi (vicino Lefkada) Lord Rothschild ha appena acquistato 2.662 ettari di terreno nella penisola sud-ovest dell’isola, dove costruirà 14 ville extra lusso, che saranno vendute ad alcune delle persone più ricche e famose del pianeta. Interessati ai ‘prodotti’ il principe Carlo, l’attrice Nicole Kidman e il magnate russo Roman Abramovich. Quest’ultimo ha già acquistato alcuni terreni a Corfù. Si stima che in cinque anni il progetto sarà ultimato. Ogni villa sarà pari a mille metri quadrati, costruita su 200 ettari con piscina eliporto e piscina, e sarà venduta per 27 milioni di euro. “Non siamo in vendita e mi dispiace per coloro che alimentano questa vera e propria guerra – commenta amareggiata Katerina Giannaki, membro del Consiglio dei Greci nel mondo – i greci nei momenti più difficili non hanno mai umiliato nessuno, ci servirebbe un reciproco aiuto non una svendita. Anzi, siamo noi che a questo punto chiediamo di essere risarciti per i danni della seconda guerra mondiale, in quanto siamo l’unico paese che non ha ricevuto nulla proprio dalla Germania”. 

Fonte: Il Fatto Quotidiano del 5/3/13
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