venerdì 24 marzo 2017

Croazia, il ministero delle Finanze annuncia una legge per cancellare i debiti ai più poveri

Da Il Fatto Quotidiano del 24/03/17

La Croazia vuole cancellare i debiti dei poveri, con una legge dello Stato e non con un provvedimento una tantum. Il ministro delle Finanze, Zdravko Maric, ha annunciato una legge che permetterà il condono dei debiti inferiori al salario medio, per quei cittadini che hanno i conti correnti bloccati. La media nel 2016 è stata di 5.685 kune (1 kuna o uguale a 0,13 euro). La legge, di fatto, è un precedente rivoluzionario (si pensi al caso greco) e riguarda i debiti accumulati nei confronti dello Stato centrale, delle città, dei comuni e delle aziende pubbliche. Maric spera che anche altri creditori si accodino, come gli operatori di telecomunicazioni e gli istituti di credito.

“Il testo di legge, che nasce sotto il cappello del Ministero delle Finanze, è ancora nella fase preparatoria – spiega al fattoquotidiano.it il vice ambasciatore croato in Italia, Ilija Zelalic – e verrà ora esaminato dal Parlamento secondo il consueto iter. Dovrà anche essere valutato in un secondo momento dal governo prima dell’approvazione, e investirà circa 91mila cittadini croati”.

L’Associazione Bancaria Croata non ha sollevato obiezioni, commentando che è pronta al dialogo e che accoglie con favore gli sforzi del ministro in preparazione di norme che regolino la cancellazione del debito per i 91mila cittadini i cui conti sono bloccati. Si tratta del secondo tentativo in due anni, ma con una differenza sostanziale. Nel 2015 il governo del socialdemocratico Zoran Milanovic aveva varato un programma per l’azzeramento di quanto dovuto per bollette e servizi pubblici dalle famiglie in maggiori difficoltà economiche. Ma erano misure una tantum avviate dal Ministero della Previdenza Sociale che poi non ebbero un seguito perché quell’esecutivo, dopo pochissimi mesi (nel novembre 2015), fu battuto alle urne dalla coalizione di centristi e conservatori, che oggi sostengono il governo dell’attuale premier Andrej Plenković, il primo nella storia della Croazia indipendente con una maggioranza ampia, grazie all’appoggio del partito degli agricoltori e di quello dei pensionati.

Il problema dei conti correnti bloccati fa il paio con la riforma fiscale che in Croazia ha aperto la possibilità di massicce svalutazioni di crediti in sofferenza con gli istituti del Paese, da tempo in attesa di nuove indicazioni sull’amministrazione fiscale. Una delle questioni più significative investe la tassazione, ovvero quanto pagare sull’imposta sul reddito e sulla sovrimposta, in base al nuovo calcolo post sanatoria. E’ la ragione per cui i banchieri attendono adesso istruzioni precise che seguano le buone intenzioni per aiutare i cittadini indebitati. E si potranno evincere dalle discussioni parlamentari sulla legge proposta dal ministro Maric.

Secondo l’attuale legge croata, le banche possono cancellare solo i debiti classificati al 31 dicembre 2015 come crediti in sofferenza. Questi comprendono i prestiti che i mutuatari non sono riusciti ad onorare regolarmente per tre o più mesi. La Croazia però nel 2016 può vantare numeri positivi: non solo il debito pubblico si è ridotto dell’1,6% del pil ma ha anche un surplus primario di 8 miliardi di kune.

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domenica 19 marzo 2017

Protezionismo e ambiente: il G20 si inchina a Trump

Da Il Giornale del 19/03/2017

Doppio effetto Trump sul G20. Ciò che spicca, nel comunicato finale del vertice di Baden Baden, è l'assenza di impegni e direttrici di marcia contro il protezionismo, aprendo la strada ad una retromarcia rispetto alla consuetudine diplomatica economica che negli ultimi cinque lustri è stata vista come una Bibbia. Ovvero quel coordinamento forzoso, spesso passivo e dal pensiero unico che, dalla vittoria di The Donald in poi, sta mutando pelle e forma, prima che contenuti. In secondo luogo spariscono anche le promesse sottoscritte con l'accordo di Parigi sul cambiamento climatico. Insomma, mentre dall'altro lato dell'oceano la Cancelliera Merkel è impegnata a Washington per il primo incontro ufficiale alla Casa Bianca, nel vecchio continente sembra che più di qualcosa stia cambiando.
Al G20 teutonico il protagonista è Steven Mnuchin, l'ex manager di Goldman Sachs voluto da Trump al Tesoro. Non solo per un discorso da grande giocatore di scacchi, ma anche per via dell'incontro bilaterale avuto 24 ore prima con il padrone di casa Wolfgang Schäuble, a cui il feldministro non è riuscito a tenere testa. Ma andiamo con ordine. Il commercio è stata la pietanza principale del vertice. Lo ha detto sin dall'inizio il segretario generale dell'Ocse, Angel Gurria: «stiamo promuovendo il commercio come elemento di crescita, un fattore di crescita che può anche dirottare flussi di investimento molto importanti per la crescita di domani». Ma in che modo? Mnuchin esordisce, nel Paese noto per l'anomalo surplus di bilancio, con un assunto preciso: gli Usa favoriscono il commercio, ma se giusto ed equilibrato. Quindi la strategia è correggere gli eccessi, con in filigrana una sconfitta per la nazione ospitante che da sempre si batte per mantenere il G20 ancorato ideologicamente agli impegni assunti in passato. «Quello che è stato in passato non è necessariamente rilevante dal mio punto di vista», ha aggiunto Mnuchin: altro riferimento al Nafta, (North American Free Trade Agreement, l'accordo nordamericano per il libero scambio) che dovrà essere rivisto, come alcune norme di Basilea III per meglio regolare il rapporto fra creditori.
Lo stesso Mnuchin due giorni fa ha voluto incontrare il suo omologo tedesco, Wolfgang Schäuble, prima del G20 di cui la Germania ha la presidenza di turno, mettendo in chiaro una serie di passaggi significativi. Come quello relativo al fatto che «non abbiamo alcuna intenzione di ingaggiare una guerra commerciale» anche se Berlino, ha fatto poi trapelare il suo staff, dovrebbe impegnarsi a correggere il proprio surplus di bilancio. Inoltre circa l'accusa che l'euro sia una valuta manipolata, ha detto che la moneta unica «è una valuta usata da molti Paesi e non è possibile confrontarla con il dollaro». Mentre sull'ipotesi di introdurre tassi doganali di ingresso negli Usa ha commentato «è una delle tante ipotesi al vaglio». Tesi a cui Schäuble ha replicato con poco mordente, come sull'annosa questione del surplus, definendo le raccomandazioni di maggiori investimenti da parte della Germania «una soluzione poco efficace», anche perché Berlino non fa la politica monetaria dell'euro che invece viene fatta dalla Bce. Che avesse intuito, in anticipo, la piega del G20?

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