martedì 30 dicembre 2014

Grecia vicina al caos a gennaio si rivota Ora l'Europa trema

«Il destino dei greci è nelle loro mani». Fa specie che sia stato proprio il vicepremier socialista Elefteros Venizelos, già ministro dell'Economia nel pieno della crisi detonata nel 2011, a certificare questa evidenza.
«Oggi le cose sono molto diverse - ha osservato il premier Samaras dopo il voto - e l'irresponsabilità verrà punita ora, non dopo anni o settimane». E ha assicurato che la Grecia è molto vicina a salvarsi per sempre o ritornare in un'avventura senza precedenti. «Se la gente sceglierà correttamente, il populismo sarà sconfitto per sempre». Secondo il premier, che ieri ha telefonato personalmente al Console greco in Puglia Stelio Campanale per sincerarsi delle condizioni dei naufragi ellenici della Norman Atlantic ricoverati a Galatina, il mondo si fida di questo governo più che dell'opposizione.Lui che, al pari del governo in carica prima e durante il memorandum della troika, non si era accorto di come quella cura da cavallo imposta da altri stesse uccidendo definitivamente il malato ellenico, anziché sanarlo. Ma prima che i cittadini, per una volta da quattro anni a questa parte, è stata la sovranità democratica parlamentare a decidere. La Camera non raggiunge i 180 voti necessari ad eleggere presidente della Repubblica l'ex commissario europeo Stavros Dimas e, così come stabilisce la Costituzione, il parlamento viene sciolto e si va a elezioni anticipate. Il prossimo 25 gennaio saranno per fortuna di nuovo i greci (e non Berlino o Bruxelles) a decidere della loro sorte: se confermare la coalizione Nea Dimokratia-Pasok «di larghe intese con la troika», e quindi le misure draconiane che hanno mandato sul lastrico imprenditori e famiglie, o se cambiare passo e scegliere un'alternativa.
Di parere opposto lo sfidante Alexis Tsipras, forte di tutti i sondaggi che lo danno in vantaggio di almeno quattro punti percentuali rispetto al partito di Nea Dimokratia, convinto che la Grecia oggi «sia vicina ad una nuova vita». Per ora si registrano le sue promesse di ridefinire il memorandum con i creditori internazionali ma senza uscire dalla moneta unica. Chiede una conferenza per rinegoziare il debito di tutti i Piigs da realizzare in tandem con Mario Draghi, per gestire le banche e i depositi. Propone il ripristino delle tredicesime per le pensioni sotto i 700 euro ed una serie di misure a pioggia per welfare e sanità di cui, però, ancora si ignorano le coperture. Un passaggio che sta facendo tentennare più di un elettore di Syriza che non vorrebbe trovarsi nella sgradita contingenza di passare dalla padella alla brace.
Se da un lato, infatti, i mancati incassi per l'erario greco nel 2014 hanno toccato quota 12,5 miliardi di euro, certificando come minimo un'approssimazione nella gestione finanziaria, dall'altro sono in molti a non voler comunque prestare il fianco a chi, da Berlino e Bruxelles, ha imposto tagli e tasse finanche alle auto a metano e alle strutture turistiche. E facendo arrestare un intero gruppo parlamentare, quello di Alba dorata, accusato di omicidio ed eversione.

I greci contano 40 dispersi. I morti sono dieci. Ma a dare i numeri è Renzi

Chi ha preso in giro Matteo Renzi? A quali fonti si è ispirato il premier italiano per chiudere il cerchio sulle vittime del Norman Atlantic andato a fuoco due giorni fa a largo di Corfù? «Posso dire senza ombra di smentita che le vittime sono cinque», ha detto ieri Renzi durante la conferenza stampa di fine anno.
Il problema è che, nel frattempo, la stampa greca dava conto di ben quaranta dispersi oltre che di dieci morti. Secondo l'agenzia Amna il numero di persone soccorse ha raggiunto le 432 unità ieri sera su un totale di 478 passeggeri a bordo, compresi i membri dell'equipaggio. I numeri vengono dalla guardia costiera greca su cui i ministri italiani di difesa e trasporti, Pinotti e Lupi, hanno detto in conferenza stampa congiunta di non potersi esprimere prima di aver confrontato le liste con i parigrado ellenici. A quando il netto?
Renzi è stato informato dalla Marina Militare e dalla guardia costiera, quindi dal ministro Pinotti, in un momento di particolare confusione nel quale, ad onore del vero, anche i greci erano fermi a cinque vittime. Semmai l'errore del premier è stato quello di enfatizzare la certezza dei suoi dati «senza ombra di dubbio» in una storia dove i dubbi sono numerosissimi. Nel frattempo, la guardia costiera italiana ha annunciato altri due decessi aumentando la mortalità totale a sette passeggeri (mentre i greci insistono con otto), dopo che le navi della Marina Militare Italiana, San Giorgio e Durand de la Penne, avevano recuperato altri due cadaveri. Il giallo dunque si allarga e coinvolge a questo punto chi ha fornito i numeri a Palazzo Chigi. Possibile che ci sia stata una tale discrepanza di valutazioni e bilanci?
Inoltre mentre gli ispettori italiani erano saliti sul traghetto per cercare eventuali persone scomparse, poco prima le autorità greche avevano confermato che altri quattro cadaveri erano stati trovati in prossimità della nave in fiamme. Insomma, tra Roma e Atene più di un problema di comunicazione. E il punto di domanda si fa gigantesco dal momento che non si sa ancora se gli ultimi deceduti figurassero tra i passeggeri o se fossero migranti irregolari. Infatti alcuni dei nomi dei passeggeri tratti in salvo non risultano nella lista ufficiale, per cui spetterà al «porto d'imbarco verificare la corrispondenza delle liste» ha osservato Lupi. Ma anche il ministro italiano dei Trasporti, così come il premier, sembra essere rimasto indietro, perché i greci hanno già dato i numeri, facendo salire il numero dei dispersi a quaranta. Ma Lupi insiste: «Fare previsioni sul numero dei dispersi, l'abbiamo detto anche al ministro greco, ci sembra assolutamente prematuro. I numeri sono ballerini, sarebbe sbagliato fornire delle cifre».
Ecco che la presenza di clandestini non registrati a bordo, che potrebbero far lievitare in modo significativo il numero delle vittime, non è stata ancora confermata (vero ministro Alfano?) ma il Ministro della Marina ellenica Miltiadis Varvitsiotis ha affermato che prima della partenza dal porto di Patrasso sono stati arrestate nove persone. Avevano tentato di salire a bordo del Norman Atlantic senza documenti. Ma Lupi insiste: presto i numeri per verificare le liste. Sì, ma quando?
twitter@FDepalo

lunedì 29 dicembre 2014

Norman Atlantic, i controlli e le sei deficiences

Atene- Tre nomi cambiati in cinque anni, controlli superati con un sei meno meno, passeggeri che dormivano nei garage (vietatissimo) e molte domande sul reale stato di salute della Norman Atlantic. Nessuno sa, ancora, se la tragedia di ieri nel basso Adriatico potrebbe essere dipesa da quelle sei defaillances certificate appena sette giorni fa. Ma al momento, il traghetto che ha preso fuoco a largo di Corfù presenta comunque dei precisi punti di domanda. In occasione dell'ultima ispezione compiuta sulla nave lo scorso 19 dicembre 2014 nel porto di Patrasso, l'organizzazione internazionale Paris Mou (che gestisce il protocollo d'intesa internazionale per i controlli uniformati) aveva riscontrato sei deficiencies . La maggiore criticità riguardava le porte taglia fuoco ( Fire doors/openings in fire-resisting divisions ) che risultavano sulla scheda dell'ispezione come «malfunzionanti». Inoltre era stata segnalata la mancanza di alcuni sistemi di sicurezza (batterie e luci), praticamente assenti, e anche problemi strutturali: tutti riportati nella relazione finale come not as required . I rilievi però non avevano comportato lo stop della nave, che aveva ricevuto dalla Rina Services, il Registro navale italiano, il certificato di classe e il certificato sicurezza passeggeri rinnovati nel luglio scorso. Secondo quanto scritto dalla Rina Services, la Norman Atlantic non aveva «prescrizioni a carico». Quindi ufficialmente tutto ok.
Spulciando la scheda del registro navale, si apprende che il Norman Atlantic, lungo 186 metri per una stazza lorda di 26.904 tonnellate e una stazza netta di 7800 tonnellate, ha una portata massima di 880 passeggeri e 250 veicoli. Ma un camionista che trasportava olio ha raccontato ad una tv greca che la nave era molto carica e che a malapena era riuscito a parcheggiare i suoi tre mezzi nella stiva. Inoltre, come ha diffuso un'emittente televisiva greca, alcuni passeggeri hanno detto di aver visto l'incendio con i loro occhi dal momento che hanno dormito nelle proprie auto in garage perché i posti in cabina erano terminati (cosa che su altri traghetti è tassativamente vietata): infatti sostituiva il traghetto Ellenic Spirit della compagnia greca Anek Lines, in manutenzione, che però era più capiente. Quindi le cabine originariamente prenotate non erano più disponibili sul nuovo mezzo. Secondo l'agenzia Archibugi la Norman Atlantic era stata noleggiata dalla greca Anek Lines e il contratto sarebbe scaduto il prossimo gennaio. A bordo, riferisce Archibugi, oltre ai passeggeri ci sono 128 camion, 90 auto, due autobus e una moto. La Norman Atlantic, di proprietà della Visemar Navigazione, è stata noleggiata dalla Anek per collegare le città portuali greche di Patrasso (Grecia centrale) e Igoumenitsa (Grecia occidentale) con Ancona. Varata nel 2009, in cinque anni ha cambiato già tre nomi. Commentando le notizie sulle problematiche del traghetto e le osservazioni dell'Autorità Portuale di Patrasso, il rappresentante della Anek ha detto che il «Norman Atlantic» aveva tutti i certificati di sicurezza in conformità con gli standard internazionali di sicurezza, e non aveva riscontrato alcun problema di sicurezza sulla scheda tecnica di allarme.

Tutti i rischi delle elezioni anticipate in Grecia per l’Europa

Fumata nera alle presidenziali, elezioni anticipate tra venti giorni e tanta incertezza sui mercati e sul destino dell’Europa. La Grecia dopo due anni e mezzo torna a far preoccupare il vecchio continente. Il Parlamento secondo Costituzione viene sciolto per la mancata elezione del capo dello Stato (la terza consecutiva) e alle urne c’è il rischio che la sinistra di Alexis Tsipras non sappia gestire il memorandum e gli impegni con i creditori internazionali. Nervose le Borse europee, tutte in calo.
VOTO
Non sono stati sufficienti i 168 sì all’ex commissario europeo all’ambiente Stavros Dimas(candidato di conservatori e socialisti) per passare le “porte di fuoco” delle opposizioni. Contro gli hanno votato il Syriza, i socialdemocratici di Dimar e i deputati di Alba dorata, per l’occasione trasferiti in Aula dal carcere, dove sono reclusi in massa, accusati di eversione e omicidio. Nervosa la reazione dei mercati, con Atene che perde l’11 per cento e le altre borse europee con il segno meno: Milano -2,26%, Madrid -2,15, Lisbona -1,5%, Francoforte -1,19%, Parigi -0,9% e Londra più contenuta con meno 0,26%. Inoltre il tasso del Btp a 10 anni risale al 2% per la prima volta dal 17 dicembre e lo spread con il Bund si è ampliato a 144 punti base.
TSIPRAS DIXIT
“Oggi è un giorno storico per la democrazia greca – ha detto subito dopo il voto –  Parlamentari, partiti e opposizioni hanno dimostrato che la democrazia non è costretta a subire pressioni e macchinazioni. Oggi il governo del signor Samaras che per due anni e mezzo ha saccheggiato la società è il passato per volontà del nostro popolo”. E conclude: “Il futuro è già iniziato. Siamo ottimisti e felici”.
SONDAGGI
Tutti i sondaggi danno in testa, staccato di 3-4 punti rispetto alla Nea Dimokratia del premier Samaras, il Syriza di Tsipras. Quest’ultimo, già in occasione della partecipazione lo scorso agosto al Forum Ambrosetti, aveva escluso di far uscire la Grecia dall’euro in caso di sua vittoria elettorale. Di contro il suo programma prevede essenzialmente tre punti: ridefinizione delmemorandum con i creditori internazionali, ripristino della tredicesima per le pensioni minime, utilizzo delle risorse greche per ovviare ai debiti. Tre gli scenari al momento più probabili.
SCENARI
In caso di Tsipras vincente almeno con una percentuale del 30%, possibile un governo di centrosinistra potendo contare sull’appoggio dei socialdemocratici di Fotis Kouvellis, che la scorsa settimana ha siglato con Tsipras un accordo elettorale, dopo che un anno fa aveva abbandonato la maggioranza pro troika. Il tutto con un rapido passaggio parlamentare già dopo la proclamazione, che permetterebbe di ripristinare il dialogo con la troika entro la metà di febbraio (in tempo per la successiva tranche di prestiti da 7 miliardi). In caso di Tsipras vincente di poco ecco che si aprirebbe un possibile stallo, con lo spettro di un altro governo di larghe intese per via di numeri insufficienti, ma con l’instabilità a preoccupare parecchio, così come accadde nel giugno 2012 quando furono necessari due scrutini per formare un esecutivo. Terza ipotesi, quella dei conservatori vincenti che replicherebbe lo scenario attuale con un governo assieme ai socialisti che garantisca la continuità del memorandum.
TROIKA IN STANDBY
Nessuna reazione ufficiale da parte della troika (Bce, Ue e Bce) ma la sensazione è che non ci sarà. Da un lato infatti c’è il team economico operativo in pianta stabile nei ministeri ateniesi pronto a straordinari disegni di legge che garantiscano il flusso di cassa dello Stato. Contemporaneamente la troika continua a tenere un atteggiamento di attesa, consapevole che il memorandum è una legge vera e propria che non può essere cassata con un semplice tratto di penna. Fino a ieri sera infatti esisteva un canale continua di comunicazione della troika con il ministro delle Finanze, Ghikas Hardouvelis. Oggi tuttavia, secondo fonti ministeriali, si rimanderà qualsiasi conversazione con la Grecia fino alla formazione di un nuovo governo. In ogni caso, il Ministero delle Finanze è pronto ad emettere nuovi buoni del Tesoro anche nel mese di gennaio al fine di garantire un cash flow sufficiente fino all’inizio dei nuovi negoziati.
Fonte: Formiche del 29/12/14

mercoledì 24 dicembre 2014

Tutti i punti interrogativi sull’incendio della Norman

Il risvolto investigativo dell’incidente che ha coinvolto il traghetto italiano Norman Atlantic: tutti i dubbi sulla reale portata dei mezzi stivati, le zattere malfunzionanti, i rischi relativi ai rilevamenti effettuati solo dieci giorni fa nel porto greco di Patrasso.
Ciò che emerge dalle prime analisi è che, al di là dei sei controlli non superati, il traghetto andato a fuoco a Corfù aveva un altro vulnus. Capienza dei mezzi al limite e passeggeri che dormivano in garage: vietato secondo gli esperti.
LE SEI DEFICIENZE
Il primo rilievo diffuso dai media è stato quello relativo ai controlli superati a malapena dal traghetto. I tecnici di Paris Mou avevano evidenziato sei ‘deficiencies‘ sulle porte taglia fuoco, sui sistemi di sicurezza di luci e batterie e su alcuni punti strutturali. Ma il traghetto aveva ugualmente ricevuto dal Registro navale italiano il certificato di classe e il certificato sicurezza passeggeri, con la prescrizione di risolvere il vulnus in due mesi. La domanda, ora, è se in quei sessanta giorni avrebbe potuto navigare o meno. Varato nel 2009, aveva già cambiato tre nomi in soli cinque anni.
LE DUE CONGETTURE
Due le ipotesi al vaglio degli inquirenti: l’incendio potrebbe essere scoppiato nel garage per il malfunzionamento degli impianti oppure a causa di una fiammata scaturita da uno dei mezzi trasportati. In ogni caso andranno accertati i meccanismi di sicurezza e dei sistemi attivi e passivi, dal momento che i verricelli per le zattere di salvataggio dovrebbero essere azionati anche in caso di black out elettrico.
LE DOMANDE DEL CORRIERE
Scrive oggi il Corriere della Sera: “Il 17 giugno scorso il Rina certifica la sicurezza dei passeggeri, l’11 luglio conclude l’ispezione generale e il verdetto è positivo: «There are no pending recommendations», nessuna raccomandazione da fare. Programma la nuova visita per il 9 agosto del 2015. Il 19 luglio anche gli esperti di «Paris Mou» terminano il proprio controllo. Segnalano problemi di conformità delle porte tagliafuoco e delle vie di fuga in caso di incendio. Decidono comunque di non fermare il traghetto. Una nuova ispezione viene svolta nel porto di Patrasso e si conclude il 19 dicembre scorso. Vengono rilevate sei «deficiencies»: malfunzionamento delle porte tagliafuoco; carenza dotazioni elettriche, luci di emergenza e batterie; carenza dei dispositivi «life salving»; carenza delle porte stagne; mancanza di documenti relativi al piano di sicurezza dei passeggeri. Il mezzo, come si dice in gergo «non viene detenuto», quindi può continuare a navigare sia pur con l’impegno di risolvere i problemi entro due settimane. Perché, nonostante le anomalie viene concesso il nulla osta? Perché, nonostante sei mesi di tempo non siano stati sufficienti per risolvere il problema delle porte tagliafuoco, viene autorizzato il trasporto dei passeggeri?“.
DOSSIER GARAGE
Secondo prassi è tassativamente vietato accedere ai garage durante la navigazione e soprattutto dormire a bordo dei mezzi, ma pare che questo assunto non sia stato applicato sulla Norman Atlantic. Quest’ultima era stata noleggiata dalla compagnia per sostituire l’altra nave Anek Linesin manutenzione che però era più capiente. Quindi, così come ricostruito ad una tv greca da un autotrasportatore ellenico ricoverato nel nosocomio di Galatina, dal momento che non c’erano più cabine disponibili alcuni passeggeri hanno trascorso la notte a bordo dei propri mezzi “stipati come sardine” nel garage numero 5, quello da cui è iniziato l’incendio. Inoltre nelle ultime settimane, complice la crisi dell’olio italiano falcidiato dal verme che ne sta limitando la produzione, si è intensificato del 30% il traffico di olio dalla Grecia verso l’Italia, con la richiesta dei produttori di potenziare i collegamenti navali. Potrebbe essere questa la ragione per cui nel garage della Norman c’erano molti, forse troppi, camion pieni di olio facilmente infiammabile?
I DUBBI
Ancora non è chiaro – scrive oggi il Corriere della Sera – “se l’incendio scoppiato nel garage del traghetto sia stato provocato dal malfunzionamento degli impianti o se invece a prendere fuoco sia stato uno dei mezzi trasportati. In ogni caso bisognerà accertare la regolarità dei meccanismi di sicurezza e dei sistemi attivi e passivi per segnalare problemi gravi”.
Si sa che a bordo ci sono 160 fra ingressi e porte tagliafuoco. “Incrociando i dati tecnici con le testimonianze dei passeggeri si dovrà accertare se abbiano funzionato i rilevatori di fumo, fiamme e calore e quelli di spegnimento che nella zona aperta al pubblico sono ad acqua mentre in garage sono più forti con schiume e getti idraulici”.
Inoltre, secondo i primi racconti di chi era a bordo, “ci sarebbero state difficoltà a calare in mare tutte le scialuppe. A bordo del Norman Atlantic ci sono lance di salvataggio e zattere che sono sempre azionate indipendentemente dal funzionamento delle dotazioni elettriche e dovrebbero sganciarsi meccanicamente e manualmente. Anche su questo si dovranno però svolgere approfondimenti”.
LA SCELTA DI BRINDISI
Altro punto controverso è la scelta di Brindisi e non del più vicino porto di Valona, in Albania, per l’approdo della Norman. Al momento dell’aggancio con il rimorchiatore Marietta Baretta partito dal porto brindisino (il cui cavo si è spezzato per due volte), lo scalo albanese distava 13 miglia, contro le 40 di Brindisi. Secondo la stampa greca, sarebbe stato più utile scegliere Valona almeno per mettere al sicuro i passeggeri ancora presenti sul ponte più alto della Norman. Mentre invece la cabina di regia dei soccorsi, supportata dalle navi italiane San Giorgio eDurand de la Penne, ha preferito fare rotta sul porto di Brindisi. Quello di Valona, anche se più vicino, non dispone delle necessarie strutture ed attrezzature per completare l’operazione.
Fonte: Formiche del 29/12/14

Tunisia verso un governo di larghe intese?

Il futuro della Tunisia potrebbe passare da un governo di larghe intese dopo l’elezione a presidente dell’88enne Béji Caïd Essebsi. Ma il punto di domanda che serpeggia tra la popolazione è se la passata vicinanza di molti neoeletti al dittatore Ben Alì possa essere o meno fonte di preoccupazione. “Il popolo che negli ultimi quattro anni ha vissuto la libertà certamente non tornerà indietro”, dice Imen Ben Mohamed, 29enne deputata del partito islamista Ennahdha. Cresciuta in Italia dove si è laureata in Cooperazione internazionale allo sviluppo a Roma, è tornata in Tunisia per partecipare all’Assemblea costituente.
Il neo presidente Béji Caïd Essebsi, in prima fila nei passati governi, è considerato il volto nuovo della Tunisia?
Non è incluso in una singola figura o in un solo partito il nuovo volto della Tunisia. Bensì all’interno di un intero processo democratico iniziato dalla rivoluzione, proseguito con la nuova carta costituzionale e con l’Assemblea costituente. L’ultima tappa è stata il Presidente. Il nostro Paese ha chiuso il suo passato con la Rivoluzione dei Gelsomini, abbracciando un processo democratico.
Il nuovo Parlamento è caratterizzato da un forte bipolarismo: può essere il viatico per la definitiva svolta?
Il bipolarismo è stato avvertito in modo particolare proprio in occasione di queste presidenziali, più che alle elezioni politiche. Nel nuovo Parlamento c’è la forza di ispirazione islamica Ennahdha e quella laica fondata da Essebsi, Nidaa Tounes, al cui interno c’è un pezzo del vecchio regime e altri personaggi legati alla famiglia socialista. C’è meno frammentazione rispetto al passato ma oggi non si può ancora parlare di bipolarismo, dal momento che tutto dipenderà da come verrà formato il governo.
Quale la prima opzione?
Si parla molto di un governo di unità nazionale o che comunque, in alternativa, sia appoggiato dai due maggiori partiti. In queste due eventualità non si potrà parlare di una forte polarizzazione. Tra qualche giorno ne sapremo di più.
Qual è stato il ruolo femminile in questa transizione che ha coinvolto anche la nuova Costituzione?
Storicamente in Tunisia le donne hanno ricoperto un ruolo molto forte, sia durante la prima colonizzazione che durante la prima Assemblea costituente. Un trend che è proseguito anche nella rivoluzione, con donne e studentesse al fianco degli uomini in piazza, impegnate nella lotta contro il dittatore. Dal 2011 c’è stata la parità di genere nelle elezioni con il 50% di seggi a disposizione delle donne: è stato un passo significativo per tradurre lo sforzo fatto in azioni concrete per costruire la nuova democrazia. E anche grazie a tre articoli su lavoro e diritti.
Anche all’Assemblea costituente vi siete ritagliate uno spazio significativo.
Includere la parità di genere all’interno della Costituzione è stato decisivo, frutto del grosso sforzo compiuto dalle donne tunisine nel segno della mobilitazione della società civile.
Come dare continuità alla transizione politica iniziata nel 2011 con la rivoluzione dei Gelsomini?
Abbiamo votato la Costituzione con 217 voti su 217. La Tunisia, rispetto agli altri Paesi che hanno vissuto le nostre stesse vicende, ha voluto puntare sull’etica politica. Dopo ogni crisi tocca ai partiti sedersi ad un tavolo e discutere delle soluzioni. E’la cultura del dialogo che abbiamo osservato durante questi tre anni post rivoluzione che ci ha consentito di giungere alle elezioni. Non dimentichiamo che altri Paesi sono ricaduti nel passato a causa di forti pressioni ideologiche che hanno portato scontri e non incontri. L’Egitto e la Siria purtroppo hanno di fatto ribaltato i vantaggi che le piazze avevano assicurato.
C’è il rischio di un ritorno al passato, visto che molti candidati alle politiche di un mese fa erano stati ministri sotto Ben Alì?
Inutile nascondere che la preoccupazione esiste tra cittadini ed eletti, dal momento che molti dei nuovi deputati avevano ricoperto in passato ruoli di rilievo sotto Ben Alì. Ma oggi abbiamo il dovere di attendere gli eventi legati al nuovo governo e di sperare nel cambiamento. Personalmente sono sicura di una cosa: il popolo che negli ultimi quattro anni ha vissuto la libertà certamente non tornerà indietro.
twitter@FDepalo
Fonte: Formiche del 24/12/14

Taci, tutti i misteri del nuovo proprietario del Parma Calcio

Dopo una trattativa sotterranea di sei mesi il Parma Calcio passa nelle mani di un gruppo russo-cipriota che ne acquisisce il titolo sportivo e anche il monte debiti. Un’operazione da 25 milioni di euro con il mistero su chi si cela realmente dietro la cipriota Dastraso Holding Limited. Attualmente il presidente sarà, pro tempore (tre mesi), l’avvocato Fabio Giordano che ha curato i rapporti con i media ed è stato l’unico volto dell’operazione.
GRUPPO
Nonostante la Dastraso Holding Limited sia nata esattamente solo il 7 novembre scorso, si sa che il gruppo per il 60% detenuto da ciprioti e per il 40% da russi, è nei fatti lo stesso che aveva curato la trattativa interrottasi due settimane fa per insolvibilità degli impegni preliminari. Al momento emerge che ha un fatturato da 2 milioni di euro ma nulla di più si evince dal “Portale europeo della giustizia elettronica-registri delle imprese”. Ufficiosamente si sa che i nuovi proprietari del Parma si occupano di business dell’estrazione petrolifera. I nomi degli azionisti non sono stati fatti, ma sino ad oggi le piste hanno portato a Pietro Doca, (in foto) gioielliere albanese da anni trapiantato a Parma, che è il rappresentante legale della Dastraso Holding Limited. Ma Doca è anche uno degli uomini più vicini al petroliere albanese Rezart Taci.
TACI
Tutti lo chiamano «il Petroliere» per i denari ottenuti dal business di gasolio, benzina e derivati. I suoi numeri parlano di un fatturato da 1,5 miliardi di euro fra Tirana, Ginevra e Londra. E pensare che nel 1991 era giunto in Italia dall’Albania con una di quelle navi della speranza, insieme a migliaia di suoi connazionali, in fuga dal comunismo. Già socio e sponsor del Milan Calcio,grande amico di Silvio Berlusconi in persona, il 44enne Taci ha tentato più volte l’ingresso sul mercato del calcio italiano ma senza riuscirci. Lo scorso settembre era stato il presidente del Genoa Enrico Preziosi (il re dei giocattoli) ad incontrarlo: sul piatto la possibilità di un ingresso come socio di minoranza o come main sponsor, ma poi saltò tutto, e qualcuno disse proprio perché il vero obiettivo era il Parma, già in profonda crisi societaria e sportiva. Nel 2009 manifestò l’interesse per il Bologna (è stato Presidente nel dopo Menarini per una sola notte), e nell’ordine anche per Roma e Milan. Il rapporto con il Milan è comunque stretto e costante anche in virtù del legame con l’ad Adriano Galliani e alle sue frequentazioni al ristorante milanese Giannino, “covo” dei rossoneri.
TACI OIL
Base strategica è la Taci Oil. Ha iniziato la sua attività vendendo prodotti petroliferi all’Agip, realizzando i primi depositi nel nord nell’Albania, ma il boom lo ottiene con la privatizzazione dell’Armo, la società petrolifera di stato. Vince la gara nel 2008 con la sua Anika Enterprises,con sede in Svizzera. Da lì prosegue il suo business fino all’acquisto di una banca islamica e dello Sheraton di Tirana. Lo scorso 13 novembre aveva addirittura smentito l’interesse per il club scaligero tramite il suo portavoce.
Ha studiato giurisprudenza all’Università di Alessandria ma senza giungere alla laurea. E ‘stato grazie alla sua partnership con alcuni istituti finanziari come Credit Agricole, Bnp Paribas e i Lloyds di Londra, che Taci ha avviato Taci Oil, che oggi è una delle maggiori società del Paese dotata di 90 stazioni e in grado di assicurare il 35% del fabbisogno albanese.
MILLE INTERESSI
Taci cura molti interessi in diversi settori. E’ presidente della Federazione Albanese degli Scacchi. E’ del 2011 la firma, per la Taçi Oil, di una partnership annuale come premium sponsor con il Milan. Con il padre Mustafa (che siede nel cda delle sue aziende assieme ad altri strettissimi familiari) acquisisce la squadra albanese del KS Gramozi Ersekë e la porta nella serie A del suo Paese, la Kategoria Superiore. Lo scorso luglio ha comprato il club inglese delLeyton Orient, in comproprietà con l’imprenditore romano Francesco Becchetti, che milita nella serie C d’Oltremanica.
OMBRE
Secondo il Direttorio per criminalità economica e finanziaria sarebbe nel mirino della procura albanese per evasione fiscale. Si parla di 15 milioni di dollari. I suoi collaboratori sono sotto osservazione degli investigatori: si tratta di Anika Taci, Mustafa Taci, Drita Alicka, Arianit Kolgega e Irgen Selfo. Tutti sospettati di evasione fiscale e frode finanziaria. Nel 2012 finirono sotto sequestro preventivo i beni immobili ed i conti correnti della sua società di raffineria Armo, oltre che sugli immobili della banca albanese Credins. La Corte di Tirana eseguì una richiesta dellaBanca Internazionale di Azerbaigian (Iba), il cui pacchetto di maggioranza è controllato dallo Stato, che pretendeva di riottenere la somma di 75 milioni di euro.
Fonte: Formiche del 24/12/14

martedì 23 dicembre 2014

Legge stabilità: il calcio del governo alle partite Iva

Dal Fatto Quotidiano del 23/12/14

Ha scritto Ernest Hemingway che non bisogna confondere “mai il movimento con l’azione”. C’è chi si agita senza spostarsi di un millimetro e chi senza sudare porta a termine una maratona.
Il governo, con la Legge di Stabilità, dà un calcio in faccia al regime dei minimi e a quel popolo di freelance e di partite Iva che, con le nuove soglie, pagheranno un prezzo altissimo. L’obiettivo è far gravare il “gettone spot degli 80 euro” (e poco altro) sulle spalle di chi lavora autonomamente senza tredicesima o scalini di stipendio, a chi non può permettersi un raffreddore o di scaldare la sedia, a chi deve fino al termine della giornata “portare a casa la giornata”, a chi non ha né sabato né domenica e che non aspetta con ansia che le lancette dell’orologio finiscano il giro per sgattaiolare via cinque minuti prima.
In base alla finanziaria le soglie spostate da 30.000 a 15.000 euro lordi con l’aliquota dal 5 al 15% comporteranno che tra un mese, nel nuovo regime “agevolato”, potrà entrare solo chi guadagna 10.000 euro netti l’anno. Chi incassa un centesimo in più sarà bastonato dalla clava fiscale, nonostante i proclami iniziali erano nella direzione di non voler aumentare assolutamente le tasse. Insomma, uno sgradevolissimo fiscal-tweet che sa di vecchie ricette e aumento di tasse. Altro che novità e riforme. 
Non solo la mossa del governo è pericolosa perché si abbatte su un vasto panorama di professionisti che pagheranno in solitario il conto, ma è anche insensata perché colpisce chi fa muovere il mercato, chi produce e non può fare nero, chi è tracciabile come i giornalisti che firmano gli articoli quindi figurano, chi avrebbe nelle corde lo slancio per uscire dalle gelatinose sabbie mobili in cui il Paese è finito. E che invece è considerato un ramo secco mentre ad esempio in Sicilia i dipendenti dell’Ars sono ancora più di quelli di Senato e Camera e hanno recepito i tagli in maniera, per così dire, bizantina. Auguri di buon Natale anche a loro e ai forestali calabresi.
Twitter: @FDepalo

sabato 20 dicembre 2014

Così gli occhi elettronici di Pechino scruteranno l’Asia

Chi e come realizzerà la nuova rete cinese marittima ad ampio raggio? Servirà per gestire i disastri, salvaguardare l’economia costiera e la tutela degli interessi marittimi, ma non solo. Le mire di questa nuova iniziativa potrebbero essere ben maggiori. A questo si aggiunge la nuova proposta della SCO, la potente organizzazione in cui è presente anche Mosca, di ridurre le barriere commerciali nella macro-regione asiatica.
LA NUOVA RETE
La Cina sta creando una fitta rete di osservazione in mare aperto (sarà ultimata entro il 2020) per far fronte alle catastrofi naturali, garantire lo sviluppo dell’economia costiera e la protezione del Paese. L’efficacia di questa nuova rete di occhi 2.0 sarà estesa anche alle fasce polari, dove già da tempo si registra un certo traffico di interessi e pretese per le risorse presenti sotto il ghiaccio.Chen Zhi, un funzionario del Dipartimento nazionale della prevenzione dei disastri, ha spiegato che la capacità di osservazione offshore del Paese ha registrato un ritardo nello sviluppo nel paese in termini di osservazione marittima, di infrastrutture e di supporto tecnico. Ragion per cui questa misura si rende imprescindibile.
GLI OCCHI DI PECHINO
Secondo fonti governative, il Paese necessita della costruzione di una rete di osservazione in mare aperto al fine di sfruttare completamente il potenziale delle aree marine della Cina, e quindi tutelarne tutti gli interessi marittimi. Le linee guida di questo progetto, pubblicate lo scorso mercoledì, definiscono il perimetro dell’azione, da completare entro il 2020. Primi passi saranno la realizzazione di stazioni radar, di quelle per gli allarmi tsunami e anche di quelle per le ricognizioni sottomarine e le operazioni satellitari.
IL TREND
L’iniziativa della rete di osservazione si inserisce in un momento di crescente attenzione internazionale per la vasta area di mare della Cina e per le sue ricche risorse naturali.
Il Mar Cinese orientale e Mar Cinese Meridionale, infatti, sono stati interessati nel recente passato da diatribe con il Giappone, le Filippine e il Vietnam riguardo a vicende legate alla sovranità della Cina sulle isole e sulle acque. Al momento la situazione generale nella regione resta serena, anche perché le singole discussioni sulla cooperazione marittima sono condotte dagli attori regionali. Questi ultimi si riuniscono annualmente in un apposito meeting per garantire che le rotte marittime non siano interrotte da questioni legate alla politica o alla sicurezza e affinché le procedure di soccorso siano operative ed efficaci in qualsiasi momento, a fronte ditifoni o tsunami.
LE PERDITE
Le cosiddette catastrofi offshore hanno causato enormi perdite economiche per la Cina. Lo scorso anno 121 sono stati morti con un danno finanziario di circa 16 miliardi di yuan (2,6 miliardi dollari). Non va dimenticato che a causa del riscaldamento globale e del cedimento strutturale del terreno, il livello del mare della Cina è aumentato di 95 millimetri al di sopra del livello medio tra il 1975 e il 1993, minacciando milioni di residenti costieri. Secondo le analisi dei ricercatori, la situazione potrebbe peggiorare sensibilmente entro il 2050, quando il livello del mare potrebbe aumentare fino a 200 millimetri, sommergendo circa 87mila chilometri quadrati.
MISSIONE: ARTICO
Ma il progetto cinese, oltre che scopi scientifici e legati alla sicurezza, potrà interessare anche la porzione di acque che giunge sino al polo in una zona dove, da alcuni anni, si sta accendendo un interesse diffuso per acque e non solo. Da tempo spedizioni e piattaforme petrolifere operano nelle gelide acque del profondo Nord, prevalentemente per missioni di carattere energetico.
L’ATTIVISMO DELLA SCO
La notizia delle grandi manovre marittime cinesi, è stata accompagnata dall’intenso lavoro compiuto dallo SCO, l’influente organizzazione politica, economica e militare fondata nel 2001 a Shanghai da parte dei leader di Cina, Kazakistan, Kirghizistan, Russia, Tagikistan e Uzbekistan. Fatta eccezione per l’Uzbekistan, gli altri Paesi erano stati precedentemente membri della Shanghai Five, fondata nel 1996. Nell’orbita della SCO adesso c’è anche l’India, potenziale prossimo membro e già sotto osservazione. Per questo lo scorso febbraio Dmitry Fedorovich Mezentsev, segretario generale dell’organizzazione, ha visitato Nuova Delhi.
GIU’ I MURI
Giorni fa ad Astana, in Kazakistan, i premier di Cina, Russia, Kazakistan, Tagikistan e Kirghizistan hanno deciso di concretizzare il processo di cooperazione fra le singole economie. Esse saranno, dal 2015, maggiormente basate sulle risorse industriali avanzate prodotte in loco e provvederanno al sostegno finanziario contro l’impatto dei prezzi del petrolio a picco e contro le incertezze geopolitiche (caso ucraino compreso). Per queste ragioni, i membri dell’organizzazione hanno firmato una serie di accordi per approfondire la cooperazione, applicando profili economici e commerciali multilaterali. L’accelerazione è stata stimolata dal premier cinese Li, che ha invitato l’organizzazione a ridurre le barriere commerciali, migliorando l’efficienza delle dogane e l’accesso al mercato aperto tra i membri dell’organizzazione.
IL FONDO RASIA
Il premier cinese ha inoltre annunciato l’inizio della selezione dei progetti del Fondo di cooperazione “Rasia”. Un’iniziativa da 5 miliardi di dollari, nata dalla consapevolezza che la crescita economica in Asia centrale continuerà a decelerare nel 2015, anche in virtù delle tensioni geopolitiche tra Russia e Ucraina. Il blocco regionale composto da Cina, Russia, Kazakistan, Tagikistan, Kirghizistan e Uzbekistan, contiene tre quinti del continente eurasiatico e un quarto della popolazione mondiale. Numeri che la SCO intende far pesare.
Fonte: Formiche del 20/12/14

giovedì 18 dicembre 2014

Evasione per 8 miliardi in Italia? I greci hanno fatto di meglio con la Lista Lagarde

Dal Fatto Quotidiano del 18/12/14

Altro che la mega evasione da 8 milioni di euro scoperta ieri in Italia dalla Gdf. I greci hanno fatto di meglio visto che nella ListaLagarde degli illustri evasori di miliardi, non milioni, ce ne sono ufficialmente almeno 20, dirottati verso i cantoni svizzeri dal gotha della politica e dell’imprenditoria ellenica negli anni pre-crisi. L’allora ministro dell’Economia francese sotto il governo Sarkozy, oggi numero uno del Fmi, stilò un apposito elenco con 2059 nomi, inviandolo per corriere diplomatico a due ministri dell’Economia di Atene (Papacostantinou e Venizelos) che si guardarono bene dal protocollarlo. Il motivo?
Forse, ma il sospetto è tutto di cronisti curiosi visto che l’apposita commissione parlamentare greca tace, per via della statura dei nomi coinvolti in quella vicenda che costarono l’arresto e un processo per direttissima al giornalista greco che per primo li pubblicò. Kostas Vaxevanis, direttore del settimanale Hot Doc, fu arrestato nell’ottobre 2012 sull’uscio di casa dalle teste di cuoio greche (i gruppi dei Mat) poche ore dopo lo scoop e di quelle manette diede notizie lui stesso su Twitter per paura di finire chissà dove, come tanti dissidenti nel mondo a cui hanno tappato la bocca. Una vicenda che gli valse il Premio Giornalistico Internazionale Julio Parrado e che, come mi rivelò nell’intervista pubblicata nel mio pamhplet Greco-Eroe d’Europa (Albeggi, 2014) gli cambiò la vita. In tutti i sensi, visto che il suo appartamento nel frattempo venne visitato in numerose occasioni da sconosciuti in cerca di pc e informazioni, non certo per sorseggiare un bicchiere di ouzo.
La portata di quella lista in Grecia, tanto per fare un parallelismo con l’Italia, è simile a quella della P2 a casa nostra: un terremoto. Mezzo governo di Atene (di larghe intese con la troika), deputati, imprenditori, armatori, giornalisti, faccendieri, finanche il primo consigliere economico dell’attuale premier Samaras, taleStavros Papastravrou che a dimettersi non ci pensò proprio. Tutti accomunati dal fatto di aver inviato denaro fresco lontano da occhi indiscreti. Tra questi, secondo una pm ateniese, anche i proventi della maxi tangente per la fornitura di armi alla Grecia da parte di note multinazionali tedesche (per cui è stato richiesto il rinvio a giudizio di 62, tra manager ellenici e berlinesi) e di quelle distribuite per le Olimpiadi del 2004, costate il triplo di quelle londinesi. E considerate, da tutti, l’inizio della fine della Grecia.
Seguire il denaro, predicava Giovanni Falcone, come quello finito sui giornali nel Lussemburgo di Jean Claude Juncker dove, a note multinazionali, è stato riservato un trattamento fiscale di favore. Intanto la commissione parlamentare di inchiesta greca, dopo aver messo agli atti un reportage sulla Lista Lagarde pubblicato nel 2013 da queste colonne, ha fatto perdere le proprie tracce, dal momento che nulla si sa circa risultati ed eventuali provvedimenti. Nel frattempo chi ha infranto la legge non batte ciglio, né viene chiamato a darne conto, mentre ai cittadini greci si chiede il quarto taglio a stipendi, pensioni, indennità e Bruxelles (via Berlino) chiede di raddoppiare le tasse sul turismo, l’unico settore che in Grecia va bene.
Ad majora, o meglio, una faccia una razza. Ma stavolta a vincere è la casta nell’Egeo.
twitter@FDepalo