venerdì 29 agosto 2014

L'orrore si avvicina, in Egitto 4 decapitati

Erano spie mandate dal Mossad. Con questa motivazione i jihadisti d'Egitto hanno decapitato 4 persone, con tanto di filmato­selfie diffuso su Youtube e su Twitter.
A firmare il video dei quattro decapitati è un gruppo che si chiama Ansar Bayt al­Maqdis, riconducibile ad Al Qaida, che ha deciso di dare in pasto alla rete l'esecuzione: nelle immagini si vedono le vittime inginocchiate davanti ai nove carnefici, tutti con il volto coperto, con sullo sfondo le bandiere dello Stato islamico. Pochi istanti dopo ecco spuntare le teste posizionate sui cadaveri, che sono ritrovati mercoledì scorso, anche se l'esecuzione, forse, risale all'inizio del mese.
Prima del filmato è andata in scena la minaccia rivolta alle «spie»: «La porta del pentimento è aperta. Il nostro obiettivo non è tagliare teste ma impedire i danni ai musulmani». E ancora: «Gli ebrei devono capire che la Nazione islamica si è risvegliata». Per poi dare sfogo a un lungo panegirico, in difesa dei martiri jihadisti: il riferimento è ai tre miliziani centrati da un missile lo sorso 23 luglio mentre erano su un'auto. I miliziani hanno sostenuto che le quattro «spie» avevano passato ai servizi segreti israeliani informazioni propedeutiche proprio a quel raid aereo.
Le «spie» sono cadute in una trappola lungo il tragitto per la città di Sheikh Zuwaid, a una manciata di chilometri dalla Striscia di Gaza. Nel video­propaganda, inoltre, il boia asserisce che le «spie» avrebbero ammesso la propria colpevolezza, con due dei condannati che dicono di avere trascorso del tempo nelle prigioni israeliane per contrabbando e altri due pronti ad ammettere di aver ricevuto denaro dal Mossad per lo spionaggio. Si tratta dell'ennesima esecuzione, dopo quella ripresa nel video del 19 agosto dallo Stato islamico, in Siria, in cui si vedeva la decapitazione del giornalista statunitense James Foley, mentre altri ostaggi occidentali risultano tuttora rapiti. E nel frattempo 43 caschi blu, probabilmente filippini, sono stati presi in ostaggio sulle Alture del Golan, nei pressi di Al Qunaytirah, zona di confine dove si fronteggiano i ribelli quaedisti di al-Nusra con le truppe lealiste fedeli al governo di Damasco di Assad.
Sul punto si registra la reazione del presidente francese Hollande, secondo cui il presidente siriano Assad non può essere un partner della lotta contro il terrorismo in Siria e in Irak, in quanto «è l'alleato oggettivo dei jihadisti», mentre in un appello congiunto i Patriarchi e i Capi delle Chiese orientali denunciano «i crimini contro l'umanità» commessi dallo Stato islamico in Irak «contro i cristiani, gli yazidi e le altre minoranze».
Il filmato dei quattro decapitati arriva 48 ore dopo che i jihadisti dello Stato islamico hanno giustiziato circa 65 soldati siriani dei 250 in fuga dalla base aerea siriana di Tabqa, nel nord. Da alcune foto diffuse dallo Stato islamico si vedono i soldati dell'esercito siriano arrestati, spogliati e fatti mettere in fila nel deserto in quanto «membri e ufficiali dell'esercito alawita». Altre immagini ritraggono alcuni soldati seminudi a cui i miliziani jihadisti puntano i fucili automatici. Un'esecuzione di massa. E intanto in quella zona anche 81 peace keepers sono bloccati. Quanto al video della decapitazione, che dura cinque minuti e mezzo, se ne venisse confermata ufficialmente l'autenticità sarebbe in assoluto la prima volta che un'organizzazione terroristica in Egitto esegue un'esecuzione davanti alle telecamere. La barbarie sembra non avere fine.

giovedì 28 agosto 2014

Cibo e armi, il doppio binario di Mosca verso l’Asia

Cibo e armi, il doppio binario di Mosca verso l'Asia
Su quali binari si snodano le nuove strategie commerciali e militari russe dopo le conseguenze del caso ucraino? In primis si rafforza l’asse con la Cina e l’intera area asiatica, come dimostrano due fatti, distinti ma paralleli, accaduti nelle ultime ore legati a scelte politiche relative ai prodotti alimentari ed alla tecnologia militare.
CIBO
Il Ministro dello Sviluppo Economico Alexei Ulyukayev ha invitato i Paesi asiatici ad aumentare le loro esportazioni alimentari verso la Russia: il governo cerca in questo modo possibili e valide alternative per ovviare alle sanzioni occidentali, in modo particolare frutta e verdura fresca a cui la Russia risponderà importando noci, carne di manzo, maiale e pollo.

DIVIETI
Il divieto di alimenti provenienti da Stati Uniti, Unione europea, Australia, Canada e Norvegia è stato attuato dal Cremlino all’inizio di questo mese in risposta alle sanzioni occidentali contro l’Ucraina. La mossa ha suscitato forti preoccupazioni per la scarsità di cibo, con il relativo aumento dei prezzi e l’inflazione in Russia, dal momento che il costo dei beni colpiti dal divieto è sensibilmente aumentato nelle ultime settimane. Si veda il caso del pollo congelato (prezzo salito del 4,1%) e della carne di maiale (più 1,6% in due settimane).

ARMI
Nelle stese ore si è svolto un delicato e interessante vertice russo-cinese con i massimi funzionari dei due Paesi impegnati a migliorare ulteriormente i legami militari. Fan Changlong, vice presidente della commissione Cinese militare centrale (CMC) Valery Gerasimov, Capo di Stato Maggiore Generale delle Forze Armate della Russia, puntano allo sviluppo congiunto delle relazioni tra i due paesi. Sul tavolo la cooperazione in settori di alto livello come consulenza strategica, esercitazioni militari congiunte e know how militare.

MOSCA-PECHINO
Un asse, quello tra Mosca e Pechino, che già ha prodotto risultati significativi nell’ultimo lustro. Oggi la Cina è disposta a lavorare ancora con la Russia per mettere in pratica il feeling tra i due capi di Stato, al fine di ampliare la larghezza della cooperazione in modo da salvaguardare congiuntamente la stabilità regionale, la pace e lo sviluppo mondiale, come ha detto Fan. Invece Gerasimov ha osservato che dopo questa accelerazione nel campo degli armamenti i rapporti bilaterali tra Cina e Russia sono entrati in una nuova fase, promettendo ulteriori sforzi per portare i legami bilaterali a livelli massimi.

MEETING
Si tratta di una settimana, questa, particolarmente intensa per Gerasimov, atteso da una serie di vertici bilaterali con il Capo di Stato Maggiore Generale dell’Esercito di Liberazione PopolareFang Fenghui per poi prendere parte alla riunione dei capi di stato maggiore della Shanghai Cooperation Organization (SCO). L’obiettivo? Discutere non solo dei fronti di crisi come quello ucraino e mediorientale, ma anche per ragionare sulle nuove proposte di politiche comuni per la macro regione asiatica.

SCO
Si tratta dell’organizzazione politica, economica e militare fondata nel 2001 a Shanghai da parte dei leader di Cina, Kazakistan, Kirghizistan, Russia, Tagikistan e Uzbekistan. Fatta eccezione per l’Uzbekistan, gli altri paesi erano stati precedentemente membri della Shanghai Five, fondata nel 1996. Nelle mire della Sco adesso c’è anche l’India, potenziale prossimo membro e già sotto osservazione. Per questo lo scorso febbraio Dmitry Fedorovich Mezentsev, segretario generale dell’Organizzazione, ha visitato Nuova Delhi. All’orizzonte un nuovo e compatto fronte russo-asiatico?

twitter@FDepalo

mercoledì 27 agosto 2014

BOC Aviation, ecco segreti e strategie di un braccio operativo di Bank of China

BOC Aviation, ecco segreti e strategie di un braccio operativo di Bank of China
Dopo l’emissione di obbligazioni per 5 miliardi di dollari, un acquisto faraonico sul mercato dell’aerospazio. Numeri, uomini al vertice e strategie di BOC Aviation, il braccio operativo dei leasing di Bank of China. Legata a doppia mandata alla rilevante Banca cinese, che ne detiene il 100%, ha deciso per un’accelerazione del suo sviluppo. E pochi giorni fa ha fatto il più grande ordine nella sua storia da 20 anni a questa parte.
BOC
Con sede a Singapore la BOC Aviation è uno dei locatori più importanti del mondo. Al 31 marzo 2014 il suo portafoglio comprendeva 237 proprietà e gestione aeromobili in locazione a 55 compagnie aeree in 30 paesi del pianeta. La società è stata fondata nel 1993 per fornire in leasing operativi (commerciale e passeggeri) aeromobili e cargo alle compagnie aeree di tutto il mondo. L’azienda offre contratti di leasing operativi diretti e asset management a terzi. E’ anche coinvolta nella vendita di aeromobili, fornendo finanza strutturata e gestione tecnica, come servizi di gestione, locazione e re-marketing per compagnie aeree, banche e altri investitori. Inoltre l’azienda offre un finanziamento del debito per le compagnie aeree.
OBBLIGAZIONI
Quattro mesi fa ha emesso obbligazioni per 5 miliardi di dollari. Inizialmente era stato stabilito un limite di 2 miliardi di dollari nel settembre 2012, successivamente aumentato a 5 miliardi di dollari nel mese di aprile 2014. La joint coordinatori globali sono state BOC International,Citigroup e HSBC. Le joint lead manager e bookrunner congiunti invece BNP Paribas, BOC International, Citigroup, DBS Bank Ltd., HSBC, JPMorgan e Morgan Stanley. Le Obbligazioni sono state denominate in dollari USA, e hanno partorito un cedola fissa del 3,875% annuo, con interessi pagabili semestralmente in via posticipata. Il rendimento per gli investitori sarà 4,107% annuo, che rappresenta uno spread del 2,40% oltre 5 anni. BOC Aviation userà i proventi netti per finanziare la nuova spesa in conto capitale, per scopi aziendali generali (come nuovi acquisti di aeromobili) e anche per il rifinanziamento di prestiti esistenti.
CHEN
Numero uno di BOC Aviation è Mr. Siqing Chen, già Vice Presidente esecutivo della Bank of China Ltd dal giugno 2008, dove vi è entrato nel 1990 lavorando nel Hunan e poi ad Hong Kong come Assistant General Manager. Ha ricoperto diversi incarichi nella Banca di Cina dal giugno 2000 al maggio 2008, per poi fare un passo decisivo verso la BOC. E’ anche Vice Chairman del Comitato Sviluppo Strategico della Bank of China Ltd. Bank of China ha da alcuni mesi avviato una vera e propria campagna di acquisizione tra le aziende italiane quotate.
COLPO
Un primo frutto di quelle obbligazioni, secondo alcuni analisti, è il mega ordine da 80 Boeing di medio raggio per trasporto passeggeri. Ecco che lo shopping dalla società di leasing cinese si presenta come una strategia legata al boom di finanziamenti nell’aviazione e coincide con una forte domanda delle compagnie aeree.
ORDINE
L’ordine è stato per 50 Boeing 737 e 30 Next Generation 737-800, che saranno consegnati tra il 2016 e il 2021. Gli aerei sono valutati 8,8 miliardi di dollari (prezzo di listino), secondo quanto riferito dal Wall Street Journal da un dirigente di Boeing. L’ordine comprende anche due widebody Boeing 777-300ER, per cui BOC Aviation avrebbe già trovato un cliente, secondo una dichiarazione della società, ma non ne ha rivelato l’identità. I clienti in genere ricevono sconti tra il 30% e il 40% sui prezzi di listino degli aerei. Secondo Dinesh Keskar, senior vice president di Boeing per le vendite per l’Asia-Pacifico e India, “il Boeing 737 è un bene molto liquido e la concorrenza per la vendita e lease-back è molto alta”.
STRATEGIA
La divisione leasing di Bank of China, quindi, può acquistare aerei direttamente dai produttori e in seguito trattarli con i clienti, o comprare gli aerei dalle compagnie aeree sotto offerte di vendita-and-leaseback che permettono ai vettori di vendere la proprietà dei loro aerei e tenerli fuori dai propri bilanci. Al 30 giugno scorso la BOC deteneva 251 aerei nella sua flotta, tra cui 118 aerei Boeing che attualmente volano con 27 compagnie aeree.
PRATT&WHITNEY
E’ dello scorso febbraio la partnership di BOC con Pratt & Whitney Motori per gli aeromobili A320. Le consegne sono previste per inizio nel 2017. Secondo Robert Martin, amministratore delegato e chief executive officer di BOC Aviation, i motori Pratt & Whitney PurePower sono stati scelti da BOC per la tecnologia e per il risparmio di carburante che assicurano. Un matrimonio quello tra la BOC Aviation di proprietà della Banca di Cina, una delle più grandi banche del mondo, e Pratt & Whitney, leader mondiale nella progettazione, produzione e assistenza di aerei motori, che dimostra l’accelerazione da parte del colosso cinese nel panorama aerospaziale mondiale.
twitter@FDepalo

lunedì 25 agosto 2014

Giappone, tutti i dettagli della corsa agli armamenti per la Difesa

Giappone, tutti i dettagli della corsa agli armamenti per la Difesa
Il Ministero della Difesa giapponese è pronto ad una richiesta record di finanziamenti: 5mila miliardi di yen come fondo per il bilancio 2015. Se approvato dal gabinetto governativo, segnerebbe un aumento del 3,5 per cento rispetto all’anno in corso. Il ministero spera di migliorare la capacità delle Forze di Difesa del Giappone, per la difesa di “territori remoti”.
COSA ACQUISTARE
La richiesta di bilancio riguarderà la creazione di una forza anfibia, tra cui nuove navi d’assalto anfibie e l’acquisto di sei F-35 caccia stealth e 20 P-1. La notizia è altamente significativa dal momento che da un mese a questa parte Tokyo non è più un Paese ultrapacifista. Infatti lo scorso 1 luglio la maggioranza parlamentare ha dato il nulla osta all’approvazione di una modifica interpretativa delle norme costituzionali: da questo momento è ammessa per le Forze armate la cosiddetta “difesa collettiva” in alcune circostanze. Nella sostanza la difesa nipponicapotrà attaccare anche per difendere alleati sotto attacco e non più solo in risposta ad un eventuale attacco esterno.

CONGIUNTURA
La richiesta sarà annunciata ufficialmente il prossimo 29 agosto e giunge in un momento caratterizzato da una congiuntura estremamente delicata. Numerose e continue infatti sono le tensioni con la Cina, la Corea del Sud e Russia su una serie di dispute territoriali marittime.

STRATEGIA
Ecco che la richiesta del mega finanziamento è parte integrante di una precisa strategia che riguarda la sicurezza e la difesa giapponese, iniziata con la programmazione di un simposio internazionale per le esportazioni belliche, che si terrà fra tre settimane in Giappone. Sarà l’occasione per scoprire le carte di Tokyo sulle nuove direttrici di diffusione a macchia d’olio delle tecnologie militari ai cosiddetti Paesi dell’area ASEAN, così come hanno confermato ai media locali fonti del governo.

SIMPOSIO
Sarà il primo incontro formale tra il Giappone e l’Associazione delle Nazioni del Sudest asiatico per discutere a pieno titolo in merito a tali esportazioni, alla presenza del primo ministro giapponese Shinzo Abe che lo scorso aprile aveva deciso di alleggerire le restrizioni sulle esportazioni di armi. Durante il seminario a Tokyo, il governo prevede di discutere di come migliorare le capacità di difesa delle nazioni dell’ASEAN in vista di una potenziale forma di concorrenza con Pechino, anche grazie all’industria bellica giapponese.

PERCHE’
Il governo ritiene questo passo strategico in quanto alcuni paesi ASEAN sono impegnati in dispute territoriali con la Cina nel Mar Cinese Meridionale. Per cui i funzionari giapponesi spiegheranno come una nuova politica di equipaggiamenti per la difesa delle esportazioni di Tokyo ha sostituito, nei fatti, un embargo di quasi mezzo secolo sulle esportazioni di armi. Le nuove regole consentiranno di esportare equipaggiamenti per la difesa e tecnologia giapponese, anche se i nipponici hanno già concluso pre-accordi di trasferimento di attrezzature militari con gliStati Uniti, Gran Bretagna e Australia a cui andranno aggiunti quelli auspicati con i Paesi ASEAN come Brunei, Cambogia, Indonesia, Laos, Malesia, Myanmar, Filippine, Singapore, Tailandia e Vietnam.

REAZIONE
Pechino non ha reagito bene all’accelerata di Tokyio. Il programma di difesa nazionale ha provocato una reazione negativa da parte della Cina, che la legge come una rinascita del militarismo giapponese. Ma se da un lato la nuova strategia giapponese si allontana dai residui della Guerra fredda, quando il nemico più importante era a Mosca, ecco che nel mirino finiscono realtà come Cina e Corea del Nord. E lo fa aumentando i proprio numeri: i sottomarini passano da 16 a 22, i cacciatorpedinieri con il sistema antimissile americano “AEGIS” da 6 a 8, i caccia da 260 a 280.

twitter@FDepalo

sabato 23 agosto 2014

La Cina rincorre gli Usa a tutto gas

La Cina rincorre gli Usa a tutto gas
Di fronte al grave inquinamento atmosferico da carbone e ad una dipendenza crescente dalle importazioni di energia, la Cina è desiderosa di seguire la strategia degli Stati Uniti per un rapido incremento della produzione di gas naturale. Ed ecco che dopo lo storico accordo con Mosca, la sostituzione del carbone con il gas naturale è fondamentale per Pechino al fine di limitare le emissioni di gas ad effetto serra in Cina, il più grande produttore mondiale di anidride carbonica.
CARBONE ADDIO?
La Cina detiene il 13% delle riserve di carbone del mondo, e il 47% della produzione mondiale. Molti operatori cinesi nelle miniere di carbone si sono opposti al metano, temendo che il pompaggio di sabbia e sostanze chimiche nei pozzetti per liberare il gas potrebbe avere l’effetto indesiderato di condurre gas nelle loro miniere. Il governo cinese ha negoziato con gli operatori delle miniere e dei villaggi in Shouyang, a 220 km a sud ovest di Pechino, di autorizzare un grande progetto di metano guidato dalla Far East Energy Corporation, con sede a Houston.

GLI SFORZI DI PECHINO
La produzione di gas in Cina è troppo lenta nonostante gli sforzi aggressivi di Pechino per renderlo finanziariamente attraente per le imprese del settore energetico. Una criticità che il governo intende risolvere nel breve periodo al fine di dare una vera e propria inversione di tendenza alla propria politica energetica. Anche se non mancato punti di difficoltà.

LE DIFFICOLTA’
Vi sono molti dubbi circa la capacità della Cina di estrarre gas naturale sufficiente per soddisfare il proprio fabbisogno al posto dell’ultra inquinante carbone. Nonostante significativi investimenti e un deciso sostegno da parte del governo, la produzione di gas naturale della Cina sta crescendo a un ritmo più lento rispetto la sua economia. La produzione di gas naturale è aumentata solo del 6% lo scorso anno e del 4,4% nel 2012.

PUNTO CRITICO
A questo punto e dopo una serie di valutazioni analitiche, il governo cinese sembra aver finalmente metabolizzato il proprio deficit. Wu Xinxiong, numero uno della National Energy Administration of China, ha inaspettatamente ammesso (considerata la nota riservatezza degli alti funzionari di Pechino) che l’obiettivo della Cina per la produzione nazionale di gas naturale nel 2020 sarà solo 30 miliardi di metri cubi di gas shale e altri 30 miliardi di metri cubi di gas giacimento di carbone. Ma due anni fa i numeri del il National Energy Administration erano altri: da 60 a 100 miliardi di metri cubi di gas shale nel 2020.

LA CONGIUNTURA
Il gas naturale è assolutamente necessario, questo è un dato di partenza su cui secondo molti analisti il governo ha deciso di metabolizzare senza ripensamenti. Per cui Pechino prevede di “mandare in pensione” quattro centrali elettriche a carbone entro la fine di quest’anno e sostituirle con centrali a gas nel tentativo di ridurre l’inquinamento atmosferico. Il nodo però è che la Cina non ha abbastanza gas per una conversione di più ampia scala delle centrali a gas. A ciò si aggiunga che il programma relativo all’energia nucleare ha subìto un netto rallentamento dopo l’incidente giapponese di Fukushima. Inoltre i tentativi messi in piedi al fine di espandere l’energia idroelettrica hanno incontrato preoccupazioni ambientali, nonché l’enorme costo del reinsediamento di cittadini provenienti da altre aree in occasione della costruzione di dighe. Di contro l’energia solare ed eolica accusano una rapida crescita, ma con numeri fino ad oggi insignificanti per un’economia assetata di energia come quella di Pechino.

venerdì 22 agosto 2014

Che succede ora che anche l’India ha un sottomarino nucleare?


Che succede ora che anche l'India ha un sottomarino nucleare?

Come cambia la geopolitica nella sponda pacifica del pianeta? L’India sta costruendo il suo primo sottomarino nucleare, l’INS Arihant, nel bacino del porto di Visakhapatnam, nella parte meridionale del Paese. E’ il primo di una classe di tre sottomarini con missili balistici a propulsione nucleare, con un dislocamento di 6.000 tonnellate che si somma a quello noleggiato da Mosca e alla portaerei “Vikramaditya”.
ARIHAN
L’INS Arihan è progettato per trasportare missili balistici K-4, che hanno una gittata di 3.500 km. Si aggiungerà al russo INS Chakra, preso in leasing di recente dal governo. Quando il nuovo battello sarà ultimato, l’India diventerà uno dei soli sei Paesi al mondo che hanno al contempo capacità di progettare, realizzare e allestire un sottomarino nucleare.

REATTORE
La notizia giunge pochi giorni dopo l’attivazione del reattore atomico in miniatura a bordo del sottomarino INS Arihant, che gli analisti leggono come un passo importante verso l’implementazione operativa del sottomarino, per cui il Paese ha la capacità di condurre un attacco nucleare vero e proprio. Il primo ministro indiano Manmohan Singh ha salutato l’evento come un grande passo per le forze armate indiane.

PORTAEREI
Il nuovo sommergibile si aggiunge al vero fiore all’occhiello della marina indiana, la Portaerei “Vikramaditya”, che è la più potente e moderna nave da guerra a disposizione del Paese. Dopo il suo acquisto, che risale al 2004, ci sono stati una serie di inconvenienti tecnici che hanno fatto slittare la consegna allo scorso novembre, con costi moltiplicati.

RUOLO RUSSO
Tre anni prima della consegna, la Difesa indiana ha siglato con la compagnia di Stato russaRosoboronexport un accordo da 1,2 miliardi di dollari per la fornitura di ulteriori ventinove Mikoyan MiG-29K. Il caccia, che può trasportare fino a 5.500 kg di armamenti, ha fatto il suo primo ammaraggio a bordo lo scorso febbraio.

MIG
In quell’occasione un MiG-29K ave segnato la fine dei problemi tecnici e di manutenzione straordinaria per la portaerei Vikramaditya, oggetto di numerosi interventi eseguiti nei cantieri navali Semvash, sul Mar Bianco. Al momento a bordo possono essere ospitati i sedici velivoli delBlack Panther Squadron, i dodici MiG-29K e i quattro MiG-29KUB.

INCIDENTI
Lo scorso marzo un operaio aveva perso la vita ed altri due erano stati feriti a causa di un incidente nello stesso cantiere. L’incidente era avvenuto in occasione di un test della pressione nel serbatoio idraulico del sommergibile Arihant. Il fatto giunse 24 ore dopo un altro incidente che fece scattare un’inchiesta ufficiale del governo: una fuga di gas nel bacino dove si costruiva un cacciatorpediniere (restò ucciso un ufficiale della Marina). E una settimana prima due militari avevano perso la vita in occasione di un incendio scoppiato a bordo del sottomarino INS Sindhuratna in mare per delle esercitazioni.

CONSEGUENZE
A causa del numero elevato di incidenti il numero uno della marina indiana, l’ammiraglio DKJoshi, era stato costretto alle dimissioni dopo le valutazioni della speciale commisisone della Difesa indiana, insospettita dall’elevato numero di incidenti.

twitter@FDepalo

lunedì 18 agosto 2014

Ecco dove vanno le imprese russe in fuga da Mosca

Ecco dove vanno le imprese russe in fuga da Mosca
“Emigrazione” commerciale da Mosca: ecco i 10 paesi dove le imprese russe hanno virato per fare business. I motivi? Il conflitto in Ucrainal’aggravarsi dei rapporti con l’Occidente, le troppe leggi e la corruzione dilagante.
USA
Lo scorso anno il Senato ha approvato il disegno di legge che definisce le regole per l’ottenimento di un nuovo tipo di visto: una specie di passepartout per le start-up per la durata di tre anni. Gli investitori hanno l’obbligo di dimostrare di essere disposti ad investire nel progetto più di 500mila dollari e devono disporre di un fatturato annuo di almeno 750mila dollari per potervi accedere.

CINA
La Cina sta progressivamente guadagnando popolarità tra gli imprenditori “emigrati russi”. Tuttavia le difficoltà connesse con il fare affari in loco non diminuiscono, come i limiti di carattere sociale anche dettati dal linguaggio. Per un cinese “laovaev” (che significa straniero) resta sempre tale all’interno della società di Pechino. La Cina ha superato la valutazione analitica fra i paesi migliori per la cosiddetta emigrazione delle imprese. E nel 2012 il numero di emigrati dallaRussia alla Cina è aumentato di quasi nove volte. Il segreto? La rapidità con cui i russi si sono affacciati nel paese con l’economia che al momento cresce più di tutti.

CANADA
La Venture Capital e la Private Equity Association in Canada all’inizio di quest’anno hanno lanciato un programma speciale destinato alle start-up di tutto il mondo. L’obiettivo è dimostrare che, a differenza del caso americano, non occorrono parametri e limiti a investimenti e fatturati.

AUSTRALIA
La registrazione di un’azienda avviene su Internet e dopo poche ore dal fatidico clic ecco che l’imprenditore viene contattato dall’ufficio delle imposte per ottenere consigli su come lavorare all’interno del sistema fiscale australiano. Ecco l’organizzazione perfetta per una nuova impresa che così non rischia di avere spiacevoli sorprese.

GERMANIA
La prima cosa che gli interlocutori consigliano agli imprenditori russi che desiderano emigrare in Germania è quella di scegliere un altro paese, perché se da un lato è molto semplice avviare un’attività dall’altro il difficile viene nel gestirla a nel medio e nel lungo periodo, anche per via della forte concorrenza. Allo stesso tempo, solo a Berlino, ci sono più di 250 mila russi, un numero non indifferente.

NUOVA ZELANDA
Nel paese più pulito e più verde del mondo anche i processi di business subiscono la legge di Internet. In Nuova Zelanda quasi l’intero iter per avviare un business si fa in rete, senza perdite di tempo e di denaro né code agli sportelli.

INGHILTERRA
E’ il Regno Unito il Paese che, nell’immaginario collettivo, è associato alla presenza in Europa degli oligarchi russi. I costi di avvio e di gestione di un’impresa favorisce l’arrivo di molti aspiranti imprenditori e anche di colossi che semplicemente scelgono di investire lì, come il caso della Fiat-Chrysler dimostra, per via di infrastrutture finanziarie più favorevoli. L’esempio più noto è quello del magnate Roman Abramovich che addirittura ha acquistato anche la squadra di calcio del Chelsea, per corroborare il proprio business in loco.

HONG KONG
Decine di aziende russe sono presenti ad Hong Kong. In questo caso, emigrare e sviluppare il business a Hong Kong, è semplice logisticamente ma complesso per lingua ed abitudini. Per registrare un’impresa serve solo una settimana ad un costo di 2.000 dollari. Ma lì in molti parlano il russo, proprio per abbattere la principale difficoltà.

EMIRATI
Il business russo negli Emirati Arabi Uniti è praticamente in tutti i settori, dalla logistica all’ICT, passando per l’imballaggio per prodotti di pasticcerie. Ogni quattro acquirenti di beni immobili a Dubai, uno è un cittadino di una delle ex repubbliche sovietiche. Il più noto è Sergey Tokarev, per anni impegnato nella più grande società mondiale di acciaio, la Arcelor Mittal e che poi nel 2000, quasi per gioco, ha registrato il sito russo “Emirates” e lì ha pubblicato le prime 50 pagine di informazioni sugli Emirati Arabi Uniti (EAU) in russo. Oggi è milionario.

VIETNAM
In Vietnam non solo c’è la possibilità di fare affari, ma si registra una congiuntura assai favorevole data dalla volontà di realizzare molteplici opere pubbliche e dalla mancanza di burocrazia. Permane la difficoltà legata alla barriera linguistica. Ma il Paese è fortemente interessato alla creazione di nuove imprese che nei primi due anni sono esenti dall’imposta sul reddito delle società per il 25%, e nei successivi quattro anni, pagano solo la metà.

twitter@FDepalo

Putin e il nuovo Orient Express per fare più affari con i cinesi

Dopo Pechino, Atene? La Russia di Vladimir Putin, dopo aver stretto con la Cina il mega accordo commerciale lo scorso mese per la fornitura trentennale di gas, ha messo seriamente gli occhi sulla Grecia con un interessante progetto di collegamento ferroviario tra la capitale russa e Atene.
Il motivo? Dal 2004 la Cosco Cina, una delle maggiori società di containers del mondo, ha ottenuto in concessione trentennale la maggior parte dei moli commerciali del porto greco del Pireo, il primo del Mediterraneo. In questo modo le navi portacontainers cinesi non saranno più costrette a scaricare in Olanda, nel porto di Rotterdam, ma potranno fare rotta sul Pireo risparmiando una settimana di viaggio. Una circostanza che ha messo in moto una serie di valutazioni strategiche come quella di realizzare un progetto di alta velocità Mosca-Atene, anche al fine di bypassare il Bosforo.
Putin da tempo aveva in mente di realizzare un collegamento ferroviario in grande stile che da Atene salisse a nord in Macedonia a Salonicco per giungere in Russia. Ma l'asse che aveva saldato con l'ex premier conservatore greco Kostas Karamanlis non era stato sufficiente, anzi era stato bruscamente interrotto. Quest'ultimo infatti era stato al centro di un tentativo di omicidio si dice proprio per l'eccessiva vicinanza a Mosca e a Gazprom, poi nel 2009 fu fatto dimettere per andare a elezioni anticipate, in seguito vinte dal socialista Giorgios Papandreou, alla vigilia del quasi default ellenico.
Oggi Putin vorrebbe riprovarci e, complice la crisi greca con relativa riforma di appalti, lavori pubblici e privatizzazioni, potrebbe essere proprio la Russian Railways, la più grande azienda ferroviaria del mondo, a realizzare l'opera.
Propedeutica a tutto ciò, però, è la partecipazione delle ferrovie russe ai processi di privatizzazione dei porti greci (Salonicco) e soprattutto della Trainose, l'operatore ferroviario greco, che ha in pancia un debito da 800 milioni di euro. La prima apertura ufficiale da sponda russa risale al settembre scorso, quando il numero uno della Russian Railways, Vladimir Yakunin, virò sul porto di Salonicco con conseguente interessamento anche della Bulgaria nel contesto del nuovo corridoio trans-eurasiatico. Più volte Yakunin non ha nascosto l'intenzione di realizzare un mega polo integrato di trasporti e logistica, per cui l'attivismo in Grecia si inserisce proprio in questa strategia, così come ha sottolineato pochi giorni fa in occasione di un meeting organizzato dall' Economist sulle prospettive dell'economia greca.
Il legame con la Grecia non è mai venuto meno, come dimostra la partecipazione della Banda dell'Aeronautica Militare ellenica il prossimo 30 agosto sulla Piazza Rossa al Festival "Spasskaya", l'apertura in Russia di tre nuovi uffici ellenici per i visti, senza dimenticare che lo scorso mercoledì Yakunin in persona ha incontrato ad Atene il premier Antonis Samaras, con cui ha ragionato sugli inevitabili tagli al personale della Trainose oltre che su un passaggio niente affatto secondario: ovvero che durante la gara per aggiudicarsi le ferrovie greche dovrebbe essere scongiurata la pressione della Troika, che cela quella del Fondo Monetario Internazionale oltre che di Bruxelles e Berlino.
Se il progetto andrà in porto ecco che la società russa avrebbe accesso al trasporto combinato treno-nave nell'intera macroregione del Mediterraneo, senza dover dipendere dal passaggio attraverso il Bosforo, con una mutazione oggettiva dello status commerciale e con una serie di prospettive diverse che si aprirebbero, anche per il mercato stesso del vecchio continente che avrebbe altre frecce al proprio arco. Yakunin tra l'altro ha preso parte lo corso 27 giugno all'Eurispes a Roma al «meeting Razvitie», un progetto integrato di sviluppo con investimenti stimati in 1,5 trilioni di dollari e la creazione di 12 milioni di nuovi posti di lavoro per un corridoio euro-asiatico. Proprio il versante asiatico ha subìto un mese fa una vera rivoluzione copernicana grazie all'accordo per una fornitura trentennale di Mosca a Pechino da 38 miliardi di metri cubi di gas l'anno. Si tratta del contratto più significativo siglato da Gazprom.

lunedì 11 agosto 2014

Perché la Cina punta sull’Italia. L’analisi del Wall Street Journal

Perché la Cina punta sull'Italia. L'analisi del Wall Street Journal
Ecco come la Cina sta trasformando la propria strategia di investimento in una precisa mission, con destinazione Italia. Il Wall Street Journal analizza le direttrici di marcia di Pechino, che dopo aver investito in Fiat Chrysler, Generali, Eni, Enel, Telecom Italia, Terna, Snam e Prysmiancon la Banca del Popolo aspira ad altre quote di mercato. Nella consapevolezza che, nonostante i rischi, l’Italia attira.
SHARE MARKET
I titoli azionari sono tra i più richiesti oggi da parte delle classi di investimento, anche se fino a ieri erano considerati tabù per i manager delle banche centrali. Ma qualcosa è cambiato, osservaMichael Casey sul WSJ, da quando gli amministratori politici hanno compreso come sia indispensabile favorire questi intrecci. Le banche centrali di Asia ed Europa, nel tempo, hanno diversificato i propri portafogli, osserva Edwin Truman, fellow del “Peter G. Peterson Institute for International Economics“.
DOPPIO BINARIO
Un percorso che può produrre utili sia con potenziali soddisfazioni da parte dei governi, sia innescando una serie di nuove opportunità di investimento a catena, così come sta accadendo con la presenza cinese in Italia. Certamente esiste il rischio di una sovraesposizione, con altri rischi connessi da parte di chi investe, scrive il quotidiano finanziario, ma l’altra faccia della medaglia è quella dei rapporti, intensi e governativi, che si vengono a creare, la rete di corporale management che vi lavora. L’obiettivo? Favorire la volatilità del prezzo delle azioni, incoraggiando gli investitori privati ​​a speculare su queste nuove e potenti strategie in qualità di giocatori.
NODO
Il problema è che risulta essere sempre più complesso garantire un ritorno economico accettabile basato sugli asset di rischio, specialmente nel vecchio continente. Gli esempi tedesco e spagnolo sono lì a dimostrar tutta la differenza di valutazione che si riserva alle cose economiche europee. Un dilemma che si fa centrale nelle decisioni future, come quella portata avanti dallaBanca del Popolo cinese che ha deciso di scommettere sull’Italia.
STIME
Nel paper di giugno sugli investimenti globali pubblici, basato sui rilievi dell’Official Monetary and Financial Institutions Forum, si legge che ammontano a tredici i trilioni di dollari di asset in gestione nel mondo. La Federal Reserve ha ridimensionato il proprio programma quantitativo, ma nonostante ciò è ancora in campo per acquistare 25 miliardi di dollari al mese in obbligazioni, mentre la Banca del Giappone ne ha acquistati 68 miliardi nello stesso periodo. Ecco la differenza di modi e azioni tra due versanti economici. E dal momento “che quasi ogni grande banca centrale, ha un tasso di interesse vicino allo zero, che incoraggia gli investitori privati ​​a inseguire il rischio, questi programmi di acquisto da parte delle banche centrali rimescolano una competizione globale che ha scarse risorse”.
twitter@FDepalo