venerdì 4 ottobre 2013

Renzi e renziani sbuffano per il bis di Letta e Alfano

“Con questa operazione asfaltiamo anche Renzi”, dice sornione a tarda sera il cattolico Beppe Fioroni. Altro che smacchiare il giaguaro: all’indomani del voto di fiducia coatto del Pdl al governo Letta i nodi vengono al pettine proprio nella barricata dei vincitori. In quel Pd dove, al di là dell’hurrà pronunciato dall’allievo di Beniamino Andreatta una volta lasciato l’emiciclo del Senato, bocche semicucite e sorrisi di circostanza hanno iniziato a serpeggiare in casa dei renziani: spiazzati, forse più di tutti, dall’evoluzione della giornata di ieri con la capriola “lettiana” del Cavaliere che, da oggi, porta in sè l’embrione di scenari diversi.

Fronte renziano
Un ministro tra i più vicini al sindaco di Firenze, Graziano Delrio, lo dice apertamente dalle colonne di Repubblica. “Ci siamo liberati dei diktat di Silvio attenti però a non sognare il Grande Centro”. Ecco il punto. Perché se da un lato nell’istante stesso in cui Berlusconi ha annunciato la fiducia il governo e mezzo Paese hanno tirato un ospito di sollievo, dall’altro a Palazzo Vecchio sono iniziati i mal di pancia per un’operazione condotta dal triumvirato “LAL“ Letta-Alfano-Lupi: i 40enni di scuola Dc. Il no del ministro ad una legge elettorale alla tedesca e quindi al Grande Centro è la spia di un possibile isolamento del rottamatore, che in questo frangente potrebbe essere, dopo il Cavaliere, lo sconfitto numero due del voto di ieri. “Matteo segretario per proporre una nuova stagione” annuncia Delrio, ma non sarebbe automaticamente un traguardo foriero di potere o di ipoteche sul dopo.

Timori da neocentrismo
Non cambia niente, si affretta a precisare Matteo Renzi e ammette di sostenere apertamente il governo Letta ma “non certo per dare tempo a Cicchitto e Alfano di riorganizzarsi”. Sull’ipotesi Grande Centro poi non si nasconde e sottolinea di essere informato del fatto che qualcuno pensa ad un’operazione del genere sostenendo una legge elettorale di tipo proporzionale, ma “quando sarò segretario e avrò il mandato di milioni di elettori porrò il problema e dirò che noi siamo per il bipolarismo, non vogliamo ritorni a prime Repubbliche e non ci sono ex dc che tengano”. Sulla stessa lunghezza d’onda altri democratici. “Un delitto perfetto, e non perché abbiamo ammazzato Berlusconi – certifica a braccia conserte Pippo Civati – Siamo precipitati in un’Italia democristiana con una piccola sacca di resistenza umana”. Renzani e bersaniani, quindi, per una volta uniti nel leccarsi le ferite, con una voce che vuole un canale di comunicazione aperto anche con i vendoliani: per fare fronte comune contro la cosa bianca, su cui qualche osservatore ha registrato il plauso del Cardinale Camillo Ruini. “E a noi di tutto questo cosa ne viene?” si chiedeva ad un certo punto, infuriato, il renziano Matteo Richetti. “Sono proprio inca…to”.

Fuori le ali
Chiude Beppe Fioroni: “Berlusconi è nato sulle ceneri della Dc e ora la sua parabola politica finisce proprio per mano di ex Dc”, ha scherzato ma non troppo. E tornano alla mente le parole pronunciate più o meno un anno fa dall’allora premier tecnico Mario Monti quando iniziava a ventilare l’ipotesi di un taglio delle ali, da una parte e dall’altra: e giungere ad una cosa nuova.

Fonte: Formiche del 3/10/13
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