martedì 27 luglio 2010

Chi teme una società insofferente a dogmi precostituiti?


Da Ffwebmagazine del 27/07/10

E se fosse la lussuria, non solo semplicisticamente un vizio, ma vera forza dirompente della natura, a farci ritrovare una primavera culturale? E se fosse la lussuria, intesa come intimo desiderio di esplorazione e di apprendimento, quella combinazione ancora ignota per scardinare le casseforti dell’apatia e dell’abulia sociale che caratterizzano il primo decennio del secolo? E poi, può essere attuale la rappresentazione plastica di una figura come il Don Giovanni? Il teorema, tutt’altro che azzardato, è trattato nel volume Lussuria. La passione della conoscenza da Giulio Giorello, docente di Filosofia della Scienza all’università degli Studi di Milano, direttore della collana “Scienze ed idee” ed elzevirista per il Corriere della sera, ma anche sostenitore di un principio tanto elementare quanto poco applicato: quello del coraggio di contrattaccare, anziché solo di ripiegare. Di pensare liberamente, anziché di controllare la direzione del vento. Di preservare le idee, perché spesso hanno più forza delle cose.

Il libro percorre un doppio sentiero: il desiderio di giungere alla conoscenza, al sapere. Ed il raggiungimento interiore di quel traguardo, che poi è base indispensabile per forgiare una comunità aperta. Un viaggio all’indietro nel tempo e in personaggi assolutamente irripetibili, da dove spicca la profondità della lussuria, come emerge dai due punti di vista iniziali, quello della futurista Valentine de Saint-Point, e dell’esponente del primo femminismo liberale Harriet Taylor. Ovvero lussuria che non trascina nella strada del peccato, come apparso in scritti passati e in ragionamenti tragicamente religiocentrici. Bensì lume nella ricerca della ragione, spinta centrifuga che si affaccia sull’essenza delle cose e delle anime, molla che rende libere menti appannate dalla consuetudine.

Giorello cita figure inaspettate in questa sua cavalcata storico-letteraria, come i protagonisti delle epopee di un tempo: dai Sumeri agli Egizi, dai Greci ad Agostino d’Ippona (annoverato fra i padri della Chiesa). E poi Dante, Giordano Bruno, il rigorista Calvino che ha coniato lo stereotipo del libertino; tutti diventano compagni di viaggio di Giorello, accomunati da una vivacità elettrizzante, assieme ad una folta schiera di pittori, disegnatori di fumetti, scultori. L’autore, nel suo ventisettesimo libro, insinua il dubbio che forse il vero Don Giovanni potrebbe essere una donna. Perché ha un’energia unica, perché sprigiona molecole di vita. Noi lo conosciamo soprattutto attraverso la commedia di Molière e l’opera di Mozart, ma si tratta di un personaggio tutt’ora attuale, diventando oggi anche «oggetto di polemica politica». Come riflette l’autore, «egli ha la capacità di coniugare insieme sesso e potenza. È colui che non si stanca mai e viene schiacciato solo dal potere che vuole fermarlo». Don Giovanni è «un grande mito del mondo moderno, nato nella Spagna della post riforma e diventato universale». Un’icona multicolore nel grigiore della post modernità.

Natura, idee, strumenti: la libertà passa anche dagli spunti tecnologici. Quest’anno tra l’altro, ricorre l’anniversario dell’osservazione lunare fatta con il cannocchiale da Galileo. Giorello sostiene che le idee nella scienza sanno incarnarsi in congegni materiali, e diventano ancor più imprescindibili quando l’uomo, così come accade oggi, per comodità cede il proprio cervello ad altri che pensano al posto suo. E cede anche alla mistificazione delle realtà, dal momento che non ne comprende i contorni veritieri. E’ingannato, depistato, fuorviato. Per questo, definito da Giorello un “animale abitudinario”, l’uomo dovrà essere costretto gioco forza a ricominciare a pensare, anche per non farsi ammaliare dalla retorica scientista. Per capire, e perché no, per sopravvivere.

Chi teme la lussuria e la passione di sapere, dunque, teme una società aperta, libertaria, insofferente a dogmi precostituiti? Sì, se capace di discernere tra i mille prodotti preconfezionati che le vengono propinati, tra il tutto pronto e subito che appare nella vita quotidiana come uno spot pubblicitario martellante. Perché difficilmente influenzabile e controllabile, dotata di antenne indipendenti che ragionino con logica e buon senso sui mille scenari che si insinuano come fiumiciattoli carsici nelle esistenze di ognuno. Chi ha paura della libertà e di una conoscenza più diffusa e incoraggiata teme nient’altro che la continuazione di una specie umana diversa da quella animale, perché meno incline all’istinto della bava alla bocca e più vicina a esempi che hanno fatto grande il passato. Perché, come scriveva Pablo Neruda, «la vita è più forte e più testarda dei precetti».

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