martedì 18 dicembre 2012

Con Marco Panella si torni a parlare di giustizia. Quella vera…

Diceva Enzo Tortora che giustizia è sinonimo di pulizia democratica. Quell’humus comune in cui si rispecchia la civiltà di un Paese. Oggi assistiamo purtroppo ad un uso di quella grande tematica solo per fini elettorali, circostanza che non solo ne sminuisce la rilevanza, ma la relega a “cosa privata” dell’imputato Berlusconi contro la Procura di Milano. Un errore macroscopico a cui le altre forze politiche dovrebbero riparare, quanto prima e con determinazione. Un ragionamento che acquista ancora più valore nel settimo giorno di sciopero della fame di Marco Pannella per ottenere l’amnistia e il diritto di voto dei detenuti, iniziativa che il leader radicale prosegue nonostante l’allarme lanciato dai medici sul suo precario stato di salute. Ma che offre la cifra di quanto la tematica della giustizia sia stata completamente abbandonata a se stessa per troppi anni.

La campagna elettorale è l’occasione per cui potere politico e magistratura hanno l’opportunità di re-investire in quella straordinaria opportunità che si chiama parola, scambiandosi idee e non accuse, proposte invece che recriminazioni, percorsi comuni anziché minacce. E farlo all’indomani della candidatura del Cav. è un obbligo morale per un paese troppo spesso sordo e pigro. Come sarebbe utile, dunque, che questi due mesi fossero caratterizzati non solo da dibattiti e spunti su come abbassare lo spread o su come stimolare la ripresa, ma anche su come snellire il sistema giudiziario farraginoso che c’è in Italia, come introdurre la tecnologia nei processi, come non tagliare risorse e strumenti alle forze dell’ordine, come sanare leggi ad personam del passato. Nella consapevolezza che la certezza del diritto vale per tutti, quindi un giusto processo, con un ragionevole durata e affrontando il nodo degli errori, come il caso Tortora deve far tenere ben presente nelle menti di addetti ai lavori e non. Il rischio della campagna elettorale entrata ormai nel vivo è che si lasci a Berlusconi il “monopolio” della giustizia. Sono trascorsi pochi giorni dalla sua ri-discesa in campo ed eccolo già a sproloquiare contro la magistratura, la procura di Milano e i complotti contro di lui. Mentre la giustizia italiana e la sua imprescindibile riforma è un tema che riguarda tutti i cittadini, non solo l’ex premier. 

Proprio in questi sessanta giorni che ci separano dalle urne, diventa strategico trattare la macro questione delle regole di una comunità e di come applicarle con il rispetto che si deve, per tutti gli attori in causa: per i magistrati, per i cittadini, per le istituzioni e per la legge. Ed entrando nel merito delle singole decisioni e delle proposte future. Il tutto al fine di individuare il limite selvaggio che esiste tra giustizialismo e garantismo, per affrontare veramente i nodi della questione, per valutare il peso specifico della giustizia, ma senza l’assillo di trovarsi in un fortino perenne perché l’interesse privato si mescola torbidamente con il pubblico. Bensì specchiandosi l’uno nell’altro: e ricominciando finalmente a dialogare con franchezza. E stando attenti a non farsi trascinare dall’onda berlusconiana che porta via con sé tutto ciò che trova lungo la sua strada. Semplicemente perché la giustizia in Italia riguarda milioni di cittadini, non solo nani, ballerine e Olgettine.

Fonte: Il Fondo del 18/12/12
Twitter@FDepalo

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