domenica 9 dicembre 2012

"La favola è finita": ora ci pensa la Bce a garantire l'euro

Un mondo di favola che adesso non esiste più. Per questo la Bce farà di tutto per salvare l'euro, ma i paesi dell'eurozona dovranno imparare a condividere la sovranità. Il richiamo di Mario Draghi è chirurgico e non lascia spazio a interpretazioni di sorta. Da un lato offre l'ombrello dell'Eurotower che soccorrerà quegli stati economicamente in panne (al momento quasi tutti, con modalità differenti, tranne la Germania), ma dall'altro esige una presa di coscienza, puntuale e irrinunciabile, sul controllo del debito. Un passo strategico nella direzione di una visione economica realmente federale, con una compartecipazione condivisa di un doppio binario di attuazione: non solo di sostegni da concedere, ma anche di impegni da assumere.
Quando rassicura sul progetto pro Unione che la Banca centrale europea sta mettendo in atto, affronta il grande e decisivo nodo dell'intera crisi, e non in riferimento esclusivo al quasi default greco: ovvero la questione bancaria. E, forse per la prima volta da un biennio a questa parte, chiama con il proprio nome criticità ed errori commessi. Lo fa, non a caso, quando punta l'indice contro stili di governo e di vita che, oggi, non sono più replicabili amministrativamente in alcun modo. Per questo certifica che "alcuni paesi dell'Eurozona hanno vissuto in un mondo di favola, sottostimando gli squilibri" come "il deficit e il debito che in alcuni Paesi sono stati ritenuti sostenibili per anni per poi rivelarsi insostenibili". Mettendo l'accento su responsabilità del passato clamorosamente mancate che, adesso, si riverberano come macigni sulla contingenza di molti stati membri, ovvero su quei cittadini che devono mutare radicalmente abitudini e strutturazione di esigenze. Non solo un evidente riferimento alla Grecia, i cui conti pubblici sono disastrati, ma anche un non poi troppo velato richiamo a chi non si trova nelle stesse condizioni ateniesi, ma ci è drammaticamente vicino. Quindi Spagna, Cipro, Malta, Portogallo e Italia il cui debito pubblico di duemila miliardi spaventa non poco, ma giova ricordarlo.

Certo, il leader della Bce sottolinea giustamente che l'Eurozona "non è ancora fuori dalla crisi", ma potrebbe iniziare a riprendersi "nella seconda metà del 2013". In che modo? Attraverso il consolidamento di bilancio a medio termine, un passaggio che considera inevitabile. "E' vero - ammette Draghi intervistato da radio Europe 1 - che il consolidamento di bilancio produce a breve termine una contrazione dell'economia, ma è inevitabile". E, come un discorso che anche se diversificato, resta avvolgente e frutto di un'unica volontà chiarificatrice, dedica un passaggio alla vera sorpresa di questo inverno economicamente difficile: la Francia. Sulla decisione delle agenzie di rating di togliere la tripla A a Parigi, Draghi osserva che nonostante non abbia creato ancora disagi ai costi di finanziamento, sono segnali che "vanno presi in modo serio". Ragione in più per dare luce alla reale mission della Bce, che "farà tutto il necessario per preservare l'euro". Che tradotto in azioni concrete porta dritto ad interventi diretti in virtù del meccanismo dello scudo antispread. Ma, assicura, da utilizzare solo "se necessario" e se i Paesi "sottoscrivono le condizioni". Ecco il punto cruciale di una strategia europea di largo respiro e da pianificare in toto: la comunione di intenti e di visioni. Nello specifico i paesi dell'Eurozona, richiama, devono "imparare a condividere la sovranità", a partire dall'unione bancaria, la quale deve essere applicata "a tutte le banche per evitare una frammentazione del settore bancario".

Un invito che, se i detrattori anche italiani interpretano ancora una volta come il tentativo comunitario di imbrigliare le specificità dei singoli stati, dall'altro invece apre una breccia verso un sistema di controlli bancari che fino ad oggi è drammaticamente mancato, con creditori e debitori che rimanevano nell'ombra anche grazie a poca trasparenza. Un fil rouge tra prontezza di azioni a supporto e certificazione di un mutato atteggiamento responsabile, che passa inevitabilmente dal processo riformatore. E conclude richiamando Italia e Francia all'imprescindibile urgenza delle riforme strutturali, che rendano "meno rigido" il mercato del lavoro. Parole, quelle del vertice della Bce, che dovranno a questo punto trovare la necessaria continuità dei singoli governi nazionali che, indipendentemente dalla coloritura partitica, non potranno non tenere conto delle mutate condizioni dell'Unione ma anche di una rinnovata fiducia proprio dall'istituzione bancaria di riferimento: la stessa che oggi ha dato le proprie e decisive linee guida. Disattenderle sarebbe più grave che creare altri debiti.

Fonte: Agenda del 3/12/12
Twitter@FDepalo

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