venerdì 5 aprile 2013

Se anche la Francia entra nei Piigs...

Due Europe: a due velocità, con due economie distinte, tuonavano sino a poche settimane fa i soloni bocconiani e gli eurocrati in smoking e papillon. Che, dall'alto di power point e briefing all'Eurogruppo o nell'Eurotower, titolavano su una certezza di fondo che Schaeuble & Co avevano in tasca: il Mediterraneo come linea maginot per una parte (meridionale) del continente in affanno, travolta da debiti e politiche disgraziate, con voragini finanziarie, ruberie e sistemi non conformi al modello standard, sempre più proiettata verso una moneta di serie B. E la zona settentrionale, che dalle Alpi italiane in su offriva le buone prassi su condotte bancarie e numeri industriali che avrebbe mantenuto un conio di qualità superiore. Un sogno dal quale a Berlino, nolente o dolente, si sta destando in queste ore. Perché quel club esclusivo di paesi dell'eurozona di serie A, oltre alla Germania, vede iscritta la Norvegia, forse l'Austria. E nessun altro. Anzi, una delle colonne d'Ercole dell'Ue sta pian piano manifestando precisi sintomi di una malattia altamente invalidante. É Parigi la nuova “sorella Piigs”, che nei prossimi mesi potrebbe scoppiare proprio come la bolla dei mutui subprime, andando a fare compagnia al folto gruppo che vede isrctitte Italia, Spagna, Portogallo, Irlanda, Grecia, Cipro, Slovenia, Malta. Facendo crollare la convinzione teutonica che “tutto va bene madama la marchesa Angela”. Anzi, anche in Baviera si iniziano a percepire i primi scricchiolii di un'economia che sta manifestando i vistosissimi limiti di visioni egoistiche e di politiche “trapezikocentriche”, dove a comandare solo solo i cda delle banche.
Scriveva Mark Twain che “un banchiera è uno che vi presta l'ombrello quando c'è il sole e lo rivuole indietro appena incomincia a piovere”.

Dunque Parigi, dove il presidente della Repubblica François Hollande arranca. Certo non aiutano le sue parole, "abbiamo risolto la crisi dell’euro ma alcuni Paesi, come l’Italia, restano fragili". Il presidente francese è troppo esperto per non comprendere che la crisi è solo all'inizio e più se ne ritarda una certificazione doc più gli ffetti saranno devastanti, come il caso Cipro e gli esperimenti finanziari di “Mengele-Schaeuble” stanno lì a dimostrare. A ciò si aggiungano gli ultimi sondaggi non proprio entusiasmanti per Hollande, anche se la contingenza francese di oggi non può essere figlia dei pochi mesi all'Eliseo del socialista: secondo la metà dei francesi è un “cattivo presidente della Repubblica”, mentre solo il 22% lo giudica un “buon presidente” (astenuti il 27%). Secondo la società Csa Hollande è considerato un buon Presidente della Repubblica dal 48% di coloro che lo hanno scelto solo al secondo turno. Il sondaggio è stato realizzato su internet il 26 e 27 marzo su un campione di 961 persone residenti in Francia.

Quella che dal suo staff hanno epitetato come una "leçon de pedagogie" non è stata una gran trovata. Infatti non è riuscito a spiegare ai francesi perché il tasso di disoccupazione sta "grattando" il record storico nel 1997, perché la crescita è zero, perché il potere di acquisto continua a scendere. E non sono necessari gli stucchevoli e preoccupanti rilievi alfanumerici per intuire cosa sta accadendo al di là delle Alpi, bensì è sufficiente toccare con mano la vita quotidiana dei "galli". Qualche settimana fa era rimbalzata la notizia che alcune patisserie avevano iniziato a mettere in vendita a metà prezzo la baguette del giorno prima. Con la sorpresa del tutto esaurito. La cassetta degli attrezzi è lì, continuano a ripetere i giornalisti a Hollande, come fatto da David Pujadas qualche sera fa. Senza comprendere come il caso Francia non sia imputabile ai suoi pochi mesi di Eliseo. Troppo facile e infantile sbirciare sul progetto non compiuto o sulla presunta sottovalutazione della crisi che molti suoi elettori gli imputano. E'il sistema complessivo europeo a cedere nelle sue infrastrutture più profonde, erette su una sabbia che sta fisiologicamente franando.

Proseguire nell'ostinazione feroce di tenere assieme pezzi di un puzzle ormai ampiamente scomposto e con i vari tasselli che appaiono irrimediabilmente strappati, è sintomo di masochismo puro. O, dicono i malpensanti, di mero calcolo economico per chi ci sta guadagnando (e anche molti denari) da memorandum, misure una tantum e prelievi forzosi. Contingenza che rafforza una convinzione: il modello cipriota che Berlino vuole imporre all'Europa, salva le banche ma affossa i correntisti. Smentendo chi propone due Europe, una a nord delle alpi e una a sud: semplicemente perché in quel convivio di ricchi banchieri ci può stare (ma fino quando?) solo la Germania, mentre gli amici “Piigs” sono pronti ad accogliere il nuovo malato grave: Parigi.

Insomma, il grande club delle sorelle europee sta progressivamente perdendo le sue colonne fondanti e non per decisioni antieuropee o eversive di qualche giovane politico, bensì per i numeri di un euro ormai divenuto insostenibile. Londra ha detto no (e Cameron giorni fa ha rivendicato la bontà di quella scelta polito-finanziaria), Atene è ko (e l'ex premier Papandreou aveva proposto il referendum prima di essere deposto per il tecnico Papademos nel 2011), Lisbona e Madrid pure. Ora c'è il caso di Nicosia ma nessuno parla dei numeri francesi, sia di pil che di quotidianità: è l'anticamera del punto G, ma all'inverso. Dove non gode proprio nessuno.

Fonte: Gli Altri settimanale del 5/4/13
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