mercoledì 8 maggio 2013

Il Pd e l'eterno vicolo cieco della sinistra italiana


Ripartire dall'idea del Lingotto. No, meglio una segreteria di transizione, anzi, è tutto inutile perché la fusione a freddo Margherita-Ds non è riuscita. Benvenuti alla “maionese impazzita” che sta andando in scena in questi giorni al Nazareno, dove le direttrici di marcia per uscire dalle sabbie mobili del post-Bersani, tentando di far digerire alla base l'alleanza del governassimo, sono molteplici. E diversissime fra loro. Inizialmente, quando il governo Letta emetteva i primi vagiti, si era pensato che con il giovane nipote di Gianni a Palazzo Chigi, alla segreteria del Pd fosse il tempo del rinnovamento nel segno di Matteo Renzi. Troppo forte la tentazione di spazzare via la concorrenza “sinistra” del partito, escludendo dalemiani e sindacalisti vicini alla Cgil. Ma, a pochi giorni dal varo dell'esecutivo e da nuove consapevolezze che, in alternativa ai soliti schemi, stanno maturando nel Paese (e non solo nel partito), i giochi sembrano tutt'altro che fatti. Con la parola d'ordine che si chiama incertezza. 

Accanto ai nomi nuovi di Cuperlo e di Epifani circolati nelle ultime ore, ecco la lista allargarsi a Chiamparino, Chiti, e oggi anche a Finocchiaro e Speranza (il neo capogruppo bersagliano alla Camera). Perseguendo, nei fatti, la stessa direttrice di sempre, ovvero il fazionismo intestino che ha caratterizzato il Pd sin dalla sua nascita. Lo ha ben spiegato ieri dalle colonne di Formiche.net uno che di trattative analitiche se ne intende, Umberto Ranieri, presidente della Fondazione Mezzogiorno-Europa, ma soprattutto dirigente storico di Pci-Ds-Ulivo e ora del Partito democratico. Quando ammonisce che il punto di (ri)partenza non deve essere individuato né nel centrismo, né nel sinistrismo, centra in pieno l'obiettivo futuro del Pd. Ovvero delineare una ripresa di iniziativa politica nel suo complesso senza interrogarsi sulla provenienza dei compagni di viaggio o sul pedigree degli stessi. La consapevolezza che dovrebbe maturare a questo punto della vita dei democratici è che la ferita dei 101 franchi tiratori è aperta, e ancora per molto lo sarà: e su questa linea cogliere l'occasione di quelle bruciature per ridisegnare un contenitore moderno ed europeo. Ma chiarendo dall'inizio mete e percorsi.

In questo pertugio va inserita la dialettica sul modus operandi invocata a gran voce da Matteo Renzi, certi che la modernizzazione di un partito che vuol essere riformista, liberale e innovatore non può passare da elaborazioni indolore o da scelte silenziose. Ma ha l'obbligo morale di potare quei rami che, fisiologicamente, non producono fiori. Qualcuno nelle scorse settimane si è spinto a ipotizzare una scissione nel Pd: con una ridefinizione di forme e massa politica. Da un lato un contenitore democratico e liberale trainato da Renzi (e con alle spalle Passera), dall'altro una cosa di sinistra con Vendola e Barca. La sensazione, però, è che si navighi ancor a vista. Con il rischio, per chi si aspetta chiarezza dall'assemblea del prossimo 11 maggio, di restare ancora una volta deluso.

twitter@FDepalo






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