A Liverpool è stato progettato un nuovo simbolo che rilancerà la città inglese come “architettonicamente amichevole”. Si chiamerà The Lamp, la lampada, e si tratta di un osservatorio di forma elicoidale che illuminerà le acque del fiume Mersey. A Bari invece chi osa parlare di porticciolo turistico deve scontrarsi con una realtà fatta di miopìe decisionali ed incongruenza politica.
Mentre nel resto d’Europa e del mondo si sperimenta, si innova, si migliora, in Italia e in Puglia no. Non solo nel Paese si sconta un ritardo abissale circa l’alta velocità ed il triangolo ferroviario Lione-Torino-Trieste resta sulla carta, ma si evita accuratamente di prendere in esame perfino le indicazioni della commissione europea: il riferimento è all’intersnodo portuale-ferroviario che vedrebbe coinvolte Taranto, Gioia Tauro, Trieste e Genova, e all’ormai famoso quanto irraggiungibile Corridoio 8: con tale decisivo sviluppo infrastrutturale, il nostro Paese e il capoluogo pugliese avrebbero accesso, con priorità rispetto ad altri, alle zone minerarie ed energetiche dei Balcani per la trasformazione della materia prima nelle nostre imprese. Sensibili sarebbero inoltre i benefici per appalti ed impianti. Nelle aree interessate è prevista anche la costruzione, l'ampliamento o il miglioramento di autostrade, di ferrovie ad alta velocità, di terminal per containers, di cavi ottici per le telecomunicazioni. Insomma, creare e ridare linfa al progetto arioso di Bari centro del Mediterraneo: non più vana utopia, ma traguardo più vicino del previsto, solo a patto che lo si voglia raggiungere veramente.
Ma tant’è. E’altresì pacifico agli addetti ai lavori, che al giorno d’oggi non è più sufficiente disporre di un buon prodotto (nel caso del nostro olio, il ‘buono’ va sostituito con ‘ottimo’): servono sì strategie di marketing e campagne di promozione ma soprattutto sono necessarie reti trasportistiche all’avanguardia. Immaginiamo dove potrebbe arrivare il nostro olio se su Bari fossero simultaneamente operative una serie di infrastrutture, come le autostrade del Mare (la Trieste- Catania, o la Helsinky- Cipro), il Corridoio 8 fino al Mar Nero, l’aeroporto intercontinentale, il terminal containers e lo snodo ferroviario che arriva sino in porto.
Disporre di quindici chilometri di lungomare pare non interessare alla città di Bari ed ai suoi governanti: a cosa serve progettare per tempo un molo turistico degno di questo nome? Il lungomare della vicina città greca di Patrasso, presenta molte affinità strutturali con quello barese. Entrambi si snodano perimetralmente e si prestano ad una progettazione diversificata: ma mentre quello greco è stato opportunamente sezionato in varie aree, ovvero porticciolo turistico, zona giardini per passeggiare, zona con locali e ristoranti a pelo d’acqua, porto commerciale, zona per canottaggio e zona per il rimessaggio delle imbarcazioni, quello barese invece galleggia ancora nella mediocrità architettonica e logistica in attesa di tempi migliori. O in attesa di una classe dirigente finalmente all’altezza.
Chiediamo troppo?
Mentre nel resto d’Europa e del mondo si sperimenta, si innova, si migliora, in Italia e in Puglia no. Non solo nel Paese si sconta un ritardo abissale circa l’alta velocità ed il triangolo ferroviario Lione-Torino-Trieste resta sulla carta, ma si evita accuratamente di prendere in esame perfino le indicazioni della commissione europea: il riferimento è all’intersnodo portuale-ferroviario che vedrebbe coinvolte Taranto, Gioia Tauro, Trieste e Genova, e all’ormai famoso quanto irraggiungibile Corridoio 8: con tale decisivo sviluppo infrastrutturale, il nostro Paese e il capoluogo pugliese avrebbero accesso, con priorità rispetto ad altri, alle zone minerarie ed energetiche dei Balcani per la trasformazione della materia prima nelle nostre imprese. Sensibili sarebbero inoltre i benefici per appalti ed impianti. Nelle aree interessate è prevista anche la costruzione, l'ampliamento o il miglioramento di autostrade, di ferrovie ad alta velocità, di terminal per containers, di cavi ottici per le telecomunicazioni. Insomma, creare e ridare linfa al progetto arioso di Bari centro del Mediterraneo: non più vana utopia, ma traguardo più vicino del previsto, solo a patto che lo si voglia raggiungere veramente.
Ma tant’è. E’altresì pacifico agli addetti ai lavori, che al giorno d’oggi non è più sufficiente disporre di un buon prodotto (nel caso del nostro olio, il ‘buono’ va sostituito con ‘ottimo’): servono sì strategie di marketing e campagne di promozione ma soprattutto sono necessarie reti trasportistiche all’avanguardia. Immaginiamo dove potrebbe arrivare il nostro olio se su Bari fossero simultaneamente operative una serie di infrastrutture, come le autostrade del Mare (la Trieste- Catania, o la Helsinky- Cipro), il Corridoio 8 fino al Mar Nero, l’aeroporto intercontinentale, il terminal containers e lo snodo ferroviario che arriva sino in porto.
Disporre di quindici chilometri di lungomare pare non interessare alla città di Bari ed ai suoi governanti: a cosa serve progettare per tempo un molo turistico degno di questo nome? Il lungomare della vicina città greca di Patrasso, presenta molte affinità strutturali con quello barese. Entrambi si snodano perimetralmente e si prestano ad una progettazione diversificata: ma mentre quello greco è stato opportunamente sezionato in varie aree, ovvero porticciolo turistico, zona giardini per passeggiare, zona con locali e ristoranti a pelo d’acqua, porto commerciale, zona per canottaggio e zona per il rimessaggio delle imbarcazioni, quello barese invece galleggia ancora nella mediocrità architettonica e logistica in attesa di tempi migliori. O in attesa di una classe dirigente finalmente all’altezza.
Chiediamo troppo?
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