Da FF Web Magazine del 02/03/2009
Manca meno di un mese alla nascita ufficiale del Pdl, dove tutto sembra pronto tra statuti e mozioni di scioglimento. Dall’altro versante il Pd, tra mille peripezie, ha già sede e gruppi unici, ma il dato nazionale che vede il bipolarismo come funzionale e innovativa strada politica da percorrere, fa fatica ad essere metabolizzato in alcune realtà locali, dove addirittura vi sono gruppi con partiti che non esistono più e dove la galassia di partiti del centrosinistra risulta ancor più frammentata.
Nel Consiglio Regionale della Puglia accade questo e altro, con Ds e Margherita ancora vivi e vegeti, con ben venti gruppi consiliari all’attivo, ma che potrebbero diventare ventuno se il governatore Niki Vendola decidesse di fondare il gruppo del movimento che ha da poco creato. Alla faccia della modernizzazione e dello snellimento partitico. Ma non finisce qui, perché andando a spulciare tra i dati ufficiali non mancano gli spunti veramente originali. Nonostante tra dodici mesi si svolgeranno le elezioni regionali, i cambi di capogruppo e i rimpastini sono all’ordine del giorno.
Per dirne una, Alberto Tedesco, ex assessore democratico alla Sanità pugliese dimessosi da poco perché iscritto nel registro degli indagati, è diventato capogruppo dei Socialisti autonomisti, anche se proprio il Pd non compare ufficialmente all'interno del portale internet del Consiglio e non è una boutade. Al momento nel centrosinistra permangono i gruppi che esistevano al tempo delle elezioni, con Ds e Margherita su tutti. L’attuale capogruppo dei Ds è candidato dall’Udc alla Provincia di Lecce; Rifondazione ha tre consiglieri ma uno forse è in procinto di passare con il Movimento per la sinistra di Vendola; l’Adc di Pionati non ha un solo rappresentante ed è già in cerca di apparentamenti, ma è il partito dei singoli consiglieri a destare interesse o scalpore. E sì, perché vi sono ben sette gruppi composti da un solo membro (Verdi, Nuovo Psi, Psdi, Idv, Gruppo per le autonomie, Indipendenti Mpa e Sinistra democratica) e cinque gruppi composti da due consiglieri (Udc, Udeur, Socialisti autonomisti, Comunisti italiani, Primavera pugliese). Senza dimenticare i tre componenti di Gruppo misto e Sdi Unità Socialisti Puglia.
Insomma non ci si fa mancare proprio nulla ed il riferimento, come è ovvio, non può essere soltanto a uffici, pc, autisti e quant’altro del genere verrebbe in mente ad un qualsiasi cittadino ma anche, a questo punto, al valzer di alleanze e strategie che di volta in volta si presentano in occasione di leggi, iniziative, delibere.
Certo, non bisogna dimenticare che ad oggi il governatore pugliese è espressione di un partito che non lo ha voluto, nel senso che Rifondazione è guidata da Ferrero il quale ha sottratto la segreteria proprio a Vendola, e quest’ultimo qualche settimana fa ha dato vita al Movimento per la sinistra, altra formazione all’interno di quei partiti che non hanno un seggio in Parlamento.
Ma peggio della Puglia hanno fatto, udite udite il Veneto, con dieci gruppi formati da un solo consigliere regionale, la Lombardia, la Basilicata ed il Molise con otto. Anche in quest’ultima regione permangono Ds e Margherita, nonostante il discorso del Lingotto, le elezioni del 2008 ed il cambio della guardia Veltroni- Franceschini. Una situazione un tantino anacronistica. La regione più virtuosa è la Valle d’Aosta, con nessun gruppo composto da un solo consigliere, al pari di Campania, Sardegna e Sicilia. Ma purtroppo la terra di Sciascia rappresenta un caso a sé, con l’Ars (Assemblea regionale siciliana) che in pratica, per spese ed organizzazione, assomiglia più ad un’assise internazionale che ad altro con sedi a Roma, Bruxelles e Catania. Il quadro d’insieme risulta un po’ complesso agli occhi degli osservatori stranieri che sovente ci guardano con sarcasmo e anche con sdegno. Passi la rappresentanza delle identità, ma allorquando la sintesi diventa un trend nazionale all’avanguardia, in seguito nelle periferie locali i meccanismi organizzativi dovrebbero essere maggiormente sincronizzati.
E qui entrano in gioco i regolamenti che a questo punto meriterebbero di essere più restrittivi, al fine di dotare le assemblee regionali di funzionamenti più snelli ed efficienti, con un cospicuo risparmio di danari pubblici. Insomma, le lancette dell’orologio politico sembrano essersi fermate in alcune realtà locali dove capita, soprattutto a sinistra, che la sovraesposizione sia un vero deterrente alla modernizzazione della partitocrazia in senso bipolare.
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