martedì 24 marzo 2009

La salute degli immigrati, interesse collettivo

da FFwebmagazine del 24/03/09

Aveva timore di essere segnalata alle forze dell’ordine? Il passo successivo sarebbe stata l’espulsione dal territorio italiano. Joy Johnson, 24enne prostituta nigeriana, è morta a Bari per tubercolosi. Il suo arrivo nel Cara (Centro di accoglienza richiedenti asilo) di Palese, da Lampedusa, risale al novembre scorso: era risultata positiva durante un controllo poche settimane prima del decesso, ma la sua fuga ha impedito di approfondire la diagnosi e quindi di procedere alle cure. Il medico legale ha parlato di morte per tubercolosi bilaterale cavernosa, una forma molto avanzata della malattia con altissime percentuali di contagio.

È questa al momento la maggiore preoccupazione: nello specifico, il caso barese porta con sé strascichi non indifferenti, dal momento che una funzionaria della Prefettura di Bari che in passato era entrata in contatto con la prostituta, sarebbe risultata positiva ai primi test di tbc. Da un vertice in Prefettura sono emersi alcuni numeri: in città vi sono 144 immigrati che “sfuggono” ai test per la tbc, in quanto di giorno si muovono liberamente per le strade del capoluogo pugliese, di sera fanno rientro nel Cara. Al suo interno vi sono quasi mille immigrati, circa l’80% è stato monitorato e la metà è risultato non negativo all’esame “mantoux”. Per loro si profila un approfondimento di analisi ma già due sarebbero stati ricoverati e posti in quarantena. Lecito chiedersi: e quelli sfuggiti? Quali rischi corrono gli operatori sanitari e le forze dell’ordine?

Le perplessità sono state espresse anche dal segretario provinciale del Siulp di Bari, Innocente Carbone, in una missiva indirizzata all’Osservatorio nazionale per la sicurezza dei luoghi di lavoro, oltre che al ministro dell’Interno Maroni, nella quale si chiede quali misure igieniche siano state approntate per prevenire e ridurre l’eventuale propagazione dell’agente biologico, e quali direttive di sicurezza siano state impartite a quei lavoratori impegnati in aree a rischio contagio. Dai medici è stato inoltre lanciato un appello ai clienti della giovane nigeriana: chi fosse entrato in contatto direttamente o indirettamente con lei dovrebbe rivolgersi ad un presidio sanitario e sottoporsi al test.

«Tutelare la salute degli immigrati significa tutelare anche quella della collettività, dei cittadini e delle forze dell’ordine, - riflette l’esponente del Siulp- senza dimenticare un altro fattore di rischio. All’interno del centro polifunzionale di Bari-San Paolo vi è un presidio della commissione che rilascia i visti, adibito all’interno di un locale dove stazionano immigrati dei quali non si conosce ancora nulla, che utilizzano i medesimi servizi igienici. Forse sarebbe il caso di evitare la moltiplicazione del rischio di contagio». E ancora, le prostitute che, una volta accompagnate in Questura per le verifiche del caso, stazionano negli stessi ambienti (stanze e toilette) degli agenti possono essere fonte di contagio? Un’altra soluzione potrebbe essere quella di prevedere uno screening medico prima di un qualsiasi contatto degli immigrati con altre realtà fuori dal centro accoglienza.

Ristrutturare ragionevolmente e a mente lucida la tematica dell’immigrazione clandestina deve essere una priorità, con l’auspicio che la si affronti oltre che con responsabilità ed efficacia, anche alla luce dei numeri: secondo l’Istat (dati del gennaio 2008) i cittadini stranieri residenti nel nostro paese sono quasi tre milioni e mezzo, con un incremento del 16% rispetto all’anno precedente, un risultato mai registrato in Italia.
«Posso anche iniziare a pensare – aggiunge Carbone- che la nigeriana morta a Bari avesse sentore che il ddl sicurezza, all’interno del quale un emendamento prevedeva la possibilità per i medici di segnalare gli immigrati clandestini, fosse già legge. Se così fosse, i casi come quello della giovane nigeriana potrebbero ripetersi, se non si pensasse ad una campagna informativa che tranquillizzi gli immigrati».
Ma indipendentemente dalle vicende burocratiche c’è un fatto che va riportato: gli immigrati hanno paura. Paura di una deriva xenofoba, paura di curarsi, paura di convivere con leggi che innescano caos ed una situazione di oggettiva confusione.

Come ha ricordato il presidente Fini nel suo discorso alla Fiera di Roma, il Pdl deve essere un partito che mette in cima alle sue priorità la dignità della persona: ne consegue che anche la cura degli immigrati deve essere un compito dello Stato. E lo Stato lo deve fare con politiche mirate alla salvaguardia del diritto e della sicurezza di tutti i cittadini. Proprio tutti.

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