Dunque vediamo: prima le associazioni sindacali dei medici, poi l’organizzazione internazionale Medici Senza Frontiere, ora anche un gruppo di deputati del Pdl, circa un terzo dell’intera assise. Tutti con il dito alzato, chiedono al Governo di fermarsi e riflettere con serenità su quel decreto che riguarda non solo la sicurezza, ma anche la dignità degli immigrati stessi. Se attorno a questo tema si è sviluppata una dinamica così intensa, significa che, oltre a non esserci condivisione con le norme in questione, vi è l’esigenza di parlarne, in poche parole c’è voglia di dialettica, come ha dichiarato Fiamma Nirenstein, “perché un partito forte su questi temi deve discutere”.
La lettera con la quale 101 deputati chiedono al premier di non porre la fiducia sul ddl sicurezza, all’interno del quale figurano le due note dolenti (la possibilità per i medici di denunciare gli immigrati irregolari, e il rischio di non poter iscrivere i figli degli immigrati all’anagrafe), rappresenta l’esigenza forte di dialogo su questioni che investono anche la maturazione di un partito che aspira a rappresentare la maggioranza del Paese. Il fatto che qualcuno consideri quella lettera “figlia di manovre interne in vista del congresso del Pdl” evidenzia una mancata consapevolezza delle aspettative di una classe dirigente che punta non alla delegittimazione o alla confusione normativa dettata da questa o quell’altra esigenza, ma alla condivisione dei percorsi attraverso i quali si giunge ad un risultato. Non si tratta tanto di ammorbidire il testo o di fare passi indietro, il punto è di riflettere attentamente sulle reali portate di quel provvedimento, tenendo conto dei malumori fino ad oggi provocati e prevedendo le conseguenze sociali e politiche di una sua eventuale approvazione anche alla Camera.
Certo, un Governo è chiamato a votare e a fare leggi, ma senza perdere di vista la contingenza quotidiana, senza farsi avvolgere da retroscena assurdi, senza necessariamente vederci chissà quale disegno dietro la semplice volontà di analizzare il terreno prima e legiferare, con lungimiranza ed efficacia, poi. Sarebbe il caso di valutare che lo strumento legislativo, originariamente strutturato per definire una mappatura dell’immigrazione clandestina, al contrario rischia di perdere di vista gli obiettivi prefigurati. I medici curano, non segnalano. E voler invertire l’ordine delle cose, beh non promuove certo la crescita del senso delle istituzioni che ogni cittadino ( ed anche ogni suo rappresentante in Parlamento) dovrebbe avere. Analizzare con cognizione di causa il problema dell’immigrazione clandestina prevede che lo si faccia con attenzione ed intelligenza, snocciolando scrupolosamente cause ed effetti, producendo norme che impongano sì il rispetto della legge ma anche della persona e della dignità umana. Non rendendosi promotori di azioni che hanno il rischio concreto di innescare caotiche reazioni e quindi ulteriori danni alla collettività.
Deve essere chiaro che i medici curano, non segnalano. E voler invertire l’ordine delle cose non promuove certo la crescita del senso delle istituzioni che ogni cittadino, oltre che ogni suo rappresentante in Parlamento, dovrebbe avere e custodire gelosamente.
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