venerdì 19 marzo 2010

Made in Italy: meno male che qualcuno sceglie il verde...


Da Ffwebmagazine del 19/03/10

C’è qualcuno che si è dimenticato del fallimento del vertice di Copenhagen, cioè la stragrande maggioranza dei paesi partecipanti. E c’è chi invece, in Italia, ha messo mano alle idee, e al portafoglio, progettando il futuro elettrico a quattro ruote privato, e uno solare nel servizio pubblico. No, non è la solita invenzione estemporanea che, dopo un paio di giorni di titoloni sui giornali, torna nell’anonimato. Si tratta di due segnali rigorosamente made in Italy, che si ripromettono di essere da guida a un comparto che dalla fase embrionale, dovrebbe passare al più presto a essere una vera e propria multirisorsa. Autonoma, strutturata professionalmente: l’industria verde italiana potrebbe non solo investire nella sopravvivenza dell’ambiente, ma ottenere un riscontro economico non da poco. E sono due gli spunti da cui iniziare.

Da rossa a verde il prodotto non cambia, anzi forse sì, perché cambia pelle nella veste e nelle intenzioni, conservando tutto il suo splendore, e perseguendo la salvaguardia dell’ambiente. Abbinando tecnologia da Formula 1 ad un motore di quaranta chili per metà elettrico, sfrutta nelle auto gran turismo il cosiddetto sistema kers, quel dispositivo progettato lo scorso anno dagli ingegneri del reparto corse capace di incamerare l’energia prodotta dalle frenate per poi usarla come spinta. È così che la nuova Ferrari 599 ibrida può viaggiare per brevi tratti grazie all’elettromotore con emissioni ridotte a zero. Ma quando si desidera la prestazione pura, è sufficiente pigiare il pedale dell’acceleratore così da impiegare simultaneamente i due propulsori.

Una rivoluzione, se si pensa che arriva da un settore, quello delle auto super lusso veloci da competizione, fino a oggi restio a uno stravolgimento simile. Ma che proprio a causa della tecnologia implementata per la F1, è riuscita a non sprecare tale bagaglio di conoscenze e di esperienze, impiegandolo per affrontare la sfida delle green cars. Si stima che entro quattro anni la tecnologia sviluppata per questo modello potrà essere applicata da appannaggio di altre vetture, con un peso specifico industriale non indifferente. Ma ancor di più testimonia la volontà di una grande fabbrica di idee e di uomini italiani che, dopo titoli mondiali e vittorie in pista, sta dedicando tempo ed energie a una sfida ben più complessa rispetto a quelle con cui era solita confrontarsi, come una pole position o un rapido pit stop: l’utilizzo di energie future.

Altro esempio di virtuosismo: a 188 chilometri a nord-ovest di Maranello, precisamente nel capoluogo lombardo dove si è pensato bene di progettare e attuare la prima linea di metropolitana d’Europa alimentata, anche se in parte, da energia solare. In virtù di una progettazione lungimirante sull’efficienza energetica, la Linea 1 meneghina potrà così ridurre le emissioni di settantamila chilogrammi di CO2 grazie a pannelli fotovoltaici installati sul tetto del deposito Atm di Precotto, un impianto di 23mila metri quadrati capace di produrre quasi un milione e mezzo di kilowattora annui.

Si tratta di due esempi di eccellenza tecnologica che dovrebbero rappresentare un punto di partenza e non di arrivo, coinvolgendo anche ambiti diversificati. Dal momento che ad oggi il mondo verde registra ancora progressi a intermittenza. Basti pensare al semplice fatto che il panorama delle energie rinnovabili è presente massicciamente nel quotidiano: vento, sole, acqua non mancano di certo nel nostro paese. Ma di pari passo sarebbe il caso di seminare una cultura eco-dinamica a trecentosessanta gradi. Che parta da reti cittadine di bus elettrici e di tram, con edifici di nuova costruzione già progettati in proiezione di ecosostenibilità, con navi e traghetti di nuova concezione, con stadi moderni. Con nuovi taxi elettrici, che possano fare rifornimento da centraline poste sui marciapiedi e contando sul sostegno di politiche industriali più verdi, che stimolino la salvaguardia dell’ambiente e la crescita di un settore industriale completamente dedicato al green.

Applicando magari all’energia il modello internet, ovvero una vera e propria rivoluzione dal basso. Come proposto dall’economista americano Jeremy Rifkin, nel suo ultimo libro La civiltà dell’empatia, che inquadra in una terza rivoluzione industriale l’ancora di salvezza. Con piccoli gesti legati alle abitudini di ciascuno che, in tempo reale, possono diventare dei mini manuali di sopravvivenza per il nostro ambiente. All’interno di quella cassa di risonanza mondiale che è la rete. Una sorta di unico contenitore con sette miliardi di cittadini, che insieme raggiungono la consapevolezza che ormai il tempo sta scadendo. E se si vorrà lasciare alle future generazioni città, campagne, mari e monti ancora vivibili, sarà il caso di stoppare la condotta di vita adottata sino ad oggi.

E allora che si proceda, che si sperimenti, che si innovi, e perché no, che si dia ascolto a quei versi di Samuel Beckett: «Ho sempre tentato. Ho sempre fallito, non discutere. Prova ancora. Fallisci ancora, fallisci meglio».

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