sabato 6 marzo 2010

QUANDO IL SILENZIO CONTA PIU'DI MILLE PAROLE


DA MONDOGRECO DEL 06/03/10

Diceva John Selden: “La cosa più saggia che si possa fare oggi è tacere”. Parole che forse tornerebbero molto utili a chi, ricoprendo un ruolo abbastanza rilevante nel governo tedesco, è arrivato in questi giorni a liquidare la crisi economica greca come un affare che potrebbe essere risolto vendendo il Partendone o le isole Cicladi. Si provi ad immaginare Mykonos, Santorini e Paxos in mano a qualche miliardario cinese, che al posto del ghiropita e dell’ouzo imporrebbero sulle tavole delle taverne riso e sachè. Una pernacchia, direbbe Totò.

Troppo facile replicare che, in occasione di una crisi futura dell’economia tedesca o del maggiore produttore automobilistico che peraltro ha già operato sostanziosi licenziamenti, loro potrebbero mettere su E-bay la Foresta Nera o Marienplaz a Monaco di Baviera. O ancor più facile, ma di una semplicità risibile, sostenere con una punta di elaborato orgoglio, che nessun paese al mondo, tranne l’Italia, possiede nel dna del proprio bagaglio storico ed artistico un bene come il Partenone. Per questo nessuna delle prossime righe intimeranno provocazioni in risposta alle provocazioni tedesche piovute in questa settimana. Ma cercheranno di suggerire alcune riflessioni che, almeno a freddo, appaiono indispensabili per ovviare ad un clima appesantito. Tralasciando il merito della soluzione contemplata da Berlino, resta non solo l’amaro in bocca per un’uscita indiscutibilmente fuori tempo e fuori luogo, ma la sensazione più generale di un sentimento di superiorità, dettato esclusivamente dal primato industriale europeo. Che rimane un dato incontrovertibile, ma stonato in questi anni difficili e complessi che avrebbero bisogno di unità e solidarietà.

Una supponenza che non giustifica la spinta a volersi distinguere a tutti i costi, a volte anche ignorando lo spirito europeistico in più occasioni perseguito da quell’Altiero Spinelli, non a caso citato come uno dei padri fondatori dell’Unione europea a causa della sua acclarata influenza sull’integrazione europea post-conflitti mondiali. Che cosa dovrebbero replicare i greci, allora? Richiedere indennizzi per le tante distruzioni operate all’indomani dell’armistizio? Riavvolgere indietro la pellicola della storia, facendo scorrere immagini raccapriccianti di morte e di ingiustizie? O forse potrebbero donare ai rappresentanti del Bundestag una copia del bellissimo film sul massacro di Cefalonia con Nicolas Cage “Il mandolino del capitano Corelli”, riproposto pochi giorni fa dalla televisione italiana, per soffermarsi ancora su di una strage assolutamente ingiustificata? Sarebbe la soluzione più facile, issando come un vessillo trionfante bandiere che portano ancora vivi i segni di quei drammatici anni. Ma sarebbe anche una mossa speculare, perdente perché aspra. Come la boutade tedesca.

Varrebbe invece la pena di scomodare il buon Seneca, e non per un mero campanilismo ellenico, che ovviamente, potrebbe contestare qualcuno, non vive un buon momento in questi mesi. Ma per far comprendere come talvolta chi conserva la certezza di possedere il verbo del vero, sempre e subito, farebbe bene a confrontarsi con uno specchio dalle dimensioni maggiori. E vediamo cosa diceva Seneca. “Il comando più difficile è comandare se stessi”. “Molti uomini avrebbero potuto raggiungere la sapienza, se non avessero presunto di esservi già giunti”. “I mali che fuggi sono in te”. Lungi da voler innescare un dibattito filosofico. Ma si tratta di aforismi che non hanno certo bisogno di altri commenti. E sarebbe bello poterli inviare agli amici tedeschi, o magari farli sventolare su uno striscione appeso proprio in cima al Partenone. “Il vero paese- diceva Giorgio Ambrosoli- è quello che ci costruiamo col nostro lavoro”. E la Grecia dal 1945 in poi in parte lo ha fatto. Con coraggio, col sacrificio dei suoi cittadini, con gli errori dei suoi governanti. Ma detto questo non si comprende dove vogliano arrivare gli schizzi di fango provenienti da Berlino.

E’acclarato che una politica di puro assistenzialismo, che nessuno ha chiesto, non potrà che impedire sviluppi concreti per il futuro ellenico, ma sarà necessario strutturare da zero un sistema di welfare, di bilance finanziarie, di contrappesi legislativi, di lotta alla corruzione ed alla speculazione. Questa sarebbe dovuta essere la risposta di uno dei pilastri dell’Unione Europea. Una risposta analitica, ponderata e possibilmente risolutiva. “Se si perde la battaglia delle parole- ammoniva Gorge Bernanos- si perde la battaglia delle idee”. Il tempo per fare marcia indietro, c’è ancora.

Nessun commento: