Da Ffwebmagazine del 05/03/10
O torna il primato della politica, che si fa eticamente responsabile, o il sud vedrà ridursi le possibilità di rinascita. E non solo, le classi politiche meridionali non devono rifugiarsi dietro all'alibi del Mezzogiorno come "questione nazionale" ma devono assumere piena consapevolezza del loro ruolo. Così Gianfranco Fini, chiudendo a Napoli il convegno bipartisan promosso dalle fondazioni Farefuturo e Mezzogiorno Europa “Per una buona politica nel Mezzogiorno, per un profondo rinnovamento delle classi dirigenti”. Secondo il presidente della Camera sta scadendo il tempo per elaborare proposte e alternative, dal momento che è a rischio la coesione nazionale. Per questo occorre dimostrare che la politica, quella buona, ha interesse per l’intera comunità e solo in questi termini potrà apportare benefici a un sud a cui nessuno verrà in soccorso. Quindi no all’assistenzialismo, sì alla responsabilità di chi la cosa pubblica muove e pensa, all’interno di una nuova questione dai tratti pedagogici. Perché deve dare a se stessa l’ambizione di avere un respiro lungo e di essere intrisa di passione civile.
Il sud Italia attira meno investitori del Bangladesh, ma al contempo registra un interscambio nazionale nel Mediterraneo per più di 40 miliardi di euro. Cosa fare, dunque? Quale discontinuità applicare? Quale revisione dei meccanismi di interesse pubblico? No a un meridionalismo fatto di analisi sterili e progetti sulla carta, figlio di una politica troppo spesso più testimonianza che azione vera. Più incentivi invece a un nuovo slancio per un Mezzogiorno che, alla vigilia del centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia, superi una lettura eccessivamente economicistica ma guardi alla cultura e alla società. Il monito di un maggior sviluppo per il meridione all’interno di una inscindibile unità, contenuto nel messaggio del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ha rappresentato la stella polare del convegno bipartisan, a cui le due fondazioni hanno presentato un documento comune basato su tre punti: miglioramento della qualità delle istituzioni, contrasto all’illegalità ed al sommerso, sostegno al capitale umano.
Come ha ricordato il segretario generale di Farefuturo, Adolfo Urso, non bisogna rassegnarsi a un destino negativo per il Mezzogiorno, ma si può impedire quel declino utilizzando al meglio il triennio che ci attende. Quello della legislatura nazionale, del governo centrale e dell’ultima tranche di finanziamenti europei. «Sino a ieri il sud viveva all’interno dei confini nazionali - ha detto -. Con l’allargarsi degli spazi i capitali viaggiano rapidamente dalla Cina agli Usa, ma così si restringe il tempo, quindi la velocità diventa fondamentale». E poi sfruttare le celebrazioni per l’Unità d’Italia, non come un elogio della decadenza del meridione, ma come riconoscimento di coesione della nazione, che più volte è stata minacciata nella sua interezza.
In questo, la prima criticità è rappresentata dalla cosa pubblica che, se ammodernata, potrebbe divenire la chiave di volta delle riforme. Lo ha ribadito Sandro Amorosino, docente di diritto pubblico alla Sapienza di Roma, secondo cui sarebbe necessario ridurre l’intermediazione pubblica senza sottrarsi alla trasparenza e alla tracciabilità. E soprattutto razionalizzare la miriade di conflitti di competenze che si sono instaurati tra Regioni e Stato centrale all’indomani della riforma del titolo V della Costituzione, che di fatto rappresentano un rallentamento della macchina burocratica già di per sé appesantita.
Una burocrazia che non può fare a meno della legalità. Senza di essa non vi sono le premesse per recuperare quel capitale umano vera risorsa aggiuntiva, ha sostenuto Roberto Pasca, docente di economia politica alla Sapienza. Sarebbero sufficienti poche regole, ma certe, che rendano più fluido il rispetto della legalità. Secondo Pasca l’insegnamento civico venga elargito prima dell’etica, impiegando i nuovi mezzi di comunicazione, in quanto sarà la base della vita quotidiana, e non per «essere secchioni, ma per consolidare le fondamenta della società». In secondo luogo, eliminare il doppio coordinamento di comuni e province per l’istruzione secondaria, premiando quegli atenei che offrano un collegamento reale con il mondo delle imprese. Infine, combattendo l’inefficienza, dal momento che al sud due terzi della popolazione non si fida delle proprie istituzioni e al contempo cerca strade alternative, non sempre di primario indirizzo.
Rammentando che il mancato funzionamento della giustizia civile produrrà inevitabilmente l’allontanamento di nuovi investitori. Con un danno inestimabile per i prossimi decenni. Senza contare che un sistema-sud veramente funzionale avrebbe il doppio vantaggio di estendere i benefici al territorio. E non solo per il tempo necessario al finanziamento europeo di turno, ma per fare un passo in più, ha sostenuto Lorenzo Zoppoli, docente di diritto del lavoro all’Università Federico II di Napoli. Si pensi per un attimo a quali scenari si aprirebbero se si smettesse di attendere i fondi europei concependoli come la soluzione unica alle numerosi questioni. Strutturando invece una mente amministrativa complessa, capace di fare tesoro di quegli stanziamenti e non per il contingente, ma piuttosto per investire in programmazione e proposte rivolte al futuro. Chiedendosi perché mentre il Mezzogiorno cresce dello 0,3%, le altre aree sottosviluppate europee del 3%.
Darsi delle regole per le aziende sane, quindi, per rafforzare la legalità, cancellando quella zona grigia che produce concorrenza sleale restringendo il libero mercato. Senza dimenticare un altro fattore, forse fino a oggi sottovalutato: quello della concorrenza. L’asse composto dalle macroregioni del nord Europa vanta infatti un tasso organizzativo ed economico oggettivamente maggiore rispetto al sud che, nonostante l’invidiabile posizione di molo naturale nel Mediterraneo, non ha sfruttato come avrebbe potuto il fattore geopolitico, come denotato da Giancarlo Lanna.
Sono quei soggetti che si muovono nel campo dello sviluppo e dell’internazionalizzazione che hanno il compito gravoso di pensare a più fasi una politica di sistema. Tenendo ben presente le filiere, i nuovi snodi infrastrutturali come il Corridoio VIII e quella voglia di riscatto sociale che deve emergere, ma senza innalzare il Pil come unico parametro del benessere. Il tutto tenuto insieme dalla responsabilità delle classi dirigenti del Mezzogiorno, che poi è - come hanno sottolineato i due direttori Mario Ciampi e Ivano Russo - il punto nodale del documento congiunto prodotto dalle due fondazioni.
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