C’è da fidarsi di un sistema che non permette ai cittadini di esercitare il proprio potere di rappresentanza? Che prima chiede sforzi, sacrifici, voti (ma non preferenze), e poi li emargina quando da quel pertugio potrebbe venire un pericolo per una consuetudine decennale? Che invita al rispetto delle leggi e della trasparenza e poi salva un deputato dalla giustizia in quanto tale e non perché oggettivamente innocente? Che riempie i programmi elettorali di meritocrazia e occupazione giovanile e poi non fa nulla per impedire la fuga di quanti, ormai stufi,decidono di emigrare oltre Europa? Che predica il risparmio e poi concede milioni di euro di finanziamento alla stampa di Lavitola o al mensile dei cavalli? All’indomani di un pomeriggio di follia per la politica italiana, a metà strada tra la vergogna di aver salvato Nicola Cosentino e la depressione civica per la decisione della Consulta, serve uno scatto di reni.
Per andare oltre prassi dequalificanti,che fanno regredire un paese già in fondo a tutte le classifiche che contano,come quella sul tasso di liberalismo pubblicata due giorni fa. Altro che passi in avanti, terzo millennio, europeismo, riformismo: qui c’è da rifondare partendo dallo zero. Magistrati con doppi e tripli cumuli di stipendi milionari, cricche e cricchette, centinaia di migliaia di precari senza un futuro, igieniste dentali e amiche di, ancora ai primi posti della fila. Lo ha magistralmente elaborato Stefano Rodotà nel suo “Elogio del moralismo”, pubblicato per Laterza. Dove invita a cambiare prospettiva quando si parla dimorale e moralisti. Chi l’ha detto che un soggetto che segue una condotta di correttezza, che non infrange la legge, che si indigna quando altri la infrangono e che per questo è definito moralista, deve altresì essere investito da un’aurea di bacchettonismo?
Rodotà invita tutti, esponenti pubblici e cittadini privati, a rivedere quel concetto di rigore inteso come regole di convivenza. Senza le quali ci saranno ancora amministratori pubblici che sfruttano la propria veste per affari privati, depauperando lo stato e quindi tutti i sessanta milioni di cittadini italiani che ne pagheranno le conseguenze,in termini anche di mancati guadagni. Uno scatto, dunque, di reni e di menti. Per andare oltre, per dare un segno. Se il paese è veramente stanco, come sembra,che allora faccia la sua parte, reagisca e si renda attivo come ha fatto (solo una manciata di volte) nel suo passato.
Fonte: Go-Bari.it del 15/01/12
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