giovedì 5 gennaio 2012

Il populismo fa male. Le domande no.

Il populismo fa male a politica e ai cittadini, ma questo non significa che la casta italiana non debba darsi una regolata e riflettere sugli sprechi che ci sono stati e ci sono ancora. Né che si debba evitare di porre domande, forse per loro scomode, ma attuali e legittime per chi fa (ancora) questo mestiere. La polemica degli ultimi giorni,sostenuta dalla relazione su quanto guadagnano i parlamentari del belpaese, è come al solito strumentale. C’è chi ha interesse a sollevare ancora più polvere in un panorama già caotico, tra rimborsi forfettari e collaboratori fantasma. Certo,non serviva attendere il servizio televisivo de le Iene per sapere che Scilipoti pagava il proprio collaboratore poco più che seicento euro. Si pensi che un deputato barese qualche anno fa addirittura evitò di prendere un paio di collaboratori (già “pronti” per l’uso) per risparmiare quei pochi soldi,adducendo in maniera poco signorile la voglia di non occuparsi poi granché del proprio collegio di riferimento (infatti era in lista bloccata, in una posizione piuttosto vantaggiosa).
Molti di noi hanno qualche campagna elettorale sulle spalle e possono immaginare il perché di quegli atteggiamenti. Che nobili non sono. Ciò che manca è la misura e la voglia di dare un segnale al resto del paese, che si trova costretto a fare i conti con la benzina alle stelle e con rincari dappertutto. Detto dell’impulso della manovra, in chiave di sacrifici e ottimizzazioni, non si capisce però il risentimento di chi, quella crisi, nei fatti ha quantomeno contribuito a non evitare. I quasi duemila miliardi di debiti italiani non sono frutto del caso,ma di assurdità note e oggettive. E anche di un mancato controllo da parte di chi è stato seduto in parlamento.

Non è demagogia voler chiedere conto a questi signori cosa abbiano prodotto, quante leggi abbiano scritto, quali benefici per il territorio abbiano provocato. Il perché è sotto gli occhi di tutti: sembra che la globalizzazione abbia causato almeno un pezzo della crisi attuale. E all’internodi tagli, sacrifici e rinunce, sembra si voglia mortificare i più deboli. Se la logica deve essere quella dei sacrifici per far uscire il paese dalle secche della crisi e dal rischio default, che allora valgano per tutti. In primis per chi, dovendo dare l’esempio, è ancora in ritardo. Per questo, tenendo ben distante il rischio di estremizzare animi già agitati, non sarebbe saggio smettere di chiedersi: chi controlla i rimborsi forfettari dei deputati, anche di quelli europei (prima della riforma ora in vigore a Strasburgo)?
Come mai non tutti i collaboratori sono assunti? Perché concedere ancora benefit di viaggi quando il resto del paese subisce gli aumenti di benzina e autostrade? Ciò che manca, alla casta e a chi investe nel pressapochismo, è la logica: ovvio che non servirebbe a molto tagliare qualche migliaio di euro di senatori e onorevoli, ma sarebbe un segnale di onestà intellettuale. E poi, perché no, potrebbe finalmente aprire a una vera e propri a riorganizzazione della politica, con sedi affittate a peso d’oro, auto blu in abbondanza e conti da saldare. Paghiamoli a cottimo, ha proposto qualcuno negli ultimi giorni. Perché no, ma nel frattempo un sano taglio anche a loro non sarebbe proprio uno scandalo.

Fonte: Go-bari.it di oggi

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