sabato 9 febbraio 2013

Ma il primo “buco” l'ha fatto proprio la troika...



Nell’agosto del 2010 la giornalista di Bloomberg Finance, Gabi Thesing, chiede di visionare due file sulla crisi greca, contenenti ipotesi e valutazioni da parte dei membri della Bce sull’impatto degli swap negoziati fuori borsa. Dopo sessanta giorni l'Eurotower dice di no: le informazioni sono superate cronologicamente e la loro pubblicazione può essere ingannevole per pubblico e mercati. Ma Bloomberg non ci sta e fa ricorso: il tribunale replica che “la loro divulgazione avrebbe arrecato pregiudizio alla tutela dell’interesse pubblico della politica economica dell’Unione e della Grecia”. In soldoni, le informazioni sono pericolose, forse perché avrebbero potuto fare chiarezza in un mare di debiti e bugie. Restano così coperti da segreto “europeo” due file relativi all’impatto su deficit e debito pubblici degli swap e alla cosiddetta operazione Titlos, una società creata ad hoc dalla Banca nazionale greca, l’istituto che nel biennio di crisi ha regalato 70 miliardi di finanziamento pubblico a giornali e tv del paese, il cui vertice Provopulos guadagna quanto Barack Obama. Cosa centra tutto ciò con lo scandalo derivati dell'Mps?

La “bolla” bancaria dell'intero continente è stata gonfiata a dismisura da un sistema perverso che si è ramificato come un cancro. Ed ora è pronta ad esplodere anche in altri ambiti. Il primo “boom” si è verificato proprio in Grecia, dove nel biennio in cui la troika ha lavorato fianco a fianco nei ministeri ateniesi, semplicemente ha sbagliato i conti. Non quantificando esattamente i danni di numerosi derivati acquistati dai governi greci, non seguendo la linea rossa che da Atene conduceva nella banche tedesche, francesi, lussemburghesi, svizzere. Ignorando i fondi pensione ormai svenduti per coprire i debiti e i mille e più indizi che dal centro dell'Egeo si propagavano sino alla tedesca Siemens, alle operazioni spericolate di primi ministri socialisti e conservatori, a speculatori senza scrupoli: contribuendo a ritardare le misure tampone per un buco ormai abissale e soprattutto ignorando una soluzione che non penalizzasse correntisti e cittadini. E invece no, da quell'orecchio i banchieri dell'Ue proprio non ci hanno sentito, hanno scelto di proseguire tout court il commercio di spazzatura e di sogni irrealizzabili, senza rammentare che alla fine della fiera, prima di uscirvi, bisogna passare alla cassa. Se finanche governi e enti pubblici sono invischiati in derivati che servono per coprire precedenti fallimenti, in totale assenza di un regime di controlli che partano proprio dalla Bce, si comprende bene come l'eurocrisi sia tutt'altro che risolta. Quasi vicina ad una serie di ulteriori scosse sismiche dalle conseguenze gravissime di cui in molti preferiscono tacere. In Grecia è andato in scena un vero e proprio esperimento, come se fosse uno stage (post teoria) per futuri ministri dell'economia e banchieri incalliti. Che, è il vero rischio, potrebbe essere replicato altrove. Chi fa il buco scappa col malloppo; chi resta in loco paga le conseguenze con memorandum e svilimenti assurdi di diritti costituzionalmente garantiti; stati e premier assortiti si autoincoronano salvatori di bilanci e sopravvivenze: ecco lo schema del default.

In una lettera a Vittorio Foa del 26 novembre 1946 Altiero Spinelli scriveva: “Che ne diresti di riprendere l'iniziativa del movimento federalista come l'avevamo concepito a Milano nel 1943? Se le cose prendessero, alla lunga, una buona piega potremmo passare poi alla formazione di un vero movimento politico. Se andassero male avremmo parlato per una generazione successiva, il che non è poi un gran male”. Mentre ieri uno dei padri dell'Unione, all'indomani della fine della guerra e della necessità di creare quella comunione continentale, si mostrava attento a una visione lungimirante, oggi quel male ha fatto capolino sui cocci dell'Ue: e si chiama matematica. Quella disciplina che i grandi burocrati e le grandi cancellerie europee sembrano aver dimenticato in un batter di ciglia. Quando si innesca un meccanismo perverso in base al quale due più due non fa più quattro ma quattrocento, proprio in quell'istante si è schiacciato il pulsante del countdown. E non serve avere in tasca un master alla London School of Economics per comprendere come i controlli non abbiano funzionato, la politica abbia sbagliato clamorosamente e chi in questo biennio ha prodotto tomi su rigore e memorandum ha una buona fetta di responsabilità. Come? Lo scandalo dei derivati del Monte dei Paschi di Siena, l'eurocrisi, la troika e la macelleria sociale che sta andando in scena in Grecia sono fatti marchiati a vita dallo stesso timbro. Un fil rouge niente affatto sottile, ma talmente ingombrante da compromettere la futura sopravvivenza stessa di un continente pigro e folle, dei suoi cittadini imbambolati e passivi, e che sta minando i capisaldi di una democrazia. Il principale corto circuito non è tra stampa e giudici, ma tra banche e politica. E in molti fanno finta di dimenticarlo.

Fonte: Gli Altri settimanale dell'8/2/13
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