domenica 17 febbraio 2013

Vade retro nuovismo. La politica (italiana) dei passi indietro



Ma quale novità? Questa è una campagna elettorale vecchio stile, osserva uno dei maggiori politologi italiani, Giorgio Galli, docente di Storia delle dottrine politiche presso l'Università degli Studi di Milano. Secondo cui «a fronte dei due elementi innovativi come le piazze di Grillo e le primarie del Pd, la politica stessa abbia scelto di replicare con vecchi cliché, facendo un passo indietro». 

Si rischia concretamente di avere un Senato senza maggioranza: è la conferma del doppio fallimento dei contenitori partitici e dei contenuti politici?

Credo sia più di un rischio. Penso che di fronte ad una situazione difficilissima come quella in cui potremmo trovarci, il prossimo Parlamento avrà molte difficoltà. Il nostro sistema politico sta attraversando una crisi molto grave, nel merito e negli strumenti. La legge elettorale con cui voteremo tra pochi giorni è stata congegnata per la situazione contingente di quando fu ideata. In discussione, quindi, ci sono sia i partiti come luoghi fisici sia le questioni relative alle proposte.

In questa campagna elettorale si registra il ritorno dell'elemento piazza con Beppe Grillo e di quello passionario con le primarie del Pd: due “vecchie” novità?

Non vedo alcun ritorno al passato. Piuttosto è vero, c'è stata una virata verso una nuova e diversa partecipazione, e la si è vista con Grillo e le primarie dei democratici. Ma credo che questa campagna elettorale sia ancora di vecchio modello televisivo. E la piazza non potrà che tornare sulla scena dal giorno dello spoglio in poi.

Libertà, diceva Gaber, è partecipazione: crede sia troppo inflazionata da parte degli schieramenti la proposta del nuovismo? Tutti parlano di liste nuove, programmi nuovi, ma alle criticità poi non si oppongono soluzioni radicali o innovative.

Qualche piccolo elemento di novità lo vedo, penso alla green economy, o alla messa in discussione dei rapporti con l'Europa non nel senso di uscirne e rinunciare all'euro, ma nel senso di dover trattare per non subire più passivamente le decisioni dell'euroburocrazia. Simili tendenze sono presenti, ma il vero guaio è che appaiono ancora al momento troppo marginali all'interno del dibattito complessivo. Ma di contro l'intera campagna è molto tradizionale e centrata sulla tv, in questo senza dubbio vedo poca novità. Di soluzioni, invece, nessuna traccia.

Altro elemento politico che spicca e ritorna ciclicamente è il continuo e smodato uso della promessa, da un versante all'altro di liste o partiti: oggi più di ieri. Può celare precise deficienze programmatiche?

Decisamente sì. Ascoltare Berlusconi che promette quattro milioni di posti di lavoro fa aumentare la consapevolezza di una domanda: come si fa a condurre una serie di comizi o interviste con simili espressioni mirabolanti? É del tutto fuori dalla realtà. Continuo a vedere i soliti temi, l'abolizione delle tasse, il miraggio occupazionale. É come se a fronte dei due elementi innovativi richiamati all'inizio, il Movimento dei grillini e la scelta di condurre le primarie fatta dal Pd, poi la politica stessa abbia scelto di replicare con vecchi cliché, facendo un passo indietro. Esiste un preciso divario tra la passività di questa campagna elettorale e quanto, non di nuovismo ma di sensazione della gravità della situazione, c'è diffusamente nel Paese. 

Se si aggiunge una fetta di responsabilità da parte di alcuni mezzi di informazione che “fanno sponda” con quella politica vecchia, allora il quadro si fa più chiaro. O no?

Bisogna distinguere. La carta stampata offre più notizie, ma quanti cittadini leggono? Diverso il discorso per la televisione, più orientabile e orientata. Anche perché alcune questioni cruciali, come ad esempio quella del Monte dei Paschi, che offrono la cifra della gravità del sistema finanziario delle multinazionali, vengono raccontate con abbondanza di particolari minori del tutto inutili. Che alla fine accrescono la difficoltà nel comprendere il quadro di insieme di questi poteri. 

Come non disperdere i segnali di rinnovata partecipazione che si sono riscontrati in questa vigilia elettorale (si legga alla voce piazze tornate a riempirsi)?

Non so ancora con certezza se il cosiddetto partito degli astenuti scenderà di percentuale rispetto alle precedenti consultazioni, credo che al netto di sondaggi e previsioni gli indecisi o i non votanti siano ancora più di un terzo degli elettori: una percentuale ancora abbastanza elevata. In verità i sintomi di un ritorno almeno “emozionale” ci sono tutti. Dico che chiaramente i segnali si possono cogliere, altro è circoscrivere quale ceto politico sappia interpretarli: per ora non si vede.

Fonte: Gli Altri settimanale del 15/2/13
Twitter@FDepalo

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