giovedì 11 dicembre 2008

ECCO PERCHE’ LA TURCHIA NON E’ANCORA PRONTA PER L’UE


Mi permetto qualche riflessione a margine dell’articolo pubblicato sull’Avanti lo scorso 10 dicembre a firma di M. Repetti sull’ingresso turco nell’Ue. Non è sufficiente che la Turchia metta in pratica le tanto auspicate riforme democratiche (ma quando lo farà?), dal momento che esistono delle precise mancanze tutt’altro che risolvibili. Imprescindibile il rispetto delle minoranze religiose, ferma condanna per l'uccisione di don Santoro, più controlli civili sui militari e maggior rispetto della libertà d'espressione, senza dimenticare gli impegni su Cipro, curdi e armeni. Così il Parlamento europeo nella risoluzione sulle relazioni UE- Turchia dello scorso anno (ottobre 2007), con la quale rammentava al Governo di Abdullah Gul il decalogo da rispettare.

A Cipro ancora oggi, nella zona occupata da trent’anni dai turchi, vi sono 50mila militari che non consentono ai greco-ciprioti, cittadini dell’Ue a tutti gli effetti, di far ritorno nelle proprie abitazioni. Inoltre hanno provveduto a far sì che le 500 chiese di rito diverso dal musulmano, venissero rase al suolo o trasformate in bordelli, resort a 5 stelle, garage, caserme militari, così come ho avuto modo di verificare di persona lo scorso maggio a Nicosia, intervenendo come relatore al IV sinedrio di studi cipriologici.

Capitolo armeni. L’auspicio è che la Turchia cessi ogni tipo di blocco economico o chiusura delle frontiere e si astenga da minacce o attività militari tali da aumentare la tensione con i paesi limitrofi.

La questione è chiara e limpida: se la Turchia ha esigenza di entrare in Europa nessuno professerà un “no” preventivo, ma come un ospite si deve adeguare in casa d’altri, anche la Turchia dovrà stare alle regole della democrazia, in primis riconoscere Cipro come stato membro dell’Ue, ciò che invece non ha ancora fatto e recitare il mea culpa per il genocidio di armeni e curdi.

Cancellare la storia serve solo a chi quella storia vorrebbe riscriverla, magari per uscirne vincitore, anziché sconfitto. Peccato (per loro) che non viviamo più nei tempi in cui era sufficiente mistificare o ingannare le genti per ottenere consensi ed applausi.

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