mercoledì 3 dicembre 2008

QUALI AVVOCATI PER IL DIRITTO DI DOMANI?


Da "Nel Mese" 11/2008


Il mito del giurista completo è ormai al tramonto, dal momento che occorrono nuove figure di specialisti capaci di incarnare le esigenze sempre più diversificate ed approfondite”: così il prof. Roberto Martino, Preside della Facoltà di Giurisprudenza all’Università Lum “Jean Monnet” di Casamassima nel dare avvio ai lavori del seminario “Formazione del giurista: modelli di avvocatura e deontologia professionale”, organizzato dalla stessa Lum assieme all’Ordine degli avvocati di Bari ed alla Camera Civile del Foro di Bari. Un focus puntato sulle prospettive professionali ed umane dei giuristi di domani, con un occhio rivolto alla legislatura corrente non esente da sovrapposizioni con i recenti decreti.

L’evento ha registrato la presenza di illustri relatori, tra cui Vincenzo Carbone primo Presidente della Corte di Cassazione, Franco Cipriani ordinario di diritto processuale all’Università degli Studi di Bari, Giovanni Schiavoni consigliere segretario dell’Ordine degli Avvocati di Bari, Gaetano Di Muro (direttivo della Camera civile di Bari), Nicola Picardi ordinario di diritto processuale civile all’Università La Sapienza di Roma, Elena Kundriatvseva associato di diritto processuale civile Università di Miskolc (Ungheria), Giuliano Scarselli ordinario di diritto processuale civile Università di Siena, Emmanuel Virgintino Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Bari.

L’Italia è al centosettantesimo posto al mondo per efficienza della giustizia, inoltre il testo normativo della professione forense è fermo al 1933: due elementi che secondo il Presidente Carbone devono far correre ai ripari quanto prima. Si pensi che in Francia il numero degli avvocati cassazionisti è poco superiore al centinaio, mentre nel nostro Paese sono ben 60mila. “Chiediamoci il senso e l’utilità di questa disparità- ha riflettuto Carbone- senza dimenticare che già nel 1923 il Calamandrei riteneva elevatissimo il numero degli avvocati”.

Il ragionamento, ha ammonito l’avv. Di Muro, va portato avanti tenendo ben presente anche il numero degli avvocati che a seguito della pratica, vengono inseriti in un mercato già saturo. Dati che secondo il presidente dell’Ordine, Virgintino, debbono far riflettere, per giungere ad una rivisitazione di procedure e modus operandi.

Secondo il prof. Scarselli sono due i modelli sociali all’interno dei quali l’avvocato svolge la propria opera: nel primo l’avvocato risulta molto libero nello svolgimento della propria prestazione e tende addirittura a diventare imprenditore, di conseguenza dovrebbe operare sul mercato secondo le leggi imprenditoriali; nel secondo il giurista è sì libero ma si discosta sensibilmente dalla pratica imprenditoriale, rimanendo ancorato alla visione tradizionale. La differenziazione è utile per introdurre una delle riflessioni più sentite dall’intera categoria, ovvero quella relativa al decreto Bersani sulle liberalizzazioni delle professioni, che aveva tra le sue proposte l’eliminazione dei minimi tariffari e la possibilità per il singolo professionista di pubblicizzare i propri servizi. Infatti l’Antitrust aveva manifestato l’esigenza che il codice deontologico forense eliminasse alcuni limiti, come quello di riconoscere una percentuale a chi portava “in dote” un cliente, o a chi effettuava pubblicità comparativa nell’ambito di quella che è stata definita “pratica per l’accaparramento della clientela”.

Ma il Consiglio Nazionale Forense, con delibera del 12/07/2008, ha detto ‘no’ all’Antitrust, aprendo formalmente il dibattito intorno alla questione.

Il perno centrale su cui confrontarsi, ha poi precisato il Presidente Carbone, è proprio il limite tra professionista ed imprenditore, all’interno del quale sarebbero necessarie regole chiare, etica ed interpretazioni comuni. Da qui il punto di domanda del prof. Scarselli, “ma vi è un interesse dell’intera cittadinanza o solo quello del singolo professionista da considerare e caldeggiare?”.

Innanzitutto è utile partire da quelli che sono considerati i punti fissi normativi. Dopo l’introduzione del decreto Bersani, le condotte che prima erano perseguibili dal codice deontologico forense sono di fatto e, in parte, ammesse. “Ben vengano norme innovative- ha sentenziato l’avv. Schiavone- ma non appare condivisibile il fatto che esse in seguito non vengano applicate, dal momento che proprio il decreto Bersani contrasta con l’ordine professionale”.

Un richiamo ad una maggiore praticità di regole e competenze è venuto dal prof. Picardi, secondo il quale le conoscenze hanno senso se sono indirizzate verso una finalità tangibile. “Siamo in presenza di molti elementi spesso in conflitto tra loro. Il nuovo ordinamento è ancora da pianificare e la colpa credo sia di noi tecnici che forse non abbiamo utilizzato gli strumenti più adatti per questa modifica”. Come uscire dunque da questa empasse, anche al fine di consegnare alle future generazioni una professione snella e moderna? Il prof. Cipriani non ha dubbi, quando sostiene che “a nulla servirebbero ulteriori modifiche, come ad esempio al codice di procedura civile, credo invece che un notevole passo in avanti potrebbe essere fatto aumentando il numero dei giudici di pace e dei magistrati”.

Nell’occasione sono anche stati presentati i volumi “Codice di procedura civile della Federazione Russa 2003” (Cacucci ed., Bari 2007) e “L’educazione giuridica, 2° ed. voll. 1 e 2” (Cacucci ed., Bari 2008) a cura di Nicola Picardi e Roberto Martino. La scelta del soggetto russo, secondo la prof.ssa Kundriatvseva va nella direzione di dare spazio e visibilità ad un impianto che presenta non pochi elementi di modernità, come la previsione per l’accesso alla giustizia per le procedure ed i ricorsi, per la prima volta introdotto proprio da questo codice nella giurisprudenza russa.

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