Da FFwebmagazine del 01/04/09
Un parto con denuncia? Strana la vita per una clandestina 25enne originaria della Costa d’Avorio, il suo momento di massima gioia di mamma si è trasformato in un giorno di dolore.
I fatti: lo scorso 5 febbraio la donna si presenta all’ospedale “Fatebenefratelli” di Napoli. Sta per dare alla luce un bimbo, ma nello stesso istante dal nosocomio campano qualcuno informa il commissariato di Polizia di Posillipo. Scatta la denuncia, nonostante il decreto sicurezza, che prevedeva inizialmente l’obbligo per i medici di denunciate gli immigrati irregolari, non sia ancora legge. I medici del presidio sanitario però fanno sapere di non aver denunciato nessuno, solo di aver chiesto alla Polizia l’identificazione nel momento della dichiarazione di nascita, dato che la donna non era in possesso di documenti regolari.
Speriamo che non sia così: speriamo che nessun medico si sia lasciato tentare dall’appannare il giuramento di Ippocrate, eludendo l’obbligo di riservatezza del proprio paziente. Speriamo che non sia questo il primo caso, di cui un gruppo di parlamentari qualche tempo fa paventava il rischio. Speriamo che nessun immigrato in futuro debba avere timore nel richiedere cure, e soprattutto nel dare alla luce una nuova vita in questo Paese.
Prima le associazioni sindacali dei medici, poi l’organizzazione internazionale Medici Senza Frontiere, in seguito un gruppo di deputati del Pdl, circa un terzo dell’intera assise: nei giorni scorsi tutti con il dito alzato, avevano chiesto al Governo di fermarsi e riflettere con serenità su quel decreto che concerne non solo la sicurezza, ma anche la dignità degli immigrati stessi. I medici sanano malattie e curano persone, non si occupano di operazioni di spionaggio e segnalazioni. Alterare questo stato di cose non aiuta né la convivenza né la sicurezza stessa di immigrati e cittadini.
Il dato sul quale riflettere è che nel nostro Paese, da questo momento in poi, saranno sempre più numerosi i nuclei familiari composti da cittadini di colore, figli e fratelli di quell’integrazione che è parte integrante non solo della storia delle civiltà, ma soprattutto della nostra storia di italiani emigranti, come ha ricordato il Presidente della Camera nel suo discorso alla Fiera di Roma.
Alla luce di ciò dunque sarebbe saggio concentrarsi su norme che sollecitino la convivenza, non che la impediscano o, fatto ancor meno utile, la rendano pericolosa e spiacevole.
Chissà cosa penserà tra qualche anno il bimbo nato in quell’ospedale campano, l’auspicio è che non debba ricordare con vergogna i suoi primi giorni di vita.
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