giovedì 25 febbraio 2010

Storie di migranti sui binari della speranza


Da Ffwebmagazine del 25/02/10

Perché si viaggia, si cambia, ci si imbarca in un’avventura nuova o diversa? Per il semplice gusto di farlo, o per cercare qualcosa che incida su modi di essere e di vivere. O inseguendo un futuro migliore, più ricco, con opportunità che mutano lo status quo delle cose e delle situazioni. Il riflesso di una valigia che si sposta, o il singolo sguardo di una persona che volta le spalle a un luogo e si proietta in un altro. «Dobbiamo andare e non fermarci finche`non siamo arrivati. Dove andiamo? Non lo so, ma dobbiamo andare». Per citare quel Jack Kerouac che ha fatto del viaggio un simbolo generazionale.

Sono queste le sensazioni, le intenzioni e le realtà concrete. Totem di un cambio di passo, di una rivoluzione a trecensosessanta gradi nelle esistenze. Lo dice la storia, non solo quella recente. Cosa accadde, ad esempio, all’indomani della guerra di Troia? Tutti in viaggio verso nuovi lidi. Enea verso il Lazio, Ulisse in cerca di casa e degli affetti, Diomede che fondò alcune città nell’Italia meridionale, Filottete che diede i natali a Crotone, Idomeneo addirittura in Asia Minore. O si pensi agli eventi che precedettero il viaggio di Cristoforo Colombo in cerca delle Indie: la riunificazione delle corone di Aragona e Castiglia, la fine del conflitto di Granada e le preziose intermediazioni del duca di Medinaceli e del francescano Juan Perez, confessore di Isabella. Mollare gli ormeggi.

Esempi di spostamenti, piccoli e grandi, più interessanti o significativi, che possono aiutare chi ancora fatica a metabolizzare il concetto stesso di migrazione. Che il dizionario Garzanti indentifica con il «migrare; spostamento temporaneo o definitivo di gruppi etnici o sociali da una sede a un'altra: le migrazioni dei popoli antichi, dei barbari | spostamento periodico di alcune specie animali: le migrazioni delle anguille, degli uccelli, delle renne».

L’idea della migrazione prende corpo all’interno di una mostra itinerante, promossa dal Consiglio regionale della Puglia e dalle Ferrovie dello Stato, lungo dodici carrozze di un treno merci, a simboleggiare le storie di ieri, ma soprattutto le difficoltà di oggi. Partenza dalla stazione di Lecce, risalendo tutta la Puglia da Brindisi, Bari, Foggia, sino al capolinea naturale italiano, quella Torino dove moltissimi sono i pugliesi che negli anni si sono trasferiti.

Un flash back a ritroso, prima stazione il grande esodo verso il nuovo continente a inizio secolo. Circa nove milioni di cui il 70% meridionali che, dal 1890 al 1915, e certamente non in prima classe, salparono dai porti nostrani in cerca del sogno americano: un pensiero grandioso, con infiniti neuroni rivolti verso un mondo sconosciuto, dove tutto era diverso e non martoriato dalla fame e dalla guerra.

O la successiva spinta verso il nord Italia, dopo il 1945 con intere comunità meridionali trasferitesi in massa nelle città lombarde, piemontesi, venete o, in seguito, addirittura nei centri industriali tedeschi, svizzeri, francesi, belgi. Il dramma di Marcinelle, le vite italiane nelle miniere.
Una regione, la Puglia, da sempre crocevia di popoli e lingue. Il culto orientale di San Nicola, l’intensa presenza di Federico II di Svevia, le ramificazioni culturali e storiche dei greci, ancora oggi visibili ad occhio nudo in quella miscellanea di profumi e colori che è la Grecia Salentina.

Un contributo figurativo con ben trecento fotografie, di cui molte direttamente arrivate dal museo newyorkese di Ellis Island ed altre messe a disposizione dall’archivio della Fiat. Racconti, immagini, con il contributo di grandi fotografi e di video, grazie alla collaborazione di Teche Rai e dell`Istituto Luce. Assistiti dalle voci narranti di Michele Placido e Sergio Rubini, con mille coinvolgimenti per istituti scolastici, biblioteche cittadine, cineforum e anche per alcuni artisti albanesi, giunti in Italia in occasione dell`indimenticabile primo esodo nel 1991. Era un’estate afosa quando la nave Vlora varcò le acque del porto di Bari, portando un incredibile carico umano.

E allora vale la pena di prenderlo quel treno merci, per farsi coinvolgere da una sfilata multimediale di occhi, di corpi in pellegrinaggio, di speranze indirizzate al domani. Di delusioni e di successi insperati, di tradimenti e di conquiste.

Null’altro, se non ciò che effettivamente ha caratterizzato gli italiani nell’ultimo secolo. Fatti allo stato puro, che chi ancora ignora lo fa dolosamente, pompando fanatismo e ignoranza in una società che avrebbe invece bisogno di serenità e di maggiore conoscenza di cause ed effetti.

Perché questa è la lingua che parla la storia, il codice comunicativo che indentifica società in movimento, esigenze in trasformazione. Magari seguendo quel consiglio di Bruce Chatwin: «Dovremmo concedere alla natura un`istintiva voglia di spostarsi, un impulso al movimento nel senso piu`ampio. L`atto stesso del viaggiare contribuisce a creare una sensazione di benessere fisico e mentale».

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