"Potete ingannare tutti per un po', potete ingannare qualcuno per sempre, ma non potrete ingannare tutti per sempre". (A. Lincoln)
lunedì 6 luglio 2009
«Adesso le riforme sono imprescindibili»
da Ffwebmagazine del 06/07/09
Costruire è più complesso che distruggere in un colpo solo quanto realizzato, per questo il ruolo della persona deve essere rivalutato, concentrando attenzioni e provvedimenti dello Stato verso l’individuo, nella consapevolezza che, accanto a rivisitazioni sociali, è imprescindibile programmare e realizzare una seria e ragionata azione riformatrice. È l’opinione del sottosegretario agli Esteri Stefania Craxi, che riflette sul significato di un progetto - quello di mettere al centro la persona - che prima di essere politico deve essere per forza di cose culturale.
D. Rimettere la persona e la sua dignità al centro dell’azione politica: lo ha sottolineato il presidente della Camera Fini pochi giorni fa in visita in Spagna, e lo ha ribadito Maurizio Sacconi (con la citazione “people first”) in occasione del G8 dei ministri del Lavoro. Come attualizzare questo proposito in chiave di welfare?
R. Innanzituto lasciando da parte il vecchio e datato concetto assistenzialistico, che in questi quarant’anni non ha prodotto quello che ci si aspettava. Credo si debba tornare a ragionare su concetti come la sussidiarietà, investendo appunto sulla persona, cercando di comprendere i nuovi bisogni di un tessuto sociale che è radicalmente mutato, anche in virtù di un diverso approccio al lavoro. Direi dunque attraverso un’osservazione attenta della realtà che è profondamente cambiata.
D. Osservare i cambiamenti, quindi, e progettare con lungimiranza dei correttivi: ma anche avviare una stagione delle riforme che prenda finalmente il via, senza intoppi e vincoli demotivanti?
R. Il momento giusto per le riforme credo sia sempre. Nel 1978 Bettino Craxi intravedeva l’assoluta necessità di una grande riforma, che investisse il paese in ogni suo settore, mi riferisco alla vita sociale, a quella politica e civile. Purtroppo quelle riforme non sono mai state realizzate. Per questo ritengo che se vorremo investire sulla modernità del nostro Stato, sulla sua capacità e rapidità di offrire risposte concrete ai bisogni veri, quelli di tutti i giorni, in un mondo sempre più globalizzato, allora le riforme saranno necessarie e imprescindibili.
D. Marc Lazar, dalle colonne di Repubblica, giorni fa ha accusato le sinistre europee di guardare l’attuale crisi con gli occhiali del passato: condivide l’analisi, anche pensando al conseguente scatto di reni che il centrodestra dovrebbe avere?
R. È evidente come la sinistra italiana, e anche quella europea, sia rimasta incrostata a un passato che non c’è più e che non ritornerà. Penso al welfare State, che ha dato tutto quello che poteva dare. Quegli stessi interpreti però, in questo lasso di tempo, non si sono accorti che la realtà attorno a loro si è profondamente trasformata. Personalmente, se avessi vissuto in Francia, non avrei votato certo per Segolène Royale ma per Sarkozy, il quale dice oggi delle cose che ho sentito professare venti anni fa dal Psi di mio padre.
D. A proposito di Sarkozy, cosa ne pensa del suo “sguardo” gauchista per porre un freno all’estremista Le Pen?
R. La sinistra francese è molto diversa da quella italiana. All’interno del panorama partitico d’Oltralpe sussistono certamente maggiori punti di contatto tra conservatori e riformisti, di quanti ce ne siano al momento tra liberali nostrani e vecchie logiche diessine.
D. Antonio Ghirelli, già portavoce di Sandro Pertini, utilizzando recentemente una metafora calcistica ha detto che al Partito democratico manca un numero dieci.
R. Purtroppo al Pd oggi non manca solo il fantasista, ma addirittura la squadra e più propriamente un obiettivo. Per questo non posso che consigliare loro di fare i conti con il passato e di chiuderlo.
D. Dialogo e confronto, aperto e costruttivo: quale puo`essere in questo senso il ruolo delle fondazioni, come la Fondazione Craxi, Italianaieuropei, Farefuturo, Italiadecide, Medidea, all’interno del dibattito politico e culturale italiano?
R. Considero strategico il ruolo delle fondazioni, per una serie di ragioni. Se considerassimo l’ipotesi di avvicinarci a un sistema come quello americano, ci renderemmo conto che avremmo molti più vantaggi. Negli Usa, le fondazioni e i media rappresentano il luogo di produzione di idee, dove convergono diverse posizioni, dove ci si scambia riferimenti e proposte circa la visione attuale e futura del paese. In un momento caratterizzato dal fatto che in Italia partiti tradizionali non ci sono più, e in virtù della scarsità di luoghi di dibattito, credo che il ruolo delle fondazioni possa risultare determinante.
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