mercoledì 29 luglio 2009

Un premio all'impegno contro la pena di morte

Da ffwebmagazine del 29-07-09

«Parmi un assurdo che le leggi, che sono l’espressione della pubblica volontà, che detestano e puniscono l’omicidio, ne commettono uno esse stesse medesime e per allontanare i cittadini dall’assassinio, ordinino un pubblico assassinio». Così il presidente della Camera Gianfranco Fini, citando Cesare Beccaria, nel suo messaggio all’associazione Nessuno Tocchi Caino, in occasione della presentazione del rapporto 2009 e del premio L’abolizionista dell’anno, consegnato ex aequo da Emma Bonino alla parlamentare Gail Chasey e al governatore Bill Richardson (quest’ultimo assente), che si sono distinti particolarmente per il loro impegno contro la pena capitale. «L’Italia resta in prima linea per l’abolizione – recita il messaggio del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano –. È un dovere continuare a battersi per l’inviolabilità della vita e contro la cultura della morte».

Un appuntamento ormai tradizionale quello in difesa della vita e contro la pena di morte, una conferma di impegno, l’ha definito Emma Bonino, uno slancio di iniziativa. Come quella tenace e costante della parlamentare dello Stato del New Messico Gail Chasey, capace di avanzare la proposta di moratoria sin dal 1999 e in seguito in ogni legislatura successiva, sino ad arrivare al traguardo storico del 13 marzo di quest’anno, quando il governatore Bill Richardson ha controfirmato la legge senza avanzare il proprio veto, così come molti chiedevano. Nel 2005 e nel 2007 la Chasey era riuscita nell’intento di farla approvare dalla Camera, ma in entrambe le circostanze la proposta non aveva superato lo scoglio della commissione Giustizia del Senato.

Così, dopo il New Jersey, il New Mexico è il secondo stato degli Usa in quarant’anni a dire no alla pena capitale, a professare il proprio no a una pratica assurda, ancora purtroppo presente in 46 Stati, a fronte dei 49 del 2007, dei 51 del 2006, dei 54 del 2005. Dei quarantasei Stati che mantengono la pena di morte, la maggior parte dei quali si trova in Asia, il 90% è governato da regimi dittatoriali e illiberali. Si pensi che la sola Cina ha ordinato almeno cinquemila esecuzioni, circa l’87% del totale mondiale, ma fonti non ufficiali ne denuncerebbero quasi seimila.

Sono i dati del rapporto 2009 snocciolati dalla curatrice Elisabetta Zamparutti e da Sergio D’Elia, rispettivamente tesoriere e segretario di Nessuno Tocchi Caino. A quasi due anni dalla moratoria contro la pena di morte da parte dell’Onu, (era il dicembre 2007) i numeri sono estremamente incoraggianti, («quella del palazzo di vetro – ha detto Emma Bonino – è stata una nuova partenza, non un punto di arrivo»), così come quelli frutto del lavoro di Nessuno Tocchi Caino, che quest’anno festeggia il primo quindicennio di attività. Il Vietnam ha abolito la pena capitale lo scorso anno, la Cina ha ridotto le esecuzioni del 30%.

Purtroppo permangono ancora sacche di “resistenza”, come le esecuzioni effettuate nei confronti di minori, rientranti nei cosiddetti record dell’Iran, al secondo posto nel mondo per numero di esecuzioni, (precede l’Arabia Saudita) 346 lo scorso anno e nei primi sei mesi del 2009 già a quota duecento, di cui più di venti impiccagioni nella prima settimana di gennaio. Numeri da brivido, non solo a svantaggio di avversari politici ma anche contro esponenti appartenenti a minoranze religiose, quali azeri, baluci e ahwazi, colpevoli soltanto di non essere allineati nel culto. E poi le percentuali saudite, con il più alto numero in termini assoluti rapportato alla popolazione, ben 102, ma per fortuna ben lontani dal record del 1995, con quasi duecento esecuzioni, per lo più decapitazioni effettuate all’aperto, nei cortili fuori dalle moschee.
Certo, vi è ancora un solido nesso tra mancanza di informazione e intenzioni di condanne, ma ciò lo si deve alla peculiarità antidemocratica dei regimi dove è ancora praticata la pena di morte.

Qualcuno, come il governatore della California Schwarzenegger, sta aprendo concretamente alla moratoria, anche in considerazione di valutazioni di tipo economico, dal momento che il braccio della morte pare abbia costi reali che si aggirano intorno al miliardo di dollari. I detenuti condannati a morte, infatti, hanno diritto ai migliori consulenti legali e scientifici, oltre ad analisi accuratissime circa la propria capacità mentale, con parcelle conseguentemente molto elevate.

«Che non si parli però di moratoria per ottenere un mero risparmio di dollari – ha aggiunto giustamente Marco Pannella – in quanto è ben altro lo spirito ispiratore di cui c’è bisogno. Ma in Messico per nostra fortuna la voce di Martin Luter King vince su quella del Ku Klux Klan». «È stato nei fatti dimostrato – ha proseguito Gail Chasey – come le esecuzioni non abbiano potere deterrente, perché non contribuiscono alla diminuzione del numero di omicidi. Certo, un segnale importante in questa direzione è venuto dall’elezione di un uomo di colore alla Casa Bianca.

Per questo sono orgogliosa del premio che mi hanno attribuito e dico a tutti coloro che soffrono, non temete, perché la marea è cambiata». Quindi, prima di ricevere dalle mani di Emma Bonino l’opera in bronzo creata per l’occasione dall’artista Massimo Liberti raffigurante una terra a forma di palloncino sul quale sono accovacciati dei bambini al fine di volare più alto, ha salutato e ringraziato con una citazione dell’antropologa Margaret Mead: «Bisogna notare l’abilità di un piccolo gruppo di persone nel cambiare le sorti del mondo».

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