mercoledì 20 maggio 2009

De Gaulle: la storia guidata dalla volontà

Da Farefuturo webmagazine del 20/05/09

Le idee prima dei fatti, da manifestare a testa alta, nonostante a volte esse producessero frizioni e malumori. Il Generale Charles de Gaulle non ci pensò due volte nel gennaio 1964: la Francia fu il primo paese occidentale a riconocere ufficialmente la Repubblica Popolare Cinese perché «dal momento che nulla poteva essere regolato in Asia senza l'accordo di Pechino, era necessario abbandonare una sterile quanto anacronistica intransigenza e fare i conti con il mondo così com'è».

Ecco la figura di uno dei personaggi chiave della storia politica del Novecento, descritta da Riccardo Brizzi e Michele Marchi in Charles de Gaulle, autore di quel gollismo che prendendo spunto dalle difficoltà oggettive e partitiche figlie delle due guerre mondiali, riuscì con tenacia e varie fasi di legittimazione, a ergersi a garante della libertà, della democrazia e della governabilità della Francia grazie a un approccio innovativo, con intuizioni lungimiranti. Portatore sano di una terza via riformista e moderna, tra capitalismo e socialismo, si avvicinò da subito agli ambienti pogressisti, che all'epoca erano rappresentati dalla rivista Temps present.

Il volume ha inizio con il generale Pétain che firma una citazione di merito per de Gaulle come ufficiale senza eguali sotto ogni punto di vista: era il 7 maggio del 1916, e quello che avrebbe riportato quarantasei anni dopo la nazione alla grandeur, era stato ferito nel corso dei combattimenti ed era recluso nel campo di prgionia tedesco di Osnabruck.

Nato a Lille nel 1890 il Generale aveva assorbito il culto nazionale di genitori, entrambi espressione della borghesia conservatrice francese: «l’amor di patria - gli ripeteva il padre - non deve essere un proclama di facciata, non esiste onore senza giustizia». Appassionato di autori nazionalisti, come Charles Péguy e Maurice Barrès, allacciò le due guerre mondiali sotto la dicitura “guerra dei trent’anni”, comprendendo come la pace della conferenza di Versailles fosse un armistizio provvisorio, una modesta «coperta riposta su ambizioni insoddisfatte».

Il suo tratto caratteriale, assai vicino a quello di uomo giudice di se stesso e artefice delle evoluzioni della propria storia, emerge da una frase che il Generale ripeteva ai suoi allievi militari nel 1921: «La storia non insegna il fatalismo, esistono momenti in cui la volontà di qualche uomo rompe il determinismo ed apre nuove strade». Il nuovo, ovvero la soluzione alternativa alla deriva che in quell’attimo sta prendendo il sopravvento. Un ragionamento che sarà il leit motiv del suo credo politico, avvalorato nel '34 dalla pubblicazione del più importante dei suoi scritti, Vers l’armèe de métier. In quel momento la Germania si mostrava irrequieta uscendo dalla Conferenza sul riarmo e lo Stato militare francese denotava indubbi cedimenti, concretizzati nel degrado dell’apparato militare. Erano gli anni in cui Hitler reintrodusse il servizio di leva obbligatorio fino a occupare la Renania e, contemporaneamente, in Francia si susseguirono quattordici ministeri in sei anni, a dimostrazione di un sistema ancora fragile.

Inizialmente, tenne sempre a precisare la sua distanza dai partiti politici, in virtù del sentimento di sfiducia che molti repubblicani nutrivano nei suoi confronti. Anche a causa del fatto che, almeno nelle prime fasi, il gollismo della France libre appariva più vicino al bonapartismo nazionalista che al repubblicanesimo post 1870, un'importante fetta della sua legittimazione politica sarebbe passata da una graduale e costante accettazione dei principi democratici. La vera consacrazione politica del Generale si verificò nel biennio '41-'42 con la nascita del Comité national français e soprattutto con la Declaration aux mouvements de resistance: essa fu il prodotto finito di un lento ma determinato processo di maturazione politica e ideologica di de Gaulle. Affascinanti e utili alla comprensione della sua sfera emotiva, sono nel libro i passaggi epistolari tra il Generale e i suoi interlocutori, in modo particolare quelli legati alla prima fase post '45, allorquando non disponeva ancora nei fatti e nelle intenzioni della considerazione da parte di Churchill.

Momento di grande criticità, dal quale de Gaulle trasse profonda forza e cognizione, fu alla metà del '43: mentre era intento a trasferirsi da Londra ad Algeri con l'ordinanza già firmata per creare il Comité français de liberation national, Churchill in visita alla Casa Bianca, ricevette un dossier che epitetava de Gaulle come golpista e antidemocratico. All'interno della concezione postbellica di Roosvelt infatti non erano contemplate piccole entità come la Francia che non si sottomettessero alle due grandi potenze continentali (Russia e Gb). Il pericolo di una contaminazione ideologica di Churchill fu sventato dal realismo del laburista Attlee e del conservatore Eden che, riuniti in seduta straordinaria del governo britannico, fecero ragionare Churchill. Ormai il Generale rappresentava l'intera Francia.

Fu in quel preciso istante che il gollismo prese piede verso la piena rappresentatività politica, nazionale e internazionale. Lo dimostrò anche la scelta di coinvolgere due ministri comunisti nel rimpasto governativo del settembe '44, in conseguenza del quale lo stesso Stalin spinse uno dei due, Maurice Thorez, ad attuare una linea politica di compromesso, scartando velleità rivoluzionarie e concentrandosi invece sull`attualità, ovvero la battaglia della produzione.

Il rapporto del Generale con la Costituzione fu un altro degli snodi fondamentali della sua azione: tra de Gaulle e il repubblicanesimo classico esiteva una frattura. Il suffragio universale, al pari dell'adesione popolare, rappresentavano elementi imprescindibili per legittimare le nuove istituzioni. Ma la decisione finale doveva spettare secondo lui all'efficacia delle nuove istituzioni, e non ai principi astratti. Considerava la Costituzione «l'organizzazione dei poteri per meglio rispondere alle sfide della contemporaneità», al contrario dei tradizionalisti repubblicani secondo i quali la Carta era la traduzione pratica di quei grandi principi universali senza tempo.

Nel momento in cui salì al potere il suo primo obiettivo fu quello di non rovinare la propria credibilità compromettendosi con il sistema, per poi dare seguito al decalogo pratico che vedeva cinque grandi direttrici: personalizzazione del potere, volontà di agire al di sopra dei partiti, popolarità tra la gente, dialogo diretto con i cittadini grazie ai frequenti messaggi radiofonici e passione per i gesti a effetto.
Numerose furono le occasioni in cui il Generale si trovò solo, di fronte a un paese smarrito e senza bussola, ma proprio quel frangente rappresentò un elemento di indiscutibile forza, come nel '58 quando dopo l'insurrezione di Algeri, nonostante non disponesse di alcuno strumento politico, ma contando esclusivamente sul proprio carisma, in sole due settimane si impose come soluzione a tutti i problemi, interni ed esterni. In quel modo riuscì anche a far accettare le condizioni alla base del suo ritorno i vertici.

Il governo che formò ebbe solo due gollisti, Malraux e Debré, al preciso scopo di evidenziare un'intenzione transpartitica, dal momento che occorreva affrontare senza indugi le emergenze come la fibrillazione in Corsica, lo sviluppo industriale, le sfide della Comunità europea. Nel suo messaggio televisivo del giugno '58 definì tre priorità, non solo del paese ma anche del suo stile di governare: elaborazione di una nuova Costituzione, reperimento di un equilibrio finanziario e risoluzione del caso Algeria.

Da menzionare senza dubbio due dati: una rilevantissima curiosità nel testo del nuovo progetto costituzionale, dove vi era incompatibilità tra funzione ministeriale e quella parlamentare allo scopo di allontanare le Camere dal gioco governativo e le sue diposizioni funebri rese al pubblico il giorno dopo della sua scomparsa, il 10 novembre 1970, «gli uomini e le donne di Francia e degli altri paesi potranno, se lo desiderano, fare alla mia memoria l'onore di accompagnare il mio corpo sino alla ultima dimora. Ma è nel silenzio che desidero sia condotto. Rifiuto sin da ora qualsiasi promozione, citazione, dichiarazione o medaglia, sia essa francese o straniera».

Nessun commento: