venerdì 22 maggio 2009

La postmodernità e la saturazione del mito del progresso

Da Ffwebmagazine del 22/05/09

Tornare alla dimensione organica, alla koinè aistesis, dove il senso comune sia bene supremo e dove non sia più l’individuo che pensi da monocefalo, ma il gruppo pensi nella sua interezza utilizzando tutti i sensi. È nella conclusione del suo intervento che Michel Maffesoli riserva la ricetta per affrontare le sfide sociali che il domani, anzi l’oggi, ci propone.

Il sociologo francese, teorico del neotribalismo, docente di scienze umane alla Sorbona, è stato ospite di una conferenza organizzata da Farefuturo in occasione dell'uscita dei volumi Icone d'oggi. I nostri idoli postmoderni (Sellerio editore) e La trasfigurazione del politico. L'effervescenza dell'immaginario postmoderno (Bevivino editore). Al centro della scena, gli idoli quotidiani, ovvero quelle icone della postmodernità nella politica e non solo, alla presenza di Umberto Croppi, assessore alla Cultura del Comune di Roma, Giuliano da Empoli, sociologo ed editorialista del Sole 24 ore e Angelo Mellone, editorialista del Giornale e direttore editoriale di Farefuturo. Maffesoli sostiene che la modernità sia scomparsa, ha precisato Mellone introducendo il tema, utilizzando la metafora del ritorno dell’emozione. Ne è testimonianza il fatto che nella politica di oggi risultino vincenti leader carismatici che fondano sull’originalità il proprio rapporto con l’elettorato.

Ma che cos’è la postmodernità secondo Maffesoli? Non possiamo più pensare a una società con una dicotomizzazione così come è stato fatto sino a oggi. Nietzsche sosteneva che la vera rivoluzione sta nei passi dei colombi, ovvero in quegli elementi che sembrano in apparenza secondari ma nei quali invece risultano sedimentati i veri cambiamenti e che animano il popolo e il suo modo di approcciarsi alla convivenza comune. Su questa procedura analitica si basa la tecnologia, ha puntualizzato il sociologo, e la postmodernità è da definirsi come «la congiunzione di cose che non c’erano».

Inoltre non bisogna sottovalutare un dato: ci troviamo in una fase di saturazione del mito del progresso. L’analisi poggia sul fatto che Maffesoli intende cogitare su «quali siano le vene sotterranee che animano la società», per questo si chiede: cos’è un uomo che non ha più ombra? Forse, sostiene, alla fine della corsa vi è questa concezione schizofrenica del mondo, in virtù della quale egli propone nel suo libro un viaggio itinerante nelle icone di oggi, da Henry Potter a Zidane, da Che Guevara all’Abbé Pierre. «La postmodernità nascente - riflette il docente della Sorbona, impegnato sei mesi l’anno in seminari in giro per il mondo e gli altri mesi nel suo rifugio di montagna dal quale firma i suoi libri - si comprende confrontando l’oggi con il quarto secolo a Roma, quello che definiamo Tarda Antichità, ma che invece dovremmo più volgarmente chiamare Decadenza romana. Il paradosso assoluto, dunque, sta nella sinergia tra arcaico e tecnologia, tra icone e internet. Il vero nodo del pensiero è di essere paradossale».

Ma il primo paradosso è, secondo Giuliano da Empoli, che Masseroli viva in Francia e non in Italia, dal momento che proprio Oltralpe si trova il luogo «maggiormente contestato dell’illuminismo, aggrappato con le unghie a questa icona della modernità». Il fatto che egli sia un apolitico, quasi un anarchico, secondo da Empoli, offre la cifra del suo modo unico e assolutamente calzante di spiegare la politica meglio di quanto non facciano i politologi stessi. In questo risiede la sua concezione ad esempio di Nicolas Sarkozy, interprete di una visione ludica della politica, legata a doppia mandata, non al programma governativo lontano nel tempo, ma al suo modus personale di oggi, del quotidiano più vicino, permeato di elementi tangibili con i quali si mostra vivo all’elettorato.

Croppi però non condivide la visione di Maffesoli secondo la quale la scissione del pensiero si vada pian piano ricomponendo, «dal momento che proprio in questa fase storica che ha nella crisi la sua protagonista indiscussa, vi è la concreta possibilità data alle élite di portare la politica lì dove per molto tempo è stata assente». Rimane il problema di cosa fare e come farlo, sostiene l’assessore alla Cultura della Giunta Alemanno, perché è innegabile che «viviamo una fase di passaggio in cui si è chiusa una forma del pensiero ma noi abbiamo la possibilità di ricostruirla ex novo, producendo un pensiero che non solo interpreti, ma sia autore di questa modificazione in atto».

Il finale è tutto riservato alla crisi economica che, secondo Masseroli, nella evoluzione sociale, dovrebbe incentivare il ritorno delle élite alla realtà, dal momento che a oggi esse si sono drammaticamente disconnesse, vivendo una sorta di limbo parallelo. Inoltre «la nostra specie animale dovrebbe reperire parole pertinenti per dire ciò che pensa», facendo riferimento a una corteccia di uomini a cui manca forse la modalità di esprimere correttamente emozioni, sensazioni, paure, sogni, avviluppati in quella modernità che sovente crea un universo fasullo, come i reality, la tv spazzatura, certi falsi miti, al termine dei quali (perché tali rappresentazioni hanno più di altre una fine) la società si ritrova sola e spaesata, a fare i conti con se stessa e con i propri errori, nella consapevolezza che solo con una visione legata al collettivo sarà possibile, o meglio, più utile, reperire una voce univoca per esprimersi e per godere di “quel” bene comune.

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