venerdì 8 maggio 2009

APRITE I LUCCHETTI

Da FFwebmagazine del 04/05/09

Campetti di calcio sotto il Colosseo per una festa dello sport in grande stile che rievochi antichi fasti: chi ha paura di tornare indietro a duemilaottantanove anni fa? Era l’80 avanti Cristo quanto Tito inaugurò una delle meraviglie della storia, che venne utilizzata come stadio per spettacoli di gladiatori e manifestazioni pubbliche. Oggi è stata candidata a luogo prescelto per ospitare l’Uefa Champions Festival Colosseum, dal 23 al 27 maggio, giorno della finale di Champion’s League che si terrà proprio nella capitale. Dove sta la minaccia al patrimonio italiano e mondiale?

Alla notizia, i veterani della politica vecchia e stantìa di casa nostra, non hanno avuto di meglio da fare che sparare a zero contro un’idea classificata come insicura per la gente (sono previste per caso slavine o maremoti?), dannosa per le antichità dei Fori (gabinetti chimici e tribune verranno montati forse sopra l’Arco di Costantino?). Ed ecco sciami di parole contro una proposta apostrofata pericolosa, dannosa, quasi che il sindaco Alemanno intendesse portare dentro il Colosseo 200mila persone colpite da febbre suina.

Il Colosseo nell’antica Roma era un luogo dedito allo sport, era uno stadio insomma. Non un museo dove oggi si vuol far credere che si perpetri chissà quale azione dissacratoria. Tito, figlio di Vespasiano che inaugurò i lavori ma morì prima della loro ultimazione, vi fece disputare i cento giorni di giochi proprio nell’80 a.C. Due anni fa, in occasione della finale di Champion’s League tra Milan e Liverpool ad Atene, i campetti e gli stands in questione furono posizionati all’interno del meraviglioso Kalimarmaron Panatinaikon Stadium (l’unico al mondo completamente in marmo bianco dove il nostro Baldini vinse l’oro nella maratona olimpica del 2004), stadio dove tra l’altro, giusto per rimanere ad eventi “recenti”, si svolsero le prime Olimpiadi moderne nel 1896, senza che alcuna penna versasse inchiostro in proposito, se non apprezzandone la location.

Campi in erba sintetica su via di San Gregorio e su piazza del Colosseo, servizi igienici per i visitatori e stands per le strade, in un momento in cui tutto il mondo potrà godere di quello che è stato definito da un ironico commentatore “stupido e noioso pietrame grigiastro”, il quale con queste parole voleva bollare l’iniziativa come “perdita della memoria”(esperimento fallito, tra l’altro). Riproporre oggi sport e giochi pallonari quale alto senso morale dovrebbe svilire? I campetti “infamanti” inoltre si troverebbero ad essere allocati nei pressi di quegli stessi luoghi dove Tito fece edificare spogliatoi e spazi per gli allenamenti degli atleti. Èquesto dunque il sacrilegio in barba alla storia? Chi avanza così ferocemente critiche e allusioni o travisa i fatti o non guarda in avanti con spirito costruttivo.

Certo, se poi quel qualcuno ricorda addirittura come un “incubo” il memorabile concerto tenuto dai Pink Floyd a Venezia, non fa altro che, con tutto il rispetto, anzi no, professare una bestemmia, perché quell’evento ha fatto storia, ha segnato un’epoca, ha rappresentato un momento di musica, cultura, aggregazione, produzione di idee allo stato puro. Definirla incubo, (liberi tutti di ascoltare o meno la band di Money, di annoverarla o meno tra i preferiti, ci mancherebbe), o etichettarla come scempio significa però cancellare fatti veri e vissuti. Sarebbe come dire che Woodstock non c’è mai stata. Un’assurdità.
Addirittura qualcuno (lo stesso del “pietrame” e dei Pink Floyd) ha paventato che le dimissioni di Guido Bertolaso da commissario della Soprintendenza archeologica di Roma, potessero in qualche misura derivare dal timore che gli eventi calcistici tra i Fori del prossimo maggio rappresentino un gravità assoluta, con danni di immagine alla città, per una kermesse che sarà una “vera emergenza”. Ragionamenti figli di una cultura obsoleta, impolverata, la cui evoluzione non si è mai verificata completamente, che si continua ad arroccare su posizioni “archeologiche”, lontane da una qualsiasi forma di progresso, soggiogata ancora da lacci ideologici che non la fanno progredire.

Aiuto, svegliateci dal marasma di invettive e di commenti più o meno autorizzati a fermare per sempre l’orologio del tempo. Nessuno qui dice di voler consentire a calciatori e massaggiatori di effettuare il riscaldamento tirando calci ad un pallone contro l’Arco di Costantino o contro quel che resta di cotanta storia, solo che come rammentava tempo fa Rita Levi Montalcini “non si può mettere il lucchetto al cervello”. Perché fermare la produzione di idee e proposte? Forse qualcuno ha paura che menti e iniziative possano in qualche maniera rompere l’oblio in cui certa sinistra (culturale, giornalistica, artistica, politica) vorrebbe che il paese intero continuasse ad essere avvolto? Semplicemente non esiste una paura del genere, non è politica, non è un’azione rivolta al domani, perchè non ha futuro.

Nessun commento: