Il passaggio politico dal quindicennio berlusconiano a un qualcosa di diverso e di nuovo potrebbe essere riassunto nel fatto che, comunque vada, i partiti di domani non saranno quelli usciti dalla guerra civile che ci lasciamo alle spalle. La narrazione politica, da oggi in poi, sarà un’altra. In questa consapevolezza, matura e decisiva, deve trovare spazio la proposta innovativa di un cambiamento epocale. Che sta già muovendo i propri passi. Che bussa alla porta della cosa pubblica proponendo una rottura, come da definizione della politica offerta da Ranciére: rottura specifica della logica dell’archè. Lasciandosi alle spalle la retorica del passato e superando le vecchie appartenenze che hanno trionfato nella visione berlusconiana. Distaccandosi da ricatti, da memorie e racconti feriti. Perché la politica rinasce solo abbracciando visioni differenti ma accomunate da nuovi orizzonti. Dando voce a chi non l’ha avuta, per uscire dalla logica della maggioranza di idee e pensieri, per rompere con baluardi culturali sino a ieri insormontabili. Che vanno superati senza quella smania novecentesca di categorizzare una proposta sulla base di classificazioni ideologiche vecchie. Finalmente ci lasciamo alle spalle l’emergenza: la parola clou del decennio. Tutto è stato emergenza, tutto affanno, delirio, corsa e rincorsa. Ora c’è l’occasione per riportare le cose al proprio posto e anche, chissà, per rimetterle successivamente in disordine un’altra volta in futuro. Ma, oggi, serve la ricomposizione. Il peso specifico del quadro politico che ci accingiamo a strutturare, o parafrasando Monti quando ha usato il termine ‘gestazione’, sta nell’osservare un mondo nuovo da intercettare e a cui rivolgersi. Senza nostalgismi o fazionismi d’annata.
Un movimento globale che ri-nasce da zero, moderno, europeista e riformista deve avere la sua base nella misticanza culturale, nella sperimentazione sociale ma ancor più nella consapevolezza che nulla sarà più come prima. E chi non lo avrà compreso ne rimarrà inesorabilmente fuori, trascorrendo il proprio tempo a rimuginare su polemiche ingiallite, a dividere anziché unire: insomma, ragionando ancora in termini (politicamente) obsoleti.
Fonte: ilfuturista.it di oggi
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