martedì 27 dicembre 2011

Cittadinanza, primo passo per la convivenza

Due domande secche. L’Italia è un paese razzista? Gli immigrati sono tutti ladri? Ogni tanto serve scendere al livello del qualunquismo per ragionare a mente lucida su fatti e dinamiche in una nazione,la nostra, che sovente rifiuta le argomentazioni, il dibattito. Preferendo invece le gazzarre, il caos come fatto dalla Lega in parlamento per la manovra, gli insulti, i pesci in faccia e le scrollate di spalle, come fatto da Alessandra Mussolini su La7 a Piazza Pulita (quasi come se lei non facesse parte della casta, ma un alieno passato per caso da piazza Monte Citorio).

L’Italia non è razzista, ma vi sono striscianti e preoccupanti pulsioni xenofobe sulle quali vi sono pochissimi dubbi, incentivate anche da politiche populiste che guardano solo al riscontro elettorale e non all’utilità reale. E non lo dimostra solo l’episodio del campo rom torinese, o la strage di Firenze ma anche altri fatti minori, che ogni giorno si verificano per le strade del paese. Dalla legge anti kebab in Lombardia, ai rigurgiti più beceri di certi imbecilli. Secondo punto: gli immigrati non sono tutti ladri. Come in ogni categorie di persone, c’è chi delinque e chi no. Sbagliato ragionare con i paraocchi del pregiudizio, come è altrettanto sbagliato l’eccesivo buonismo. Serve razionalità e lucidità per capire, prima, e agire poi. Ha ragione Nichi Vendola quando riflette sul fatto che il razzismo che si è visto negli ultimi giorni (con morti ammazzati e feriti) è il frutto di una stagione di veleni.

Se per prima la politica sparge fiele senza ritegno, poi è chiaro che soprattutto in quelle fasce sociali più conservatrici, attecchisca diffidenza e timore dell’altro. Che purtroppo a volte si trasformano in violenza. Riflettere sul modello di integrazione per gli immigrati da attuare in Italia, dunque, è la strada da imboccare senza tentennamenti. Certo, oggi tutti o quasi invocano la cittadinanza, come segnodi un paese maturo. Ma due anni fa la proposta di legge fu partorita in maniera bipartisan da due deputati, Fabio Granata di Fli e Andrea Sarubbi del Pd. Che per primi si interrogarono su cosa significasse essere italiani nel 150esimo anniversario dell’unità e soprattutto su chi fossero i nuovi italiani.

Figli di immigrati, nati in Italia da padri e madri che provenivano da un’altra patria ma che avvertivano il nostro paese come “nuova” patria. Perché hanno concluso un ciclo di studi qui, perché sono cresciuti, hanno amici e parenti, si sentono italiani a tutti gli effetti, tifano Inter o Palermo e vorrebbero che i loro figli crescessero qui, sotto il Colosseo o in riva all’Adriatico. Questo non è un passaggio “di sinistra” come qualcuno continua a urlare, ma un ragionamento da paese maturo e senza contaminazioni ideologiche.

Fonte: Go-Bari.it del 20/12/11

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