lunedì 12 dicembre 2011

O così o cambiate mestiere

Se qualcuno dei politici italiani ogni tanto, così anche solo per passare il tempo, anziché trastullarsi con i-pad alla camera o con tagli di nastri e sagre nei territori locali, avesse letto qualche pagina di Rancière in Dieci tesi per la politica, si sarebbe accorto che la politica non è l’esercizio del potere, “ma un modo di agire specifico messo in atto da quel soggettoparticolare che è l’uomo che, facendo politica, esercita la sua razionalità propria”. In molti non hanno ancora compreso come parificare la politica esclusivamente alla lotta rabbiosa e sguaiata per la conquista del potere vuol dire smarrire la missione stessa della politica. Giungendo alla consapevolezza che nel momento in cui si chiede il sangue e l’oro ai cittadini, per la sopravvivenza stessa della patria, non si vede perché anche la classe dirigente non dovrebbe contribuire a quel sacrificio. È in quest’ottica che vanno letti gli interventi contenuti nel decreto salva Italia, per il momento, sulle giunte provinciali e sulle circoscrizioni.
Il riferimento è a gettoni e indennità di presenza per presidenti e consiglieri, di contenitori che, a maggior ragione in città metropolitane, sono assolutamente inutili. Lecito chiedersi: a cosa serve la presenza contemporanea sul territorio di assessori provinciali e comunali; consiglieri provinciali e comunali; e finanche di consiglieri e presidenti circoscrizionali se non a ritardare burocraticamente decisioni e progetti? Un’assurdità tutta italiana, sanata almeno in parte con la sforbiciata della manovra di Monti. Che, se vogliamo, potrebbe essere sensibilmente migliorata, certamente per non gravare ancora sulle spalle dei ceti più deboli e maggiormente esposti. Ma anche con un intervento diretto e non populistico sui costi della politica. Chi l’ha detto che in Italia non si può risparmiare sulla politica con ragionevolezza e serietà, ma senza demagogia?

Una politica che si dice alta e con la P maiuscola non può convivere con doppi e e tripli incarichi, tra assessori, componenti di authority, mescolati amabilmente con cumuli di indennità e vitalizi. C’è anche chi, ad esempio in Puglia, pur essendo sindaco, riesce senza battere ciglia a conciliare l’essere primo cittadino, un incarico già di per sé estremamente impegnativo, con la presidenza di una commissione altrettanto impegnativa come quella bilancio al Senato della Repubblica. Questo unicum italiano nel resto del continente non è un bel biglietto da visita del quale vantarsi, anzi. E allora che sia rivoluzione, ma per tutti e in primis proprio chi amministra dovrebbe dare l’esempio anziché dolersi per qualche spicciolo in meno. A costoro, magari, si potrebbe consigliare una battuta che fece scalpore, del compianto ministro dell’economia Tommaso Padoa Schioppa. Che un bel giorno, dinanzi a taccuini e telecamere, anziché ingraziarsi i giornalisti con saluti, gomitate e pacche sulle spalle, disse semplicemente ciò che pensava: "Le tasse sono una cosa bellissima, un modo civilissimo di contribuire tutti insieme a beni indispensabili quali istruzione, sicurezza, ambiente e salute".
Ecco, a quegli amministratori locali che da questa manovra si sentono penalizzati, oltre che pensare a qualche migliaio di cassintegrati che stanno sicuramente peggio di loro, va il consiglio di fare proprio l’input di Padoa Schioppa. Ridursi stipendi e gettoni? È bellissimo, e contribuisce a tornare con i piedi su una terra che sta sprofondando. Per tutti.

Fonte: Go-Bari del 10/12/2011

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