martedì 27 dicembre 2011

Oui, fu genocidio armeno

Quando si parla di genocidio armeno, almeno quando lo si fa con storici e testimonianze alla mano, si fa riferimento a due momenti distinti fra loro: il primo riguardò una vera e propria persecuzione da parte del sultano ottomano Abdul-Hamid contro gli armeni tra il 1894 e il 1896; il secondo invece, che è anche il più noto e riconosciuto ormai da venti stati, riguarda la deportazione di armeni nel biennio 1915-1916. Fu genocidio e viene ricordato ogni anno il 24 aprile.
Quest’anno ricorre il 96esimo Anniversario del Genocidio Armeno e, forse per l’approssimarsi al centenario, qualcosa a livello internazionale si muove. L’Assembla nazionale francese ha detto “oui” a una legge che punisce la negazione del genocidio e la Turchia reagisce con durezza, anziché dare finalmente un nome a precisi episodi storici: il premier Erdogan ha infatti puntato l’indice su Parigi accusandola di «una politica fondata sul razzismo, la discriminazione e la xenofobia», richiamando in patria l’ambasciatore e minacciando che «simili ferite si rimargineranno molto difficilmente». Dimenticando come, nello stesso periodo incriminato, la violenza ottomana si era rivolta anche contro altre etnie come gli assiri e i greci. Contrario al voto solo il centrista François Bayrou, che ha definito il testo «irragionevole e pericoloso». Il provvedimento legislativo segue di fatto la promessa del presidente Sarkozy fatta il 7 ottobre scorso in occasione di una visita nella capitale armena assieme a Charles Aznavour di dare seguito a una vera e propria tragedia del passato. Non sono mancate le reazioni: Ankara ha visto scendere in piazza migliaia di manifestanti. Ma se da un lato qualcuno accusa Parigi di lavorare in una direttrice anti turca, dall’altro in pochi tengono conto della politica anti occidentale che Erdogan sta portando avanti, mortificando quanti avevano creduto che potesse dar vita a una sorta di Democrazia Cristiana musulmana, un partito moderno e laico che facesse da apripista un nuovo ruolo per la Turchia, staccata dall’influenza nazionalista dei militari. Così non è stato, complici le aperture turche a regimi fuori controllo come l’Iran di Ahmadinejad o il negazionismo storico come appunto la questione armena. Alla quale fanno seguito altri casi spinosi, che vedono Erdogan procedere cocciutamente a testa bassa: la questione pontiaca, il massacro dei curdi, i 40mila militari turchi ancora presenti a Cipro dopo l’invasione del 1974, le rivendicazioni di Ankara sulle isole greche, le assurde pretese sui nuovi giacimenti presenti nell’Egeo.

Ma Erdogan, a cui l’Europa sta francamente concedendo troppo credito, eccezion fatta per Sarkozy, raddoppia e lancia il guanto della sfida: annulla tutti gli incontri politici, economici, militari e culturali con la Francia. Un passaggio però dovrebbe essere più chiaro: la storia va scritta e riportata così come è accaduta. Senza appendici o contaminazioni con la contingenza politica, non sarebbe da paese democratico e moderno. Quindi, si prenda per buona l’iniziativa francese, ma solo per il rispetto di quanti sono stati deportati e sterminati dalla violenza feroce dell’uomo. Le morti non hanno colore o nomi, sono purtroppo tutte figlie di una barbarie che va sempre condannata, senza e senza ma. Piaccia o meno a chi ne ha la paternità.

Fonte: Mondogreco.net del 23/12/11

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