lunedì 10 settembre 2012

Dalle corde del bouzuky la rinascita ellenica? Storie di amori, tradimenti e grandi passioni


C’è quello trìchordo, nella sua espressione più originale. E, dopo la seconda guerra mondiale, anche a quattro doppie corde, il tetràchordo reso famoso da Manolis Chiotis. Ma il bouzouky greco, popolare strumento che è megafono di uno stile unico, fa rima con il grande Vassilis Tsitsannis re del rebetiko. Autore di quasi tremila pezzi, dedicati alle grandi passioni dell’uomo: l’amore, la morte, le delusioni, gli odi, le speranze, i sogni. Tanti, infiniti, snelli ma anche terribilmente complicati e a volte irrealizzabili. Ma proprio questo affascinanti e unici. Quasi una cartina di tornasole per osservare, dall’alto di un satellite ideale, la Grecia di oggi, con le sue crisi economiche ma anche identitarie, con speranze che troppe volte si sono infrante contro i frangiflutti della realtà.

Ma con quelle passioni incendiarie che hanno fatto la storia del paese, sin dall’antichità con eroi armati di spade o di filosofia, per giungere ai giorni nostri, con la liberazione dall’oppressione ottomana dopo quattrocento anni di schiavitù. Il rebetiko non è solo suoni in serie, seppur legati da abili mani e da vibrazioni elettrizzanti. Bensì miele dell’anima, dolcezza che si fa aspra per poi tornare un attimo dopo zuccherina e bella. Bellissima, intrigante, avvolgente e struggente. Come Ti simera, ti avrio, ti tora, in cui Tsitsannis certifica che “meglio separarsi adesso, dal momento che la convivenza non funziona”. Paradigma del cuore, che si adatta all’amore di coppia, di amici, di tutto, compresa anche quell’Unione che esiste sulla carta ma non tra le frontiere del sud mediterraneo.

Un omaggio a quello stile, carico e denso di significati, viene oggi da Vinicio Capossela e dal suo Rebetiko Gynastas, registrato negli storici studi Sierra di Atene. Quattro inediti, una ghost-track e otto classici caposseliani rivisitati ovviamente in chiave rebetika. Con contorno di interpreti musicali di estrema qualità, come Ntinos Chatziiordanou alla fisarmonica, Vassilis Massalas al baglamas, Socratis Ganiaris alle percussioni e il maestro Manolis Pappos, che assieme a Kaiti Ntal,  Mauro Pagani, Marc Ribot e Ricardo Pereira compongono una polifonia è proprio il caso di dire italo greca. Nelle voci, ma soprattutto nei cuori di quel pezzo di Mediterraneo che sta gridando, anche in versi, tutto il suo dolore.

Fonte: il futurista quotidiano dell'8/9/12
Twitter@FDepalo

Nessun commento: