venerdì 7 settembre 2012

Le purghe della troika e quelle di Samaras


ATENE – “Rischio guerra civile” titolava l’altro ieri il popolare quotidiano Kathimerinì. Perché in Grecia l’emergenza non si è attenuata, né verrà smussata da un’ulteriore tranche di aiuti. Anzi, con il passare dei giorni e delle applicazioni di un memorandum tanto tardivo quanto deleterio, ciò che resta di un paese al collasso potrebbe perfino non bastare per definirlo tale. Il prossimo consiglio dei ministri dovrà esprimersi sull’ulteriore misura che prevede altri tagli orizzontali (per la terza volta in due anni) su pensioni, stipendi, indennità, welfare per quasi dodici miliardi di euro. Da attuare in un contesto già in ginocchio: con i sucidi da crisi che hanno toccato quota duemila unità, con il ceto medio schiacciato verso il basso, con il record dei bambini sottopeso nei paesi Ocse ad Atene, con perfino alcuni malati di cancro a cui lo stato non riesce più a garantire le cure. E con scandali legati alla corruzione e all’influenza delle superpotenze di turno ancora tenuti nel cassetto, come la presenza di greggio nell’Egeo (almeno 20 miliardi di potenziali barili).

Sul banco degli imputati il primo ministro di Nea Dimokratia Antonis Samaras che ha voluto a tutti i costi andare alle elezioni, costringendo il tecnico Papademos a un premierato di soli sei mesi. E che oggi anziché battere i pugni sul tavolo dell’Eurogruppo per non far pagare il prezzo di questa assurda crisi solo ai cittadini, avalla altri tagli stringendo entrambi gli occhi alla troika. E senza rendersi conto di come oggi la Grecia sia come una damigiana, con una grossa falla: ma invece che chiuderla definitivamente, i soloni dell’economia la riempiono di altro prezioso liquido che verrà un attimo dopo perso.

Il leader conservatore ha prescritto oggi di monitorare attentamente le zone di Atene dove si verificheranno le manifestazioni di protesta contro l’ennesimo pacchetto di misure. E proprio perché si dice per nulla disposto a fare un passo indietro, in quanto reputa i tagli sono “assolutamente necessari e passeranno”, annuncia, “senza modifiche sostanziali”. Ma se fino ad oggi i salari e le pensioni hanno subito un ribasso del 20%, contribuendo a far calare i consumi nazionali per almeno nove milioni di euro (così come certificato dalla confcommercio ellenica), come sperare che altri tagli secchi che non toccano i grandi patrimoni possano da soli risolvere anni di corruzione e di gestione scriteriata dei conti pubblici? Samaras non ha ancora spiegato, anche ai suoi elettori, come mai tardi a realizzare un sistema fiscale che incida sui manager di stato, su chi è stato accusato di reati contro la pubblica amministrazione ma non ha restituito quanto frodato, sui beni della Chiesa ortodossa, che nella storia della repubblica ellenica non ha mai pagato una dracma per le proprietà di cui dispone, ma anzi grava sul bilancio dello stato per gli stipendi dei novemila sacerdoti; come mai nonostante la crisi la Grecia prosegua nell’assurda rincorsa agli armamenti acquistandoli da Germania, Francia e Olanda; come mai non si attui una reale trasparenza bancaria almeno per quanto concerne l’istituto della Banca Nazionale di Grecia, il cui governatore Provopoulos guadagna quanto Barack Obama; come mai non si è fatta ancora luce sugli scandali Olimpici che hanno interessato la tedesca Siemens.

E intanto i cittadini, stremati da quello che è stato epitetato come un’esperimento post-capitalistico, si preparano all’ennesimo lancio di yogurth contro la facciata della Camera. La polis Atene sempre più sinonimo di polemos.

Fonte: Gli Altri del 6/9/12
Twitter@FDepalo

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