giovedì 6 settembre 2012

Frau Angela e il “balletto” sugli eurobond: i nazionalismi che fanno male all’unione

Quando due giorni fa Angela Merkel si è scagliata contro i mercati (per la prima volta e in colposo ritardo) ha lasciato un indizio. Vago, a tratti opinabile, ma comunque un fatto. Che, oggi, viene confermato dalla sua chiusura aprioristica nei confronti degli eurobond: forse la cancelliera condiziona le sue strategie per salvare l’euro alla tornata elettorale del prossimo anno (che la vede in forte difficoltà rispetto alla galoppata dell’avversaria Kraft)? Se così fosse sarebbe un fatto eccezionalmente grave, non fosse altro perché il rischio corso negli ultimi 24 mesi è elevatissimo. Qui non c’è in gioco una cancelleria, seppur prestigiosa, o la supremazia del motore economico continentale sui cosiddetti vagoni di coda, che qualcuno vorrebbe staccare dalla carovana chiamata Europa.

Bensì la sopravvivenza stessa dell’unione, quello sforzo che menti eccellenti come Adenauer, Spinelli e d’Estaing hanno compiuto in tutte le direzioni. E svuotandosi, ognuno, delle singole e personalistiche peculiarità per comporre un quadro di insieme. I titoli comunitari non sono la panacea che d’un tratto metterà al sicuro un’infrastruttura nata zoppa e cresciuta senza stampelle, ma quantomeno potrebbero rappresentare un primo e decisivo passo verso una politica condivisa, che non si basi sulle esigenze del più forte ma lavori, finalmente e con spirito solidale ma non assistenzialistico, per un’unione federale dell’Europa, che sieda in pianta stabile nel G3 con Usa e Cina.

E che non sia condannata ed essere alla mercè della superpotenza di turno, a est come a ovest. Perché, piaccia o meno, questo sta accadendo.

Fonte: il futurista del 6/9/12
Twitter@FDepalo

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