lunedì 24 settembre 2012

Il conto della crisi? Lo pagano gli ammalati In Grecia l’emergenza diventa sanitaria

ATENE – C’è un qualcosa di macabro che né la troika né i governi europei hanno ben valutato in questa crisi greca: i riverberi sociali che, anni di politiche scellerate e ruberìe da una parte, e un memorandum suicida dall’altro, sono già realtà in Grecia. Sotto gli occhi di tutti e con la grande stampa internazionale impegnata solo ad occuparsi di spread e titoli, relegando il fattore umano a scomoda cornice. Nella Grecia tecnicamente già fallita, che chissà quando i Soloni dell’economia si decideranno a definire ufficialmente tale, la vera emergenza si chiama sanità. Ecco la sacca da depauperare, con fiumi di denaro che lo stato, via troika, ha deciso di deviare da comparti vitali come ospedali e farmaci, per ripagare quel debito che la politica stessa ha contratto. Con la conseguenza di un panorama di guerra, che si staglia minaccioso e degradante, in tutto il paese. Dove i malati di cancro vivono un vero e proprio inferno, causa assenza di farmaci chemioterapici.

L’emergenza aveva avuto i suoi primi segnali nel luglio scorso quando alcune vicende drammatiche erano venute alla luce. Con pazienti costretti a pagare di tasca propria i cicli di chemioterapie dal momento che il servizio sanitario nazionale non poteva (e non può tuttora) garantire quelle cure. La motivazione? Un default che ormai è non solo nei bilanci di tutte le aziende del paese, in primis la cosa pubblica, ma di fatto nei meandri più nascosti della culla della civiltà. Dove il numero dei senzatetto è raddoppiato in soli quattro mesi, dove le famiglie iniziano a risparmiare sul consumo di carne e pesce, dove moltissimi nosocomi non possono più garantire i servizi basilari. Si prenda l’ospedale di Arta, i cui medici e infermieri sono scesi in piazza venerdì scorso per protestare: non solo devono subire la terza riduzione del proprio stipendio in due anni, con la cancellazione di tredicesime e indennità di servizio, ma da qualche giorno sono ufficialmente terminate le scorte di biancheria e siringhe nella struttura. Mentre da quaranta giorni in alcuni nosocomi del paese non sono garantiti i pasti ai propri ricoverati: le ditte fornitrici devono ancora ricevere i pagamenti relativi al 2011.

La punta, sterminata e amara, di un iceberg che deve ancora purtroppo mostrare tutto il suo peso devastante. A fronte di casi di malaria e tubercolosi, patologie di cui da decenni non si aveva più traccia in Grecia, un altro fronte caldo riguarda i farmacisti, che devono ancora ricevere dall’erario i rimborsi relativi al 2011 per i medicinali concessi via ticket ai cittadini. Con numeri incredibili, ovvero solo un cittadino su tre che nell’ultimo mese è riuscito a garantirsi l’approvvigionamento dei farmaci necessari. Come se un paziente affetto da scompenso cardiaco possa attendere senza conseguenze 48 ore per assumere un diuretico: un’altra assurdità di questa crisi ellenica, ma di fatto europea, il cui conto lo stanno pagando solo i cittadini. La salute, in modo particolare, sta soffrendo per una raffica di tagli “alla cieca” che, se dovesse essere approvato l’ulteriore misura da 12 miliardi di euro, decreterebbe la fine dell’intera industria sanitaria del paese.

Di contro il sistema politico non sembra particolarmente scosso da queste criticità che colpiscono i dieci milioni di greci. Da una settimana sono in sciopero della fame i dipendenti della prima banca ellenica, la Banca di credito cooperativo di Lamia, nel centro della Grecia, licenziati per chiusura dell’istituto nel giro di 24 ore. Una delegazione di dipendenti e dirigenti è stata ricevuta dal viceministro delle Finanze Staikouras: chiedono non solo la restituzione di quanto perso, ma soprattutto garanzie su un futuro occupazionale a tinte fosche. E ancora, questa che inizia sarà la settimana della paralisi totale nel paese, in quanto incroceranno le braccia praticamente tutte le categorie: medici ospedalieri, poliziotti, vigili del fuoco, rettori universitari, giudici e avvocati, giornalisti, oltre ai trasporti locali e marittimi. Un grido di dolore lanciato mentre si sta facendo luce su una misteriosa lista di cento amministratori locali a cui sono stati contestati conti correnti milionari. Come il caso di un prefetto della regione della Fthiotida, che pare avesse liquidità per 14 milioni di euro. E di cui adesso dovrà dare conto.

Fonte: Gli Altri on line del 24/9/12
Twitter@FDepalo

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